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3.13 Il caso di Rosarno

3.13.6 La segregazione spaziale

Era il 2003 quando Medici Senza Frontiere decideva di avviare un progetto di supporto per gli stranieri impiegati in agricoltura. Sembra assurdo pensare che una Ong, da sempre impegnata a livello internazionale in contesti caratterizzati da guerre e povertà, abbia scelto di fornire assistenza sanitaria in alcune aree rurali italiane. Eppure, le zone in cui nel corso degli anni sono stati attivati presidi medici ad opera

207Camilli A. (2016) “La filiera sporca delle arance italiane comincia a Rosarno” consultabile al link

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di Medici senza Frontiere, Medici per i Diritti Umani ed Emergency sono state scelte perché presentano “caratteristiche riferibili a un contesto di crisi umanitaria”208.

Le inchieste sulle condizioni sanitarie precarie dei braccianti hanno contribuito a gettare luce su un fenomeno che colpisce moltissimi immigrati nelle campagne italiane e di cui le pessime condizioni di salute sono la conseguenza: la segregazione spaziale.

L’area di Rosarno è caratterizzata da condizioni di vita ed esclusione sociale anche peggiori di altre zone del mezzogiorno, soprattutto per le colture che caratterizzano la zona e che comportano una richiesta di manodopera prevalentemente nei mesi autunnali e invernali.

Prima del 2010 la presenza straniera si concentrava soprattutto in casolari abbandonati o ex stabilimenti produttivi ormai fatiscenti: a Rosarno centinaia di immigrati avevano trovato rifugio in una fabbrica abbandonata, la “Rognetta” che ospitava circa 400 persone; in un paese vicino, a San Ferdinando, più di 600 persone si ammassavano in quella che avrebbe dovuto essere una cartiera: la sua costruzione era stata finanziata con i fondi della legge n. 488 per lo sviluppo del Mezzogiorno, ma non è mai entrata in funzione. Nel 2009 la Cartiera viene murata con un’ordinanza del comune e i migranti sono costretti a spostarsi nell’ex Opera Valorizzazione Sila, un ex oleificio: qui i migranti trovavano riparo nei silos per l’olio209.

Per anni, nonostante l’ingente numero di braccianti che stagionalmente si recano nella Piana, le istituzioni non sono intervenute con piani strutturali di intervento, ad esempio allestendo tendopoli specifiche per gli stagionali. A seguito degli eventi del 2010 anche l’ex Opera Sila viene fatta sgomberare, senza tuttavia predisporre un piano di accoglienza per i braccianti. Circa un anno dopo viene installato nei pressi di Rosarno un campo container in grado di ospitare solo 120 migranti, gli altri ricominceranno il pellegrinaggio nei ruderi della zona210.

Nel febbraio 2012 viene allestita una tendopoli nel comune di San Ferdinando dotata di tende fornite dalla Protezione Civile e con una capienza massima di 300 persone: la tendopoli avrebbe dovuto funzionare per soli tre mesi. Nonostante ciò, i circa 400

208Medici senza Frontiere (2008), “Una stagione all’inferno. Rapporto sulle condizioni degli

immigrati impiegati in agricoltura nelle regioni del Sud Italia” p. 20.

209Mangano A. (2017), “Tutte le case degli africani di Rosarno” consultabile al link

https://www.terrelibere.org/tutte-le-case-degli-africani-di-rosarno/

210Medu (2015), “Terra Ingiusta. Rapporto sulle condizioni di vita e di lavoro dei braccianti stranieri

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posti messi a disposizione non erano sufficienti ad ospitare tutti i braccianti che si recano tra ottobre ed aprile nella Piana di Gioia Tauro (ogni anno la cifra si aggira tra le 1000 e le 2000 persone). In poco tempo, accanto alla tendopoli ufficiale gli immigrati iniziarono ad insediarsi in alloggi di fortuna, costruiti con materiali di scarto: le condizioni igienico-sanitarie, già precarie per il fatto che la tendopoli era stata allestita in un sito non idoneo, peggiorano ulteriormente211. Con l’arrivo del freddo le tende rimangono vuote: a causa del cattivo funzionamento della rete elettrica è impossibile riscaldarle e gli immigrati preferiscono trasferirsi in casupole più piccole e costruite da loro.

Un rapporto della Asl locale del dicembre 2013 denuncia le terribili condizioni igienico-sanitarie e il Sindaco di San Ferdinando, con un’ordinanza comunale decide di abbattere la tendopoli. A seguito dello sgombero, centinaia di braccianti decidono di rifugiarsi in un rudere nei pressi di Rosarno, la “fabbrichetta” in cui mancano i servizi igienici e l’elettricità; altri decidono di rimanere sul sito dove si ergeva la tendopoli, in cui sono stati registrati picchi di 2.000 presenze. Alle precarie condizioni igieniche si aggiungono le pessime condizioni di sicurezza, favorite dall’utilizzo di falò e bombole a gas che gli immigrati utilizzano per cucinare e per riscaldarsi.

Così la Regione Calabria decide di stanziare 100mila euro per la gestione della tendopoli: una parte dei fondi viene destinata alla Caritas che si impegna a garantire la presenza nella tendopoli per 5 mesi di 4 operatori, addetti al monitoraggio della situazione nonché alla fornitura di servizi quali pulizia e distribuzione di viveri. Un’altra parte dei fondi è utilizzata per l’acquisto di tre container, che però arrivano solo alla fine della stagione di raccolta. Nonostante l’assistenza ricevuta e i tentativi da parte della Regione di ripristinare la rete elettrica, moltissimi migranti continuano a vivere situazioni di profondo disagio abitativo: molti sono costretti a dormire a terra, su pezzi di cartone, mentre alcuni non hanno accesso ad alcuna fonte di luce, se non quella fornita da alcuni generatori che funzionano a intermittenza212.

Nel 2016 la Regione decide di intervenire iniziando i lavori per la costruzione di una tendopoli a norma che però si concluderanno soltanto nell’agosto 2017: viene avviato “un lungo iter burocratico col protocollo operativo sottoscritto tra la Prefettura, la

211Rete Campagne in Lotta (2012), “Rosarno, tre anni dopo. Dentro e oltre lo stato d’eccezione

permanente” consultabile al link http://gliasinirivista.org/2013/07/rosarno-tre-anni-dopo-dentro-e-

oltre-lo-stato-deccezione-permanente/

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Regione, la Provincia di Reggio, la Croce Rossa Italiana, i comuni di San Ferdinando e Rosarno, la Caritas diocesana di Oppido-Palmi e gli organismi umanitari di Emergency e M.E.DU. Volto al graduale smantellamento della vecchia tendopoli di San Ferdinando, nelle more dell’attuazione delle iniziative volte a favorire l’integrazione abitativa dei lavoratori migranti213”.

La nuova tendopoli può ospitare fino a 600 persone ed è dotata di tende ignifughe, rete idrica, fognaria ed elettrica, aree comuni, lavanderia, cucina e servizio per la raccolta differenziata.