• Non ci sono risultati.

6. Natura giuridica e inquadramento sistematico della misura

6.2. L’art 41-bis ord pen come misura di prevenzione

In tal senso, A. DELLA BELLA, Il “carcere duro”, cit., p. 373.

186

A. DELLA BELLA, Il “carcere duro”, cit., p. 374.

187

M. RUOTOLO, Diritti dei detenuti e Costituzione, Torino, 2002, p. 65, osserva come l’affer

188 -

mazione secondo cui lo stato di detenzione lascia sopravvivere in capo al detenuto diritti costi- tuzionalmente protetti, e in particolare un “residuo” di libertà personale, non può essere assimilata alla previsione di cui all’art. 13, co. 4, Cost, secondo cui è punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà, dovendosi invece intendere quale norma attributiva di un significato ampio al concetto di libertà personale come libertà della persona non comprimibile nemmeno nello stato di detenzione. Vd. altresì, A. MARTUFI, Diritti dei detenuti e

spazio penitenziario europeo, Napoli, 2015, pp. 32 ss. A. DELLA BELLA, Il “carcere duro”, cit., p. 374

Strettamente connessa alla funzione preventiva è la tesi che qualifica il regime ex art. 41-bis in termini di misura di prevenzione , e ciò sulla base del190 - la valorizzazione della finalità di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica esterna al carcere. La funzione di tipo retributivo viene, invece, notevolmente sminuita e circoscritta, in quanto prevalentemente assorbita dalla sanzione de- tentiva.

In buona sostanza, il 41-bis non risulterebbe finalizzato all’irrogazione di una punizione, funzione già svolta dall’incarcerazione in senso stretto, ma, fondandosi su un giudizio di pericolosità del detenuto, è proiettato alla preven- zione dei reati per il tramite della rescissione di tutti i possibili contatti tra il de- tenuto e l’ambiente esterno . A favore di questa tesi deporrebbero, del resto, 191 una pluralità di indici, tra cui: l’esclusione di qualsivoglia finalità retributiva; l’assenza di un nesso di consequenzialità con un reato presupposto, che rileverebbe, semmai, solo nella fase di attivazione ma non nella fase di ese- cuzione ; l’applicabilità di un regime unitario anche in caso di cumulo di reati. 192

Tale tesi è stata avallata, del resto, anche a livello istituzionale, come emerge, precisamente, nei decreti applicativi dell’istituto, in cui è stato afferma- to espressamente che «Il regime detentivo speciale di cui all’art. 41-bis dell’or- dinamento penitenziario è una misura di prevenzione che ha come scopo quello

S. ARDITA, Il regime detentivo speciale 41-bis, cit. pp.85 ss; S. ROMICE, Brevi note sull’art. 41-

190

bis O.P., cit., pp. 25 ss.

S. ARDITA, Il regime detentivo speciale 41-bis, cit., p. 82, al fine di sostenere la tesi della

191

misura di prevenzione, fa riferimento anche a prassi e interpretazioni giurisprudenziali sulla base della quali si è ritenuto di dover applicare al 41-bis le medesime regole vigenti per le misure di prevenzione, come nel caso dell’esclusione dell’applicabilità del regime speciale alle procedure di estradizione. Secondo, S. ARDITA - M. PAVARINI, Opinioni a confronto, cit., p. 258, la collocazione

del 41-bis tra le misure di prevenzione si spiega con la diffusione dei gravissimi delitti commessi in ambito di criminalità organizzata che ha comportato la necessità del varo di istituti normativi idonei a produrre una risposta anticipata dello Stato direttamente orientata a contrastare la loro concreta operatività, mentre il perseguimento e la ricostruzione dei singoli reati ha continuato ad essere oggetto dell’ordinario processo di cognizione. Sequestro dei beni, regime speciale di deten- zione, gestione delle informazioni provenienti dalle collaborazioni con la giustizia, vanno pertanto considerati strumenti introdotti nell’ambito di una comune strategia, perché costituiscono un sis- tema di interventi di tipo integrato e volto a disarticolare l’operatività delle organizzazioni crimi- nali.

S. ROMICE, Brevi note sull’art. 41-bis O.P., cit., pp. 25 s. S. ARDITA, Lo scioglimento del cumu

192 -

lo e le esigenze della prevenzione, in Cass. pen., 2006, p. 1899, afferma che il 41-bis, al pari delle misure di prevenzione, prende spunto dal reato presupposto, ma la sua funzione è quella di im- pedire la commissione di reati per il futuro.

di evitare — al di fuori dei casi consentiti dalla legge — contatti e comuni- cazioni tra esponenti della criminalità organizzata, detenuti o internati, all’in- terno degli istituti di pena nonché contatti e comunicazioni tra gli esponenti de- tenuti delle varie organizzazioni e quelli ancora operanti all’esterno. Il precetto normativo — come evidente — è funzionale ad impedire la ideazione, pianifi- cazione e commissione di reati da parte dei detenuti e degli internati anche du- rante il periodo di espiazione della pena e della misura di sicurezza» . 193

