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La distribuzione territoriale degli immigrati in Calabria e i settor

2.3 Dinamiche della presenza straniera in Calabria

2.3.2 La distribuzione territoriale degli immigrati in Calabria e i settor

Nel primo capitolo abbiamo parlato della distribuzione territoriale degli immigrati i quali, a livello nazionale, non si concentrano soltanto nelle grandi città. La presenza straniera ha portato a una crescita demografica in quelli che vengono definiti sistemi locali diffusi, ossia aggregazioni di comuni di piccole e medie dimensioni distribuiti sul territorio in maniera non compatta.

Abbiamo visto come l’impiego di manodopera immigrata si sia rivelato particolarmente funzionale alla struttura dell’economia nazionale che si basa sulla presenza marcata di aziende di piccole e medie dimensioni e bisognose di personale con bassa qualifica. Proprio queste ultime hanno beneficiato moltissimo del potere contrattuale esercitato nei confronti degli stranieri: una manodopera tendenzialmente debole e che ha permesso di ridurre i costi del personale e favorire la competitività delle aziende a livello internazionale.

Abbiamo anche sottolineato come, soprattutto negli ultimi anni, il Mezzogiorno abbia registrato un incremento delle presenze straniere, dovuto in parte alla crisi economica: la crisi ha comportato la chiusura di molte industrie e aziende manifatturiere al Nord e il conseguente spostamento di molta manodopera straniera nelle campagne del Mezzogiorno.

Come già accennato, Cosenza e Reggio Calabria presentano le più alte concentrazioni di stranieri, sia soggiornanti che residenti, e che vanno a collocarsi soprattutto nel settore dei servizi: essi costituiscono la categoria di immigrati più stabile, come dimostrano gli incrementi nei tassi dei ricongiungimenti familiari e della partecipazione scolastica. Anche in questo caso una parte della presenza straniera non è rilevata: si tratta di moltissime donne impiegate nel settore dei servizi alle famiglie e che, in quanto provenienti da paesi dell’Unione Europea, accettano di lavorare in nero e non si registrano presso le anagrafi92.

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A fine 2015, secondo dati Inail93, gli stranieri occupati in Calabria sono quasi 57mila:

in questa categoria rientrano tutti coloro che abbiano lavorato almeno un giorno nel corso del 2015 o che abbiano avviato nell’anno precedente un rapporto di lavoro ancora attivo. Tuttavia, questa cifra potrebbe essere superiore al dato reale in quanto l’Inail considera come straniera ogni persona nata all’estero: vi rientrano dunque anche cittadini italiani nati all’estero e stranieri che abbiano conseguito la cittadinanza italiana.

Anche se la presenza femminile risulta di poco superiore a quella maschile, la percentuale di donne impiegate è del 42,9% (a livello nazionale è del 46%).

Rispetto all’anno precedente, le assunzioni sono aumentate di 1300 unità: hanno riguardato gli uomini in quasi il 60% dei casi e sono stati attivati rapporti di lavoro soprattutto nel settore dei servizi (40,6%) e dell’agricoltura (35,1%), ossia i settori principali dell’economia calabrese.

Nel comparto dei servizi il 50% degli occupati è straniero; è il 24,4% nel settore dell’agricoltura. Questi dati rappresentano sicuramente una sottostima in quanto vanno tenuti in considerazione la percentuale di lavoratori in nero e le pratiche illegali di assunzioni fittizie diffuse soprattutto nel settore agricolo94.

In linea con il trend nazionale, la popolazione straniera residente si concentra anche in zone diverse dai grandi centri urbani. In particolare95:

• nella Piana di Sibari, una zona caratterizzata dalla presenza di un modesto numero di strutture alberghiere sulla costa e un settore agricolo sviluppato nell’entroterra. La Piana di Sibari è costituita da 12 comuni e si estende su un territorio piuttosto omogeneo. In questa zona è concentrato il numero più alto di aziende agricole, soprattutto di medie dimensioni, che nel tempo sono riuscite a strutturarsi, ad integrarsi e ad avviare una cooperazione agricola di successo. Queste aziende sono riuscite ad attivare cooperative di servizi attive soprattutto sul versante della promozione commerciale. La percentuale di SAU coltivata è dell’1,7% più alta rispetto agli altri comuni della regione. Sono aziende che hanno investito molto nella modernizzazione: coltivano

93Inail “I contesti regionali: la Calabria” consultabile al link

https://www.superabile.it/cs/superabile/normativa-e-diritti/persone- straniere/approfondimenti/20170919e-l-immigrazione-in-calabria.html

94Idos, (2016), op. già citata pp.421-422. 95Ibidem.

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prevalentemente olivi e agrumi96, che si contraddistinguono per essere colture

ad alta redditività. Lo sviluppo dell’area, una delle più povere del Mezzogiorno, iniziò negli anni ‘20 del secolo scorso quando fu la protagonista di un programma di bonifica e, successivamente della Riforma Agraria che eliminò il latifondo. E’ nel corso degli anni ‘70 che la ripresa economica diventa più intensa grazie agli investimenti nella coltivazione delle “clementine” che in quegli anni venivano vendute addirittura prima della raccolta97.

