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2. L’introduzione del regime di carcere duro e la sua evoluzione legislativa: dal-

2.3. Il c.d Pacchetto Sicurezza del 2009

Con l’approvazione del Pacchetto Sicurezza (l. 15 luglio 2009, n. 94, recante “disposizioni in materia di sicurezza pubblica”) si è cercato di colmare le falle che erano emerse nel corso dell’applicazione del regime detentivo spe- ciale. Dichiarato scopo della riforma era quello di «dare più rigore al 41-bis» , 76 sia a causa di quegli accertamenti giudiziali che avevano messo in luce come i detenuti sottoposti a regime siffatto riuscissero a mantenere contatti con l’asso- ciazione — alla quale trasmettevano ordini e direttive — sia a causa dell’esi- genza di limitare l’uso troppo disinvolto dei Tribunali di Sorveglianza, compe- tenti sui reclami, dei poteri di annullamento dei decreti ministeriali di appli- cazione dell’istituto . 77

Più in particolare, poiché erano stati assicurati alla giustizia numerosi componenti di spicco delle principali consorterie mafiose, da un lato, il profilo

F. FIORENTIN, Appunti in tema di riforma, cit., p. 439, osserva come l’avvenuta istituzionaliz

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zazione del 41-bis si scontri, inevitabilmente, con tre profili: 1) la prevalente finalità rieducativa della pena, di fatto obliterata dall’adozione del regime di cui all’art. 41-bis; 2) la progressiva giurisdizionalizzazione del rapporto esecutivo penale, in presenza della istituzione di un circuito penitenziario attivato dall’Autorità amministrativa; 3) gli obiettivi dell’esecuzione penitenziaria, estranei alle logiche di polizia preventiva perseguite con la riforma.

Cfr. Relazione delle commissioni permanenti 1a e 2a riunite sul d.d.l. 733, comunicata alla Pres

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idenza l’11 novembre 2008 (relatori Berselli e Vizzini), in www.senato.it.

A. DELLA BELLA, Il “carcere duro”, cit., p. 151; ID., Il regime detentivo speciale di cui all’art.

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41-bis ord. penit., in Sistema penale e “sicurezza pubblica”: le riforme del 2009, a cura di S. CORBETTA - A. DELLA BELLA - G. L. GATTA, Milano, 2009, p. 447, ricorda significativi titoli di giornale (es. “Stop al carcere duro per il boss Madonia. Record di annullamenti: 89 in un anno” - Corriere della Sera, 27 febbraio 2007), che dimostrano come l’opinione pubblica, ma soprattutto la classe politica, fosse particolarmente attenta alla questione.

strategico delle associazioni risultava sempre più legato alle componenti in carcere , dall’altro, come già anticipato, i capi detenuti erano capaci di indicare 78 e sostenere le scelte operative ed economiche del gruppo di riferimento nonos- tante gli stretti vincoli del regime differenziato . 79

Superata, dunque, l’esigenza, attuata con la riforma del 2002, di stabi- lizzare l’emergenza, la novella del 2009 si elevava a segnale di una inequivoca- bile radicalizzazione delle posizioni politiche di imporre con vigore l’opzione custodialistica nei confronti degli esponenti della criminalità organizzata . 80

La riforma interveniva, in primis, con riferimento ai presupposti ap- plicativi della misura di rigore. Come visto, essa poteva conseguire alla indi- viduazione di due condizioni: una oggettiva, relativa alla tipologia di reati per i quali il soggetto è detenuto; una soggettiva, relativa all’accertata sussistenza di collegamenti tra il detenuto e l’associazione criminale di appartenenza.

