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La formazione per lavoratori interinali: alcune dimensioni di comparazione.

Lavoro interinale e formazione in Europa

3.2. La formazione per lavoratori interinali: alcune dimensioni di comparazione.

La comparazione tra i modelli nazionali di regolazione della formazione per i lavoratori in somministrazione è, dunque, molto complessa, non solo per la carenza di dati, ma soprattutto per via delle differenze riguardanti sia il quadro normativo in materia di lavoro in somministrazione, sia i mercati del lavoro nazionali (modello di disoccupazione, numero e profilo sociale dei lavoratori interinali), sia le caratteristiche dei sistemi generali di formazione continua.

In questo paragrafo e nei successivi proveremo, tuttavia, a descrivere i principali profili della formazione per i lavoratori interinali in Europa e ad individuare alcuni elementi che permettono di distinguere differenti modelli, per quanto “in nuce”, considerati l'evolversi della legislazione in materia e l'ancora ridotta e recente diffusione del lavoro interinale in molti paesi europei.

Le considerazioni contenute in questo e nei successivi paragrafi si baseranno principalmente sui risultati di tre ricerche: uno studio del 2005 commissionato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali italiano sul tema “Lavoro interinale e formazione”, che ricostruisce il contesto internazionale ed approfondisce tre casi nazionali (Francia, Olanda, Regno Unito); una survey sulla formazione continua nel lavoro tramite agenzia in Europa, commissionata all'agenzia IdeaConsult dalle parti sociali europee del settore del lavoro temporaneo, che ha coinvolto 16 paesi (IdeaConsult, 2009); diversi rapporti dell'Eurofound sul lavoro interinale in Europa (op. cit., § 3.1) ed in particolare uno studio sull'impatto della formazione sull'occupabilità dei lavoratori temporanei (Eurofound, 2007), volto a ricostruire a livello europeo il quadro istituzionale ed a censire le (poche) fonti statistiche disponibili sulla formazione dei lavoratori con contratto a termine ed internali; si farà ricorso, in alcuni casi, al database dell'Eurofound riportante i risultati della European Working Condition Survey (2010), sebbene in molti casi, pur esistendo indicatori specifici riguardanti la formazione continua, la classificazione per condizione occupazionale distingua genericamente tra lavoratori permanenti e “altri”, senza fornire informazioni dettagliate sui lavoratori interinali.

L'assenza di informazioni complete e di dati comparabili a livello europeo renderà necessario semplificare alcuni aspetti e lasciarne in ombra altri: si farà riferimento, ad esempio, esclusivamente al lavoro interinale (somministrazione) a tempo determinato, sebbene in alcuni paesi europei (tra cui Italia e Germania) i lavoratori interinali possano essere assunti a tempo

indeterminato dalle agenzie ed in alcuni casi (come nel nostro paese) esistano sistemi di formazione specifici per questa categoria di lavoratori. Dall'analisi, inoltre, sarà esclusa la formazione per la sicurezza sul lavoro, sebbene costituisca una parte rilevante della formazione per i lavoratori interinali, in quanto obbligatoria in quasi tutti i paesi: proprio l'obbligatorietà, i contenuti e la durata di queste misure formative non permettono, però, di catalogarle tra gli interventi di formazione professionale per lo sviluppo delle competenze, che sono oggetto di questa analisi. L'analisi comparativa della formazione per i lavoratori interinali in Europa si concentrerà, invece, sui seguenti aspetti: livello e modello di regolazione della formazione per i lavoratori interinali; esistenza di un sistema specifico o meno; fonti di finanziamento; caratteristiche degli interventi formativi; profilo dei beneficiari; risultati in termini di aumento dell'occupabilità.

Per quanto concerne i profili regolativi, ci sono paesi in cui non esiste un quadro normativo specifico per la formazione dei lavoratori interinali, che è affidata all'azione volontaria delle agenzie che spesso collaborano, tuttavia, con i servizi pubblici per l'impiego o con istituzioni formative di altri settori professionali. Tra questi ritroviamo alcuni paesi che nel capitolo precedente abbiamo ricondotto al modello della regolazione "di mercato" (Regno Unito, Germania), insieme a Svezia, Grecia, Ungheria, Irlanda, Norvegia e ad un gruppo di paesi caratterizzati, più in generale, da un basso livello di regolazione del lavoro interinale (Bulgaria, Cipro, Estonia, Lettonia, Malta).

