I divieti legali di concorrenza
2. Interpretazione della norma e casistica.
Il combinato disposto dai commi 1°e 4° dell’articolo 2557 c.c. estende l’applicazione del divieto anche ai casi in cui vi sia una variazione del soggetto titolare dell’azienda62.
La disciplina di cui si tratta, infatti, è applicabile anche alle ipotesi di circolazione del possesso aziendale a titolo temporaneo, quali i casi di usufrutto e affitto d’azienda; ipotesi in cui il divieto di concorrenza resta rispettivamente a carico del proprietario o del locatore. Del resto appare chiaro che la compresenza di due elementi,
60 Chiaramente questo pericolo preoccuperà in misura minore qualora il valore aziendale sia fondato su brevetti e marchi; sarà più insidioso, invece, se il bene- azienda è fondato su capacità personali dell’imprenditore cedente
61 MINERVINI, Concorrenza e consorzi, in Tratt. di diritto civile diretto da Grosso e Santoro Passarelli, 2° ed., 1965, p. 59
62 4° comma art. 2557 c.c. “Nel caso di usufrutto o di affitto dell’azienda il divieto di concorrenza disposto dal primo comma vale nei confronti del proprietario o del locatore per la durata dell’usufrutto o dell’affitto”.
quali il trasferimento della disponibilità dell’azienda e la possibilità che il cedente con la sua attività possa porre a rischio l’effetto utile del trasferimento del possesso aziendale, si verifica anche in dette ipotesi.
Proprio la necessaria coesistenza dei suddetti elementi ha fatto evidenziare in dottrina63che nel caso di usufrutto costituito mortis
causa, il divieto non si applica perché non è più in vita il soggetto che può porre in essere la concorrenza differenziale.
E´ ormai consolidato, inoltre, che il divieto di concorrenza dell’art. 2557 c.c. si applichi in tutti i casi in cui si verifica un cambio di titolarità dell’azienda, perché è in quel momento che può emergere una concorrenza differenziale tra il vecchio e il nuovo titolare, che il legislatore vuole comunque limitare.
Così, in tema di affitto d’azienda, com’è importante il momento del trasferimento dal proprietario al locatario, altrettanto importante è il momento del ritorno dell’azienda dal locatario al proprietario64. La Corte di Cassazione ha infatti ritenuto applicabile l’articolo in esame “non soltanto con riguardo alle ipotesi di alienazione dell’azienda, intesa in senso tecnico, ma anche a tutte quelle altre ove si avveri la sostituzione di un imprenditore all’altro nell’esercizio di un’impresa,
63 Così MARTORANO, L’Azienda, in V.BUONOCORE (fondato da), Trattato di Diritto
Commerciale, sez. I, t. 3, Torino, Giappichelli, 2010
64 Si parla in dottrina di “circolazione di ritorno” v.MARTORANO, L’Azienda, cit, p. 313 ss.
come conseguenza diretta della volontà delle parti o di un fatto da esse espressamente previsto e, pertanto, anche in favore del proprietario di un’azienda nel caso che l’abbia data in affitto allorché l’azienda gli sia stata ritrasferita dall’affittuario per scadenza del termine finale o per altra causa negozialmente prevista”65.
La Suprema Corte è giunta a tale decisione, attraverso un’interpretazione estensiva dell’articolo 2557 1° comma c.c. senza utilizzare procedimenti interpretativi di tipo analogico66. Ciò rappresenta il definitivo abbandono delle precedenti posizioni della stessa Cassazione 67, per la quale due erano le ragioni sottostanti alla non estensibilità del 1° comma dell’art. 2557 c.c. al caso dell’affittuario d’azienda cessante: da una parte il carattere eccezionale della norma rispetto alla libertà di concorrenza e dall’altra, l’interpretazione ad excludendum del già citato 4°comma. Dal punto di vista soggettivo, facendo riferimento alla posizione del titolare dell’azienda, non sempre è applicabile l’art. 2557 c.c.. Infatti sono frequenti e ben noti, nella prassi, casi in cui un soggetto pur titolare di un’azienda solo formalmente, non ha mai esercitato l’attività prima della cessione a terzi. Si pensi al nudo proprietario
65 Cass Civ.. n° 13762/ 1991 in Nuova Giurisprudenza Civile Commentata, 1993, parte I , 1ss.
66 Per quanto riguarda la possibilità d’interpretazione analogica si rinvia al paragrafo successivo.
che aliena l’azienda quando, cessato l’usufrutto, la piena proprietà si consolida in capo allo stesso; oppure all’ipotesi in cui un erede o legatario, che riceve l’azienda mortis causa, dopo non molto tempo la vende senza averla mai esercitata.
In queste ipotesi, la caratteristica principale è che il titolare dell’azienda non può utilizzare alcun “vantaggio concorrenziale”68 rispetto al cessionario, semplicemente perché non ha mai esercitato l’attività e non ha intrattenuto quei rapporti con la clientela, oppure acquisito quelle conoscenze organizzative e aziendali che lo potrebbero porre in una posizione di privilegio.
Altra questione: sono tutelati i successivi acquirenti dell’azienda nei confronti del primo alienante?
Ebbene la dottrina69 ritiene che il divieto ex art. 2557 c.c., imposto all’alienante, esista anche nel caso di successiva alienazione dell’azienda,“a cascata”, a favore di successivi acquirenti. Del resto la ratio di tale interpretazione si basa sempre sullo scopo della disposizione in esame, ovvero, come già detto, quello di tutelare il risultato utile della cessione d’azienda.
Altro punto che merita attenzione è il concetto di “nuova impresa”, espressamente indicato dal codice.
68 In particolare: alcun “vantaggio differenziale”
69 Così COLOMBO, L’Azienda in GALGANO (diretto da), Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, vol. III, Padova , CEDAM, 1979, 197 ss.; FERRARI, voce Azienda, in Enc. Dir., vol. IV, Milano, Giuffrè, 1959, 710;
E´ giusto il caso di precisare che, sia in giurisprudenza che in dottrina, la “novità” dell’attività non investe la prosecuzione di altre attività preesistenti all’alienazione d’azienda70; questo risulterebbe un obbligo di astensione particolarmente gravoso per l’alienante e contrario al principio di libertà d’iniziativa economica che non può essere compresso oltre misura. Infatti, il divieto di cui si parla, si riferisce all’inizio (dopo il trasferimento d’azienda) di una nuova attività idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta; non, quindi, ad alcuna attività preesistente al trasferimento stesso.71
Ad esempio rientra nel divieto il caso in cui il cedente abbia rilevato un esercizio da un terzo e poi intrapreso in proprio l’attività nel medesimo settore; è chiara in quest’ipotesi l’idoneità a causare un danno economico all’avviamento dell’impresa ceduta.
Tale situazione si può creare anche, come in pratica accade, se il cedente dà vita ad una nuova impresa in forma indiretta, o tramite un prestanome o tramite altri soggetti che comunque a lui fanno capo72. Anche in queste ipotesi, coloro che s’interpongono sono soggetti al divieto di concorrenza, naturalmente a condizione che sia possibile provare che l’attività è, in ogni caso, riconducibile al cessionario della stessa.
70 DI CATALDO, Manuale di diritto industriale, Milano, 71 Cass. Civ. 30 marzo 1984, n° 2112.
3. Applicazione analogica del divieto: l’ipotesi di trasferimento delle