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La dimensione territoriale dell’immigrazione in Calabria

Nel corso di questo lavoro abbiamo sottolineato più volte la particolarità assunta dalla distribuzione territoriale dei migranti in Italia i quali, sia a livello nazionale che regionale, si stabiliscono anche in realtà diverse dai centri urbani più grandi che, tradizionalmente, sono considerati i poli in grado di attrarre il maggior numero di immigrati. Abbiamo inoltre rilevato come, in uno spazio temporale molto breve, siano mutati i modelli di insediamento e spostamento dei migranti tra le diverse regioni italiane, anche a causa della crisi economica.

Inoltre, lo studio della diffusione territoriale della presenza straniera non può prescindere dalla categorizzazione dei migranti: abbiamo più volte fornito una tassonomia delle categorie di stranieri presenti su scala nazionale e regionale e questo ci è servito di volta in volta per sottolineare alcune tendenze nelle modalità di insediamento. Tuttavia, per quanto riguarda l’inserimento degli stranieri nel mercato del lavoro, soprattutto in alcuni settori, l’appartenenza ad una categoria piuttosto che ad un’altra determina solo lievi cambiamenti nel trattamento o nella retribuzione che essi ricevono: nel settore agricolo per esempio, l’area di provenienza del migrante genera di volta in volta maggiori o minori possibilità di ottenere un compenso più alto o, addirittura, di essere scelti per determinate mansioni ma sempre in un contesto di generale sfruttamento.

A tal proposito, nel terzo capitolo abbiamo sottolineato come il fenomeno della sostituzione etnica abbia “favorito” i neo-comunitari a scapito dei migranti di origine africana senza tuttavia generare una condizione in cui essi siano esenti da situazioni di sfruttamento: in questo caso il vantaggio si riduce alle maggiori possibilità per i neo-comunitari di essere chiamati a svolgere un determinato lavoro.

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La suddivisione su quattro modelli insediativi della presenza straniera in Italia ipotizzata da Ambrosini e citata nel primo capitolo256, è diventata nel corso di

pochissimi anni meno netta soprattutto per quanto riguarda la diversa collocazione nel mercato del lavoro tra regioni del Nord e del Sud Italia: per esempio in Calabria, anche se ancora fortemente ancorata alla temporaneità o alla stagionalità di alcuni settori economici, questa classificazione rischia di diventare riduttiva se attribuita a una distribuzione territoriale che di anno in anno diviene più complessa e articolata. Infatti, i contorni di quei modelli citati da Ambrosini si sono di volta in volta intersecati con le dinamiche di circolarità delle migrazioni legate alla stagionalità di alcuni settori o con le migrazioni da ripiego verso il Sud Italia che hanno interessato gli operai delle fabbriche del Nord, ma anche con i più recenti sconvolgimenti globali che hanno trasformato l’Italia in terra d’approdo per migliaia di richiedenti asilo.

Ne è risultata una geografia della distribuzione straniera molto complessa che, in Calabria, si è intersecata con le dinamiche demografiche e migratorie della popolazione autoctona.

Nel secondo capitolo, i dati statistici sulla presenza straniera in Calabria ci sono serviti per individuare le zone e i settori economici in cui gli immigrati si inseriscono maggiormente. Più volte abbiamo sottolineato come questi dati ci forniscono una fotografia parziale perché non tengono in considerazione gli immigrati che risiedono in Italia irregolarmente o la presenza neo-comunitaria, che spesso si contraddistingue per essere itinerante e non registrata presso le anagrafi.

In ogni caso, i dati regionali confermano la teoria generale che identifica i grandi centri urbani come i maggiori ricettori della componente straniera. Infatti, così come a livello nazionale i capoluoghi di provincia continuano ad esercitare una forte attrazione nei confronti degli immigrati: quelle che sono state definite “polarità urbane della stanzialità”257 si contraddistinguono per essere in grado di offrire una

gamma più vasta di servizi e un’offerta maggiore di opportunità lavorative. In Calabria, le polarità rubane della stanzialità coincidono con i capoluoghi di provincia: in queste città gli stranieri residenti sono impiegati prevalentemente nel settore dei servizi alla persona e in quello turistico.

