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I dispositivi per l'esercizio del diritto individuale alla formazione continua.

Lavoro interinale e formazione in Francia

4.7 I dispositivi per l'esercizio del diritto individuale alla formazione continua.

I dispositivi di formazione su domanda individuale (CIF- Congé individuel de Formation,CBC- Congé Bilan Compétence, VAE- Validation des Acquis des Expériences), sono tutti misure del sistema generale di formazione continua

adattate alla situazione specifica dei lavoratori interinali.

I CIF sono congedi su domanda individuale che hanno lo scopo di migliorare l'occupabilità dei lavoratori interinali favorendo l'accesso a situazioni più stabili. In concreto, si tratta di autorizzazioni che permettono ai lavoratori di assentarsi per seguire una formazione professionale o generale, o anche per prepararsi ad un esame, richiedendo al FAF.TT la copertura di tutti o parte dei costi della formazione.

Per poter richiedere un CIF è necessario aver svolto almeno 1600 ore di lavoro interinale, di cui 600 presso l'agenzia cui si presenta la domanda, se si è occupati al momento della domanda. Nel caso in cui non sia in corso una missione, invece, la domanda sarà depositata presso l'agenzia in cui sono maturati i requisiti. Il FAF.TT provvederà a finanziare il congedo, sostenendo sia i costi della formazione e di eventuali rimborsi, sia quelli del salario dovuto al lavoratore durante il congedo. Durante il CIF il lavoratore è legato all'agenzia che ha preso in carico la domanda da un contratto di mission- formation.

La durata dei CIF è in media maggiore rispetto a quella degli altri dispositivi (745 ore) e di conseguenza il costo medio è piuttosto alto (21150 €), tuttavia il loro volume è stato mantenuto anche durante la crisi, grazie ai cofinanziamenti cui abbiamo già accennato.

I beneficiari dei congedi sono soprattutto adulti: nel 2010 solo il 14% dei lavoratori che ne hanno beneficiato aveva meno di 26 anni, il 72% dai 26 ai 44 (FAF.TT, 2011a). La prevalenza degli adulti tra i destinatari è legata ai requisiti d'accesso, piuttosto restrittivi: sembra, cioè, che si tratti anche in questo caso di una misura dedicata ai cosiddetti “interinali di professione”, in quanto è necessario non solo avere una certa anzianità, ma soprattutto aver maturato il requisito delle 600 ore presso un'unica agenzia, il che presuppone che accedano al CIF solo gli interinali che hanno voluto o potuto optare per la strategia della

fidelizzazione con un'agenzia.

A partire dal 2005, le parti sociali si sono impegnate per favorire l'accesso dei lavoratori meno qualificati ai CIF, sicché il loro numero non ha cessato di aumentare fino al 2009, anno in cui un beneficiario su tre non aveva un diploma. L'impegno delle parti sociali ha condotto così ad una situazione di sostanziale equi-distribuzione delle opportunità di formazione individuale tra lavoratori con livelli di istruzione bassi, medi, alti: nel 2010, infatti, il 30% dei beneficiari non aveva alcun diploma, il 36% era in possesso di una qualifica professionale; il 34% di un BAC o di un titolo di studio più elevato (Ibidem). Rispetto alle altre tipologie formative, inoltre, la percentuale di donne tra i beneficiari è un po' più alta (19%), ma resta ampiamente minoritaria anche rispetto alla percentuale di donne interinali (28%) (Ibidem).

Infine, a livello di distribuzione territoriale esiste generalmente un rapporto di proporzionalità diretta tra diffusione del lavoro interinale, distribuzione dei finanziamenti (complessivi) per la formazione e diffusione dei CIF. In ragione delle regole di assegnazione dei fondi, la probabilità di ottenere un finanziamento per un congedo individuale non solo è legata alla disponibilità di risorse complessive, ma cambia a seconda del mese e delle capacità della regione di provenienza di attrarre risorse aggiuntive93.

