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L’art 41-bis ord pen come modalità esecutiva della pena detentiva 69

6. Natura giuridica e inquadramento sistematico della misura

6.1. L’art 41-bis ord pen come modalità esecutiva della pena detentiva 69

S. ARDITA, Il regime detentivo speciale 41-bis, cit., pp. 80 s.

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F. FIORENTIN, Appunti in tema di riforme, cit., pp. 440 s., ricorda come la natura amministrativa

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del provvedimento impositivo del regime di rigore abbia inciso, in un primo momento, sulla sua giustiziabilità. La giurisprudenza, in origine, qualificava l’atto come meramente amministrativo, non suscettibile in quanto tale di incidere sulla libertà personale, escludendone perciò la ricorribil- ità per Cassazione ex art. 111 Cost. Tale orientamento è però mutato in seguito ad alcune storiche sentenze della Corte Costituzionale (n. 349/93; 351/96; 376/97) che hanno sancito il principio del- la giustiziabilità del decreto ministeriale di imposizione del regime ex art. 41-bis ord. pen., in quanto strumentale alla tutela di quei diritti incomprimibili connessi alla dignità della persona, che possono essere intaccati da regime detentivo siffatto.

Secondo una delle prime interpretazioni, il “carcere duro” andrebbe qualificato come una semplice modalità esecutiva della pena detentiva . 183

A tale approdo ermeneutico è giunta, per prima, la Corte Costituzionale nel 1993 . Il presupposto da cui la Consulta ha preso l’abbrivio nel pervenire a 184 siffatta conclusione è che la tutela costituzionale dei diritti fondamentali del- l’uomo, e in particolare la garanzia della inviolabilità della libertà personale sancita dall’art. 13 Cost., opera anche nei confronti di chi è stato sottoposto a legittime restrizioni della libertà personale durante la fase esecutiva della pena, sia pure con le limitazioni che, com’è ovvio, lo stato di detenzione necessaria- mente comporta. Più in particolare, il Giudice delle leggi ha affermato che: «la sanzione detentiva non può comportare una totale ed assoluta privazione della libertà della persona; ne costituisce certo una grave limitazione, ma non la sop- pressione. Chi si trova in stato di detenzione, pur privato della maggior parte della sua libertà, ne conserva sempre un residuo, che è tanto più prezioso in quanto costituisce l'ultimo ambito nel quale può espandersi la sua personalità individuale».

Fatte tali rilevanti premesse, la Corte giunge così ad una declaratoria di compatibilità dell’art. 41-bis, co. 2, ord. pen. con l’art. 13 Cost. (rispetto alla quale disposizione era stato sollevato il dubbio di costituzionalità) proprio alla luce dell’inquadramento dogmatico dello stesso. Il provvedimento ministeriale, infatti, si differenzierebbe, a parere della Corte, da quelle misure che, modifi- cando il grado di privazione della libertà personale imposto al detenuto, inci- dono sulla qualità e quantità della pena (come le cc.dd. misure extra-

T. PADOVANI, Il regime di sorveglianza particolare, cit., p. 155, pur riconoscendo al regime di

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cui all’art. 90 ord. pen., poi sostanzialmente trasfuso nell’art. 41-bis o.p., un carattere prevalente- mente neutralizzativo, sostiene che esso non costituisca una semplice variante del trattamento pen- itenziario, ma che esso rappresenti, piuttosto, un modo particolare con cui è attuata la restrizione della libertà personale, implicando una diversa e ridotta consistenza dei diritti riconosciuti in via ordinaria alla generalità dei detenuti.

