• Non ci sono risultati.

Le opportunità di qualificazione per i lavoratori: la formazione continua employer provided in Europa.

La formazione continua in Europa: modelli istituzionali e quadro statistico.

2.4 Le opportunità di qualificazione per i lavoratori: la formazione continua employer provided in Europa.

La formazione continua gestita dalle aziende è al centro dei processi di adattamento delle competenze resi necessari dai progressi tecnologici e dai cambiamenti dei mercati del lavoro: il ruolo stesso delle imprese come soggetti formatori sta cambiando, in quanto appare sempre meno legato esclusivamente a scelte opportunistiche di potenziamento della competitività aziendale e sempre più inserito in un progetto sociale ampio, in cui le imprese sono chiamate a svolgere un ruolo da protagoniste, accanto ad altri attori pubblici e privati, nel processo di qualificazione delle risorse umane per l’accrescimento della competitività dei territori. In molti paesi, infatti, da un lato le misure

pubbliche di incentivazione della formazione continua coinvolgono le imprese in quanto destinatarie e spesso co-finanziatrici degli interventi; dall’altro, si diffondono modelli di gestione paritetica della formazione continua, anch’essi basati per lo più sulla logica della soddisfazione della domanda di formazione espressa dall’impresa e, per il suo tramite, dai lavoratori. Tutto ciò sulla base di una definizione implicita dell’impresa come learning organization e della formazione continua come bene condiviso da imprese e lavoratori, in un orizzonte (possibile, ma non scontato) di presupposta conciliabilità degli interessi delle une e degli altri.

Inoltre, come vedremo meglio in seguito, analizzando il caso della formazione continua per i lavoratori interinali, all’interno di mercati del lavoro sempre più fluidi, in cui le carriere degli individui si frammentano ed aumentano i rischi di precarizzazione lavorativa, l’attenzione al rafforzamento delle competenze dei propri collaboratori ed alla loro cumulatività/trasferibilità rappresenta la contropartita richiesta alle imprese in cambio della maggiore flessibilità nell’uso della forza lavoro da esse richiesta. Considerare il livello di impegno e di coinvolgimento delle imprese nei sistemi di formazione continua nazionali diventa, dunque, fondamentale, quando si tenti di valutare la capacità di questi sistemi non solo di facilitare l’ingresso nel mercato del lavoro, ma, nell’ottica del lifelong learning, di accompagnare le carriere degli individui proteggendoli dai rischi di obsolescenza delle competenze e di precarietà.

I risultati della Continuing Vocational Training Survey consentono di monitorare le performances dei paesi europei nel campo della formazione continua employer provided e di effettuare comparazioni diacroniche limitatamente al periodo 1999-2005. L’ambito di riferimento dell’indagine è costituito da tutti gli interventi di formazione continua (corsi o altre attività, quali ad esempio l’affiancamento on the job) erogati dalle aziende, sia al loro interno che all’interno di istituti di formazione professionale, sia mediante

finanziamento diretto che attraverso il ricorso a misure pubbliche o a fondi collettivi per la formazione. Poichè l’unità statistica di riferimento è l’impresa, l’indagine non dà informazioni sui corsi di formazione continua finanziati pubblicamente e rivolti a disoccupati/inattivi46, a meno che non prevedano la partecipazione finanziaria delle imprese, per cui non presenta un quadro esaustivo delle performance nazionali nel campo della formazione continua, ma fornisce il quadro generale dei sistemi nazionali di formazione per gli adulti occupati.

Secondo l’interpretazione del Cedefop (2010) dei risulati di quest'indagine, i paesi europei possono essere divisi in tre gruppi47 (high, average e low performers) sulla base di un indice costruito attraverso l’incrocio di quattro dimensioni: incidence (percentuale di imprese che erogano formazione ai propri dipendenti); participation (percentuale di lavoratori che partecipano alle attività formative); intensity (numero totale di ore di formazione sul totale di ore lavorate); total monetary expenditure (percentuale di costi -diretti e indiretti- per attività formative sul costo totale del lavoro).