Ad ogni modo, la percentuale di lavoratori (sul totale degli interinali) che hanno accesso a queste opportunità rimane complessivamente bassa, restando sotto la soglia dell'1%. Considerato che il tasso di accettazione delle richieste di finanziamento da parte del FAF.TT è comunque maggiore al 50% (e quindi

93Il Fondo ripartisce le risorse disponibili su questo canale per mese e per regione: la

redistribuzione mensile avviene generalmente assegnando ad alcuni mesi (gennaio e settembre) risorse maggiori che ad altri, poiché si tratta dei mesi durante i quali vengono presentate domande per formazioni lunghe e più costose, ad esempio per l'accesso ad un diploma; la redistribuzione per regione, invece, tiene conto dell'impegno di ogni regione in termini di cofinanziamento, sicché la maggior parte dei fondi sarà assegnata ai lavoratori di regioni che hanno maggiormente investito in formazione, ad esempio mobilitando risorse FSE per sostenere le iniziative del FAF.TT.

ipotizzando che il numero di richieste fosse pari al doppio degli interventi effettivamente realizzati), sembra che il basso livello di diffusione di queste misure non sia legato esclusivamente alla disponibilità di risorse, ma anche al processo di esplicitazione della domanda di formazione individuale dei lavoratori interinali, imputabile soprattutto a problemi di comunicazione ed orientamento ed a difficoltà di accesso. Al riguardo, le testimonianze raccolte da IdeaConsult (2009) presso i rappresentanti della CFDT sottolineano il protagonismo delle agenzie nell'esplicitazione della domanda di formazione individualizzata: in quasi il 50% casi l'iniziativa per la richiesta di un CIF è solo formalmente presa dal lavoratore, in quanto il suggerimento proviene dall'agenzia o addirittura dall'impresa utilizzatrice.

D'altra parte, nonostante gli sforzi del Fondo per la costituzione di un apparato di servizi di consulenza ai lavoratori efficiente, attualmente i servizi di informazione ed orientamento sono affidati a poche unità territoriali (cinque) e sono realizzati principalmente attraverso il sito internet ed una piattaforma telefonica gestita da pochi addetti. I lavoratori che contattano il FAF.TT sono quelli già a conoscenza dell'esistenza di questa opportunità formativa e con un chiaro obiettivo formativo; per gli altri, le chances di ottenere informazioni e consulenza nella stesura del progetto formativo senza l'interessamento dell'agenzia sono esigue. Emerge, su questo fronte, l'incapacità dei sindacati di assumere un ruolo più attivo in quest'ambito cruciale del sistema di opportunità formative, dovuta in parte dalla loro estromissione dalla gestione concreta dell'iter d'implementazione dei progetti formativi, in parte all'estrema difficoltà di entrare in contatto con i lavoratori interinali. Secondo le testimonianze di diversi rappresentanti delle principali sigle sindacali coinvolte nel sistema, il bassissimo tasso di sindacalizzazione e la smaterializzazione delle relazioni tra lavoratori ed agenzie rendono rare le occasioni di incontro e di divulgazione.

“Se lo vuole sapere, la missione primaria non è affatto informarli sui loro diritti in materia di formazione, a meno che, come a volte capita, qualcuno di loro non venga spontaneamente da uno di noi a chiedere qualcosa sulla formazione, allora lì glielo spieghiamo, ma figuratevi, loro non vengono mai da noi, non li vediamo, non è che stiamo nella stessa impresa tutto il giorno e abbiamo un rapporto diretto, loro sono slegati, fanno una vita completamente indipendente, e poi vengono da noi se hanno veramente qualche problema”(INT. n. 4, Sindacalista_PAR)

“Gli interinali non ci passano neanche più dalle agenzie, gli unici che ci passano è per iscriversi, perché oggi gli interinali sono contattati per telefono quando gli propongono la missione <lunedi presentati in questo posto, ti invieremo il contratto per posta> e la busta paga gli arriva direttamente a casa. I lavoratori non sanno neanche che una parte del loro salario è versata per la formazione, e tuttavia è un obbligo delle agenzie informarli, un obbligo stabilito dal contratto nazionale, noi facciamo sempre comunicazioni su queste cose e le diffondiamo, ma i delegati sindacali non possono entrare nelle imprese utilizzatrici, possiamo lavorare solo all'esterno”(INT. n.5, Sindacalista_PAR).

In alcuni casi, è emerso dai colloqui anche una sorta di distacco dalla responsabilità di informazione ed orientamento dei lavoratori legato alla concezione della formazione come responsabilità dell'impresa.

“Per noi è difficile la materializzazione delle relazioni, toccare veramente l'interinale, allora quando abbiamo dei delegati che hanno la possibilità di vederli in Agenzia, fanno il solito lavoro di comunicazione del sindacato, al di là del campo proprio delle adesioni, delle rivendicazioni, c'è tutto un lavoro di pedagogia... ma in effetti non è compito nostro farlo, è compito del datore di lavoro […] La formazione professionale è al 90% iniziativa del datore di lavoro. E' una sua responsabilità. Nel caso del lavoro temporaneo abbiamo una particolarità perché ci sono tante cose che vengono inviate al FAFTT, che è una struttura paritaria, ma le Agenzie sono d'accordo anche loro, quando se ne parla in riunione, è una loro responsabilità informare i lavoratori, non nostra. D'altra parte lo facciamo anche noi ma non è facile, non sappiamo neanche chi sono i lavoratori dell'Agenzia” (INT. n.4, Sindacalista_PAR).