• nella Piana di Lamezia, anch’essa caratterizzata da un’economia basata prevalentemente sul settore agricolo e sulla presenza di alcune aziende nel settore manifatturiero e nei servizi. La zona comprende una fascia che collega il Mar Ionio al Mar Tirreno: ne fanno parte più di 30 comuni. Il settore primario si compone in prevalenza di aziende di medie dimensioni: la produzione si concentra sull’olivo e sulla coltivazione fruttifera98.

• Nella Piana di Gioia Tauro, una zona in cui è alta la richiesta di manodopera stagionale in quanto uno dei settori principali è quello dell’agrumicoltura. E’in questa zona che si trova Rosarno.

• Nell’area del Crotonese in cui è prevalente il settore della trasformazione dei prodotti agricoli.

• La Costa ionica catanzarese e l’area del Vibonese si contraddistinguono per essere zone a forte specializzazione turistica. Il Vibonese si estende dalla costa fino al Monte Poro e comprende 31 comuni: l’area costiera si caratterizza per la presenza massiccia di attività legate al settore turistico, mentre nelle aree interne è fiorente la produzione della cipolla di Tropea. • L’area della Locride, sulla costa jonica reggina, di cui fanno parte 46 Comuni.

L’assetto economico è caratterizzato per la presenza di aziende di piccole dimensioni. E’ in quest’area che si trova Riace.

Inoltre, i territori appena elencati sono fra quelli indicati come “distretti rurali e distretti agroalimentari”, definiti dalla Legge Regionale n. 21 del 13 ottobre 2004

96Marenco G.“Lo sviluppo dei sistemi agricoli locali. Strumenti per l’analisi delle politiche” Edizioni

Scientifiche Italiane, Napoli 2005, p.46.

97Corrado A. “Migrazioni e problemi residenziali nelle Piane di Calabria” inOsti G. & Ventura F.

“Vivere da stranieri in aree fragili” (a cura di), Liguori Editore, Napoli 2012, p.149.

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come “sistemi produttivi locali… caratterizzati da un’identità storica e territoriale omogenea derivante dall’integrazione fra attività agricole e altre attività locali, nonché dalla produzione di beni e servizi di particolare specificità, coerenti con le tradizioni e le vocazioni naturali e territoriali”. La Piana di Sibari, l’area del Crotonese e la Piana di Lamezia sono stati riconosciuti come distretti agroalimentari di qualità.

Questi distretti risultano di particolare rilievo sia per la percentuale di territorio coperto (49%) che per il numero di Comuni (38%) e popolazione coinvolti (40%). Sottolineiamo come il settore agricolo rappresenti uno dei fattori di attrazione principale di queste zone.

Abbiamo già specificato come, così come a livello nazionale99, anche in Calabria il settore dei servizi è primo in classifica per impiego di manodopera straniera, seguito da quello dell’agricoltura: sono circa il 53% di tutta la manodopera straniera100. Il

settore agricolo assorbe una grossa fetta della manodopera straniera anche a livello nazionale: nel 2016 è stato il secondo in Italia per assunzione di nuovi occupati101. Tuttavia, rispetto agli italiani, gli immigrati sono impiegati in mansioni con qualificazioni più basse, mentre i salari risultano inferiori di un 27% anche a parità di mansione svolta. La maggior parte di loro viene impiegata in media per 49 giornate lavorative, ossia la metà delle giornate lavorative dei lavoratori italiani. Nel 59% dei casi i lavoratori stranieri sono giovani e nel 69% dei casi sono maschi, a differenza della manodopera italiana in cui a prevalere sono gli adulti e le donne.

Gli eventi accaduti a Rosarno nel 2010 hanno portato a una drastica diminuzione della manodopera straniera impiegata nel settore agricolo (-40% rispetto al 2009) che tuttavia, ha ricominciato a crescere a partire dall’anno successivo. Come sottolinea un rapporto INEA102, gran parte della manodopera nel settore è “invisibile”: i prodotti del settore agricolo in Calabria, a causa del suo mancato ammodernamento, sono destinati prevalentemente all’industria103. Questo fa sì che il prezzo dei prodotti,

affinché siano competitivi debba mantenersi molto basso, con conseguenti ricadute sulla manodopera. Nel prossimo capitolo vedremo quali.

99Direzione Generale dell’immigrazione e delle politiche d’integrazione (2017) “Nota semestrale sul

mercato del lavoro degli stranieri in Italia” p.10.

100Banca d’Italia (2017), op. già citata p.19.

101Direzione Generale dell’immigrazione e delle politiche d’integrazione (2017), op. già citata p.12. 102Inea (2012), “L’Agricoltura in Calabria in cifre” p. 34.

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