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4.2 Problemi nella definizione dell’unità analitica

4.2.2 Aree interne e aree fragili

Le aggregazioni di centri minori in aree caratterizzate da fenomeni di de- antropizzazione, riduzione del mercato del lavoro e del grado di utilizzo del capitale territoriale caratterizza buona parte del territorio italiano: queste aree, che a partire dagli anni ’50 del secolo scorso hanno subito un progressivo processo di marginalizzazione, sono state identificate come “aree interne”.

271 Balbo M. (2015), op. già citata pp. 35-37. 272 Ivi, p.39.

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“Le Aree Interne rappresentano una parte ampia del Paese – circa tre quinti del territorio e poco meno di un quarto della popolazione – assai diversificata al proprio

interno, distante da grandi centri di agglomerazione e di servizio e con traiettorie di sviluppo instabili ma tuttavia dotata di risorse che mancano alle aree centrali, con

problemi demografici ma anche fortemente policentrica e con forte potenziale di attrazione.”273

L’uso di questa terminologia è abbastanza recente e allo stesso tempo confuso. Alcuni274 fanno riferimento a queste aree indicandole come “periferie interne” anche se questa espressione, per il contesto italiano, è stata col tempo superata per diversi motivi: innanzitutto il termine periferia, tradizionalmente utilizzato per indicare luoghi situati all’estremità di grandi centri urbani, è stato via via associato a situazioni di svantaggio socio-economico indipendentemente dalla loro collocazione spaziale. In sostanza, tale espressione ha assunto caratteristiche “metaforiche” ben lontane dalle caratteristiche geografiche e questo è accaduto perché le periferie interne sono state identificate come luoghi soggetti a progressivi processi di marginalizzazione sociale ed economica.

In secondo luogo, l’utilizzo di tale espressione si è dimostrata utile per diversi studiosi soprattutto in un primo momento in quanto assai elastica dal punto di vista interpretativo, per essere poi abbandonata nel momento in cui essi siano dovuti ricorrere a misurazioni e modelli precisi275.

In Italia, l’evoluzione del concetto di “aree interne” si è legata all’accresciuta consapevolezza nel dibattito nazionale intorno al discorso dello sviluppo locale: col tempo, allo studio sulle differenze economiche calcolate su scala macro-regionale (Nord, Centro e Sud) si è affiancata un’interpretazione più attenta dei fenomeni che si stavano verificando nei “sistemi locali”. Ne è derivata una maggiore attenzione nei confronti delle traiettorie economiche di decrescita all’interno dei contesti macro- regionali, anche se questi erano caratterizzati da una crescita generalizzata.

273 Agenzia per la coesione territoriale “Strategia aree interne” consultabile al link

http://www.agenziacoesione.gov.it/it/arint/

274 Hanna S. (1995), “Finding a place in the world-economy: Core-periphery relations, the nation-

state and the underdevelopment of Garrett County, Maryland”. Political Geography 14.5: pp. 451-472;

Walls D. (1978), "Internal colony or internal periphery? A critique of current models and an

alternative formulation."Colonialism in Modern America: The Appalachian Case 319-49

275 Copus A. & Noguera J. “Le “periferie interne”. Che cosa sono e di quali politiche necessitano?”

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Proprio il concetto di “sistema locale” ha contribuito a riportare in primo piano i problemi, le debolezze e le potenzialità dei territori che la classica dicotomia Nord/Sud aveva offuscato276: col tempo si è iniziato a parlare di Aree Interne.

La distribuzione territoriale delle aree interne in Italia è dovuta alle caratteristiche del processo di industrializzazione che l’ha interessata nel secondo dopoguerra e che si è caratterizzato per aver seguito un modello a “diffusione polarizzata”: ciò ha comportato che la crescita economica interessasse in maniera “diffusa” molti centri urbani, anche di dimensioni ridotte e che fosse “polarizzata” perché solo una parte dei centri urbani italiani ne è stata investita277.

Attualmente, la questione delle Aree interne è considerata di rilevanza nazionale e nel 2014 il Dipartimento per lo Sviluppo e la coesione Economica del Ministero dello Sviluppo Economico si è impegnato nella stesura di una Strategia da negoziare direttamente con le Regioni278.

In generale, le aree interne vengono riconosciute sulla base di tre caratteristiche:

 Capitale territoriale non utilizzato: i fenomeni dello spopolamento e dell’emigrazione hanno contribuito a produrre numerosi “paesaggi dell’abbandono”, aree semi-rurali caratterizzate da una bassa densità abitativa e da immobili abbandonati.

 Problemi ambientali principalmente legati al dissesto idrogeologico, ma anche alla scarsa manutenzione e il degrado dei paesaggi urbani e naturali.