La novella incideva sul primo requisito, attraverso una sostanziale ri- formulazione dell’art. 4-bis. Tra i reati presupposto veniva, infatti, inserito il delitto di induzione, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione mino- rile, di cui all’art. 600-bis, co. 1, c.p.; la pornografia minorile, limitatamente alle ipotesi di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 600-ter c.p.; la violenza sessuale di grup- po di cui all’art. 609-octies c.p. 81

Sempre con riferimento ai presupposti applicativi, particolare rilievo assumeva l’inserimento, nell’ultimo periodo del co. 2 dell’art. 41-bis, del c.d. cumulo dei titoli detentivi, secondo cui, in caso di unificazione di pene o di concorrenza di più titoli di custodia cautelare, la sospensione delle regole pen-

Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza, 2008, a cura del Dipartimento In

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formazioni per la Sicurezza (Presidenza del Consiglio), presentata al Parlamento in data 10 marzo 2009, p. 34.

Ibidem, pp. 34 s.

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C. FIORIO, La stabilizzazione delle “carceri fortezza”: modifiche in tema di ordinamento pen

80 -

itenziario, in Il “Pacchetto Sicurezza” 2009, a cura di O. MAZZA - F. VIGANÒ, Torino, 2009, p.

396.

A. DELLA BELLA, Il regime detentivo speciale, cit., p. 450, ricorda come, nonostante l’esten

81 -

sione dei reati presupposto, ciò non avesse determinato rilevanti ripercussioni nella prassi, dal momento che la stragrande maggioranza dei destinatari del regime detentivo speciale continuava ad essere rappresentato da detenuti imputati o condannati per delitti di associazione di stampo mafioso o comunque di delitti commessi avvalendosi delle metodo mafioso o al fine di agevolare siffatte organizzazioni (si riferisce di ben 510 detenuti su 582).

itenziarie ordinarie può ora essere disposta anche quando sia stata espiata la parte di pena o di misura cautelare relativa ai delitti di cui all’art. 4-bis ord. pen. . Ciò in ossequio, da un lato, al principio dell’unità della pena cumulata ex 82 art. 76 c.p., e, dall’altro, alla contestuale ritenuta inapplicabilità al 41-bis ord. pen. dell’opposto principio dello scioglimento del cumulo , che consentirebbe 83 di riferire i periodi di carcerazione espiati ai vari titoli detentivi . 84

Nessuna modifica veniva apportata, invece, alla disciplina della proce- dura applicativa, che continua ad essere di competenza del Ministro della Gius- tizia. Unica novità è rappresentata dalla previsione secondo cui l’adozione del decreto ministeriale può oggi avvenire anche su richiesta del Ministro dell’In- terno. Siffatta precisazione, si è detto, ha segnato il definitivo tramonto degli

A. DELLA BELLA, Il regime detentivo speciale, cit., pp. 450 s., rileva come l’inserimento di tale

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previsione fosse funzionale a contrastare la prassi giurisprudenziale dei Tribunali di Sorveglianza che procedevano sistematicamente allo scioglimento del cumulo, consequenzialmente annullando i decreti applicativi del 41-bis per mancanza di idoneo titolo detentivo. Cfr. anche C. FIORIO, La

stabilizzazione delle “carceri fortezza”, cit., pp. 407 s., il quale, riferisce del contrasto giurispru- denziale tra magistratura di sorveglianza — che, come visto, sulla scorta degli insegnamenti della Corte Costituzionale (sent. n. 361/94) e della Cassazione a Sezioni Unite (214355/1999), provvedevano a sciogliere il cumulo —, e giurisprudenza di legittimità — che considerava irrile- vante l’avvenuta espiazione di parte di pena relativa a reati che legittimavano l’applicazione del regime differenziato, così annullando le decisioni dei magistrati di sorveglianza —.

Sul principio dell’unità della pena e sull’opposto principio dello scioglimento del cumulo, B.

