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approfondimento: la risposta delle aziende biologiche

GIuLIa: La sItuazIoNe attuaLe

sottoazione 2 Relazione per il differenziale d

5.6 Come utilizzare la rICa per costruire indicatori agroambiental

6.2.1 approfondimento: la risposta delle aziende biologiche

La aziende del campione qualificate come biologiche ai fini dello studio sono il 74% del totale delle quali il 55% “storiche”, il 25% “nuove” ed il 10% “vecchie”; di queste, il 60% si trova in zona 1, il e 35% in zona 2 ed il 5% in zona 3.

Alcune considerazioni possono essere avanzate in base a quanto riferito dalle aziende in merito alla variazione del reddito dopo la conversione (intendendo questa fase funzionale all’adesione all’azione 1). L’82% delle aziende non ha regi-

strato alcuna riduzione di reddito (nel RVI il 43% delle aziende riferiva di una non riduzione di reddito in ragione dell’adesione all‘azione). Una possibile giustifica- zione potrebbe essere attribuita ai prezzi più alti che il prodotto riesce ad ottenere sul mercato e alle maggiori entrate provenienti dalla multifunzionalità aziendale favorita dal biologico. L’89% delle aziende ha ritenuto opportuno suggerire dei valori monetari di premio, riferiti a specifici ambiti, per incentivare l’adesione alla misura 214 in riferimento al biologico. Questo valore riferisce della percezione di non idoneità del premio per gli impegni richiesti. Poche aziende hanno ritenuto idoneo l’attuale premio riferendosi soprattutto alla presenza della sottoazione per la zootecnia biologica non prevista nella precedente programmazione. In tabella 35 i suggerimenti aziendali per incentivare l’adesione all’azione per il biologico riferendosi alla sola leva del premio.

Dalla tabella si evince da un lato che gli attuali premi (es.: 700 €/ha per i frutteti) vengono generalmente ritenuti bassi (molte aziende affermano che tali importi non sono sufficienti ai fini compensativi, al contrario di quanto emerge nel RVI dove il 100% delle aziende intervistate riferisce che il premio percepito è utile a compensare la riduzione di reddito dovuta all’adesione all’azione); dall’altro che le aziende “vecchie” richiedono premi tendenzialmente inferiori - seppur consi- stenti - rispetto a quelle “nuove” e “storiche”.

A conferma del fatto che l’entità del premio (almeno in riferimento agli im- porti per i quali sui quali si ragiona; es.: 280 o 400 €/ha per il seminativo) non è il fattore chiave che determina in maniera sostanziale una variazione dell’attrattività per l’adesione all’azione, si riferisce che:

- le aziende “vecchie” non solo non hanno aderito all’azione per il biologico nell’attuale programmazione, ma hanno addirittura rinunciato a realizza- re la gestione biologica delle superfici;

- alcune aziende riferiscono che la necessità di dover convertire l’intera superficie a vigneto a biologico ha decisamente influenzato le scelte; - i vincoli che la certificazione biologica impone sono stati considerati ecces-

Tabella 35: Premi proposti dalle aziende per incentivare l’adesione alla misura 214 per il biologico; per le aziende che hanno proposto lo stesso ambito, i premi sono stati mediati.

Aziende biologiche Premio

nuove 480 €/ha di seminativo 2.000 €/ha di vigneto

280 €/capo per i caprini storiche

1.250 €/ha frutteto (incluso il castagneto) 450 €/ha di seminativo 100 €/capo per i suini adulti 100 €/UBA per gli avicoli