L’inquadramento giuridico del 41-bis tra le misure di prevenzione sarebbe funzionale, d’altronde, a consentire l’adozione di uno standard proba-

torio corrispondente a quello delle misure in parola, dunque di carattere mera-

mente indiziario . Ciò emergerebbe, tra l’altro, dall’ambigua formulazione 194 della norma che prevede l’applicazione dell’istituto nei confronti dei detenuti o internati per uno dei delitti di cui all’art. 4-bis, c. 1, ord. pen. in relazione ai quali vi siano elementi tali da far presumere l’esistenza di collegamenti con un’associazione criminale . 195

Ulteriore conseguenza, andrebbe ravvisata, poi, nella invariabilità

soggettiva dell’istituto . A differenza delle sanzioni penali che richiedono il 196 calcolo dosimetrico della pena, le norme a contenuto preventivo non si prestano a misurazioni: in quanto volte a precludere il verificarsi di condotte criminose da parte di soggetti ritenuti socialmente pericolosi, un impiego differenziato e graduato presupporrebbe la conoscenza anticipata dell’entità di quei rischi che, invece, si vogliono evitare. Per cui, una volta individuati i presupposti applica- tivi, esse andranno messe in pratica nel modo più uniforme e generalizzato pos- sibile.

Circolare D.A.P. n. 3676/6126 del 2 ottobre 2017, consultabile su www.camerepenali.it. Cfr.

193

anche Circolare D.A.P. n. 3592/6042 del 9 ottobre 2003.

V. MACRÌ, Art. 41-bis co. 2 o.p., Seminario di studi 2-3 luglio 2007 del Consiglio superiore

194

della Magistratura, in www.csm.it.

A. DELLA BELLA, Il “carcere duro”, cit., pp. 380 ss.

195

S. ARDITA, Il regime detentivo speciale 41-bis, cit., pp. 86 s., sostiene che se le misure a carat

196 -

tere preventivo fossero personalizzate con riguardo alle caratteristiche individuali del detenuto, alla sua pericolosità sociale, si finirebbe per utilizzare un parametro non corrispondente alle final- ità dell’istituto, che è quello di limitare le comunicazioni con l’esterno, con effetto ampiamente anticipatorio rispetto alla possibile commissione di reati.

In ciò risiede, infatti, la differenza principale con la funzione retributiva, tipica delle misure sanzionatorie prettamente penali, che richiede, invece, l’esat- ta commisurazione della sanzione al fatto commesso . 197

Tuttavia, anche alla tesi del regime detentivo speciale quale misura di prevenzione sono state avanzate alcune critiche.

Innanzitutto sono state ravvisate marcate differenze nella ratio e nei pre- supposti: se l’art. 41-bis postula condizioni oggettive di emergenza e sicurezza pubbliche, legate all’esigenza del contrasto allo specifico fenomeno mafioso, e altre soggettive, derivanti dall’applicazione di una pena o di una misura coerci- tiva in relazione a reati di particolare allarme sociale; per contro, le misure di prevenzione vengono imposte per fronteggiare il rischio della delinquenza nei confronti di chi sia pericoloso sulla base del mero stile di vita e dei precedenti comportamenti devianti . 198

E’ stato affermato, poi, che la pur eminente funzione preventiva del regime detentivo speciale è tuttavia insufficiente ad inquadrarlo tra le misure di prevenzione. Ciò alla luce delle teorie sulla pena che ravvisano lo scopo del punire non unicamente nella retribuzione, ma anche e preminentemente nella tutela preventiva dei beni giuridici . Ne consegue che la comunanza di scopo 199 tra pena e misura di prevenzione preclude all’interprete di rinvenire in questo aspetto l’argomento principe per il corretto inquadramento dogmatico del regime detentivo speciale . 200

Ulteriore differenza tra “carcere duro” e misure di prevenzione è stata rintracciata sotto il profilo dei contenuti che siffatte misure possono adottare. Il regime detentivo speciale si caratterizza, infatti, come una misura privativa del- la libertà personale, in quanto foriero di una compressione dei diritti del detenu- to ulteriore rispetto a quella che consegue all’applicazione del regime detentivo ordinario. Ciò posto, considerato che gli artt. 5 CEDU e 13 Cost. sanciscono

S. ARDITA, Il regime detentivo speciale 41-bis, cit., p. 87.

197

Cass. pen., Sez. I, 29 marzo 2017, n. 19672, in Pluris.

198

L. MONACO, Prospettive dell’idea dello scopo nella teoria della pena, Napoli, 1984, passim;

199

W. HASSEMER, Perché punire è necessario, Bologna, 2012, passim.

A. DELLA BELLA, Il “carcere duro”, cit., pp. 382.

che la privazione della libertà personale, per essere legittima, deve essere pre- vista dalla legge ed essere riconducibile ad una delle ipotesi indicate dalla dis- posizione convenzionale , non sarebbero ammesse misure restrittive ante 201

delictum, ossia comminate in funzione di prevenzione di un reato, nell’ottica

della mera neutralizzazione della pericolosità sociale, ma solo in quanto con- seguenti alla commissione di un reato . 202

Emerge dunque la differenza tra regime detentivo speciale, misura dal contenuto ben determinato e applicabile solo in conseguenza della commissione di un delitto, e sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, misura di preven- zione che svolge unicamente funzione preventiva e dal contenuto tanto generico da essere stata dichiarata convenzionalmente illegittima da parte della Corte Edu per contrasto con l’art. 2, Protocollo n. 4 alla CEDU, sulla libertà di 203 movimento, a causa della mancata individuazione, da parte della legge medesi- ma e da parte della giurisprudenza costituzionale, delle specifiche tipologie di comportamento da tenere in considerazione al fine di valutare il pericolo che la persona rappresenta per la società.

