Gli orientamenti per l’occupazione per il triennio 2008/2010 non introducono modifiche rilevanti per il nostro tema, sebbene venga accentuato l’invito alla razionalizzazione degli investimenti in formazione: all’interno dell’orientamento 23 si legge infatti che “per garantire in concreto la corrispondenza tra domanda e offerta, i sistemi di apprendimento permanente devono essere poco costosi, accessibili e rispondenti a mutevoli esigenze”. L’invito alla creazione di sistemi poco costosi sembra difficilmente conciliabile con le indicazioni espresse nell’orientamento successivo, che spingono gli stati membri a potenziare i sistemi di istruzione e formazione e ad ampliare le opportunità di accesso alla conoscenza per tutti, e più in generale con la sollecitazione, reiterata negli anni, ad accrescere il livello degli investimenti pubblici e privati in formazione.
Nella seconda metà del 2008 le conseguenze della crisi finanziaria internazionale si abbattono sugli stati membri, spingendo le istituzioni comunitarie ad elaborare strategie comuni per bloccare la spirale recessiva che ha già coinvolto molti paesi dell’area euro. Nell’ European Economic Recovery Plan27 del novembre 2008, la Commissione propone una serie di azioni di supporto all’economia reale.
Il piano, ancorato al Patto di stabilità e crescita ed alla Strategia di Lisbona, si basa da un lato sul sostegno della domanda aggregata attraverso dosi
massicce di incentivi monetari e fiscali; dall’altro su una serie di azioni specifiche a breve ed a lungo termine per la crescita dell’occupazione: in particolare, sul versante delle politiche formative, si sottolinea la necessità di rafforzare i provvedimenti di attivazione, di riqualificazione professionale (soprattutto dei lavoratori dichiarati in esubero) e di potenziamento delle capacità professionali. In una comunicazione immediatamente successiva28, la Commissione ricorda che “migliorare le prestazioni relative a monitoraggio, valutazione e previsione, nonché l'abbinamento delle capacità professionali ai posti di lavoro, sono fattori d'importanza cruciale per far fronte sia alle ripercussioni occupazionali della crisi, quanto alle prospettive occupazionali a lungo termine della forza lavoro nell'Unione”. In particolare, si sottolinea l’importanza di sfruttare il potenziale per la creazione di posti di lavoro insito nel passaggio ad un'economia caratterizzata da basse emissioni di gas carbonici e dalla diffusione dell’ICT e delle nanotecnologie.
Gli ultimi documenti della SEO registrano il clima di crescente preoccupazione sopra descritto. Il rapporto congiunto 2008-2009 si apre con la presentazione delle conseguenze occupazionali della crisi: sebbene a marzo 2009 questi effetti non si fossero ancora dispiegati appieno, il rapporto presenta previsioni allarmanti. L’aumento della disoccupazione si innesta in un quadro già segnato negativamente dal sostanziale insuccesso della strategia di Lisbona: di fronte alla sfida della crisi globale, le istituzioni comunitarie prendono atto dei risultati deludenti delle politiche occupazionali europee, sottolineando la mancanza di risultati soddisfacenti su tutti gli assi prioritari, dalla riduzione della segmentazione dei mercati del lavoro, all’aumento del tasso di occupazione di giovani, donne ed anziani, alla crescita dei livelli di partecipazione degli adulti alla formazione continua.
Nonostante la necessità di intraprendere riforme di impatto immediato per
28 “Nuove competenze per nuovi lavori Prevedere le esigenze del mercato del lavoro e le
arginare gli effetti della crisi, il rapporto invita gli stati membri a non abbandonare la via delle riforme strutturali, in particolare quelle legate all’implementazione di strategie integrate di flessicurezza ed alla qualificazione delle risorse umane, riforme ancor più necessarie a fornire garanzie di occupabilità in mercati del lavoro sempre più instabili. In particolare, in relazione alla flexicurity, si sottolinea la necessità di facilitare e rendere più sicure le transizioni da un lavoro ad un altro, predisponendo misure di sostegno al reddito indispensabili per evitare la depressione dei consumi e l’instaurarsi di un circolo vizioso dannoso per l’intera economia.
La crisi espone la SEO e le politiche di formazione continua dei paesi membri ad un sovraccarico di aspettative, non sempre conciliabili. In un contesto di crescita generalizzata dei livelli di disoccupazione, da un lato, si sollecitano gli investimenti in formazione per rispondere alle specifiche emergenze registrate nei mercati del lavoro e, a questo scopo, si invitano gli stati membri a riprogrammare i propri investimenti, impiegando più proficuamente le risorse provenienti dal FSE. Allo stesso tempo, si auspicano misure per preservare il patrimonio di competenze di chi perde il lavoro favorendone un immediato reimpiego e si raccomanda di continuare ad investire nella qualificazione delle risorse umane per prepararsi ad un nuovo ciclo espansivo.
Nella bozza del rapporto congiunto presentata dalla Commissione al Consiglio nel 2009, il bilancio della crisi svela la situazione drammatica dei mercati del lavoro europei: di fronte alla caduta drastica della domanda di lavoro, alla contrazione dell’occupazione ed alla crescita della disoccupazione, soprattutto delle fasce deboli, la Commissione sembra quasi voler fare un passo indietro sul versante della deregolazione e riconosce come la responsabilità della perdita di tanti posti di lavoro sia in parte addebitabile all’uso crescente di modalità d’impiego atipico: la maggior parte di coloro che hanno perso il
lavoro in Europa sono lavoratori atipici con scarsa esperienza.
Non bastano, d’altra parte, a suscitare ottimismo, i deboli segnali di ripresa: se si tratterà di una ripresa con una considerevole creazione di nuovi posti di lavoro, o di una ripresa senza occupazione, si legge nella relazione, ciò dipenderà dalla capacità di preparare gli individui e le aziende a fronteggiare le sfide strutturali e dalla capacità delle politiche pubbliche di incrementare la sicurezza del lavoro.
Rispetto a questo quadro, le iniziative degli stati membri nel campo della formazione continua nel corso del 2009 sono andate sia nella direzione di fornire risposte a breve termine per migliorare l’incontro tra domanda e offerta, sia nella direzione di interventi a lungo termine, quali l’implementazione di sistemi trasparenti di riconoscimento delle qualifiche e di validazione delle competenze formali e informali. Sebbene la capacità di diagnosi e previsione dei fabbisogni formativi delle imprese vari di paese in paese, la relazione sottolinea l’impegno della maggior parte degli stati membri nel finanziamento della formazione, anche in un contesto di drastica riduzione della disponibilità di spesa degli attori pubblici e privati. In linea con le raccomandazioni espresse nel rapporto congiunto dell’anno precedente, molti paesi hanno riorientato la programmazione FSE per far fronte alla crisi: alcuni hanno potenziato la formazione per l’inserimento lavorativo; altri (ad esempio in Italia) hanno destinato i fondi europei all’estensione di sistemi di ammortizzatori sociali lacunosi.
1.7. Il dialogo sociale europeo: verso un modello di regolazione