• Non ci sono risultati.

3. La durata e la disciplina della proroga

3.1. L’onere di motivazione del provvedimento di proroga

La novella del 2009 ha avuto il fine di ristabilire uno specifico dovere motivazionale in capo all’Amministrazione penitenziaria, sicché la reiterazione del regime dovrebbe essere oggi ammessa solo sulla base di valutazioni attuali che consentano di verificare la costante pericolosità sociale del detenuto.

Nondimeno, dovendo essere pur sempre dimostrata una circostanza negativa (ossia il mancato venir meno della capacità di collegamento), sembra permanere una presunzione di persistenza dei collegamenti tra detenuto e orga- nizzazione di provenienza . Infatti, se prima del 2009 sembrava essere config108 -

S. ARDITA, Il regime detentivo speciale 41-bis, cit., p. 115.

107

P. CORVI, Il Trattamento penitenziario, cit., p. 182. Cfr. altresì, A. DELLA BELLA, Il “carcere

108

duro”, cit., p. 278, la quale rileva come siffatta presunzione legislativa sia dotata di un forte sub- strato empirico, considerati i numerosi studi sociologici e la rilevante esperienza giudiziaria, dai quali è emersa la tendenziale resistenza del legame associativo alla condizione detentiva, anche nei casi di lunga durata. Tuttavia, l’A. si preoccupa anche di evidenziare il rischio di scorciatoie proba- torie che siffatta presunzione di pericolosità porta con sé, che potrebbero dar luogo alla automatica reiterazione delle proroghe. S. ARDITA, Il regime detentivo speciale 41-bis, cit., p. 114, evidenzia,

invece, come non si tratti di una presunzione di pericolosità, ma di una semplice presunzione di persistenza dei collegamenti, già valutati in sede di prima applicazione del provvedimento.

urata, ai fini della proroga, una vera e propria inversione dell’onere della prova a danno del detenuto, oggi lo specifico dovere motivazionale fissato in capo all’Amministrazione risulta comunque particolarmente blando . Non si è rius109 - citi, pertanto, a superare quella prassi giurisprudenziale, diffusasi in costanza della vecchia formulazione legislativa, che ammetteva la possibilità di ricolle- gare i presupposti della proroga alla semplice insussistenza di elementi nuovi rispetto a quanto già accertato in fase di prima applicazione . 110

Per scongiurare il rischio di questi pericolosi automatismi, come visto non escluso dalla riforma, è intervenuta la Cassazione la quale ha osservato al riguardo che ogni decreto di proroga debba essere sorretto da autonoma e con- grua motivazione in ordine alla persistenza del pericolo per l’ordine e la si- curezza che il regime speciale mira a prevenire, non potendosi consentire che la norma autorizzi semplici e immotivate proroghe del regime differenziato, ovvero motivazioni inidonee a giustificare in termini di concretezza e attualità le misure disposte. La proroga non potrà dunque essere motivata unicamente in base agli stessi presupposti che legittimarono l’originaria imposizione del regime, ma si dovrà fondare, piuttosto su elementi concreti denotanti la persis- tenza della capacità del detenuto di mantenere i contatti con il sodalizio di ap- partenenza . 111

Inoltre, è stato osservato come le Autorità competenti, in sede di istrut- toria, debbano fornire dati attendibili e realmente significativi sulla attuale ca- pacità del detenuto di mantenere contatti con l’organizzazione di riferimento, e non informazioni, magari risalenti nel tempo, che si limitino a riprodurre la “bi- ografia delinquenziale e giudiziaria” del detenuto, senza alcun riferimento ad altre apprezzabili e concrete circostanze idonee a provare la cessazione dei con-

L. CESARIS, Sub art. 41-bis o.p., cit., p. 471.

109

Cfr. Trib. sorv. Milano, 7 ottobre 2004, in Foro ambr., 2004, p. 514; Trib. sorv. Milano, 12 no

110 -

vembre 2004, ivi, 2004, p. 515; Trib. sorv. Napoli, 14marzo 2003, in Dir. giust., p. 89. Nella giurisprudenza di legittimità, cfr. Cass. pen. Sez. I, 14 novembre 2003, n. 449, in Giur. it., 2005, p. 139.

Cass. pen. Sez. I, 2 febbraio 2009, n. 4429, in Pluris; Cass. pen. Sez. I, 26 ottobre 2006, n.

111

35901, in Pluris; Cass. pen. Sez. I, 26 gennaio 2004, n. 4599, in Foro it., 2004, 2, p. 129; Cass. pen. Sez. I, 24 febbraio 2004, n. 8057, in Pluris.

tatti con l’associazione . Il rischio, dunque, è quello di svincolare il giudizio 112 dalla attuale e persistente capacità del soggetto di mantenere inalterata la pro- pria influenza sul gruppo, e di desumere la giustificazione della proroga dalla pericolosità sociale già precedentemente accertata.

