Lavoro interinale e formazione in Europa
3.3. Il modello volontaristico: Regno Unito, Germania, Austria.
Nel modello volontaristico rientrano i paesi in cui non esistono leggi specifiche sulla formazione dei lavoratori interinali e le opportunità di qualificazione dei lavoratori sono demandate alla libera iniziativa delle imprese, sebbene questi possano accedere, in linea di principio, alle opportunità offerte dal sistema generale di formazione continua. In alcuni casi (Austria, Danimarca) il vuoto legislativo è colmato dalla contrattazione collettiva, che si limita, tuttavia, ad introdurre procedure per l'accesso di alcune categorie di lavoratori interinali ad opportunità di formazione finanziata, in presenza di specifiche condizioni, senza definire, dunque, un quadro regolativo organico; in altri, come il Regno Unito, le imprese del settore e le istituzioni pubbliche cooperano e co-finanziano, attraverso differenti canali, gli interventi di formazione. In linea generale, è importante sottolineare come la maggior parte delle opportunità formative i lavoratori interinali sia offerta su base volontaria dalle stesse agenzie, soprattutto quelle di maggiori dimensioni.
L'assenza di un quadro regolativo in materia di formazione per i lavoratori interinali può essere ricondotta a diversi fattori, che possono combinarsi tra loro: in alcuni paesi è legata al basso livello di regolazione del lavoro interinale, come nel Regno Unito; in altri, ad esempio nei paesi dell'Europa
orientale, dipende dalla scarsa e recente diffusione di questa tipologia di impiego; nei paesi del Nord-Europa, invece, l'assenza di una regolazione specifica potrebbe dipendere dalla generosità del sistema generale di formazione continua; in altri paesi, infine, i lavoratori interinali non sono considerati una categoria a rischio, poiché sono assunti con contratti a tempo indeterminato dalle agenzie (Germania, Austria) o perché presentano buoni tassi di transizione all'impiego stabile (Norvegia).
L'assenza di una regolazione specifica si traduce spesso nella carenza di informazioni e dati: poiché la formazione dei lavoratori interinali non costituisce un obbligo legale né una priorità politica, il fenomeno non costituisce un oggetto di ricerca frequente. Per questo motivo faremo riferimento alle esperienze dei soli paesi per i quali sia possibile ricostruire un quadro quanto più possibile completo del sistema di formazione per i lavoratori interinali: Regno Unito, Germania ed Austria.
Il caso del Regno Unito è caratterizzato da un quadro regolativo minimo in materia di lavoro interinale, nonostante la sua ampia e crescente diffusione (l'EIRO stima che Francia e Regno Unito coprano da sole il 50% del lavoro interinale in Europa): innanzitutto, lo status del lavoratore interinale è poco chiaro, in quanto i lavoratori coinvolti in questa tipologia di impiego possono essere, a seconda dei casi, assunti dall'agenzia, dall'impresa utilizzatrice o essere considerati lavoratori autonomi; inoltre, i lavoratori interinali non sono necessariamente temporanei, non è previsto alcun limite alla durata degli incarichi né alcun vincolo ai rinnovi, sicché la durata della missione potrebbe, in teoria, essere anche indeterminata. Nella prassi, poiché a partire dalla tredicesima settimana i lavoratori iniziano a beneficiare di diritti quali le ferie retribuite o i contributi pensionistici, le missioni sono in genere inferiori ai tre mesi.
piccole dimensioni: ciò fa sì che le opportunità di formazione offerte su base volontaria dalle agenzie siano limitate, anzi, è più probabile che qualche opportunità sia offerta dalle imprese utilizzatrici (generalmente di grandi dimensioni), ma ciò accade raramente, poiché gli utilizzatori si attendono che i lavoratori interinali siano già “pronti all'uso”. D'altra parte, il sistema di formazione continua (descritto nel Cap.2, a cui si rimanda) si basa sul principio dell'investimento privato in capitale umano e sulla trasparenza del sistema delle qualifiche, estremamente rilevanti per l'ingresso o l'avanzamento nel lavoro. Alle opportunità di formazione, tuttavia, accedono soprattutto i lavoratori permanenti e nessuna misura specifica è prevista per i lavoratori temporanei. Sebbene non esistano programmi pubblici espressamente riferiti ai lavoratori interinali, alcuni di essi (i giovani, i poco qualificati, i disoccupati di lungo periodo) possono accedere ai programmi generali di contrasto all'esclusione sociale, come il New Deal, in particolare il New Deal for young people, che è particolarmente adatto a coinvolgere lavoratori interinali considerato il target giovanile ed il fatto che sia sufficiente essere disoccupati da sei mesi per accedere al programma, che combina formazione ed avviamento al lavoro.