vecchie 1.000 €/ha frutteto e oliveto 1.500 €/ha di vigneto

Fonte: elaborazioni INEA su dati Questionario ad hoc

La quasi totalità delle aziende (“nuove”, “storiche” e “vecchie”) ha riferito che gli importi previsti dalla precedente programmazione erano adeguati al con- testo economico dell’epoca. Tale considerazione, secondo le aziende, trova con- forto non solo nei maggiori importi previsti nella precedente programmazione di sviluppo rurale per alcune azioni, ma anche dalla variazione (verso l’alto) dei costi dei fattori della produzione (es.: carburanti). Resta comunque vero che per il 59% delle aziende intervistate la riduzione dei premi non ha condizionato le strategie aziendali (principalmente subordinate ai mercati che ai premi del PSR). Alcune aziende hanno anche riferito della difficoltà d’interpretazione dei pagamenti della PAC in ragione sia delle questioni legate agli effetti distorsivi sui mercati (sembra- no non ancora metabolizzati concetti quali la produzione di esternalità ambientali e sociali positive non direttamente o adeguatamente remunerate dai mercati e quindi indirettamente corrisposte).

Si riferisce che in fase di rilievo è stata più volte percepita una sorta di “di- saffinità” tra aziende e PSR interpretabile come difficoltà di associare gli impegni con i pagamenti. Questo può essere dovuto al fatto che il lasso di tempo trascorso tra realizzazione dell’impegno e ricezione dei pagamenti sia stato molto lungo (al- cune aziende hanno riferito ritardi di 2 anni).

Indagando sui fattori che possano incentivare le aziende ad una conversione al biologico e quindi ad accrescere il numero (basso rispetto alla situazione na- zionale) di aziende possibili beneficiare dello specifico intervento presente nella misura 214, le aziende del campione (incluse quelle che non hanno mai attuato l’agricoltura biologica) indicano gli strumenti riportati in tabella 36.

Tabella 36: Ragioni che portano un’azienda a convertirsi al biologico in base a quan- to indicato dalle aziende del campione (ogni azienda ha indicato una o più ragioni).

Aziende Ragione % biologiche etica 80 reddito 50 altro 25 multifunzionalità 25

punteggio per misure del PSR 5

convenzionali

reddito 43

punteggio per misure del PSR 29

nessuna 29

altro 29

reddito 43

Fonte: elaborazioni INEA su dati Questionario ad hoc

Tra le aziende intervistate, la ragione dominante (44% delle aziende) per attuare una gestione biologica è risultata l’etica intesa anche come volontà di ri- nunciare ad ulteriori margini di ricavo al fine di conseguire risultati personali o ambientali soddisfacenti. Naturalmente, le finalità d’impresa rendono necessario considerare l’aspetto reddituale.

Per quanto riguarda la voce “altre ragioni”, alcune aziende affermano che gli stimoli al diffondersi dell’agricoltura biologica possono provenire:

- dalla realizzazione di migliori reti di commercializzazione e strutture de- dicate (es.: difficoltà-impossibilità di stivare i cereali in attesa di un pre- sunto incremento del prezzo di vendita in quanto mancano appositi locali dislocati sul territorio regionale);

- dal fatto che le aziende che praticano il biologico possiedono una profes- sionalità maggiore e quindi potrebbero fungere da riferimento per le altre aziende per la scelta delle soluzioni agronomiche rispettose dell’ambiente. Invece, nel convenzionale oltre un quinto delle aziende afferma che la scel- ta del biologico non è giustificabile in quanto propone scelte gestionali non otti- mali (es.: impossibilità di ottenere uve di qualità senza l’ausilio di prodotti quali ad esempio l’IBS), necessita dimensioni economiche aziendali significative per giustificare l’iter di conversione ed i frequenti controlli in azienda. Le altre azien- de riferiscono di ragioni reddituali (es.: gap significativo tra il prezzo dei prodotti biologici e quelli non biologici) e di opportunità (es.: accettare una temporanea conversione di alcune superfici aziendali al fine di poter accedere ai benefici forniti da altre misure tramite l’acquisizione di punteggio per le graduatorie).