In altri casi, sebbene non esistano previsioni legislative in materia, la contrattazione collettiva ha introdotto obblighi formativi (spesso in termini di accantonamento di fondi per il finanziamento di attività di qualificazione) per alcune categorie specifiche di lavoratori interinali (in Austria, per i lavoratori interinali disoccupati o poco qualificati; in Olanda, per i lavoratori con una certa anzianità di servizio nel settore) o per l'insieme dei lavoratori coinvolti in

questa tipologia d'impiego (Belgio, Lussemburgo e di recente Danimarca) ma solo su contenuti specifici o legati alla salute e sicurezza sul lavoro.

In pochi paesi, infine, riconducibili al modello di regolazione che abbiamo definito misto "statale/associativo", la legge stabilisce il quadro regolativo generale, che viene poi definito dalla contrattazione collettiva: è il caso di Portogallo, Francia, Italia, Spagna, dove le leggi che hanno introdotto e regolato il lavoro tramite agenzia contengono norme specifiche sull'accesso alla formazione da parte dei lavoratori coinvolti e introducono obblighi di finanziamento delle attività formative per le agenzie.

L'esistenza di un quadro regolativo per la formazione per i lavoratori interinali non si traduce sempre nella creazione di dispositivi specifici, in quanto spesso le leggi ed i contratti si limitano ad affermare il principio di parità di trattamento nell'accesso alle opportunità formative o ad estendere dispositivi già esistenti a questa categoria di lavoratori. Solo sette paesi in Europa hanno sviluppato un sistema di formazione specifico per i lavoratori interinali: Austria, Francia, Belgio, Italia, Olanda, Spagna e di recente Lussemburgo. In tutti questi paesi si è scelto di istituire un ente bilaterale con lo scopo di facilitare l'accesso alla formazione da parte dei lavoratori interinali attraverso la raccolta e la redistribuzione dei contributi versati dalle imprese, sebbene le caratteristiche e le attività di queste istituzioni siano molto differenziate, come vedremo più avanti.

Le differenze tra i diversi sistemi riguardano anche le fonti di finanziamento: fatta eccezione per i sette paesi sopra elencati (in cui le attività coordinate dagli enti bilaterali preposti sono finanziate prevalentemente per via contributiva), il finanziamento può provenire: da istituzioni pubbliche (servizi pubblici per l'impiego o enti locali ed istituzioni in grado di veicolare risorse nazionali o comunitarie, in particolare del FSE); da investimenti volontari delle agenzie o delle stesse imprese utilizzatrici; dal pagamento diretto da parte dei

lavoratori (in realtà, il Regno Unito è l'unico paese in cui ai lavoratori può essere richiesto di pagare personalmente il costo degli interventi formativi a cui partecipano, sebbene alcuni studi sottolineino come il fatto che la formazione sia finanziata attraverso versamento, da parte delle imprese, di una parte del salario dei lavoratori rappresenti una sorta di finanziamento “indiretto” da parte dei lavoratori stessi). La scelta di istituire obblighi contributivi per le agenzie e creare istituzioni per la raccolta e la redistribuzione delle risorse è frequente in paesi caratterizzati da una visione garantista nei confronti del lavoratore interinale (Spagna, Italia, Francia), in cui le caratteristiche del settore e dei lavoratori coinvolti fanno emergere la necessità di controllare che esistano fondi sufficienti a far fronte ai bisogni di qualificazione che emergono e che questi fondi siano redistribuiti equamente tra imprese e lavoratori con differenti capacità di accesso alle opportunità di qualificazione; nei paesi liberisti, come il Regno Unito, o in cui il lavoro interinale è appannaggio soprattutto di studenti in cerca di reddito o non viene considerato “rischioso” per via delle alte probabilità di transizione ad un impiego stabile (come nei paesi del Nord Europa ed in Germania o Olanda), la scelta di investire o meno in formazione è lasciata alle imprese ed agli stessi lavoratori, ma ciò non comporta necessariamente, come vedremo nel paragrafo successivo, un sub- investimento in formazione.

Per quanto concerne le caratteristiche degli interventi formativi, in tutti i paesi europei si tratta soprattutto di formazioni corte (da poche ore a tre giorni), strettamente correlate alla posizione ricoperta dal lavoratore, sebbene esistano differenze importanti tra i paesi europei che prevedono un finanziamento pubblico degli interventi, rispetto a ciò che può essere definito (e finanziato) come formazione professionale per i lavoratori interinali: in alcuni paesi (Francia, Austria, Spagna) gli interventi volti al trasferimento delle nozioni specifiche riguardanti il posto di lavoro e l'organizzazione aziendale non

rientrano in questa categoria e non sono finanziabili; in altri, la formazione riguarda prevalentemente tematiche connesse alla salute ed alla sicurezza; solo in pochi casi i lavoratori interinali sono coinvolti in corsi di natura trasversale di lunga durata, soprattutto su competenze linguistiche ed informatiche. La formazione ha luogo quasi sempre prima dell'avvio in missione, nella maggior parte dei casi all'interno della stessa agenzia o dell'impresa utilizzatrice: dati riferiti a diversi paesi (Francia, Germania, Olanda) testimoniano una partecipazione inferiore dei lavoratori interinali a corsi che si tengono in istituzioni formative esterne all'impresa rispetto ai lavoratori permanenti (Eurofound, 2007).

