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Tra “appropriatezza” ed “investimento”: il ruolo della contrattazione collettiva nei sistemi belga ed olandese.

Lavoro interinale e formazione in Europa

3.4. Tra “appropriatezza” ed “investimento”: il ruolo della contrattazione collettiva nei sistemi belga ed olandese.

I sistemi di formazione continua per i lavoratori interinali recentemente costituiti in Belgio ed in Olanda sono caratterizzati dall'introduzione di enti bilaterali per la formazione dei lavoratori interinali, istituiti dalla contrattazione collettiva di settore, in contesti caratterizzati dall'assenza di norme specifiche e di vincoli per le imprese in materia di formazione continua in questo settore.

In Belgio il lavoro interinale è piuttosto diffuso, i lavoratori coinvolti in questa tipologia d'impiego rappresentano quasi il 4% del totale degli occupati (EWCS, 2010): si tratta soprattutto di giovani, occupati nel settore industriale. Il lavoro interinale rappresenta, in questo paese, soprattutto uno strumento per “testare” i lavoratori in vista dell'assunzione come dipendenti, tant'è che il 65% dei lavoratori avviati in missione viene assunto con un contratto a tempo indeterminato dall'impresa utilizzatrice al termine dell'incarico. Per questo motivo, le esigenze di formazione delle agenzie e dei lavoratori, durante l'esperienza temporanea, sono legate all'acquisizione delle competenze tecniche specifiche richieste dalle imprese utilizzatrici in vista dell'avvio in missione, che vengono trasferite durante formazioni corte, nella maggior parte dei casi organizzate direttamente dalle agenzie attraverso strutture interne.

Nonostante un evidente dinamismo delle agenzie, soprattutto operatori di grandi dimensioni, nell'organizzazione di formazioni “appropriate” alle esigenze dei clienti, negli anni più recenti è emerso il bisogno di coordinare l'azione delle imprese del settore, favorendo la cooperazione con le istituzioni pubbliche e con organizzazioni private che si occupano di formazione in settori

strategici per le attività delle agenzie.

A questo scopo, le parti sociali hanno creato un Fondo di formazione per i lavoratori interinali, il VFU (Vormingsfonds voor Uitzenkrachten), finanziato prevalentemente tramite contribuzione delle agenzie (lo 0,5% della massa salariale), incaricato di raccogliere e redistribuire risorse per la formazione all'interno di due canali: il primo, gestito dal VFU e finalizzato al finanziamento di iniziative collettive; il secondo, riservato alle singole agenzie, che possono accedere ai fondi esercitando “diritti di prelievo” su un certo ammontare delle risorse versate, ma a condizione di dedicarne una parte alla formazione su salute e sicurezza sul lavoro. Poiché la formazione finanziata dal VFU può avere luogo esclusivamente durante l'orario di lavoro, i fondi possono essere utilizzati per coprire tanto i costi di formazione, quanto le retribuzioni dei lavoratori coinvolti. I fondi non utilizzati sono redistribuiti tra tutte le agenzie aderenti proporzionalmente al volume di attività.

Lo scopo principale del Fondo è attirare ulteriori investimenti attraverso partnerships con l'attore pubblico e coinvolgere le agenzie in accordi con altri Fondi per la formazione settoriali, volti a consentire l'acquisizione, da parte dei lavoratori delle agenzie, di competenze cruciali per lavorare in determinati settori di attività, opportunità cui non avrebbero altrimenti accesso, poiché sono riservate ai lavoratori delle imprese appartenenti a quel settore. L'attività del VFU è differenziata a livello regionale: se in Vallonia le esperienze di cooperazione con i servizi pubblici per l'impiego sono ormai strutturate, nelle Fiandre sono più recenti, sebbene il governo regionale si sia impegnato, a partire dal 2008, nel favorire la cooperazione tra i diversi fondi settoriali per raggiungere obiettivi quali la tutela delle diversità e dei gruppi a rischio ed il sostegno ai percorsi di mobilità dei lavoratori interinali.

La recente istituzione del Fondo bilaterale, risalente al 2006, non permette ancora di valutare quanto l'azione delle parti sociali abbia inciso sulle

caratteristiche del sistema formativo preesistente, tradizionalmente affidato alla libera iniziativa delle agenzie. Le caratteristiche degli interventi (di pochi giorni, su contenuti specifici concordati con le imprese utilizzatrici) rimandano ad un modello “domandista”, poiché il Fondo stesso si è impegnato più sul versante dell'ottimizzazione delle opportunità formative già esistenti, controllando la corrispondenza della formazione alle esigenze delle imprese utilizzatrici, che su quello dello sviluppo delle competenze dei lavoratori. La creazione di reti estese di cooperazione con istituzioni formative di altri settori potrebbe, tuttavia, rappresentare un'opportunità interessante per i lavoratori coinvolti, poiché consentirebbe probabilmente di incrementare le già buone chances di stabilizzazione all'interno delle imprese utilizzatrici.