Le agenzie sono spesso coinvolte in partnerships con i servizi per l'impiego per l'inserimento dei disoccupati, ed in questi casi forniscono ai candidati un'opportuna formazione, che rappresenta d'altra parte, in sintonia con la logica di attivazione imperante in questo contesto, un obbligo per i partecipanti ai programmi. A partire dal 2009 i lavoratori interinali possono essere coinvolti, su iniziativa dell'impresa utilizzatrice, nel programma Train To Gain, che offre alle imprese che investono nella formazione dei propri dipendenti co- finanziamenti e supporto organizzativo. Sembra, tuttavia, che il sistema degli incentivi monetari sia poco efficiente in un contesto in cui l'interesse per l'investimento in formazione è scarso, tanto per le imprese utilizzatrici, quanto per le agenzie, che sono orientate ad una strategia competitiva basata sulla
riduzione dei costi e non sulla qualificazione delle risorse umane: in questo paese il lavoro interinale è utilizzato, infatti, da un lato, per profili poco qualificati dell'industria manifatturiera, dove si confonde con pratiche ai margini della legalità di sfruttamento intensivo della manodopera immigrata; dall'altro, per profili operativi (amministrazione, segreteria, gestione database) nei servizi alle imprese e di intermediazione finanziaria, che presentano un alto turn-over e fabbisogni formativi su contenuti specifici, trasferibili in poche ore di affiancamento.
Passando al caso tedesco, l'assenza di disposizioni specifiche per la formazione dei lavoratori interinali sembra dipendere più dalle caratteristiche del sistema generale di formazione continua e del lavoro interinale in questo paese, che dalla debolezza del quadro regolativo della tipologia d'impiego. Sebbene, infatti, nel corso degli anni 2000 la disciplina del lavoro interinale sia stata ulteriormente deregolata (abolizione della durata massima delle missioni, fissata a 24 mesi), la legislazione limita il ricorso al lavoro interinale (esistono casi e settori vietati) ed impone che il lavoratore sia assunto dall'agenzia con un contratto a tempo determinato o indeterminato. Di fatto, più del 60% dei lavoratori interinali tedeschi è assunto a tempo indeterminato dalle agenzie (Eurofound, 2007) e percepisce un reddito anche tra una missione ed un'altra, inoltre la durata media della permanenza nelle imprese utilizzatrici va da sei mesi per le figure operaie, ad un anno per i profili impiegatizi (IdeaConsult, 2009). Le imprese di lavoro temporaneo sono soprattutto di piccola e media taglia, la maggior parte di esse è rappresentata da ditte individuali, che operano soprattutto a livello locale; il principale settore di impiego è l'industria, seguito dai servizi alla persona, per cui la maggioranza dei lavoratori interinali sono uomini adulti con bassi livelli di istruzione, sebbene sia frequente che alle agenzie si rivolgano anche i giovani senza alcun titolo che non hanno completato il loro percorso di apprendistato (Munchhausen, 2008; IdeaConsult,
2009).
La formazione continua sembra non rappresentare una questione cruciale per le agenzie che operano in questo paese: la scarse opportunità di formazione documentate (Munchhausen, 2008) riguardano competenze specifiche tecnico- professionali o formazioni obbligatorie di breve durata ed in alcuni casi sono organizzate dalle stesse imprese utilizzatrici. Come succede per gli altri settori di attività, la formazione continua è, dunque, affidata alla libera iniziativa delle imprese e risponde ad esigenze puntuali di adattamento, poiché il trasferimento delle competenze richieste per i profili tecnici è assicurato dal sistema di formazione professionale iniziale (attraverso l'apprendistato), mentre per i profili meno qualificati è sufficiente l'apprendimento sul lavoro (considerato che la durata media delle missioni è maggiore rispetto agli altri paesi europei). Le uniche iniziative strutturate in materia di formazione per i lavoratori interinali sono riconducibili a programmi messi in atto su base volontaria da alcune grandi agenzie, tra cui di particolare interesse l'esperienza di Lernen im Job realizzata da Randstad: si tratta di un programma di formazione per figure operaie a bassa qualificazione ed rischio di disoccupazione, di durata compresa tra i 9 ed i 12 mesi, che comprende moduli su competenze professionali, trasversali e sulla sicurezza. Il programma si inserisce nel più ampio quadro degli interventi di formazione aziendale finanziati da Randstad attraverso la Randstad Academy, che si articolano intorno ad altri due pilastri: formazioni corte per candidati e lavoratori in missione; e-learning su competenze linguistiche ed informatiche per i profili impiegatizi. Un aspetto interessante dell'iniziativa Lernen im Job è la cooperazione di Randstad con l'Istituto nazionale per la formazione professionale, la Camera di commercio ed enti privati di certificazione. L'iniziativa viene promossa e supportata dalla Federazione delle imprese di lavoro temporaneo, che a partire dal 2008 ha provato a coinvolgere altre piccole imprese del settore: la creazione di una rete
di agenzie aderenti sembra un presupposto indispensabile per consentire ai lavoratori coinvolti di proseguire la partecipazione ai programmi formativi anche in caso di rottura del rapporto con Randstad e per trasporre l'iniziativa dal piano aziendale a quello di settore.