Senza dubbio, l'esplicitazione della domanda di formazione è influenzata anche a monte dalla scelta del FAF.TT di stabilire anno per anno dei criteri di classificazione delle richieste basati su priorità d'azione, al fine di orientare la spesa attraverso criteri di equità e/ raggiungere obiettivi di contenimento e

razionalizzazione della spesa94. Gli sforzi in direzione di una maggiore equità del sistema sono apprezzabili, in quanto tentano di arginare un tradizionale meccanismo perverso delle formazione su domanda individuale, che tende a privilegiare i lavoratori che ne hanno meno bisogno, poiché più dotati di risorse cognitive e relazionali. D'altra parte, l'operare di meccanismi di discriminazione nell'accesso a queste opportunità formative non può essere affrontato solo favorendo determinati candidati al momento della valutazione delle richieste, in quanto le disuguaglianze si manifestano già nella fase di emersione del bisogno di formazione, soprattutto se sono le agenzie a promuovere e controllare le candidature. Inoltre, l'accesso ad un'opportunità formativa è solo il primo passo verso il recupero degli svantaggi legati a deficit di competenze: affinché l'opportunità si traduca in un beneficio, bisogna controllare che i contenuti e gli esiti dell'intervento formativo vadano effettivamente nella direzione dello sviluppo professionale del beneficiario. Queste ulteriori condizioni dipendono dall'autonomia nella scelta dei contenuti della formazione e dalle modalità di certificazione, da un lato; dalle caratteristiche dei beneficiari, dall'altro. L'analisi degli effetti dei CIF può essere utile a spiegare come, anche a fronte di pari opportunità di qualificazione, gli esiti si differenzino a seconda delle caratteristiche dei beneficiari.

In linea generale, gli effetti dei CIF sulla condizione professionale dei

94Nel il 2011 sono stati contemperati entrambi gli obiettivi ed è stata data priorità ai progetti

formativi sostenuti da un cofinanziamento, fermo restante il privilegio riconosciuto agli interinali più anziani e vittime di incidente sul lavoro o malattia professionale; inoltre, ai fini del calcolo del punteggio complessivo1, dei bonus sono attribuiti ai progetti formativi che prevedono l'acquisizione di un titolo riconosciuto (diploma di stato, CQP, o comunque un titolo registrato al RNCP, cfr. nota 71), alla formazione per la lotta contro l'analfabetismo e per l'apprendimento della lingua francese, ed ai candidati in possesso di determinate caratteristiche (più di 45 anni, basso livello di istruzione, handicap/malattia professionale, richieste di CIF non finanziate nei due anni precedenti). Una commissione specifica del FAF.TT (il COGECIF, Comité Gestion CIF) anch'essa paritetica, è responsabile della fissazione dei criteri e della valutazione dei progetti e si riunisce ogni mese per esaminare le richieste di finanziamento pervenute.

beneficiari sono relativamente buoni sul versante della qualificazione, ma ambivalenti su quello occupazionale, poiché i tassi di stabilizzazione restano inferiori a quelli degli avviati con i CPI e l'intrappolamento nella condizione di lavoratore interinale rimane ampiamente diffuso95. Questi risultati sono perfettamente in linea con quelli relativi al totale dei lavoratori interinali, come se la partecipazione ai CIF non riuscisse ad incidere significativamente sulla condizione occupazionale dei beneficiari, incrementando debolmente la percentuale di quanti passano ad un contratto a tempo indeterminato o determinato, mantenendo invariata la percentuale degli interinali e riducendo di poco l'incidenza dei disoccupati.

In realtà i rendimenti occupazionali dei CIF sono differenziati a seconda del profilo dei beneficiari e sembrerebbe che l’esperienza formativa amplifichi le disuguaglianze educative di partenza: ad accedere ad un contratto a tempo indeterminato dopo l'intervento formativo sono soprattutto uomini e donne tra i 25 ed i 29 anni, che svolgono un lavoro impiegatizio, con un alto livello di istruzione; tra i beneficiari senza alcun diploma le percentuali di quanti non riescono ad affrancarsi dalla condizione di interinali o cadono nella condizione di disoccupati alla fine dell'intervento sono alte (rispettivamente 45% e 30%); infine, gli operai qualificati sono la categoria che ottiene meno spesso un lavoro stabile (11%) e più spesso rimane nella condizione di interinale (52%) (FAF.TT, 2010b).