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RIVA, Sub art. 76 c.p., in Codice Penale Commentato, fondato da E. DOLCINI - G. MARINUCCI,

diretto da E. DOLCINI - G. L. GATTA, Milano, 2015, pp. 1462 ss., secondo il quale, in relazione al

regime detentivo speciale di cui al 41-bis ord. pen., l’orientamento della giurisprudenza era molto rigoroso tenuto conto non solo del principio di unicità della pena, ma anche delle specifiche final- ità di ordine e sicurezza che l’istituto persegue. Da ciò consegue l’irrilevanza che il condannato, in caso di cumulo di pene, abbia già espiato la parte di pena relativa a delitti legittimanti l’adozione di tale regime, che potrà essere applicato, dunque, per tutta la durata della pena detentiva risultante dal cumulo. A sua volta, S. ARDITA, Problematiche di prevenzione, cit., p. 30 s., ritiene condivisi-

bile la scelta a favore del cumulo dei titoli detentivi, contestando l’estensione da parte dei Tri- bunali di sorveglianza al 41-bis di quella giurisprudenza che, in relazione alla diversa materia della custodia cautelare, aveva affermato l'opposto principio della scindibilità del cumulo (Sez. Un. Ronga). Così si sarebbe trascurata, infatti, la finalità eminentemente preventiva dell’istituto, ri- conoscendovi, invece, una componente retributiva in realtà, secondo l’A., non presente. Alla luce delle esigenze di prevenzione e di recisione dei contatti con le organizzazioni di riferimento, risul- terebbe del tutto irrilevante che il detenuto abbia espiato la porzione di pena riferibile al reato di cui al 4-bis.

A. DELLA BELLA, Il regime detentivo speciale, cit., p. 541, evidenzia la non condivisibilità della

84

scelta legislativa di introdurre il cumulo dei titoli di reato ai fini dell’esecuzione unitaria della pena, e ciò in relazione alle argomentazioni formulate dalla Corte Costituzionale, con sent. 361/1994, che si è espressa, viceversa, in favore dello scioglimento dei cumuli nei confronti dei condannati per i reati di cui all’art. 4-bis ord. pen., al fine di consentire loro di fruire dei benefici penitenziari. Ciò perché, in caso contrario, si sarebbe creato a carico del condannato ex art. 4-bis ord. pen. una sorta di status di “detenuto pericoloso”, che avrebbe permeato di sè l’intero rapporto esecutivo, in contrasto con gli artt. 3 e 27, co. 3 della Costituzione.

«aneliti alla giurisdizionalizzazione», a vantaggio di una più marcata conno- tazione amministrativa del procedimento . 85

Significativa appare, poi, la modifica dei termini di durata della misura: da una durata non inferiore ad un anno e non superiore a due, con possibilità di proroga per periodi successivi di un anno, essa veniva «macroscopicamente di- latata» dal nuovo comma 2-bis in quattro anni , con possibilità di successive 86 87 proroghe, ciascuna pari a due anni . 88

Con specifico riferimento alla proroga, poi, veniva riformulato il co. 2-

bis, ai sensi del quale, ora, essa può essere disposta «quando risulta che la ca-

pacità di mantenere collegamenti con l’associazione criminale, terroristica o eversiva non è venuta meno». A fronte di una formulazione precedente in nega- tivo («quando non risulta») che aveva fatto sorgere non pochi dubbi interpreta- tivi , soprattutto circa la sussistenza o meno di un’inversione dell’onere proba89 - torio a carico del detenuto, la nuova lettera pareva scongiurare i dubbi di proba-

tio diabolica a vantaggio di un assetto che postula un inequivocabile onere mo-

tivazionale a carico del ministro . 90

C. FIORIO, La stabilizzazione delle “carceri fortezza”, cit., p. 405; L. FILIPPI, La “novella” pen

85 -

itenziaria del 2002: la proposta dell’Unione delle Camere penali e una “controriforma” che urta con la Costituzione e con la Convenzione europea, in Cass. pen., 2003, p. 30; G. FRIGO, La deroga

a regole generali impoverisce il sistema, in Guida al diritto, 2003, n. 1, p. 43.