In conclusione, sono state indicate dalle aziende anche altre considerazio- ni-necessità:

- avere, in maniera diffusa sul territorio regionale, strutture per la macella- zione dei capi provenienti da allevamenti biologici;

- ottimizzare l’emanazione dei bandi per i pagamenti agroambientali (es.: bando iniziale, bando intermedio e bando finale per tutte le azioni; esten- sione del periodo utili per la presentazione delle domande);

- la necessità di una formazione mirata ad incrementare la professionalità degli agricoltori sulle tematiche di coltivazione biologica ed allevamento biologico;

- sostituzione dei premi aziendali con soluzioni organiche (es.: acquisti col- lettivi dei prodotti utilizzati in agricoltura biologica al fine di abbatterne i prezzi);

- incentivare le interazioni con le Regioni ed i Paesi confinati sulle temati- che agroambientali;

- diversificare le azioni anche in base alla dimensione aziendale; - incrementare i servizi di consulenza sulle tematiche agroambientali; - migliorare la reperibilità delle sementi biologiche (soprattutto i cereali) e

dei mangimi biologici;

- incrementare i servizi di assistenza veterinaria per gli allevamenti biologici; - nei bandi, considerare le aziende biologiche come aziende in zone svan-

taggiate in quanto hanno problemi simili di reperimento dei fattori produt- tivi e di commercializzazione dei prodotti;

- favorire l’incremento dell’occupazione concentrando gli interventi su al- cune colture (es.: frutteti);

- incrementare la fase di concertazione con gli agricoltori in fase di defini- zione del PSR;

- supportare la fase di promozione del prodotto biologico;

- considerare anche la filiera delle biomasse nella premialità agroambientale.

6.3 Conclusioni

Le aziende agricole indagate presentano un’eterogeneità produttiva che le avvantaggia in termini di elasticità rispetto al mercato ed allo stesso tempo le inquadra come possibili beneficiarie di più interventi agroambientali del PSR. Le principali critiche che le aziende rispondenti muovono nei confronti dell’attuale

programmazione, fornendo un’opinione sull’attrattività, sono riconducibili sostan- zialmente a due motivi: a) bassi importi dei pagamenti previsti (soprattutto per il biologico; le revisioni dopo l’Health Check non sono state ritenute sufficienti a compensare gli oneri provenienti dagli impegni assunti); b) ritardi nell’erogazione dei premi e complessità amministrativa per l’avvio e mantenimento delle azioni (che si moltiplica nel caso di adesioni a più azioni; il che inibisce l’interesse verso la misura 214). I bassi importi dei premi non convincono le aziende agricole di di- mensioni maggiori ad aderire alle misure agroambientali (es.: nelle aziende in cui il mais rappresenta un input per la filiera zootecnica e/o per la filiera energetica, le possibili minori rese associate al rispetto della misura agroambientale vanno ad incidere significativamente sul processo decisionale).

Le aziende traducono gli impegni previsti dalle azioni non solo in termini monetari (compensazione) ma anche in termini di ulteriore impegno burocrati- co per l’adesione alla misura, di tempo “perso” dedicato ai controlli in azienda e di nascita di inconvenienti (dati quasi per certi) che dovranno essere risolti (es.: incongruenza dei dati forniti all’atto della domanda - superfici, numero di capi, ecc. - con quelli presenti in altre banche dati di riferimento). Le aziende sembrano cogliere in maniera del tutto parziale gli obiettivi che si propone il PSR a propo- sito delle tematiche agroambientali. Essi si affidano piuttosto a considerazioni di carattere personale e non sembrano conoscere le indicazioni contenute nei bandi (generalmente poco noti o noti in maniera indiretta).

Per il futuro, tutte le aziende intervistate propongono di prevedere miglio- ramenti di filiera (questione non direttamente interessata dalla misura 214). Le aziende specializzate propongono interventi mirati ad apportare vantaggi agroam- bientali tramite una riduzione nell’utilizzo dei prodotti di sintesi (anche con l’idea di cogliere un doppio vantaggio economico legato al non utilizzo di prodotti - i cui costi sono esponenzialmente cresciuti negli ultimi anni - ed il pagamento del PSR), mentre le aziende maggiormente diversificate propongono interventi atti a concentrare l’attività aziendale verso il settore più redditizio a fronte di una ridu- zione degli impatti ambientali sulle superfici meno redditizie.