Gli effetti più importanti riguardano, però, i livelli di qualificazione: la componente degli operai non qualificati si riduce nettamente a favore di quella degli operai qualificati e degli impiegati. Anche a questo proposito è necessario, però, sottolineare importanti differenze emerse nel corso degli anni:

95Sei mesi dopo la fine dell'intervento formativo il 14% dei beneficiari ha un contratto a tempo

indeterminato, il 14% un contratto a tempo determinato, il 46% è interinale, il 22% disoccupato (FAF.TT, 2010b). Anche in questo caso, i risultati risentono della congiuntura economica sfavorevole: nel 2008, infatti, i beneficiari che avevano un contratto a tempo indeterminato a sei mesi dalla formazione erano il 26%, i disoccupati il 13% (OME, 2009)

se nel 2008 l'evoluzione delle qualifiche andava soprattutto nel senso di favorire il passaggio da operaio non qualificato ad operaio qualificato, a partire dal 2009 sembra essere in atto una tendenza alla convergenza tanto degli operai, quanto dei quadri, verso la figura di impiegato (OME 2009; FAF.TT, 2010b).

Fonte: FAF.TT, Les effets de la formation sur l'insertion professionnelles des intèrimaires.

Secondo i responsabili del Fondo, in parte (circa il 25% dei casi) la trasformazione da operai ad impiegati sarebbe spiegata dall'acquisizione di patenti di guida utili per lavorare nel settore dei trasporti, sicché si tratterebbe più che altro di una questione di classificazione, poiché i conducenti di mezzi risulterebbero impiegati pur continuando a svolgere mansioni operaie nello stesso settore.

“In effetti...generalmente, con i CIF il movimento è così: abbiamo soprattutto operai non qualificati, poi operai qualificati e impiegati, il movimento è da operaio non qualificato ad impiegato, oppure da operaio non qualificato ad operaio qualificato. Nel primo caso, c'è una spiegazione semplice: per esempio, ho un operaio che fa un CIF, prende la patente per il camion, e diventa autista, e l'autista è un impiegato, non più un operaio, voilà!Ne abbiamo molti di questi casi, almeno il 25%. Nel secondo caso, l'operaio invece aumenta la sua qualificazione con una formazione più tecnica”(INT. n.1, Direttore Attività FAF.TT_PAR).

A' l'entrée en CIF 6 mois après

48% 22% 28% 41% 15% 21% 9% 16%

Evolution des qualification 2008

Ouvrier non qualifié Ouvriér qualifié Employé Agent de maitrise/ca dre

A' l'entrée en CIF 6 mois après

44% 27% 32% 37% 5% 23% 19% 13%

Evolution des qualifications 2009

Ouvrier non qualifié Ouvriér qualifié Employé Agent de maitrise/ca dre

Alcuni rappresentanti sindacali paventano, invece, il rischio che questa evoluzione possa dipendere dalla riconversione di operai espulsi da settori industriali in figure professionali poco qualificate dei servizi, con il rischio, per i lavoratori, di perdita del bagaglio di competenze specializzate e dei privilegi legati all'anzianità di servizio nel settore di provenienza.

“Dunque ci sono dei casi in cui un lavoratore che vuole fare una formazione per questo mestiere domanda un CIF, perché è l'unico dispositivo che permetterebbe di avere una formazione lunga almeno sei mesi e completa […] Sempre più spesso le richieste vengono rifiutate. Perché mancano i soldi. E perché mancano? Perché loro danno priorità alla necessità del padronato di attrezzarsi per i mestieri in tensione, in cui loro vedono una penuria di manodopera. Dunque cosa succede: se dei lavoratori domandano di fare una formazione per specializzarsi, per continuare a fare il loro lavoro ed avere più chances di restare occupati, loro gliela rifiutano, e li spingono verso i profili di cui loro hanno bisogno. Però la penuria di manodopera non è solo per queste figure, è anche per le posizioni qualificate, ma le imprese come fanno? Tutto il problema è il costo del lavoro. I lavoratori dell'industria hanno livelli di salario e di qualificazione più importanti, sono più forti, per via della contrattazione collettiva e tutto il resto...il padronato dice, dunque, che c'è una penuria di manodopera, tuttavia rifiuta di fare le formazioni che servirebbero per mettere al livello e rendere utilizzabili i lavoratori disoccupati per quelle posizioni e fa venire la manodopera da altri paesi” (IT. n.5, Sindacalista_PAR).