Usa questa espressione, C. FIORIO, La stabilizzazione delle “carceri fortezza”, cit., p. 409.

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C. FIORIO, La stabilizzazione delle “carceri fortezza”, cit., p. 409, osserva come il legislatore

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abbia voluto inibire qualsivoglia discrezionalità ministeriale in ordine al quantum, prevedendo un rigido periodo di durata iniziale del 41-bis di quattro anni. L’A. osserva, parimenti, come siffatto innalzamento abbia suscitato non pochi dubbi soprattutto in ordine all’incremento di afflittività del regime e alle ragioni giustificatrici dell’incremento. Se l’iniziale innalzamento dei termini di dura- ta del regime, approntato con la riforma del 2002, era stato giustificato dalla necessità di far fronte alla irragionevole durata dei procedimenti per reclamo, tale ulteriore innalzamento non poteva trovare analoga giustificazione.

A. DELLA BELLA, Il regime detentivo speciale, cit., p. 452.

88

S. ARDITA, La costituzionalità del 41-bis e l’obbligo di motivazione della proroga, in Cass. pen.,

89

2005, p. 1561 s.; ID., I presupposti della proroga del provvedimento di applicazione del regime 41-

bis ord. pen., dopo la novella della l. 279 del 2002, in Cass. pen., 2004, p. 3404; L. FILIPPI, Proro-

ga del regime di cui al 41-bis ord. penit. e “giudicato di sorveglianza”, in Giur. it., 2005, pp. 241 ss.; F. FIORENTIN, Il controllo giurisdizionale sulla proroga del regime penitenziario differenziato

di cui all’art. 41-bis, L.26 luglio 1975, n. 354, in Giur. merito, 2007, pp. 2018 ss.; F. GIUNCHEDI,

Linee evolutive della giurisprudenza di legittimità in ordine ai rinnovati standards probatori del- l’art. 41-bis ord. penit., in Giur. it., 2005, pp. 2356 s.; V. GREVI, In tema di presupposti per la pro-

roga del regime carcerario differenziato ex art. 41-bis ord. penit., in Cass. pen., 2008, pp. 4590 s. C. FIORIO, La stabilizzazione delle “carceri fortezza”, cit., pp. 410 s.; F. FIORENTIN, Carcere

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Nel solco della progressiva tassativizzazione, il legislatore riteneva, poi, di indicare gli elementi da valutare per accertare la persistenza della capacità di mantenere collegamenti con l’esterno . 91

Un’altra importante novità consisteva nell’abrogazione del co. 2-ter, che disciplinava la revoca ministeriale officiosa dei provvedimenti impositivi, nei casi in cui, prima della scadenza del termine, fossero venute meno le condizioni che ne avevano determinato l’adozione o la proroga . 92

Con riferimento alle strutture deputate alla detenzione di coloro cui viene applicato il regime differenziato, si prevedeva, al co. 2-quater, che essi venissero ristretti all’interno di istituti a loro esclusivamente dedicati, collocati preferibilmente in aree insulari, ovvero comunque all’interno di sezioni speciali e logisticamente separate dal resto dell’istituto, e custoditi da reparti specializ- zati della polizia penitenziaria . 93

Rispetto, invece, al contenuto e alle modalità esecutive del regime, le modifiche apportate dalla L. 94/2009 al co. 2-quater erano ispirate dalla già in- dicata esigenza di irrigidimento delle restrizioni imposte sui detenuti, ma anche dall’obiettivo di comprimere i margini di discrezionalità dell’amministrazione penitenziaria nella determinazione del contenuto delle prescrizioni del decreto

Il comma 2-bis richiede di tener conto «del profilo criminale e dalla posizione rivestita dal

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soggetto in seno all’associazione, della perdurante operatività del sodalizio criminale, della so- pravvenienza di nuove incriminazioni non precedentemente valutate, degli esiti del trattamento penitenziario e del tenore di vita dei familiari del sottoposto».

