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Il coordinamento europeo delle politiche occupazionali La formazione continua nella prima fase della SEO.

La Strategia Europea per l’Occupazione, altrimenti nota come “Processo di Lussemburgo” in omaggio al vertice straordinario del 1997 che ne segnò l’avvio, rappresenta il primo, ed ormai il più consolidato, ambito di coordinamento aperto di politiche in Europa. Essa è stata il banco di prova del Metodo Aperto di Coordinamento, sebbene l’impianto di regolazione soft progettato nel 1997 ed istituzionalizzato nel Titolo VIII del Trattato CE assuma ufficialmente questa denominazione solo in occasione del Consiglio di Lisbona, durante il quale il MAC non solo riceve il suo battesimo ufficiale, ma vede anche ampliarsi i suoi ambiti di applicazione (oltre alle politiche occupazionali, anche quelle di inclusione sociale e di welfare).

Com'è noto, questa forma di regolazione si basa sulla fissazione di obiettivi comuni per gli stati membri e su strumenti di coordinamento non vincolanti per le politiche nazionali in materia di occupazione (la fissazione di guidelines, la peer pressure, l’identificazione di best practices) la cui efficacia è affidata a meccanismi di apprendimento istituzionale piuttosto che ad interventi autoritativi di regolazione hard. L’applicazione del coordinamento aperto alle politiche occupazionali europee è stata oggetto di un’ampia mole di studi politologici e giuridici. Al centro del dibattito la natura, i presupposti, l’efficacia, la democraticità e la giustiziabilità degli atti di questa forma di regolazione. Le questioni sollevate e le opinioni espresse al riguardo esulano dagli obiettivi di questo lavoro10, ci limitiamo a richiamare i termini del dibattito sugli effetti occupazionali del processo di Lussemburgo che introduce ai temi della formazione professionale. La scarsa efficacia occupazionale della SEO è stata principalmente imputata all'interferenza delle scelte maturate in

10 Per una bibliografia ragionata sul MAC nella dottrina italiana e straniera, organizzata per

altre aree di intervento comunitario: le politiche economiche incentrate sul rispetto del Patto di stabilità e crescita; la Politica monetaria, tradizionalmente restrittiva, della Banca Centrale Europea; la necessità di rispettare le regole del diritto comunitario della concorrenza11. Sono state indicate come esempi emblematici di questo sistema di interferenze che produce “effetti perversi” alcune misure che riguardano anche la formazione: i regolamenti n. 68/2001 (sull’applicazione degli artt. 87 e 88 del Trattato CE agli aiuti destinati alla formazione) e n. 2204/2002 (sull’applicazione degli artt. 87 e 88 del Trattato CE agli aiuti di Stato a favore dell’occupazione), che hanno precisato a quali condizioni determinate misure nazionali, definibili come aiuti di Stato, sono compatibili con il mercato comune. L’adozione di questi testi ha evidenziato l’incoerenza tra la politica comunitaria in materia di aiuti e le politiche per l’occupazione suggerite all’interno della SEO, contraddizione confermata dalla Corte di Giustizia con una giurisprudenza favorevole al potere discrezionale della Commissione.

La questione degli “effetti perversi” accompagna tutta l'evoluzione delle politiche comunitarie per la formazione continua, ma acquista valenze diverse in relazione alla specificità di ciascuna fase della SEO.

Al riguardo, per ricostruire le tendenze evolutive degli orientamenti europei in materia di formazione continua (soprattutto all’interno del primo e del terzo pilastro) seguendo il suggerimento di Massimiani (2006) abbiamo preso in considerazione sia gli orientamenti per l’occupazione che i rapporti congiunti12.

11 Gli esempi dell’interferenza negativa del diritto della concorrenza sulle scelte degli stati

membri in materia di politiche occupazionali sono ormai numerosi. Come ricorda Roccella (2007), il controllo esercitato in nome del diritto comunitario della concorrenza non ha risparmiato il nostro paese, anche in materia di formazione professionale continua, a seguito della vicenda dei contratti di formazione e lavoro, che ha visto contrapposti davanti alla Corte di Giustizia il Governo italiano e la Commissione. La decisione della CdG (che ha condotto ad un ridimensionamento del regime contributivo di favore previsto per le assunzioni con contratto di formazione-lavoro, considerato aiuto di Stato illegittimo), ha suscitato un intenso dibattito.