In effetti, ancora una volta, emergono traiettorie di carriera di segno opposto e differenziate per età e genere. Tra i giovani, il 92% era operaio prima di entrare in formazione, ma questa percentuale scende al 62% sei mesi dopo la formazione, a tutto vantaggio della categoria degli impiegati. Tra le donne, l'evoluzione verso la figura di impiegata è ancora più marcata ed ambivalente, perché si intreccia con processi di declassamento professionale: se all'ingresso in formazione solo il 13% delle beneficiarie era rappresentato da impiegate, esse diventano il 64% dopo il CIF; tra le nuove impiegate, tuttavia, non ritroviamo ex-operaie, ma ex-quadri, la cui percentuale passa dal 42% prima al 7% dopo il CIF. Non a caso, tra le donne, il 29% afferma che la propria retribuzione è diminuita dopo l'ottenimento della nuova qualifica ed i livelli di

soddisfazione sono generalmente più bassi (FAF.TT, 2010b). Pertanto i CIF sembrano aver accompagnato efficacemente i processi di terziarizzazione e la riconversione delle qualifiche operaie dei giovani verso ruoli impiegatizi di medio-basso profilo, per soddisfare la domanda delle nuove imprese clienti operanti nei servizi, ma senza riuscire a proteggere dal declassamento professionale le donne più qualificate che hanno cercato un nuovo lavoro in concomitanza con il dispiegarsi degli effetti della crisi occupazionale.

Bisogna, infine, sottolineare come rispetto alle altre tipologie formative analizzate nel caso dei CIF le modalità prevalenti di certificazione delle competenze acquisite siano mediamente di livello superiore: se la maggior parte della formazione impartita attraverso il canale della professionalizzazione termina con il conseguimento di un'attestazione di capacità o di una qualifica di settore, nel caso dei CIF il 58% dei beneficiari alla fine del percorso ottiene un titolo iscritto al Repertorio nazionale delle qualifiche professionali (soprattutto un Titolo professionale ministeriale o un diploma di Stato), in ragione della durata maggiore degli interventi formativi, anche se rimane alta (39%) la percentuale di corsi che sfociano in una semplice attestazione rilasciata dall'ente di formazione. (FAF.TT, 2010b).

In sistesi, le caratteristiche dei CIF (durata, retribuzione, accesso ad un titolo riconosciuto) ed i buoni risultati in termini di miglioramento delle qualifiche, confermano l'importanza della formazione lunga su domanda individuale. Tuttavia, nonostante la distribuzione delle opportunità privilegi i lavoratori con maggiori difficoltà, i loro risultati occupazionali appaiono invariati rispetto a quelli raggiunti dalla generalità dei lavoratori interinali (OME, 2010): ciò fa supporre che il dispositivo sia utilizzato per il mantenimento dell'occupabilità di lavoratori fidelizzati, ma con competenze insufficienti o non più in linea con la domanda espressa dalle imprese utilizzatrici, cioè abbia una funzione di “normalizzazione” delle traiettorie professionali di lavoratori “a rischio”.

Rispetto, invece, a finalità quali lo sviluppo delle carriere e la realizzazione di progetti professionali individuali, emergono elementi problematici: l'inadeguatezza delle strutture di orientamento, gli stringenti requisiti di accesso, il protagonismo delle agenzie nell'orientare le candidature96 a seconda delle esigenze dei clienti, l'esiguità dei fondi rispetto alla domanda, sembrano forti ostacoli alla realizzazione dei progetti individuali ed hanno un peso determinante rispetto all'emergere di disparità di accesso e disuguaglianze degli esiti.

Bisogna ricordare che accanto ai CIF, i lavoratori interinali hanno un altro strumento per la soddisfazione del diritto individuale alla formazione continua, e cioè appunto il Droit Individuel à la Formation (DIF), che permette loro di ottenere 40 ore di formazione finanziata (“liberamente” scelta) ogni 2700 ore di lavoro, per un massimo di 120 ore annue. L'utilizzo del DIF non passa attraverso il canale della formazione finanziata con l'intermediazione del FAF.TT, ma viene negoziato direttamente tra lavoratore ed agenzia. Anche in questo caso, tuttavia, bisogna sottolineare che sebbene teoricamente il lavoratore possa scegliere un corso qualsiasi, di fatto l'agenzia può rifiutare la concessione del DIF per ragioni organizzative o perché ritiene che l'intervento richiesto non sia in grado di far raggiungere al lavoratore l'obiettivo professionale prefissato, in un'evidente sovrapposizione tra le logiche della formazione continua su domanda individuale e della formazione continua aziendale.

Per concludere la rassegna degli interventi formativi finanziati dal FAF.TT,

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