Tra gli high performers ritroviamo Danimarca, Francia, Svezia, Repubblica Ceca, Lussemburgo e Slovenia: mentre i primi tre paesi, già presenti tra gli high performers nel 1999, hanno riportato buoni risultati su tutte e quattro le dimensioni, gli ultimi tre, entrati a far parte di questo gruppo solo nel 2005,

46 Dall’indagine sono infatti escluse le attività di formazione professionale per disoccupati, in

particolare quelle finanziate da Enti pubblici; qualsiasi attività di formazione finanziata i cui oneri sono stati totalmente sostenuti da soggetti pubblici o altri soggetti esterni all’impresa; qualsiasi attività di formazione i cui costi siano a carico dei singoli lavoratori.

47 Dallo studio Cedefop (2010), basato su dati Eurostat, è escluso, per motivi di comparabilità

dei dati forniti (in particolare quelli relativi alla struttura dei costi degli interventi di formazione), il Regno Unito, che sarà invece da noi preso in considerazione nella definizione dei differenti modelli istituzionali di formazione continua in Europa. Nonostante le cautele rese necessarie dalla difficile comparabilità di dati estrapolati da indagini condotte con metodologie talvolta differenti in contesti nazionali molto diversi, infatti, l’esclusione del Regno Unito dall’analisi del Cedefop è legata alla metodologia utilizzata (radar charts) e non pregiudica la bontà dei dati Eurostat per altre comparazioni. Tuttavia, poiché in successive rilevazioni i dati forniti dal Regno Unito riguardo ai costi degli interventi formativi sono risultati incomparabili, si eviterà di prendere questo dato in considerazione.

hanno migliorato la propria posizione soprattutto sul versante della partecipazione. Rispetto al 1999, se, da un lato, la Francia è l’unico paese che non ha fatto passi indietro rispetto a nessuna delle dimensioni analizzate, dall’altro stupisce la crescente selettività del modello danese (che registrerebbe una diminuizione nei livelli di partecipazione, nonostante sia noto proprio per l’ eccezionale inclusività in campo formativo48), che è stata interpretata alla luce della presunta pressione per la riduzione dei costi del sistema educativo proveniente dall’interno.

Dal 1999 al 2005 il gruppo degli average performers si è ampliato, assorbendo paesi prima inclusi nel primo gruppo (Irlanda, Finlandia), evidenziando, secondo Cedefop, una tendenza alla convergenza verso un modello di livello intermedio (tesi che non risulta, tuttavia, confermata da uno spostamento altrettanto significativo di paesi dal gruppo inferiore a quello intermedio). All’interno di questo gruppo i risultati dei diversi paesi sono molto differenti: dai casi tedesco ed austriaco, caratterizzati da un’alta diffusione di imprese formatrici e da bassi valori sulle altre tre dimensioni, si passa a quello Finlandese, caratterizzato tanto da un’alta incidenza quanto da un’elevata partecipazione, mentre in Olanda l’alta percentuale di imprese formatrici ed un livello di partecipazione vicino alla media europea si accompagna ad un numero di ore di formazione (sul totale delle ore lavorate) maggiore che negli altri paesi.

All’interno del gruppo dei low performers ritroviamo quasi tutti i paesi dell’Est e del Sud-Europa. Mentre i primi sono caratterizzati da una moderata incidenza di imprese formatrici ma da bassi livelli di partecipazione, i secondi (esclusa la Grecia) presentano livelli di partecipazione più alti a fronte di una

48 Questa fama, tra l’altro, non è contraddetta, ma al contrario confermata, dai risultati della

LFS presentati all’inizio del paragrafo, che vedono la Danimarca registrare la più alta percentuale di adulti che partecipano ad attività formative (oltre il 30%, a fronte di una media europea del 9%). Alla luce di questa evidenza e più in generale delle ottime performances registrate dai paesi scandinavi in questo campo, lo stesso Cedefop mette in guardia dalla sottovalutazione di eventuali problemi di comparabilità dei dati.

spesa in formazione piuttosto bassa. A questo proposito, l’Italia rappresenta un’eccezione, in quanto, da un lato, ha riportato una riduzione della spesa in formazione, dal 1999 al 2005, molto più elevata di tutti gli altri paesi europei, riduzione per la quale non è stata ancora elaborata nessuna spiegazione valida; dall’altro, presenta livelli di partecipazione vicini alla media europea.