A. DELLA BELLA, Il regime detentivo speciale, cit., p. 455, si interroga sulle conseguenze di tale

92

modifica, chiedendosi se l’accertamento del venir meno della capacità del detenuto di collegarsi con la sua associazione, in conseguenza, ad esempio, dell’adozione di una scelta collaborativa, determini comunque la necessaria sottoposizione del detenuto a regime siffatto sino alla scadenza del termine di durata del provvedimento. L. A. propende per una diversa soluzione, ricavando una possibilità di revoca officiosa del Ministro dal potere proprio di ogni autorità amministrativa di procedere all’autoannullamento dei propri atti quando si rivelino illegittimi. L’abrogazione del co. 2-ter sarebbe allora conseguenza della riconosciuta ultroneità della disposizione. Nello stesso sen- so, S. ARDITA, Il nuovo regime dell’art. 41-bis dell’ordinamento penitenziario, in Cass. pen., 2003,

p. 4. La corte di Cassazione, se in un primo momento aveva ritenuto che l’abrogazione del co. 2- ter avesse fatto venir meno il potere ministeriale di revoca, in un secondo momento, e in partico- lare con sent. 25 febbraio 2011, n. 18021, ammette l’esistenza di un dovere implicito di revoca qualora vengano meno i presupposti applicativi del regime speciale di detenzione o comunque sulla base di una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, così riconoscendo un cor- rispondente diritto del detenuto ad invocare il controllo di un giudice sul mancato esercizio della revoca.

C. FIORIO, La stabilizzazione delle “carceri fortezza”, cit., pp. 413 s., osserva come la dispo

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sizione in esame tenti una sorta di remake delle “carceri fortezza”, cercando di ritornare alle origini dell’art. 41-bis e alle carceri di Asinara e Pianosa.

applicativo, al fine di assicurare maggiore uniformità di trattamento di tutti gli internati sottoposti al 41-bis . 94

In tale ottica, i colloqui personali, dei quali è ora prevista sempre la videoregistrazione, venivano diminuiti da non più di due al mese a uno solo, e i colloqui telefonici sono fruibili solo se non sono stati effettuati colloqui person- ali. Per quanto riguarda, invece, i colloqui con i difensori, il legislatore intro- duceva notevoli restrizioni, che hanno fatto sorgere rilevanti dubbi di costi- tuzionalità (cfr. infra, par. 2.3). In particolare, il detenuto non può ora avere con questi più di tre colloqui o tre telefonate alla settimana, della stessa durata di quelli previsti con i familiari, senza aver previsto alcun coefficiente di flessibil- ità idoneo a calibrare la misura alle effettive esigenze difensive del detenuto.

Al comma 2-quater, lett. f), veniva, poi, aggiunta la previsione circa la possibile adozione di «tutte le necessarie misure di sicurezza, anche attraverso accorgimenti di natura logistica sui locali di detenzione, volte a garantire che sia assicurata l’assoluta impossibilità di comunicare tra detenuti appartenenti a diversi gruppi di socialità, scambiare oggetti e cuocere cibi». Considerata la genericità della disposizione, si ritiene che essa vada riferita, preferibilmente, solo alla previsione di misure di ordine logistico e organizzativo delle strutture penitenziarie e non, invece, a misure che incidano sulle regole del trattamento penitenziario . 95

In tema di reclamo, il c.d. Pacchetto Sicurezza è intervenuto pure sul comma 2-quinquies, da un lato, allungando il termine per proporre impug- nazione avverso il provvedimento impositivo da dieci a venti giorni; dall’altro,

A. DELLA BELLA, Il regime detentivo speciale, cit., p. 458. S. ARDITA, La riforma del 41-bis alla

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prova dei fatti, in Cass. pen., 2004, p. 728, ricordano che l’uniformità del trattamento, oltre ad essere utile sul piano della gestione pratica della misura, è anche coerente con lo scopo detentivo del regime speciale, dal momento che una sua applicazione differenziata, potrebbe aprire varchi nel sistema, concedendo maggiori occasioni di contatto con l’esterno.

