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Sos Rosarno: sviluppo e autocritica di una realtà in crescita

3.15 Alcune idee per il superamento dei fenomeni di sfruttamento in

3.15.2 Sos Rosarno: sviluppo e autocritica di una realtà in crescita

Dopo gli eventi del gennaio 2010, un gruppo di agricoltori decide di “rispondere alla sofferenza costruendo speranza e opportunità246” attraverso la creazione

dell’associazione SOS Rosarno. L’idea era quella di rispondere alle imposizioni del processo produttivo moderno, dominato da GDO e multinazionali, attraverso il ricorso a una filiera più corta e alla vendita dei prodotti a consumatori consapevoli. Il ricorso a una filiera corta risponde a una duplice esigenza: da un lato garantisce un reddito adeguato agli agricoltori evitando che i prezzi bassissimi si traducano in sfruttamento della manodopera; dall’altro dà al consumatore l’opportunità di acquistare prodotti etici247.

Sos Rosarno vende le arance con un prezzo medio di 1,40 euro: in questo modo riesce ad assumere i braccianti con un contratto regolare e a fornire loro un alloggio. Per la distribuzione SOS Rosarno si affida ai GAS, i gruppi d’acquisto solidale, e non alla grande distribuzione: il suo sistema si basa sul contatto diretto fra produttori

245Lagravinese R. & Coniglio N. (2015) op. già citata pp.14-15. 246SOS Rosarno, http://www.sosrosarno.org/chi-siamo.html

247Olivieri F. “Sovranità alimentare a autogestione. L’alternativa di SOS Rosarno allo sfruttamento

dei braccianti immigrati, de piccoli agricoltori e dei territori” in D’Agostino M. “Migrazioni e confini” (a cura di), Rubettino, Soveria Mannelli 2016, p.69.

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e consumatori che si realizza anche attraverso incontri, visite e partecipazioni ad eventi.

La riduzione dei costi non è dovuta soltanto all’eliminazione di numerosi passaggi nella filiera: la vendita avviene attraverso ordini collettivi e quantitativi minimi, così da razionalizzare i costi di trasporto e garantire un incasso sicuro.

Gli ordinativi sono gestiti settimanalmente, riprogrammando di volta in volta la rapidità e la quantità della raccolta e questo consente di ridurre i costi per l’immagazzinamento e la conservazione. Inoltre, la conoscenza diretta tra produttori e consumatori garantisce un feedback continuo sulla qualità della produzione. Non affidandosi alla GDO i pagamenti sono più rapidi.

Il fatturato annuale si aggira attorno ai 200mila euro e le richieste provengono soprattutto dal Nord Italia: “«Non incidiamo ancora significativamente sull’economia della zona, ma siamo un segnale, una possibilità di cambiamento», spiega Nino Quaranta, tra i fondatori di Sos Rosarno”248. Per questo motivo col tempo Sos Rosarno ha deciso di abbandonare la monocoltura, un modello produttivo che tradizionalmente punta sulla distribuzione di media e lunga distanza, e di puntare sul mercato locale: a poco a poco la base della strategia di distribuzione si è spostata dalla rete del mercato solidale a contesti locali, dotati di prossimità territoriale e quindi sull’allargamento dell’offerta dei prodotti più che sull’espansione del circuito. Questa decisione è stata dettata anche dal riconoscimento delle esigenze locali in una Regione in cui più del 70% dei prodotti alimentari viene importato “col relativo impoverimento dell’agricoltura locale a vantaggio di circuiti commerciali più o meno grandi alieni al territorio, la sovranità alimentare consente di pensare a un’alternativa fondata sulla rilocalizzazione e sulla pianificazione, in modo da rispondere agli interessi di contadini, braccianti, consumatori a basso reddito, disoccupati e sottoccupati249”.

Al cambiamento della prospettiva e della strategia di coltivazione e distribuzione, si è accompagnata l’evoluzione nelle forme di partecipazione all’associazione: prima i contadini associati devolvevano una percentuale dei ricavi all’associazione e i braccianti erano assunti dalla cooperativa affiliata “I frutti del sole”. Quest’ultima è

248Marrazzo D. (2017), “Gli agricoltori di Sos Rosarno sfidano la ‘ndrangheta e aiutano i curdi di

Kobane” consultabile al link http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2017-05-05/gli-

agricoltori-sos-rosarno-sfidano-ndrangheta-e-aiutano-curdi-kobane- 122918.shtml?uuid=AEKOy1GB

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stata sostituita dalla cooperativa “Mani e Terra” che vede la partecipazione congiunta di contadini e braccianti: la cooperativa si occupa della coltivazione, del reclutamento della manodopera, della trasformazione dei prodotti, della loro commercializzazione e, a differenza di quanto accadeva precedentemente, fattura essa stessa ai produttori. A questa cooperativa è stata inoltre affidata la gestione di 5 ettari di terreno per la produzione orticola, ceduti gratuitamente da alcuni contadini. SOS Rosarno ha investito molto sulla costituzione di questa cooperativa, che costituisce una struttura di secondo livello dell’associazione e che consente una gestione integrata non solo della vendita ma anche della produzione. Inoltre, in virtù dello status giuridico e della sua composizione non esiste una distinzione tra braccianti e produttori che, in quanto soci, decidono in forma congiunta e democratica in sede di assemblea.

Il superamento della monocoltura ha permesso all’associazione di svincolarsi dalla stagionalità, di essere operativa tutto l’anno e di conseguenza di assicurare sempre il lavoro ai suoi braccianti.

L’evoluzione di questa associazione dimostra come sia possibile in un contesto così ostile portare avanti delle iniziative di sviluppo etico. Dapprima SOS Rosarno è riuscita a rispondere a un’esigenza immediata: dimostrare all’opinione pubblica come anche in una zona come quella della Piana di Gioia Tauro possano nascere e crescere realtà in grado di superare il modello basato sullo sfruttamento della manodopera straniera.

In un secondo momento, grazie alla raggiunta consapevolezza in merito alle necessità delle realtà locali e a un percorso di autocritica sulla gestione dell’associazione, è riuscita a raggiungere una strutturazione maggiore che comprendesse tutte le fasi di produzione e commercializzazione dei prodotti, che superasse il modello della monocoltura e che fosse in linea col principio della sovranità alimentare250.

In questo modo, non affidandosi alla GDO ma neppure in forma esclusiva alla realtà molto di nicchia dei GAS, ha saputo imporsi come realtà solida e conosciuta a livello nazionale. Attualmente fa parte del progetto nazionale “Spazio Fuori Mercato” che

250Corrado A. (2010), “Sovranità alimentare: la proposta alternativa della Via Campesina”

consultabile al link https://agriregionieuropa.univpm.it/it/content/article/31/22/sovranita- alimentare-la-proposta-alternativa-della-campesina

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“ha man mano dato vita a un collegamento tra diverse realtà urbane e rurali in nome dello scambio e del mutuo soccorso, anche al di là dell’alimentare251”.

3.15.3 Il caso di Immokalee: una best practice nella lotta allo sfruttamento.