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Segregazione, “seclusione” e forme di organizzazione

3.13 Il caso di Rosarno

3.13.7 Segregazione, “seclusione” e forme di organizzazione

Più volte nel corso del lavoro abbiamo sottolineato come il lavoro in agricoltura sia per certi versi un lavoro perfetto per alcune categorie di stranieri: infatti, la facilità di essere assunti e la mancanza di controlli possono risultare utili a chi non possieda o non possieda più il permesso di soggiorno. Un’altra ragione che può spiegare il ricorso al lavoro in agricoltura è la facilità di trovare un alloggio: fabbriche abbandonate e tende di fortuna consentono ai braccianti di risparmiare tantissimo, a costo di sopportare condizioni di vita pessime e di vivere in spazi angusti e insalubri insieme a molte altre persone.

Il ricorso a questo tipo di alloggi spesso è determinato dall’impossibilità ad avere accesso a un affitto regolare a causa dell’irregolarità del soggiorno, alle paghe molto basse e alla conformazione delle aree rurali, caratterizzate da vaste aree agricole, densità abitativa molto bassa e scarsità di alloggi214.

Il disagio abitativo degli immigrati può essere suddiviso in diversi livelli, ognuno corrispondente a un grado di gravità: nelle zone rurali i fattori che vi incidono sono quelli tipici dell’agricoltura e quindi la stagionalità che porta a una maggiore richiesta di manodopera in alcuni periodi, il tipo di coltura e la presenza o meno di produzione intensiva. A questi elementi si accompagnano le differenze tra Nord e Sud Italia a causa dei diversi modelli insediativi e delle tipologie di flussi che attraversano queste zone: in generale, al Nord nonostante la crisi il minore disagio abitativo è favorito da maggiori opportunità lavorative e dalla possibilità di

213Lojacono P. (2017) “Apre la nuova tendopoli per i migranti” consultabile al link

http://www.gazzettadelsud.it/news/calabria/256077/apre-la-nuova-tendopoli-per-i-migranti.html

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guadagnare stipendi più alti nonché da una residenzialità diffusa che comporta una distribuzione sul territorio più capillare ed evita i fenomeni di ghettizzazione.

In Calabria il disagio abitativo si presenta come meno grave nei centri urbani più grandi, dove riescono a trovare un alloggio soprattutto nuclei familiari; nelle aree rurali la situazione diventa critica: è stato stimato che circa il 40% degli stranieri in Calabria soffre di situazioni di disagio abitativo grave o estremo215 che, come abbiamo appena descritto, spesso si realizzano in ruderi o immobili fatiscenti e privi di servizi.

I ghetti, come sono stati definiti questi luoghi, sono essenziali per riprodurre strategie di confinamento e sfruttamento dei braccianti stranieri: si potrebbe dire che essi sono sottoposti a un regime di “seclusione”. La seclusione si configura come “una sistemazione spaziale che rafforza la sovrapposizione di lavoro, tempo libero, riposo e più in generale la riproduzione della vita quotidiana di un individuo o di un gruppo in un unico luogo, dal quale essi siano formalmente liberi di uscire in determinati periodi del giorno o, più spesso, della settimana”216. Tale concetto spiega bene la situazione vissuta dai braccianti ma anche da altre categorie di lavoratori: assistenti familiari, sex workers ma anche i lavoratori stagionali del settore del turismo e della ristorazione, i quali spesso vivono nelle strutture ricettive in cui lavorano. Essi sono costretti a vivere nello stesso spazio momenti dedicati al lavoro e al tempo libero, bloccati in un meccanismo di riproduzione della vita quotidiana che si svolge tutto dentro i confini di questi luoghi. E non può essere altrimenti, essendo i braccianti lontani da tutti e da tutto.

Questi luoghi in cui vige uno “stato di eccezione217” diventano emblema di un

contesto sociale in cui la norma è lo sviluppo incompiuto: è così ad esempio per la Cartiera di Rosarno, costruita per favorire lo sviluppo della zona e diventata nel corso degli anni il rifugio di centinaia di braccianti. All’interno di quelli che sono stati definiti “distretti rurali della clandestinità218” nel corso di pochi anni è cambiata

215Alisei Cooperativa Sociale et al. (2007), “Sotto la Soglia. Indagine conoscitiva sul disagio abitativo

degli immigrati presenti nell’Italia Meridionale” p.15.

216 Gambino F. “Il momento dell’accampamento. L’illusione del transito in una provincia del Nordest

italiano”, in Gambino F. “Migranti nella tempesta: avvistamenti per l’inizio del nuovo millennio”

Ombre Corte, Verona 2003, pp. 101-116

217 “Lo stato di eccezione non è una dittatura, ma uno spazio vuoto di diritto, una zona di anomia in

cui tutte le determinazioni giuridiche sono disattivate” in Agamben G. “Stato di eccezione” Bollati Boringheri, Torino 2003, p. 66.

218Caruso F.S. “Tra agricoltura californiana e migrazioni mediterranee: cause ed effetti delle rivolte

del bracciantato migrante di Rosarno e Castel Volturno” in D’Agostino M. et al. “Migrazioni e confini” (a cura di), Rubettino, Soveria Mannelli 2016, p.60.

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la composizione interna della manodopera straniera ma nulla è cambiato intorno alla sua messa a valore: nella Piana di Gioia Tauro il processo di valorizzazione della manodopera straniera assume connotati negativi per il semplice fatto che questo processo si è trasformato in un sistema di sfruttamento diffuso e soprattutto funzionale alla sopravvivenza dell’intero settore agricolo.

L’azione istituzionale ha assunto nel corso del tempo varie forme, alternando momenti di completa indifferenza a momenti in cui la logica repressiva è sembrata la soluzione più utile ed anche quella più sbrigativa: ad esempio, sempre in merito alla situazione che si era creata nella Cartiera di Rosarno, quando venne denunciata la situazione di degrado all’interno dello stabile, l’unica risposta da parte delle istituzioni fu quella dello sgombero, senza peraltro prevedere soluzioni alternative. Nonostante ciò, il confinamento e lo sfruttamento degli immigrati in agricoltura, più che configurarsi come una strategia istituzionale lucida e voluta219, appare come un sistema di controllo che non si basa sull’esclusione, ma sull’inclusione selettiva di elementi e sul mantenimento di quella che Foucalt avrebbe definito “un tipo di criminalità all’interno di limiti economicamente e socialmente accettabili e intorno a una media che si riterrà ottimale per un certo funzionamento sociale”220.