Nell’aprile del 2010 l’attuale Commissario europeo per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale Dacian Ciolos ha invitato cittadini ed organizzazioni (non solo agricole) a partecipare al dibattito formale sul futuro della Politica Agricola Co- mune (PAC). Il dibattito (on-line) è rimasto aperto fino a Giugno 2010 con l'inten- zione di raccogliere informazioni nelle prime fasi del processo di riflessione sul futuro della PAC (EC, 2010). Il dibattito ha ottenuto 5.682 contributi (1.440 dalla Germania, 1053 dalla Polonia, 788 dalla Francia e solo 94 dall’Italia) forniti princi- palmente da privati cittadini (96% del totale). Alla questione relativa alle motiva- zioni che giustificano l’esistenza stessa della PAC, alcuni dei partecipanti hanno riferito che la PAC ha ragione di esistere solo se mira a mantenere i sistemi di agricoltura diversificata in tutta Europa (soprattutto nelle aree periferiche) e a garantire l’offerta di vari beni pubblici. Altri interlocutori giustificano l’esistenza della PAC in ragione dell'offerta di beni pubblici (con sostegni agli agricoltori che erogano tali beni) e del contributo alla coesione territoriale (tenuta e rafforza- mento della vitalità delle aree rurali). Nella fase di qualificazione delle esterna- lità agricole desiderate dalla società – ovvero cosa si aspettano i cittadini euro- pei dall’agricoltura - è emerso che i principali obiettivi dell’agricoltura dovranno essere: offrire un’ampia scelta di alimenti sani e sicuri, a prezzi trasparenti e convenienti; garantire l'uso sostenibile del suolo; realizzare attività a supporto delle comunità rurali e delle campagne; garantire la sicurezza dell'approvvigio- namento alimentare; rispettare l'ambiente (riscaldamento globale, biodiversità, risorse idriche, ecc); supportare l'agricoltura sostenibile a conduzione familiare; offrire occupazione nelle aree rurali.

Alla domanda “perché occorre riformare la PAC?” i principali argomenti avanzati dai partecipanti al dibattito sono stati: permettere ad agricoltori, opera- tori e consumatori di affrontare la maggiore instabilità dei prezzi delle materie prime nel settore agricolo e dei prodotti alimentari; far fronte all'incremento della domanda globale (e alla generale tendenza verso mercati mondiali sempre più aperti); riorganizzare i regimi di pagamento nel quadro della PAC e semplificare

le procedure amministrative; valorizzare maggiormente gli aspetti non legati al mercato, quali l'ambiente, le norme su qualità e salute, la sostenibilità; fornire una risposta agli effetti dei mutamenti climatici; tener conto delle diverse e crescenti aspettative dei consumatori, ad esempio per quanto attiene all'origine dei prodotti alimentari, alla garanzia di qualità, ecc.; rafforzare la competitività dell'agricoltu- ra europea; garantire un miglior coordinamento con le altre politiche dell'UE che incidono sulle aree rurali. Inoltre, sono state poste questioni circa: la mancanza di equità nell'applicazione della PAC in tutti i 27 Stati membri; il funzionamento della filiera alimentare; la necessità di strumenti per la gestione del mercato; il dibattito che vede contrapposti piccoli e grandi agricoltori; l'impatto della PAC sui Paesi in via di sviluppo.

In aggiunta, il dibattito formale sul futuro della PAC ha affrontato il tema legato agli strumenti di cui ha bisogno la futura PAC per perseguire i suoi obiettivi. Un’ampia maggioranza di partecipanti ritiene che gli strumenti dell'attuale PAC debbano essere mantenuti con alcune lievi modifiche mentre un'altra quota so- stanziale propone un ri-orientamento della PAC verso un collegamento più stretto tra produzione agricola, compensazione degli agricoltori e offerta di beni pubblici (es.: servizi ambientali).