L’indagine, dunque, presenta una mappatura dei paesi europei parzialmente differente dal quadro emerso, nei paragrafi precedenti, dall’analisi della partecipazione di tutti gli adulti a qualsiasi tipo di attività formativa, formale e non formale. Ciò fa emergere le peculiarità dei modelli nazionali di formazione per adulti in relazione alla sua componente più specifica della formazione continua in azienda.

Solo per fare qualche esempio, la Francia, che nelle indagini precedentemente illustrate si collocava sempre nel gruppo di paesi con livelli di partecipazione intermedi, è tra i paesi con la più alta percentuale di lavoratori coinvolti in interventi di formazione continua erogati dalle aziende. La spiegazione di questo andamento positivo è da ricercarsi nel particolare contesto normativo, che impone a tutte le imprese con più di dieci dipendenti l’obbligo di investire in formazione continua.

Anche il nostro paese, che si colloca tra i low performers in tutte le analisi che riguardano i livelli complessivi di partecipazione degli adulti ad attività formative, guadagna posizioni se si guarda alla sola formazione employer provided, segno, probabilmente, del successo delle recenti riforme volte a rafforzare il ruolo della formazione aziendale, come risposta ad un sistema pubblico di formazione continua molto lacunoso.

Il Regno Unito, infine, tra i best performers nelle statistiche sulla partecipazione degli adulti ad attività formative, indietreggia nel campo della formazione continua aziendale. Ciò è probabilmente dovuto al sovradimensionamento della formazione per adulti fornita da istituzioni

educative formali (che erogano formazione professionale post-obbligo scolastico), da un lato; dall’altro, ad un sistema di finanziamento pubblico della formazione continua che privilegia la modalità del prestito individuale, scoraggiando la formulazione di piani aziendali, affiancato da un settore privato market regulated orientato alla soddisfazione delle necessità puntuali delle aziende investitrici.

Guardando invece alla percentuale di imprese che erogano attività di formazione per i propri dipendenti (incidence), la situazione muta ancora. Il nostro paese si ritrova nuovamente nelle posizioni più basse, mentre la posizione della Francia migliora ulteriormente (tra i tre best performers). Questo indicatore, infatti, deve sempre essere messo in relazione, oltre che con il contesto istituzionale, che, come abbiamo visto in relazione ai livelli di partecipazione dei lavoratori alla formazione continua, può incoraggiare o meno lo sviluppo della formazione in azienda, anche con la struttura organizzativa prevalente in un dato territorio/settore economico.

Fig. 9: Partecipazione dei lavoratori alla formazione continua gestita dalle aziende (%) 2005.

La capacità di un’impresa di erogare formazione è, infatti, direttamente proporzionale alle dimensioni dell’impresa stessa (maggiori sono le dimensioni, maggiore la probabilità che la struttura organizzativa sia idonea ad identificare e soddisfare i fabbisogni formativi dell’azienda) ed è legata alle sue caratteristiche. Una spiegazione dei livelli di diffusione di imprese formatrici nei diversi paesi europei può dunque essere ricercata nelle caratteristiche del tessuto produttivo di ognuno di essi: considerando questo aspetto, ad esempio, non stupisce la scarsa diffusione di imprese formatrici nel nostro paese, notoriamente caratterizzato da un tessuto economico di piccole e medie imprese, dalla prevalenza dell’industria manifattutiera tradizionale nel primario e dei servizi finali nel terziario, tutti fattori che frenano l’innovazione tecnologica e la domanda di occupazione qualificata e, dunque, di formazione.