 La distanza dai servizi considerati essenziali (sanità, istruzione, mobilità e connessione internet) e che provoca disagio sociale279.

Proprio su quest’ultima caratteristica si gioca l’individuazione delle aree interne: per farlo infatti viene dapprima identificato il centro urbano (un comune o un’aggregazione di comuni) che funge da Polo d’attrazione in quanto in grado di garantire un’offerta minima di servizi. Sulla base della distanza dal Polo di attrazione calcolata attraverso i tempi di percorrenza, gli altri comuni vengono suddivisi tra 4 categorie: aree intermedie (tra i 20 e i 45 minuti), aree periferiche (tra i 45 e i 75

276 “Strategia Nazionale per le Aree interne: definizione, obiettivi, strumenti e governance. Accordo di

Partenariato 201-2020” consultabile al link http://territori.formez.it/content/strategia-nazionale-aree-

interne-definizione-obiettivi-strumenti-e-governance

277 Ivi, p.13.

278 Carlucci C. & Lucatelli L. (2013) “Aree interne: un potenziale per la crescita economica del

paese” consultabile al link https://agriregionieuropa.univpm.it/it/content/article/31/34/aree-interne-un-

potenziale-la-crescita-economica-del-paese?qt-eventi=2

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minuti), aree ultra periferiche (oltre i 75 minuti) e aree di Cintura (fino a 20 minuti)280.

Il territorio calabrese si caratterizza per la prevalenza di superfici montuose (41,8%) e collinari (49,2%). Circa il 33% della popolazione regionale vive in comuni dalle piccole dimensioni (abbiamo visto che la media italiana è circa del 17%) che in Calabria rappresentano circa l’80% del totale dei comuni.

Sulla base della suddetta classificazione per l’individuazione delle aree interne, in Calabria i comuni classificati come tali sono 323 (circa l’80% del totale): vi abita più della metà della popolazione calabrese. I comuni periferici (140) e ultra-periferici (22) incidono per il 40%281.

Figura 1: Le aree interne in Calabria282.

280 Lucatelli S. “Strategia Nazionale per le Aree Interne: un punto a due anni dal lancio della

Strategia” p.4 in Agriregionieuropa, Anno 12, (45) 2016, pp.4-10.

281 Regione Calabria (2015), “La strategia per le aree interne. Politica di coesione 2014-2020” p. 9

consultabile al link

http://www.regione.calabria.it/calabriaeuropa/calabriaeuropa/images/Strategia%20Aree%20interne%2 0revPP%2019%2010%2015.pdf

282 Corrado A. & D’Agostino M. (2016), “I migranti nelle aree interne. Il caso della Calabria”

Consultabile al link https://agriregionieuropa.univpm.it/it/content/article/31/45/i-migranti-nelle-aree- interne-il-caso-della-calabria

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L’alta incidenza di aree interne si spiega anche sulla base del basso livello registrato in Calabria relativo alla concentrazione delle attività e delle funzioni principali nei centri urbani: in sostanza, sono scarse le località urbane in grado di attrarre capitali e persone così come di generare nuove filiere produttive283.

La Regione è inoltre interessata da un consistente fenomeno di spopolamento che ha portato a una diminuzione della popolazione di più di 100mila unità (-5%) negli ultimi 20 anni, specie nelle aree interne e in particolare in quelle periferiche (-12%) e ultra-periferiche (-27%): gradualmente la popolazione si è spostata nelle zone costiere, abbandonando le aree meno accessibili. Nonostante ciò, il consumo del suolo è aumentato, complice proprio l’alto grado di diffusività dei comuni calabresi. Per quanto riguarda la distribuzione per età delle aree interne, esse si caratterizzano per l’alta incidenza assunta dalle fasce demografiche c.d. “deboli”, ossia che non si trovano in età lavorativa ma che comunque registrano valori inferiori alla media nazionale.

Un’ulteriore disparità si registra sui redditi imponibili tra Poli e aree ultra-periferiche che misurano rispettivamente 23.153 euro e 16.292 euro di media284.

La Regione Calabria ha aderito alla Strategia Nazionale per le Aree Interne attraverso l’individuazione di una serie di interventi da avviare in aree classificate come periferiche e ultra-periferiche con un trend di spopolamento superiore o uguale al 10%: Pollino occidentale, Pollino orientale, Sila orientale, Valle dell’Oliva, Presila catanzarese, Reventino-Savuto, Serre calabresi, Versante Ionico-Serre, Aspromonte, Area grecanica. La Regione Calabria ha assegnato al Reventino-Savuto lo status di area pilota in cui avviare un primo progetto di applicazione della strategia285.