Anche la Corte di Cassazione, nel recepire alcune di queste consider- azioni critiche, ha negato la riconducibilità del regime carcerario differenziato

Ossia, solamente, le sanzioni penali o le misure cautelari applicate per la commissione di un

201

reato (salve le peculiari ipotesi di cui alle lett. “d” ed “e” dell’art. 5). A. DELLA BELLA, Il “carcere duro”, cit., p. 383.

202

De Tommaso c. Italia, n. 43395/09, Corte Edu 2017 [GC], in www.penalecontemporaneo.it, con

203

nota di F. VIGANÒ, La Corte di Strasburgo assesta un duro colpo alla disciplina italiana delle mis- ure di prevenzione. Cfr. anche A. M. MAUGERI, Misure di prevenzione e fattispecie a pericolosità

generica: la Corte Europea condanna l’Italia per la mancanza di qualità della “legge”, ma una rondine non fa primavera, in Dir. pen. cont., fasc. 3/2017, pp. 15 ss.; R. MAGI, Per uno statuto

unitario dell’apprezzamento della pericolosità sociale. Le misure di prevenzione a metà del gua- do?, in Dir. pen. cont., fasc. 3/2017, pp. 135 ss.

nell’alveo delle misure di prevenzione . La Suprema Corte, pur senza ulteri204 - ormente soffermarsi sulla natura dell’art. 41-bis ord. pen., ha rinvenuto alcune differenze sostanziali tra i due istituti sia in relazione ai presupposti giustifica- tivi, sia in relazione alle funzioni da essi svolte. L’art. 41-bis ord. pen. — a detta della Cassazione — postula la ricorrenza di condizioni oggettive di emergenza e sicurezza pubbliche ed altre soggettive riguardanti il detenuto, derivanti dalla condanna o dalla sottoposizione a misura coercitiva custodiale per reati di parti- colare gravità e motivo di allarme sociale, oltre che la perdurante esistenza e operatività dell’organizzazione cui egli appartiene. Per contro, le misure di pre- venzione vengono imposte per fronteggiare il rischio della commissione di reati nei confronti di chi sia ritenuto pericoloso in dipendenza non necessariamente di condanne o di misure cautelari, ma dello stile di vita. Anche negli effetti — evidenzia ancora la Corte — la sospensione delle regole detentive ordinarie si differenzia dalle misure di prevenzione avendo, le prime, a che vedere con «l’esecuzione della pena nei confronti di quei detenuti che manifestino capacità di mantenere collegamenti con le associazioni di appartenenza e di trasmettere ordini e direttive all’esterno del carcere, e comporta una limitazione dei diritti soggettivi, non già la loro radicale privazione».

Tuttavia, a livello giurisprudenziale non vi è unanimità di vedute sul punto, registrandosi anche opinioni di senso diametralmente opposto. Fre- quentemente la Corte di Cassazione ha riconosciuto, infatti, l’estensibilità dei principi in materia di misure di prevenzione anche al regime carcerario dif- ferenziato, in relazione al giudizio di pericolosità che fonda l’applicazione del

Cass. pen. Sez. I, 24 gennaio 2018, n. 3447, con nota di V. MANCA, La finalità preventiva del

204

41-bis O.P. tra misure di prevenzione e custodia di sicurezza: suggestioni de iure condendo, in Arch. pen., 2018, n. 1, la quale individua specifici punti di contatto con le misure di sicurezza, e ciò grazie ad un raffronto tra normativa interna e fonti sovranazionali. In particolare vengono rin- venuti specifici profili di contatto con la custodia preventiva di sicurezza istituita dal Consiglio d’Europa con Raccomandazione del 14 febbraio 2014. Questa, infatti, andrebbe applicata ai delin- quenti ritenuti pericolosi in quanto già condannati per un reato sessuale grave o per un reato vio- lento di estrema gravità e che presenti una probabilità di recidiva molto elevata e si porrebbe una finalità marcatamente preventiva ed, eventualmente, di reinserimento sociale del condannato. Questo istituto, e le misure di sicurezza in genere, secondo l’A., condividerebbero con l’art. 41-bis ord. pen. la finalità di neutralizzazione della pericolosità sociale, alcuni presupposti applicativi e la durata indeterminata.

regime . Ne conseguirebbe, pertanto, l’individuazione di una funzione essen205 - zialmente preventiva, e non anche retributiva e afflittiva delle misura in ques- tione.

6.3. L’art. 41-bis ord. pen. come misura di sicurezza ovvero come