256 Capitolo 1, Paragrafo 1, Pagina 2.

257 Sarlo A. “L’emigrazione nella Calabria dall’economia fragile” in Balbo M. “Migrazioni e piccoli

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Abbiamo poi fatto riferimento a luoghi in cui il comparto agricolo diventa trainante per l’economia dell’intera zona: i “sistemi agricoli della stagionalità e della transumanza”258 spesso si contraddistinguono per essere al centro di progetti

migratori che si trasformano in percorsi di sfruttamento e segregazione. Noi abbiamo citato il caso di Rosarno e della Piana di Gioia Tauro come esempio esplicativo di una serie di dinamiche di sfruttamento e circolarità del lavoro e delle migrazioni ma, in generale, possiamo includere in questa categoria della classificazione proposta da Sarlo259 anche altre aree: la Piana di Sibari, la Piana di Lamezia Terme e il Marchesato nella zona di Crotone.

La caratteristica della stagionalità contraddistingue anche le zone in cui gli immigrati trovano impiego soprattutto nel comparto turistico: spesso queste zone si sovrappongono ai sistemi agricoli, per cui si potrebbe ipotizzare un’alternanza della manodopera fra i due settori, anche se questa ipotesi non è provata da dati. In Calabria vengono identificate come tali l’area dell’alto Tirreno Cosentino; l’area di Capo Vaticano; l’area costiera della Piana di Sibari; l’area costiera Crotonese; il Golfo di Squillace.

L’inserimento della presenza straniera avviene anche in quelli che sono stati definiti “sistemi agricoli minori dell’interstizialità”260 in cui gli immigrati sono

prevalentemente impiegati nei settori della floricoltura e della zootecnia: in queste zone la presenza si contraddistingue per essere più stabile, fattore dovuto alle caratteristiche dei settori economici prevalenti, e distribuita tra centri di piccole e piccolissime dimensioni interessati da fenomeni di spopolamento. In Calabria queste aree sono il Pollino Meridionale, la Valle del Crati e della Sila; l’Altopiano del Poro, la Locride e l’Area Grecanica. In questo senso, il termine interstiziale è utilizzato per indicare una modalità di inserimento nella società che si caratterizza per interessare gli “spazi” non più utilizzati dalla popolazione autoctona e che si articola su diversi livelli: a livello urbano, gli immigrati spesso vanno ad occupare immobili vecchi e abbandonati della periferia e del centro storico; a livello sociale, gli immigrati spesso si trovano emarginati ed esclusi dalla vita comune dei luoghi in cui vivono; a livello lavorativo essi vengono impiegati in lavori poco pagati261.

258 Ibidem.

259 Ibidem. 260 Ivi, p.54.

261 Papotti D. “Interstizialità e invisibilità dei paesaggi etnici: prime riflessioni geografiche

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Sono temi che abbiamo avuto più volte modo di analizzare nel corso del lavoro, sia da un punto di vista teorico che da un punto di vista pratico, prendendo in considerazione il macro-caso della Calabria e, più nello specifico, quello di Rosarno. Negli spazi interstiziali i migranti sembrano “usare” i luoghi più che viverli e questo genera una barriera tra loro e la popolazione locale, tra le loro attività e il territorio che li “ospita”. Proprio su quest’ultimo punto si sono incentrate le politiche di inclusione portate avanti da alcuni piccoli centri calabresi che si sono impegnati in percorsi di stabilizzazione e inserimento della presenza immigrata nel loro tessuto economico e sociale. I destinatari di queste politiche non sono i c.d. “migranti economici” ma i richiedenti asilo e i rifugiati che, in numero crescente, sono stati ospitati dalle strutture messe a disposizione del sistema dello Sprar.

Nel corso di questo capitolo cercheremo di studiare l’inserimento degli immigrati nelle ultime due categorie di luoghi appena citate. Nella pratica esse si sovrappongono in quanto la distinzione è da ricercare esclusivamente nella tipologia di straniero che viene presa in considerazione. L’obiettivo sarà quello di analizzare l’impatto della presenza straniera in aree e piccoli comuni interessati da fenomeni di abbandono, spopolamento e invecchiamento della popolazione. In alcuni di essi l’immigrazione è di vecchia data e si mantiene stabile grazie alle catene migratorie che si sono costituite negli anni. In altri, l’arrivo di rifugiati e richiedenti asilo è stato utilizzato come motore di sviluppo per realtà economiche assolutamente marginali. Studieremo gli esiti di queste politiche, gli aspetti positivi e i risvolti negativi. Per farlo partiremo dal tentativo di definire un’unità analitica di base.