Tra il modello volontaristico e quello regolato, ma più vicino al secondo, che descriveremo nel prossimo paragrafo, si colloca anche il caso Olandese: con un'incidenza di più del 4% sull'occupazione totale, l'Olanda è il paese europeo che presenta il livello maggiore di diffusione del lavoro interinale. Il settore è caratterizzato da imprese di piccole dimensioni, che offrono servizi di intermediazione ad aziende che operano principalmente nel settore dei servizi; i lavoratori interinali sono soprattutto giovani, sia uomini che donne, di un'età inferiore ai 25 anni, in molti casi studenti alla ricerca di un reddito aggiuntivo, ma l'incidenza del lavoro interinale è alta anche tra i lavoratori con basso livello di scolarità e tra gli immigrati. Il quadro normativo del lavoro interinale è piuttosto complesso: in un contesto liberista, caratterizzato dall'assenza di limiti al ricorso a questa tipologia d'impiego ed alla durata e rinnovo dei contratti, la legge su “Flessibilità e sicurezza” del 1998, apripista degli interventi legislativi ispirati alla logica della flexicurity, ha introdotto, sul versante della regolazione del contratto di lavoro, uno schema a fasi che prevede una progressione in materia di diritti e tutele con il prolungarsi della permanenza nell'area del lavoro temporaneo. Ciò vuol dire che il livello di

regolazione cambia a seconda dell'anzianità di servizio nel settore e raggiunge il livello massimo (con il riconoscimento di diritti di accesso alla formazione e sindacali) solo per i lavoratori che hanno lavorato per più di due anni presso la stessa agenzia.

Su questo schema la contrattazione collettiva ha impiantato un sistema selettivo di formazione per i lavoratori interinali, che prevede l'accesso ad opportunità formative dopo le prime 78 settimane di lavoro presso la stessa agenzia: a questo scopo è stato imposto alle agenzie un obbligo contributivo (l'1% della massa salariale, per i soli lavoratori con i suddetti requisiti di anzianità) per investimenti “diretti” in formazione, cui si aggiunge un contributo dello 0,1% da versare allo STOOF, un Fondo bilaterale incaricato di amministrare le risorse, incentivando le agenzie ad investire su formazioni lunghe. Quest'ultime, tuttavia, non sono rese disponibili direttamente ai lavoratori, ma alle agenzie, che decideranno in seguito sugli investimenti più opportuni da attuare. Ne consegue che le agenzie investiranno soprattutto sui lavoratori più promettenti, “destinati” ad essere assunti a tempo indeterminato. Bisogna, inoltre, sottolineare che la durata media dei contratti di somministrazione è inferiore a tre mesi (dunque sotto la soglia per l'accesso alla formazione) per la metà dei lavoratori interinali olandesi e la percentuale di quanti accedono all'ultima fase, caratterizzata dalla stabilizzazione del rapporto di lavoro, si aggira introno al 5-7% (IdeaConsult, 2009). Gli investimenti in formazione su questa “élite” di lavoratori sono, infine, protetti da “clausole di rimborso”, che prevedono che il lavoratore rimborsi all'agenzia il costo sostenuto per la sua formazione nel caso decida di passare ad un concorrente, o sia assunto da un'impresa utilizzatrice (in questo caso è il datore di lavoro a rimborsare l'agenzia). L'attività del Fondo copre, in definitiva, una fetta ridotta del volume di formazione delle agenzie interinali, svolgendo un'azione complementare rispetto agli interventi realizzati su iniziativa aziendale,

principalmente volti all'apprendimento di poche nozioni tecniche per l'avvio in missione. Il Fondo, d'altra parte, sembra avere un ruolo determinante quale intermediario per l'accesso alle risorse europee, raggruppando e sistematizzando le richieste provenienti dalle piccole agenzie in progetti più ampi che vengono presentati all'agenzia del FSE.

3.5. Il modello regolato: Francia, Italia e Spagna.

Rientrano a pieno titolo nel modello che abbiamo definito “regolato”, invece, Francia, Spagna ed Italia. In questi tre paesi esistono leggi che promuovono l'accesso dei lavoratori interinali alla formazione, imponendo un obbligo contributivo alle agenzie, mentre la contrattazione collettiva definisce la regolazione di dettaglio.