Entrando nel merito dei dispositivi da utilizzare, sono state suggerite varie soluzione (per diversi scenari) tra le quali:

a) nuovi strumenti per la stabilità dei mercati; b) programmi di formazione;

c) strategie locali;

d) associazioni di produttori;

e) promozione dei prodotti alimentari;

f) migliori fonti di informazione e dati sui mercati e su altri aspetti.

Opinione largamente condivisa dai partecipanti è legata al dimensionamen- to, verso il basso, dello spazio dedicato dalla PAC all’ “agricoltura industriale” a vantaggio di destinatari più meritevoli (es.: aree svantaggiate, zone montane, agricoltori biologici).

In conclusione, nonostante le difficoltà di sintesi dalle molteplici opinioni, sono state identificate 12 direttrici, secondo le quali l'UE dovrebbe:

1) assumere un approccio strategico in merito alla riforma della PAC; 2) cercare soluzioni totali, anziché parziali, che tengano conto sia delle sfide

della PAC sia dell'interazione tra la PAC e le altre politiche interne ed esterne all'UE;

4) continuare a dare impulso ai settori competitivi o potenzialmente com- petitivi dell'agricoltura europea, affinché siano in grado di operare in un contesto di mercato, valorizzando l'innovazione e la divulgazione dei ri- sultati della ricerca;

5) trasformare l'intervento di mercato in uno strumento innovativo di ge- stione dei rischi e delle crisi;

6) riconoscere che il mercato non può (o non vuole) remunerare l'erogazio- ne di beni e servizi pubblici e che, proprio in questo ambito, l'intervento pubblico deve controbilanciare la disfunzione del mercato; tener pre- sente che la corretta compensazione degli agricoltori per l'erogazione di beni e servizi pubblici sarà l'elemento chiave di una PAC riformata; 7) proteggere l'ambiente e la biodiversità, salvaguardare le aree rurali, so-

stenere l'economia rurale, mantenere e creare occupazione nelle cam- pagne, attenuare i cambiamenti climatici;

8) rivedere la struttura dei due pilastri della PAC e chiarire l'interrelazione che li caratterizza; rendere disponibili adeguate risorse per lo sviluppo rurale; attuare una PAC più equa nei confronti dei piccoli agricoltori, del- le regioni svantaggiate, dei nuovi Stati membri;

9) introdurre un elemento di trasparenza nell'insieme della filiera alimen- tare, accordando un ruolo più importante ai produttori;

10) creare le condizioni di una leale concorrenza tra i prodotti UE e quelli importati;

11) evitare danni all'economia o alle capacità di produzione alimentare dei paesi in via di sviluppo;

12) sostenere la lotta contro la fame nel mondo.

L’attuale PAC, ricalibrata nel suo pilastro di Sviluppo rurale in base alle considerazioni emerse in seno alla “Valutazione dello stato di salute”16 (Health

16 “Sono lieta che sia stato possibile trovare un compromesso che rispetta tutti i principi della no- stra proposta originaria”, ha dichiarato la commissaria (2004-2010) per l’Agricoltura e lo Sviluppo rurale Mariann Fischer Boel. “La valutazione dello stato di salute altro non è che un modo per preparare gli agricoltori europei ad affrontare le sfide che li attendono nei prossimi anni, come i cambiamenti climatici e le loro conseguenze, e affrancarli perché possano rispondere ai segnali del mercato. Grazie a un più cospicuo trasferimento di fondi allo Sviluppo rurale, saremo in grado di trovare soluzioni adatte a specifici problemi regionali. Le modifiche approvate rappresentano un importante passo avanti per la PAC”.