La novella del 2009 ha provveduto ad esplicitare, inoltre, gli indici rive- latori della capacità di collegamento del detenuto, indici che dovrebbero servire ad ancorare il giudizio del Ministro a dati empirici, analitici e soggettivamente rilevanti . Gran parte di questi sintomi di pericolosità erano stati già individ113 - uati in via giurisprudenziale , sicché va apprezzata la decisione del legislatore 114 di recepire indicazioni siffatte e costituire, così, un apposito catalogo.

Il co. 2-bis, pertanto, vincola il Ministro a tener conto, ai fini della pro- roga, (anche) del profilo criminale e della posizione rivestita dal soggetto in seno all’associazione, della perdurante operatività del sodalizio criminale, della sopravvenienza di nuove incriminazioni non precedentemente valutate, degli esiti del trattamento penitenziario e del tenore di vita dei familiari del sottopos- to.

Si tratta di un elenco non tassativo, i cui indici non devono necessaria- mente sussistere tutti contemporaneamente per ritenere integrati i presupposti di reiterazione, sempre che i profili sussistenti non siano contraddetti da altri ele- menti di segno contrario . 115

E’ chiaro che il profilo criminale del detenuto e il ruolo da questi rivesti- to, sebbene siano circostanze già valutate in sede di prima applicazione, contin-

Cass. pen. Sez. I, 27 gennaio 2016, n. 16019, in Pluris; Cass. pen. Sez. I, 30 marzo 2006, n.

112

15283, in Riv. pen., 2007, p. 683; Cass. pen. Sez. I, 22 dicembre 2004, n. 3947, in Riv. pen., 2006, p. 241; Cass. pen. Sez. I, 22 dicembre 2004, n. 3947, in Guida dir., 2005, 2, p. 64.

S. ARDITA, Il regime detentivo speciale 41-bis, cit., p. 116.

113

Cfr., Cass. pen. Sez. I, 16 gennaio 2007, n. 15904, in Pluris; Cass. pen. Sez. I, 15 novembre

114

2005, n. 43450, in Riv. Pen., 2006, p. 1356; Cass. pen. Sez. I, 28 settembre 2005, n. 39760, in Pluris; Cass. pen. Sez. I, 5 dicembre 2005, n. 44377, in Pluris.

Cass. pen. Sez. V, 30 maggio 2012, n. 40673, in Pluris; Cass. pen. Sez. I, 3 marzo 2006, n.

115

14551, Rv. 233944, ove la Suprema Corte ha precisato, altresì, come ai fini della valutazione degli indici di pericolosità, il Tribunale di sorveglianza potrà utilizzare anche le massime di esperienza, quali la impossibilità, per i capi, di recesso dalla organizzazione mafiosa al di fuori della dissoci- azione, in relazione alla persistenza tendenzialmente a vita del vincolo mafioso, la incidenza del tempo trascorso rispetto al ruolo di semplice associato e fiancheggiatore ecc., e pure elementi che traggono origine dal passato qualora persista la loro attualità.

uino a rivestire una certa importanza anche ai fini della proroga , atteso che 116 quanto più in alto si collocava l’interessato nella gerarchia del gruppo crimi- nale, tanto più elevata sarà la sua capacità di mantenere intatto un canale di col- legamento nonostante lunghi periodi di reclusione al 41-bis.

Con riferimento, invece, alla perdurante operatività del sodalizio crimi- nale, se da un lato è evidente che qualora il gruppo sia venuto meno, vengono meno anche i possibili contatti del detenuto, d’altro canto non deve farsi dis- cendere una presunzione di segno contrario dalla persistente vigenza della con- sorteria. La giurisprudenza ha osservato sul punto, infatti, che qualora il giudizio di pericolosità sociale sia stato desunto unicamente dalla perdurante operatività del sodalizio e dal ruolo verticistico già occupato dal soggetto in seno ad esso, ciò equivarrebbe ad affermare che sino allo smantellamento del- l’associazione ovvero sino all’avvio di una sua fattiva collaborazione con la giustizia, il regime differenziato in esame potrà essere legittimamente proroga- to . Sicché questo profilo andrà necessariamente valutato alla luce degli altri 117 indici, e soprattutto di quelli che riguardano la condotta attuale del detenuto.