12Com'è noto, i rapporti congiunti collegano il resoconto sulle iniziative promosse dagli stati

Gli orientamenti per l’occupazione del 1998 individuano nella formazione continua uno strumento per l’inserimento di giovani e disoccupati nel mercato del lavoro, all’interno di una più generale cornice di politiche di attivazione, in cui la partecipazione ad un intervento di formazione continua rappresenta al tempo stesso “la prova” e il “premio” per un effettivo impegno delle persone in cerca di lavoro. Con riferimento al pilastro dell’occupabilità, si sottolinea, inoltre, la necessità di potenziare il ruolo delle parti sociali nella promozione dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita. Il dialogo sociale viene con più incisività chiamato in causa negli orientamenti connessi all’adattabilità: si invitano le parti sociali a negoziare modelli organizzativi e di regolazione dei rapporti di lavoro più flessibili, ma si raccomanda di affiancare alla flessibilità anche la sicurezza dei lavoratori, soprattutto promuovendo la formazione nei luoghi di lavoro e gli investimenti in risorse umane. La formazione viene qui concepita come strumento/garanzia di adattamento dei lavoratori all'innovazione tecnologica ed organizzativa delle imprese. Pertanto, i due temi dell’attivazione e della flessibilità nella sicurezza improntano la SEO fin dall’inizio e ne costituiranno il fulcro nell’avvicendarsi dei diversi cicli.

Rispetto a questo quadro, il rapporto congiunto del 1998 evidenzia alcuni fattori di criticità nell'implementazione delle linee guida. Si rileva che il passaggio da politiche passive a politiche attive per l’inserimento nel mercato del lavoro dei disoccupati è reso problematico dalla difformità con cui gli Stati membri definiscono le misure di attivazione, mentre gli orientamenti sul potenziamento della concertazione in materia di formazione continua e sull’aumento degli investimenti in risorse umane non hanno trovato positivo riscontro in molti paesi. Tuttavia, all’interno del primo pilastro, tra le misure promosse dagli stati membri nei NAPs, vengono individuate diverse good

practices13, soprattutto esperienze di politiche di attivazione dei disoccupati14; l’unica buona pratica selezionata all’interno del pilastro dell’adattabilità riguarda, invece, l’accordo tra le parti sociali per la stabilità dell’impiego in Spagna, che prevedeva incentivi e riduzione dei costi di licenziamento per le imprese che assumevano con contratti a tempo indeterminato o stabilizzavano i propri dipendenti.

La delusione per la debolezza delle azioni intraprese sul versante dell’adattabilità si riflette sugli orientamenti del 1999, che confermano quelli dell’anno precedente, sottolineando, però, la necessità di rafforzare l’impegno sul versante del lifelong learning, e reclamando un maggior coinvolgimento delle parti sociali, che sono chiamate ad assumersi maggiore responsabilità attivandosi concretamente per rendere imprese e lavoratori “adattabili”, soprattutto attraverso la formazione continua.

Tra le good practices selezionate nel rapporto congiunto dello stesso anno, rilevano in particolare per il nostro tema la riforma del servizio pubblico per l’occupazione portoghese, che garantiva a tutti i disoccupati da tre o sei mesi (giovani ed adulti), il diritto alla definizione di un piano di occupazione personale (che poteva condurre all’inserimento professionale, limitarsi all’orientamento, consulenza e sostegno, o promuovere l’accesso alla formazione professionale); la creazione ad opera della contrattazione collettiva, nella regione delle Asturie, in Spagna, di una Fondazione nel settore dell’edilizia, avente un duplice obiettivo: offrire occasioni di formazione professionale iniziale e continua per promuovere l’occupabilità dei lavoratori e

13 In questa prima fase della SEO, la struttura dei rapporti congiunti è ancora caratterizzata

dall’individuazione di best practices, che sarà successivamente sostituita da raccomandazioni rivolte ai singoli stati membri.

14 Dal New Deal for Young People inglese, che abbinava opportunità formative per tutti i soggetti svantaggiati nel mercato del lavoro a sanzioni severe in caso di mancata accettazione della formazione; alle politiche danesi per la disoccupazione giovanile, che prevedevano il diritto/obbligo di accedere a percorsi educativi o di formazione professionale per tutti i giovani sotto i venticinque anni disoccupati da almeno sei mesi

garantire loro una maggiore sicurezza attraverso un sostegno finanziario.

Stesse priorità negli orientamenti per il 2000, in cui vengono ancora una volta sollecitate la transizione a sistemi efficaci di attivazione e formazione in grado di garantire un’occupabilità duratura ai soggetti coinvolti e l’azione delle parti sociali sul versante dell’adattabilità, in particolare attraverso lo sviluppo della formazione in azienda. La relazione comune per il 2000 constata ancora una volta l’insufficienza degli sforzi compiuti dagli stati membri, affermando la necessità di articolare sistemi globali di lifelong learning, sfruttando meglio le opportunità offerte dalle nuove tecnologie, e di creare quadri di regolazione “partecipata” e azioni integrate per la formazione continua.

1.4. La questione della qualità del lavoro nell'Agenda di Lisbona ed il

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