17 “Stiamo assistendo all’inizio di una radicale trasformazione strutturale in un’economia a bas- sa emissione di carbonio. Ciò rappresenta per l’UE un’opportunità che comporterà nuove attività commerciali, nuove industrie e milioni di nuovi posti di lavoro ben remunerati. Devono essere coin- volti tutti i settori: ad esempio, la recente decisione sullo "stato di salute" della PAC ha impegnato 3 miliardi di euro per investimenti rispettosi del clima a favore dello sviluppo rurale. è in contesti simili che le azioni a breve termine possono produrre benefici immediati e duraturi per l’Unione. Al fine di accelerare gli investimenti, la Commissione preciserà il quadro giuridico per partenariati fra i settori pubblico e privato volti a realizzare importanti investimenti per l'infrastruttura e la ricerca al fine di agevolare questa modalità mista di finanziamento.”

Check) ed al “Piano europeo di ripresa economica”17 (European Economic Recove-

ry Plan), è ancora oggetto di una continua evoluzione atta a modellarla in ragione delle necessità emergenti.

Il processo (tabella 37) che sta portando alla definizione della Politica Agri- cola Comune (PAC) per il periodo 2014-2020 è accompagnato da un altro appunta- mento comunitario: la revisione del bilancio complessivo dell’’Unione europea (in cui si definisce anche la dotazione finanziaria da assegnare alla politica agricola). Rispetto alle precedenti esperienze, la futura PAC verrà per la prima volta discus- sa ed approvata con un ruolo decisivo del Parlamento europeo (codecisione, in ragione dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona) e il dibatto che accompagna la sua definizione avverrà in un quadro ancora incerto di risorse finanziarie dedi- cate. La PAC dovrà affrontare le sfide legate all’approvvigionamento alimentare (CE, 2011), all’uso sostenibile delle risorse naturali (es.: suolo, acqua, biodiversità, paesaggio) ed allo sviluppo adeguato dei territori rurali, ponendosi gli obbiettivi di garantire l’approvvigionamento di derrate alimentari (per soddisfare la domanda interna e contribuire a soddisfare quella mondiale), sostenere le comunità agrico- le europee (produttrici di alimenti di qualità e pregio) e difendere la vitalità delle comunità rurali (nelle quali l’agricoltura è anche fonte di occupazione).

Nella comunicazione della Commissione europea del 18 novembre 2010 (“La politica agricola comune verso il 2020: rispondere alle sfide future dell’ali- mentazione, delle risorse naturali e del territorio”; primo atto ufficiale della futura PAC) sono state individuate tre aree d’intervento: economiche (sicurezza alimen- tare in una situazione di volatilità dei prezzi e di crisi economica), ambientali (ge- stione delle risorse ed azioni a favore del clima) e territoriali (vitalità delle zone rurali e diversificazione delle produzioni).

Secondo la Commissione, gli obiettivi strategici da perseguire sono: a) la produzione alimentare efficiente, capace di contribuire al redito agri-

anche il valore nella filiera alimentare) e compensando le criticità delle aree con vincoli naturali ed a rischio di abbandono;

b) la gestione sostenibile delle risorse naturali ed un’azione per il clima, capace di produrre beni pubblici (non direttamente remunerati dai mer- cati), favorire l’innovazione “verde” e mitigare-adattarsi al cambiamento climatico;

c) lo sviluppo territoriale equilibrato, capace di sostenere l’occupazione ru- rale preservando il tessuto sociale, ottimizzare l’uso delle risorse locali e favorire la diversificazione dei sistemi agricoli migliorando le condizioni delle piccole aziende.

Tabella 37: Le tappe del dibattito sulla Politica Agricola Comune dopo il 2013

Periodo evento

Marzo 2010 Europa 2020: una strategia per la crescita intelligente, sostenibile inclusiva

Aprile 2010 Consultazione pubblica su futuro della PAC

Giugno 2010 Strategia Europa 2020