Passando al profilo dei beneficiari, solitamente esso riflette le caratteristiche del popolo dei lavoratori interinali nei diversi paesi, ma esistono tratti comuni come la giovane età e la prevalenza degli uomini: le donne partecipano poco alla formazione in tutti i paesi, perché quasi sempre minoritarie tra i lavoratori interinali, ma in alcuni paesi la percentuale di donne che partecipano alla formazione è di molto inferiore a quella delle donne interinali, come in Francia (15%, sebbene le donne rappresentino il 28% dei lavoratori interinali), mentre in altri paesi (Italia, Spagna, Svezia) esse sono sovra-rappresentate tra i partecipanti alla formazione (IdeaConsult, 2009).

Grandi differenze tra i paesi si osservano, inoltre, comparando il livello di istruzione dei beneficiari degli interventi formativi: se in Francia il 71% dei partecipanti ha un livello di istruzione basso, in Olanda la stessa percentuale riguarda i lavoratori con un livello di istruzione intermedio e solo il 12% di essi ha un livello di istruzione basso, mentre in Italia, Spagna e Polonia la percentuale dei poco istruiti è intorno al 40% e la maggior parte dei beneficiari di interventi di formazione ha un livello di istruzione medio-alto. Ancora una volta, questa distribuzione riflette quella generale dei lavoratori interinali, sebbene ne accentui le caratteristiche: in Francia, ad esempio, solo il 52% dei

lavoratori interinali possiede un livello di istruzione basso, così come in Olanda i lavoratori con un livello di istruzione intermedio sono sempre la maggioranza, ma rappresentano il 49% dei lavoratori interinali (a fronte del 69% tra i beneficiari di interventi di formazione) (IdeaConsult, 2009). Ad incidere sul livello di istruzione dei partecipanti alle attività formative sono soprattutto le caratteristiche della domanda di lavoro interinale nei diversi paesi: in paesi come la Francia, in cui la diffusione del lavoro interinale è ancora ampia nel settore industriale e la domanda di lavoro riguarda soprattutto posizioni operaie intermedie, è facile comprendere come i lavoratori su cui investono le agenzie siano soprattutto i meno qualificati, disponibili per avviamenti in questi profili. Al contrario, nei paesi in cui il lavoro interinale è più diffuso nei servizi e per profili con un livello medio-alto di qualificazione (Regno Unito, Norvegia, Spagna ed in una certa misura Italia), i beneficiari saranno selezionati tra i lavoratori con un livello di istruzione iniziale più alto.

Infine, poco o nulla può dirsi, allo stato attuale, sugli effetti della formazione in termini di aumento dell'occupabilità dei lavoratori interinali, per via dell'assenza in quasi tutti i paesi europei di sistemi di monitoraggio e valutazione dei risultati e di studi longitudinali sui percorsi occupazionali dei lavoratori interessati. L'unica eccezione è il caso francese, i cui risultati, che saranno ampiamente esplorati nel Cap. 4, dimostrano un forte impatto della formazione sui percorsi occupazionali degli interinali, sia in termini di accesso ad un impiego stabile, sia in termini di aumento dei livelli di qualificazione. Alcune informazioni disponibili per il caso italiano, ma non generalizzabili in quanto riferite ad una sola Regione (Emilia Romagna), testimonierebbero, al contrario, una scarsa incidenza della formazione sull'occupabilità dei lavoratori coinvolti (IdeaConsult, 2009).

Sulla base dei parametri finora analizzati (in particolare esistenza o meno di un quadro regolativo specifico, predisposizione o meno di un sistema di

formazione dedicato, modalità di finanziamento e modelli di partecipazione) possiamo dividere i paesi europei in tre gruppi: da un lato, ritroviamo sistemi riconducibili ad un modello volontaristico; dall'altro, casi appartenenti ad un modello che abbiamo definito regolato; in un modello intermedio faremo rientrare, infine, alcuni paesi che presentano caratteristiche sia del primo che del secondo. Nei prossimi paragrafi presenteremo le principali caratteristiche dei diversi modelli attraverso l'approfondimento di alcuni casi esemplificativi.

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