Un primo elemento caratterizzante questi casi nazionali è, dunque, l'esistenza nelle leggi che istituiscono e disciplinano il lavoro interinale di un obbligo per le agenzie ad investire in formazione, segno della volontà del legislatore di compensare lo svantaggio dei lavoratori interinali sul versante della sicurezza dell'impiego con una maggiore attenzione al contributo che l'esperienza del lavoro tramite agenzia può offrire all'aumento della loro occupabilità.

In Francia, il sistema istituito fin dal 1983 dalla contrattazione collettiva, che prevedeva la creazione di un organismo bilaterale di settore (Fond Assurance Formation Travail Temporaire-FAF.TT) e definiva lo status contrattuale del lavoratore interinale in formazione, viene recepito e completato dalla legge n. 90-603 del 12 luglio 1994, che innalza la contribuzione obbligatoria delle agenzie a titolo di formazione fissandola al 2% e definisce vincoli di destinazione per le risorse in relazione a specifici interventi.

disciplinava un sistema di formazione che rimarrà inattuato per qualche anno, per essere implementato, seppur modificato, dopo l'entrata in vigore della l.30/2003. Gli elementi caratterizzanti il sistema istituito dalla l. 196/97 erano la contribuzione obbligatoria delle agenzie a titolo di formazione e l'istituzione di un Fondo per la gestione delle risorse così raccolte presso il Ministero del lavoro, governato da una Commissione bilaterale nazionale: come sarà ampiamente argomentato nel Cap. 5, il sistema oggi vigente si discosta dal progetto originario riducendone il livello di centralizzazione, ma conservando gli elementi principali legati alla contribuzione obbligatoria (il 4% della massa salariale) ed alla governance del sistema, con l'istituzione del Fondo bilaterale Forma.Temp.

In Spagna la legge n. 14 del 1 giugno 1995 obbliga le agenzie di lavoro interinale a destinare l'1% della massa salariale alla formazione dei lavoratori interinali, in aggiunta alla contribuzione obbligatoria a titolo di formazione professionale dei propri lavoratori cui sono soggette tutte le imprese (0,60% della massa salariale). Al contributo dell'1% destinato alla formazione dei lavoratori interinali l'Accordo Collettivo delle imprese di lavoro temporaneo del 2004 ha aggiunto un contributo dello 0,25% specificamente destinato alla formazione per la salute e sicurezza sul luogo di lavoro. Nel 2004 è stata istituita la Fondazione SINDETT, composta dai sindacati e dalle organizzazioni datoriali maggiormente rappresentativi del settore, che ha lo scopo di finanziare interventi di formazione volti all'aumento dell'occupabilità dei lavoratori interinali ed è finanziata attraverso la contribuzione delle agenzie, dal servizio pubblico per l'impiego e dalla Fondazione tripartita che gestisce le risorse del Fondo Sociale Europeo. Al finanziamento diretto delle attività formative da parte delle agenzie, si affianca, dunque, un sistema collettivo in cui confluiscono risorse derivanti dal canale contributivo generale e da istituzioni nazionali e comunitarie per programmi concertati tra le parti sociali

e volti allo sviluppo delle competenze dei lavoratori del comparto.

In tutti e tre i paesi, dunque, esiste un obbligo di investimento in formazione per le agenzie e la gestione di tutte o di parte delle risorse destinate alla formazione è affidata ad organismi bilaterali, gestiti pariteticamente dalle parti sociali del settore.

D'altra parte, né la mera esistenza di un obbligo ad investire in formazione, né la creazione di fondi bilaterali per la gestione delle risorse, basterebbero a caratterizzare questi sistemi nel senso di un più alto livello di regolazione rispetto a quelli precedentemente analizzati. Anche in Austria, ad esempio, esiste un obbligo di investimento in formazione per le agenzie ed è stato istituito un fondo bilaterale per la formazione di alcune categorie di lavoratori interinali: tuttavia, in questo paese l'obbligo di investimento può essere assolto dalle agenzie anche finanziando “direttamente” tutte le attività formative, mentre la peculiarità dei tre casi che adesso analizziamo è rintracciabile proprio nella combinazione tra obbligo di investimento in formazione ed obbligo di contribuzione a fondi gestiti pariteticamente dalle parti sociali, attraverso la creazione di un sistema di finanziamento duale che affianca agli investimenti diretti un sistema collettivo per la redistribuzione di parte delle risorse disponibili.