Corte Cost., 28 luglio 1993, n. 349, in Foro it., 1995, I, p. 488.

murarie ), e che, quindi, non possono essere adottate al di fuori dei principi di 185 riserva di legge e di giurisdizione, ma che devono, invece, uniformarsi ai prin- cipi di proporzionalità e individualizzazione della pena. Il provvedimento ap- plicativo del regime differenziato costituirebbe, viceversa, una mera modalità esecutiva della pena detentiva, in base alla quale sarebbe consentita solo la sospensione di quelle medesime regole ed istituti che già nell’Ordinamento pen- itenziario appartengono alla competenza di ciascuna amministrazione peniten- ziaria e che si riferiscono al regime di detenzione in senso stretto.

Secondo la Corte, eventuali variazioni di tale regime possono com- portare evidentemente un maggiore o minore contenuto afflittivo per chi ad esse è assoggettato, proprio perché un certo grado di flessibilità può rivelarsi neces- sario sia ai fini di rieducazione del detenuto che per l’ordine e la sicurezza in- terni (dovendosi del pari prendere atto che la realtà di ogni istituzione peniten- ziaria comprende anche la presenza di soggetti refrattari a qualsiasi trattamento riabilitativo, ed anzi così spiccatamente pericolosi da rendere indispensabile la possibilità di un regime differenziato nei loro confronti), ma nel novero delle misure attualmente previste dall’Ordinamento penitenziario esse non esulereb- bero dall’ambito delle modalità di esecuzione di un titolo di detenzione già adottato con le previste garanzie costituzionali.

Ne deriva, secondo il Giudice della leggi, che l’art. 41-bis non può legit- timare l’adozione di provvedimenti suscettibili di incidere sul grado di libertà personale del detenuto, e pertanto non viola l’art. 13 della Costituzione, primo e secondo comma.

Secondo la Corte, in definitiva, le misure che attengono unicamente al “regime penitenziario”, per quanto afflittive, devono considerarsi semplici

Le misure extra-murarie si distinguono dalle misure intra-murarie in quanto le prime con

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sentono al detenuto di accedere a forme di esecuzione della pena anche al di fuori del carcere, le seconde, invece, comportano una sola variazione del regime penitenziario. Per la Corte Costi- tuzionale, dunque, se le prime devono essere soggette alla riserva di giurisdizione di cui all’art. 13 Cost. in quanto incidono sulla qualità e quantità della pena, a tale vincolo non sono soggette le seconde, che pertanto possono essere adottata anche dall’Amministrazione Penitenziaria, in quanto qualsiasi conseguenza che da esse derivi deve essere considerata già insita nel quantum di pena irrogato ab origine con la sentenza di condanna.

modalità esecutive della pena, e, in quanto tali, escluse dalle garanzie che as- sistono le sanzioni penali . 186

Di tale tesi parte della dottrina ha criticato però la prospettiva forte- mente formalistica, tendente a riconoscere certe garanzie solo in funzione della rigorosa distinzione tra misure intra-murarie ed extra-murarie . Se è vero che 187 un residuo di libertà personale andrebbe riconosciuto nei confronti di tutti i de- tenuti, anche nei confronti di quelli ristretti al regime 41-bis, questa conclusione si porrebbe in contraddizione con la considerazione che le misure intra-murarie, in quanto modalità esecutive della pena, non eccedono mai, indipendentemente dal loro contenuto, il sacrificio di libertà personale già insito nello stato di de- tenzione . 188

Sarebbe più opportuno, invece, adottare un approccio maggiormente sostanzialistico, che guardi, al di là dal carattere intra-murario o extra-murario della misura, al contenuto delle restrizioni imposte ai detenuti, al fine di appu- rare se esse abbiano determinato un sacrificio ulteriore della libertà personale rispetto a quello ordinariamente connesso allo stato di detenzione . 189

Secondo questo diverso punto di vista, è più evidente come un regime detentivo caratterizzato da una funzione non solo preventiva, ma anche repres- siva (speciale e generale) e deterrente non può essere considerato quale mera modalità esecutiva della pena, possedendo, viceversa, una connotazione qualita- tiva che incide sul contenuto e sulla capacità afflittiva della pena stessa.