Il caso dell'Austria si presenta di più controversa interpretazione. In questo paese il ricorso al lavoro interinale è ancora poco diffuso ed più frequente nei servizi che nell'industria; il profilo tipo del lavoratore interinale è quello di un maschio, adulto, poco qualificato. Questa forma di impiego è considerata soprattutto come uno strumento per il reinserimento dei disoccupati nel mercato del lavoro: da ciò il proliferare di agenzie no-profit che cooperano con il settore pubblico, specializzate nel reinserimento di disoccupati di lunga durata ed over-50.
Il livello di regolazione del lavoro interinale è più alto che nei paesi finora analizzati: i rapporti di lavoro (formalmente a tempo indeterminato) sono regolati dalla legge sulla cessione della forza lavoro, che contiene norme proprie di diritto del lavoro e tutela del salario, al lavoratore interinale si applica il contratto collettivo dell'impresa utilizzatrice ed il principio di parità di trattamento si estende ai diritti di partecipazione sindacale, riconosciuti tanto nell'impresa utilizzatrice che nell'agenzia.
A differenza che nei casi precedenti, in Austria la contrattazione collettiva ha introdotto previsioni specifiche per la formazione dei lavoratori interinali. Le agenzie sono obbligate a destinare alla formazione 2,20€ al mese per lavoratore (equivalente a tempo pieno), usando direttamente i fondi o, in caso contrario, versando le risorse inutilizzate ad un Fondo appositamente creato nel 2007 (Branchen-Ausbildungsfonds) dalle parti sociali del settore, con i seguenti scopi: favorire l'accesso alla formazione degli operai poco qualificati; fornire alle agenzie un incentivo a non licenziare i lavoratori dopo la fine delle missioni, coinvolgendoli in interventi di riqualificazione. La legge austriaca
prevede, infatti, che i lavoratori siano assunti a tempo indeterminato dalle agenzie, ma nella prassi la maggior parte di essi viene licenziato dopo la fine della missione poiché è previsto un periodo di preavviso breve (14 giorni). La formazione è dunque utilizzata soprattutto per proteggere i lavoratori meno qualificati dal rischio di disoccupazione, ma non esistono schemi generali per tutti i lavoratori interinali: inoltre, sebbene alle agenzie sia imposto un obbligo contributivo, esse possono scegliere di utilizzare direttamente i fondi e, anche nel caso in cui essi siano assegnati al Fondo bilaterale, vengono redistribuiti tra le agenzie aderenti che sono libere di investirli come meglio credono. Non esistono, dunque, meccanismi di accesso dei singoli lavoratori alle opportunità formative. Sul piano della governance, infine, sebbene il Fondo sia bilaterale, le parti sociali non intervengono nella gestione concreta delle attività, che è affidata ad un amministratore unico. Per queste ragioni riteniamo che l'esperienza austriaca rientri nel modello volontaristico, in quanto i tentativi di regolazione a livello di settore non hanno ancora condotto alla creazione di un sistema organico: la maggior parte degli investimenti in formazione è realizzata su base volontaria direttamente dalle agenzie (che si appoggiano a centri di formazione esterni, sia pubblici che privati), mentre l'ammontare delle risorse gestite dal Fondo bilaterale è esiguo (i dati del rapporto IdeaConsult, riferiti al 2008, fanno riferimento ad una cifra inferiore al milione di euro).
Ai lavoratori interinali disoccupati è consentito, d'altra parte, accedere alle opportunità formative offerte dai servizi pubblici per l'impiego a tutti i disoccupati. Inoltre, lo stesso Fondo riceve co-finanziamenti dai servizi per l'impiego, secondo uno schema che prevede che le risorse del Fondo siano utilizzate per garantire agli interinali un reddito nei periodi in cui non sono disponibili missioni, mentre la formazione è finanziata dal sistema pubblico. Questo elemento sembra confermare che il sistema creato dalle parti sociali in Austria ha più una funzione di ammortizzatore sociale e di disincentivo, per le
agenzie, ad attuare pratiche di turn-over “selvaggio”, che finalità propriamente formative.
3.4. Tra “appropriatezza” ed “investimento”: il ruolo della