Inoltre, sebbene la bilateralità non rappresenti una peculiarità dei modelli regolati (è infatti stata recentemente introdotta nei sistemi belga ed olandese), in questi casi essa non esprime esclusivamente una scelta partecipativa delle organizzazioni sociali del settore, in un'ottica di maggiore efficienza dei sistemi, ma coinvolge le parti sociali nella realizzazione di una funzione di interesse pubblico riconosciuta da leggi specifiche.

Poiché il caso italiano e quello francese saranno trattati ampiamente nei capitoli che seguono (Cap.4 e Cap.5), a cui si rimanda, approfondiremo in questo paragrafo il caso spagnolo.

In questo paese i lavoratori interinali rappresentano il 2,4% del totale degli occupati (EWCS, 2010): si tratta soprattutto di giovani tra i 26 ed i 35 anni, che cercano nel lavoro tramite agenzia un'opportunità per entrare o rientrare nel mercato del lavoro, nella speranza di approdare in seguito ad un impiego più stabile (IdeaConsult, 2009). Il settore è piuttosto concentrato e vede la prevalenza di grandi agenzie multinazionali, che operano soprattutto nel terziario; la durata delle missioni è in genere breve, inferiore ad un mese. Il sistema di formazione per i lavoratori interinali è nato inizialmente con lo scopo di assicurare a questi lavoratori una formazione adeguata per lo svolgimento delle missioni cui sono assegnati, soprattutto sul versante della sicurezza sul lavoro; a partire dal 2004, con l'istituzione della SINDETT, si è assistito ad un ampliamento degli obiettivi dei programmi formativi in direzione dell'accrescimento e del mantenimento dell'occupabilità. All'interno della SINDETT le parti sociali definiscono congiuntamente un piano di formazione annuale programmando gli interventi che entreranno a far parte di un “catalogo” dell'offerta formativa, all'interno del quale i lavoratori possono scegliere i corsi da seguire. Gli interventi formativi, aperti tanto ai lavoratori in missione quanto a disoccupati candidati ad una missione, hanno una durata breve (in genere non più di due settimane) e sono in molti casi erogati in modalità di formazione a distanza o e-learning; i contenuti riguardano principalmente sicurezza sul lavoro, amministrazione e risorse umane, lingue, profili tecnici nel settore manifatturiero e dell'ICT. Le metodologie didattiche utilizzate e l'organizzazione dei corsi in moduli di breve durata sono state interpretate come indicatori di flessibilità ed adattabilità del sistema alle esigenze di imprese e lavoratori (IdeaConsult, 2009). Inoltre, tutte le formazioni sono certificate e la fondazione opera in stretta connessione con i servizi pubblici per l'impiego e le agenzie interinali. Tuttavia, nonostante la mobilitazione di risorse provenienti da diversi canali di finanziamento

nazionali e comunitari, solo un'esigua percentuale di lavoratori interinali ha accesso alle opportunità formative finanziate dalla fondazione (nel 2007 circa lo 0,7% dei lavoratori transitati per il settore, secondo i dati riportati da IdeaConsult), anche per via della scarsa diffusione di informazioni sulle opportunità esistenti.

Il sistema spagnolo sembra, in definitiva, caratterizzato da due elementi principali: un quadro normativo rigido in materia di obblighi contributivi per la formazione, integrato dalla contrattazione collettiva; un ruolo attivo delle parti sociali, sia all'interno della Fondazione SINDETT che gestisce le risorse dedicate alla formazione degli interinali, sia all'interno della FORCEM, Fondazione Tripartita per la formazione continua, che co-finanzia gli interventi gestiti dalla SINDETT. L'alto livello di regolazione ed il protagonismo delle parti sociali non sembrano, tuttavia, mettere il sistema al riparo dall'emergere di alcune criticità: esiguità delle risorse e difficoltà di accesso alla formazione da parte dei lavoratori; deficit informativi; scarsa attenzione ai risultati degli interventi formativi.

3.6. Conclusioni.

L'analisi dei modelli di formazione continua per i lavoratori interinali in Europa è resa problematica tanto dalla difficoltà di reperire dati ed informazioni dettagliate sull'argomento, quanto dalle difficoltà di comparazione tra paesi con sistemi regolativi del lavoro interinale e della formazione continua molto diversi tra loro.

Tuttavia, a livello europeo si è fatta strada, negli anni più recenti, la consapevolezza della necessità di approfondire la conoscenza del rapporto tra formazione e lavoro atipico, nel quadro più generale delle politiche di flessicurezza: questa consapevolezza è testimoniata dall'avvio di azioni di

ricerca a livello europeo sull'accesso dei lavoratori temporanei alla formazione e dall'impegno delle parti sociali europee del settore della somministrazione, che hanno commissionato l'unica ricerca attualmente disponibile sui modelli europei di formazione per i lavoratori interinali.