Per contro in Francia, il 71% delle imprese eroga formazione per i propri dipendenti, dato superato solo da Svezia e Danimarca: sebbene, infatti, anche in questo paese le piccole imprese rappresentino più del 90% del tessuto produttivo, una serie di politiche statali volte ad incentivare il loro impegno sul versante della formazione continua contribuisce, probabilmente, a ridurne lo svantaggio; d’altra parte, in Francia l’industria è più sviluppata in settori tecnologicamente avanzati e di conseguenza anche i servizi intermedi sono più diffusi (dunque è più forte la domanda di forza lavoro qualificata e di aggiornamento).

Queste considerazioni ricevono conferma se si guarda alla distribuzione delle imprese formatrici per dimensione e per settore di attività economica.

Riguardo alla dimensione, in tutti i paesi le percentuali di imprese formatrici crescono con l’aumentare delle dimensioni d’impresa, ma mentre in paesi come Regno Unito, Austria, Finlandia, Danimarca e Svezia tra le piccole imprese (sotto i venti dipendenti) ritroviamo comunque altissime percentuali di

Fig. 10: Imprese che erogano attività (corsi o altre forme) di formazione continua (%) 2005. % imprese formatrici 1 9 21 24 26 27 28 3 0 31 32 34 38 38 4 7 48 49 54 55 56 6 1 62 63 67 76 70 70 71 72 8 1 0 20 40 60 80 100 G re e ce B u lg a ri a P o la n d L ith u a n ia Ita ly R o m a n ia L a tv ia M a lta P o rt u g a l H u n g a ry S p a in S lo va ki a C yp ru s B e lg iu m E U ( 2 7 ) G e rm a n y Ir e la n d E st o n ia L u xe m b o u rg S lo ve n ia C ze R e p A u st ri a U K N e th e rl a n d s F in la n d F ra n ce S w e d e n D e n m a rk

Fonte: Eurostat, Continuing Vocational Training Survey (nostra elaborazione).

imprese formatrici (dal 68% della Finlandia all’85% del Regno Unito), in paesi come l’Italia ad una percentuale di grandi imprese formatrici vicina alla media europea si contrappone una percentuale molto bassa (poco più del 20%) di piccole imprese che erogano formazione. Di contro, in Francia, esiste una differenza significativa tra imprese piccole, medie e grandi, ma tra le piccole imprese ritroviamo una percentuale di imprese formatrice di almeno dieci punti percentuali superiore alla media europea.

Con riferimento, invece, al settore economico, guardando alle medie europee, le imprese formatrici sono molto più diffuse nel settore dei servizi che nell’industria, nel commercio, nel turismo e nei trasporti, e più nel comparto dei servizi alle imprese che in quello dei servizi sociali e personali. Tuttavia, esiste una forte disomogeneità tra i diversi paesi nelle percentuali di imprese formatrici all’interno dello stesso settore: per l’industria, si va dal 20% di

imprese formatrici della Grecia, all’88% del Regno Unito; per i settori del commercio, del turismo e dei trasporti, la forbice è pressochè identica; la distanza tra i paesi si riduce nel comparto dei servizi alle imprese (dal 50% della Grecia al 97% del Regno Unito, con una media europea dell’82%) e si allarga ancora una volta nel comparto dei servizi sociali e alle persone, con percentuali che vanno dal 23% della Grecia al 100% di imprese formatrici in Danimarca.

Questi dati confermano come, sebbene le caratteristiche delle imprese (in primo luogo le dimensioni ed il settore di appartenenza) influenzino la loro capacità di offrire opportunità formative ai propri dipendenti, esistono, a parità di dimensioni e di settore economico, delle differenze che possono essere spiegate solo guardando a fattori istituzionali in grado di correggere certe asimmetrie legate alla configurazione complessiva dei tessuti produttivi nazionali.

2.5 Caratteristiche della formazione continua employer provided in

Outline

Documenti correlati