Tra l’altro, risulterà opportuno fare riferimento non all’intera organiz- zazione nel suo complesso, ma alla struttura territoriale o al segmento organiz- zativo cui il detenuto apparteneva, pena il rischio di desumere il pericolo da un elemento che niente ha a che vedere con l’interessato e con i suoi potenziali contatti . 118

Addirittura, secondo, S. ARDITA, I presupposti della proroga, cit., p. 3405, rispetto alla valu

116 -

tazione di merito sulla rilevanza del ruolo rivestito all’interno della consorteria e sulla situazione di pericolosità generata dalla capacità di un soggetto di influenzare le condotte criminose in ambiente extrapenitenziario, non sarebbe più sindacabile quanto già eventualmente deciso nella pronuncia del Tribunale di sorveglianza sul reclamo avverso il provvedimento di prima applicazione. Il giudizio sulle questioni di merito, una volta esaurita la serie dei rimedi processuali, acquisterebbe in ordine a quei presupposti l’effetto di cosa giudicata. Tale giudicato, nel caso di conferma del provvedimento ministeriale, focalizzerebbe dunque una situazione, in fatto e in diritto, che è quella descritta negli argomenti posti a sostegno del primo decreto, e manterrebbe vigore fintanto che non venga a mutare il quadro di elementi presupposti.

Cass. pen. Sez. I, 2 febbraio 2009, n. 4428, Rv. 242797; Cass. pen. Sez. I, 26 ottobre 2006, n.

117

35901, in Pluris, secondo le quali in tal modo la proroga viene a essere giustificata unicamente in base agli stessi presupposti che legittimarono l’originaria imposizione del regime piuttosto che sulla scorta di concreti elementi denotanti la persistenza della capacità del detenuto di mantenere i contatti con il sodalizio di appartenenza.

P. CORVI, Il Trattamento penitenziario, cit., p. 186.

Il richiamo al tenore di vita dei familiari si spiega, invece, con la possi- bilità di desumere la persistente capacità di collegamento del detenuto e soprat- tutto di influenzare la consorteria di provenienza dalla constatazione che la sua famiglia continui a ricevere da questa mezzi di sostentamento. E’ evidente che non sarà sufficiente valutare in astratto lo stile di vita, ma sarà necessario raf- frontarlo con le entrate lecite, e valutarne la eventuale proporzione . 119

Riguardo, infine, alla sopravvenienza di nuove incriminazioni, se da un lato queste possono confermare o addirittura aggravare il giudizio di peri- colosità del detenuto, d’altro canto si dovrà verificare che si tratti di fatti non troppo risalenti nel tempo e in qualche modo connessi al contesto della crimi- nalità organizzata, pena il rischio di tener conto solo del profilo e della storia criminale del detenuto, elementi che rivestono un ruolo determinante soprattutto rispetto al passato ma non necessariamente rispetto al presente.

Quanto alle ipotesi di frequente reiterazione del regime detentivo spe- ciale, la riforma del 2009 ha previsto espressamente che il mero decorso del tempo non costituisce, di per sé, elemento sufficiente per escludere la capacità di mantenere i collegamenti con l’associazione o dimostrare il venir meno del- l’operatività della stessa . Il fondamento di questa previsione legislativa va 120 rintracciato nel riconoscimento che lo stato di detenzione anche per lunghi peri- odi di tempo non è di per sé idoneo a recidere il vincolo mafioso, normalmente

Ibidem, p. 186.

119

Anche questo profilo è stato ripreso dal legislatore da una sistematica interpretazione giurispru

120 -

denziale. Cfr., Cass. pen. Sez. I, 16 febbraio 2004, n. 6185, in Pluris; Cass. pen. Sez. I, 4 marzo 2004, n. 19894 , in Riv. pen., 2005, p. 229; Cass. pen. Sez. I, 28 gennaio 2005, n. 2900, in Pluris; Cass. pen. Sez. I, 27 settembre 2007, n. 37346, Rv. 237510; Cass. pen. Sez. I, 3 febbraio 2009, n. 14822, Rv. 243736; Cass. pen. Sez. V, 25 gennaio 2012, n. 18054, Rv. 253759; Cass. pen. Sez. I, 19 luglio 2019, n. 32337, in Pluris.

instaurato a vita e che i periodi di reclusione — come già riferito — sono soli- tamente accettati dai sodali come prevedibili eventualità . 121

Ciononostante, non può negarsi come il passare del tempo faccia co- munque scemare la verosimiglianza di persistenza della capacità di collegamen- to , non potendosi realmente ritenere che, dopo periodi anche lunghissimi di 122 detenzione in regime speciale, il detenuto sarebbe in grado di riprendere i con- tatti con la propria organizzazione sic et simpliciter, qualora venisse ricondotto al regime ordinario.

E’ opportuno, pertanto, che nei casi di frequente reiterazione del 41-bis, la verifica di permanenza dei presupposti vada fatta con crescente rigore . 123