A. DELLA BELLA, Il regime detentivo speciale, cit., p. 458.

affidando al Tribunale di Sorveglianza di Roma la competenza a decidere su tali reclami . 96

Al comma 2-sexies venivano ristretti i poteri del giudice competente per il reclamo, il quale potrà ora valutare esclusivamente «la sussistenza dei pre- supposti per l’adozione del provvedimento», senza potere più sindacare la con- gruità del contenuto. Non sarà, dunque, più possibile disapplicare o modificare singole prescrizioni del decreto considerate incongrue . In caso di accoglimen97 - to del reclamo, il ministro, per disporre un nuovo provvedimento, sarà tenuto ad evidenziare elementi nuovi o non valutati in precedenza . 98

Con l’introduzione, infine, del comma 2-septies, si prescriveva l’appli- cazione dell’istituto della partecipazione a distanza alle udienze per il detenuto o internato sottoposto al regime detentivo speciale in occasione delle udienze del procedimento di reclamo.

E’ evidente il giro di vite operato dal legislatore, e ciò senza considerare che i detenuti sottoposti al regime detentivo speciale vengono sottoposti a ulte- riori restrizioni — adottate con discrezionalità — del Dipartimento dell’Am- ministrazione Penitenziaria. Limitazioni, queste, spesso riguardanti aspetti di carattere minimale della vita quotidiana, ma che, se viste nell’ottica di un soggetto sottoposto a isolamento nella propria cella blindata, possono ben rapp- resentare prevaricazioni alla corretta esplicazione della personalità e dignità del detenuto, se solo si consideri che la lettura di un giornale o di corrispondenza

Ibidem, p. 459, espone come tale modifica del criterio del locus custodiae sia stata giustificata

96

politicamente dall’esigenza di assicurare una giurisprudenza uniforme in materia di applicazione e revoca del 41-bis. L’A. sostiene, però, che, a volere così giustificare la riforma, si rischierebbe di incorrere in possibili profili di illegittimità costituzionale. Se, invece, si guarda la modifica nell’ot- tica della progressiva centralizzazione delle competenze in materia (il potere di applicazione e proroga del regime è, infatti, centralizzato nelle mani del Ministro dell’Interno), e di progressiva specializzazione dei giudice, sembra potersi trovare una legittimazione idonea a ricondurre tale novità entro gli argini costituzionali. Cfr., altresì, C. FIORIO, La stabilizzazione delle “carceri

fortezza”, cit., pp. 416 s.

A. DELLA BELLA, Il regime detentivo speciale, cit., p. 464; C. FIORIO, La stabilizzazione delle

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“carceri fortezza”, cit., p. 419.

A. BERNASCONI, L’emergenza diviene norma: un ambìto e discutibile traguardo per il regime ex

98

art. 41-bis comma 2 ord. penit., in Il processo penale tra politiche della sicurezza e nuovi garan- tismi, a cura di G. DI CHIARA, Torino, 2003, p. 313, identifica tale novità con una sorta di ne bis in idem del regime di rigore, per effetto del quale l’onere motivazionale del nuovo decreto applicati- vo dovrà evidenziare elementi nuovi, in quanto sopravvenuti alla decisione adottata in sede di reclamo, ovvero dati non valutati e, quindi, pretermessi.

(che potrebbe essere censurata), o l’utilizzo di un tipo di vestiario invece di un altro (passibile di divieto), o la semplice cottura di un pasto (che poteva essere vietata, almeno sino alla sentenza della Corte Costituzionale del 12 ottobre 2018, n. 186 con la quale tale divieto è stato dichiarato costituzionalmente ille- gittimo, cfr. infra) possono rappresentare elementi di quotidianità in grado di rallentare il processo di abbrutimento del detenuto.