L'importanza della formazione nel lavoro interinale è testimoniata, d'altra parte, dall'introduzione nella direttiva 2008/104/CE di un articolo specifico sull'accesso di questi lavoratori ad opportunità formative volte a favorire l'avanzamento di carriera e l'occupabilità.

L'analisi dei sistemi attualmente vigenti in alcuni paesi europei ha fatto emergere alcune dimensioni di comparazione, legate principalmente al livello di regolazione ed al modello di governance dei sistemi, che hanno portato alla definizione di due modelli principali: il primo, che abbiamo definito volontaristico, caratterizzato dall'assenza di norme specifiche ed iniziative organiche volte a favorire l'accesso dei lavoratori interinali alla formazione; il secondo, che abbiamo definito regolato, caratterizzato dall'esistenza di leggi specifiche e da un forte coinvolgimento delle parti sociali del settore, che partecipano alla definizione ed alla implementazione dei sistemi, attraverso la contrattazione collettiva e la gestione di enti/fondi bilaterali.

Il protagonismo delle parti sociali in questo settore non è, tuttavia, una peculiarità dei modelli che abbiamo definito regolati, ma sembra piuttosto rappresentare una tendenza comune a livello europeo, poiché anche in paesi di tradizione liberista o caratterizzati da modelli di formazione continua ispirati alla logica dell'appropriatezza, in cui cioè la formazione dei lavoratori interinali è stata tradizionalmente affidata all'azione volontaria delle agenzie e delle imprese utilizzatrici, sono nati recentemente enti, fondazioni o fondi bilaterali incaricati di gestire parte delle risorse destinate dalle agenzie alla formazione continua, per la realizzazione di obiettivi diversi: dalla cooperazione fra diverse agenzie per fornire ai lavoratori del comparto competenze specifiche in settori

o ambiti strategici, alla protezione di categorie di lavoratori interinali particolarmente deboli, alla creazione di reti con istituzioni pubbliche e private.

Provando a trarre delle conclusioni sull'insieme dei casi analizzati, sebbene i casi rientranti nel modello volontaristico abbiano, come tutti i sistemi a bassa regolazione, il vantaggio della flessibilità, sembrano emergere fattori di inefficienza. Da un lato, l'assenza di un sistema generale di raccolta e redistribuzione di fondi per la formazione dei lavoratori interinali può determinare discriminazioni nell'accesso alla formazione su più livelli: i lavoratori delle agenzie di piccole dimensioni (spesso non in grado di organizzare e finanziare un sistema di formazione) possono essere penalizzati rispetto ai lavoratori delle grandi agenzie; anche all'interno della stessa agenzia, inoltre, si tenderà ad investire soprattutto sui lavoratori più “promettenti”, se la scelta riguardo agli investimenti in formazione è unilaterale. Dall'altro, le agenzie non sempre hanno sviluppato le competenze necessarie per progettare e gestire da sole gli interventi necessari alla qualificazione della propria forza lavoro, sicché la formazione così erogata rischia di essere imposta dalla domanda delle imprese utilizzatrici, oltre che essere complicata dalla mobilità dei lavoratori da un settore ad un altro.

D'altra parte, alcuni dei paesi che rientrano in questo modello hanno sviluppato esperienze interessanti tanto sul versante delle politiche aziendali, come in Germania, quanto su quello della cooperazione inter-istituzionale, collaborando con i servizi pubblici per l'impiego o con istituzioni formative dei principali settori d'impiego dei lavoratori interinali. Queste strategie sono state valutate positivamente (IdeaConsult, 2009), la prima in quanto buon esempio di come la collaborazione tra attori privati (agenzie) e pubblici (servizi per l'impiego) possa facilitare la transizione dalla disoccupazione al lavoro attraverso la valenza formativa dell'impiego temporaneo; la seconda in quanto la cooperazione tra agenzie di lavoro temporaneo ed istituzioni formative di

settore può ampliare le opportunità, per i lavoratori in somministrazione, di accedere a programmi formativi specifici predisposti per i lavoratori dello stesso settore in cui vengono avviati, eliminando uno dei principali svantaggi connessi a questa tipologia d'impiego, cioè quello legato alla difficoltà di ottenere una formazione estensiva su profili professionali specifici.

Passando al modello regolato, il vantaggio di un sistema di questo tipo dovrebbe risiedere, oltre che nella disponibilità di risorse per la formazione a prescindere dalle scelte di investimento delle agenzie, nel fatto di essere frutto

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