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La formulazione originaria dell’art. 41-bis si limitava a prevedere la possibilità per il Ministro della Giustizia di sospendere le ordinarie regole di trattamento e gli istituti dell’ordinamento penitenziario nei confronti di detenuti imputati o condannati per reati ex art. 4-bis, qualora ricorressero gravi motivi di ordine e sicurezza.

Questa formulazione così stringata, come visto, aveva suscitato rilevanti dubbi interpretativi. Non era chiaro quali fossero i presupposti di applicazione del regime speciale vista la loro descrizione forse troppo sintetica, né era chiaro quale fosse l’estensione della potestà dell’amministrazione penitenziaria di derogare alle ordinarie regole trattamentali, potere considerato eccessivamente generico e idoneo a ledere i principi di legalità, difesa, libertà personale e la stessa funzione rieducativa della pena . Non vi era chiarezza, quantomeno 150 fino alla riforma del 2002, circa la tipizzazione dei reati cui poteva essere appli- cata la misura derogatoria . In origine, il riferimento era infatti esteso all’art. 151 4-bis genericamente inteso. Come noto, però, siffatta disposizione si compone di più commi, ciascuno dei quali prevede una diversa graduazione del divieto di concessione dei benefici penitenziari a seconda dello specifico reato commesso.

Corte Cost., 19 ottobre 2018, n. 186, cit., p. 197.

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S. ARDITA, Problematiche di prevenzione, cit., p. 40.

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Ibidem, p. 40.

Il trattamento più severo è evidentemente riservato ai detenuti per i delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento democrati- co, e per quelli di criminalità organizzata, indicati al primo comma, e così doveva essere loro riservato anche l’applicazione del regime penitenziario dif- ferenziato. Tuttavia, il richiamo all’intera fattispecie avrebbe consentito, se non grazie ad un’interpretazione restrittiva che tenesse conto degli scopi della nor- ma, l’applicazione della fattispecie, ad esempio, anche agli autori di reati di cessione di materiale pedo-pornografico, che niente hanno a che vedere con la finalità della misura.

Le riforme attuate dal legislatore hanno così avuto effetti positivi sulla formulazione dell’art. 41-bis, tra cui vanno evidenziati: a) il recepimento nor- mativo delle pronunce della Corte Costituzionale circa i limiti “interni” ed “es- terni” di applicazione dell’istituto; b) la definizione specifica del contenuto del regime derogatorio ; c) l’affermazione della tutela giurisdizionale avverso i 152 provvedimenti impositivi unitamente alla specificazione dell’autorità giudiziaria competente, all’individuazione dell’estensione di tale vaglio e alla disciplina del relativo procedimento; d) la progressiva precisazione dei termini di durata del decreto impositivo e dei singoli provvedimenti di proroga.

L’attuale formulazione dell’art. 41-bis ord. pen. si compone di otto commi, frutto dei numerosi interventi legislativi determinati dall’esigenza di plasmare il regime penitenziario speciale in base alle esigenze ora di risposta alla recrudescenza del fenomeno mafioso, ora di adattamento al sistema giuridi- co-penitenziario.

Il primo comma è rimasto sostanzialmente invariato dal ’75 ad oggi, e prevede, conformemente a quanto stabilito illo tempore dall’art. 90, il potere del Ministro di Giustizia di sospendere l’applicazione delle normali regole di trat-

S. ARDITA, Problematiche di prevenzione, cit., p. 41, evidenzia come la definizione di concreti

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contenuti del regime, per troppo tempo rimessa “in bianco” all’amministrazione penitenziaria, sia avvenuto in certi casi dettagliando eccessivamente alcune misure restrittive, fino a disciplinare attività che secondo l’A. sarebbe stato opportuno rimettere ad atti amministrativi di secondo grado. In altri casi, invece, ciò sarebbe avvenuto lasciando clausole aperte, quale quella di cui alla lett. a) del comma 2-quater che consente di adottare non meglio precisate misure di elevate sicurezza in- terna ed esterna, con il rischio di rendere vano il senso della tipizzazione delle misure.

tamento dei detenuti e degli internati in casi di eccezionali emergenze a carat- tere intramurario.

Il secondo comma, introdotto, come visto, dal Decreto Martelli-Scotti, sancisce la possibilità di sospendere analogamente, in tutto o in parte, le regole ordinarie del trattamento penitenziario nei confronti dei detenuti per uno dei delitti di cui all’art. 4-bis, co. 1, ord. pen., o di un delitto commesso al fine di agevolare associazioni di tipo mafioso, laddove vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con un’associazione criminale, terroristi- ca o eversiva, e proprio al fine di impedire detti legami.

E’ previsto, altresì, che in caso di unificazione di pene concorrenti (o di concorrenza di più titoli custodiali), la sospensione può essere disposta anche se è stata espiata la parte di pena relativa ai delitti indicati dall’art. 4-bis. Come visto, questa previsione è stata oggetto di dibattito , dal momento che, a chi 153 sosteneva che la previsione consentisse al dato soggettivo dell’essere stato con- dannato o internato anche per un certo tipo di delitti di prevalere sul fatto ogget- tivo di essere in attuale espiazione di una pena per un delitto diverso (con con- seguente rischio di valorizzazione del “tipo d’autore” ), si contrapponevano 154 coloro che, viceversa, intravedevano nella previsione legislativa irrinunciabili esigenze di prevezione dei delitti e dei collegamenti con le associazioni di orig- ine . 155

Il co. 2-bis, originariamente introdotto dalla l. 7 gennaio 1998 n. 11 che aveva previsto il potere di impugnazione del provvedimento, disciplina oggi il procedimento applicativo dell’istituto. Il provvedimento viene emesso dal Min-

Vedi note nn. 82, 83, 84.

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M. CANEPA - S. MERLO, Manuale di diritto penitenziario, cit., p. 209. G. MANNOZZI, Sub art

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41-bis, L. 26 luglio 1975, n. 354, cit., p.1946, ricollegano il rischio di configurare il problema del tipo d’autore in relazione, piuttosto, all’indeterminatezza dei presupposti applicativi dell’art. 41- bis. La soluzione prospettata, al fine di scongiurare pericolo siffatto, è quella di ancorare sempre il ricorso alla misura sospensiva alla sussistenza di un effettivo rapporto tra la popolazione carceraria che ne è destinataria e lo stato di allarme sociale: dovrà accertarsi, dunque, che il problema di or- dine e sicurezza pubblica derivi dall’esistenza di rapporti attuali tra i destinatari della misura e le organizzazioni criminali che hanno fatto sorgere la situazione di emergenza. Nello stesso senso, R. DEL COCO, La sicurezza e la disciplina penitenziaria, in Manuale della esecuzione penitenziaria, a

cura di P. CORSO, Milano, 2013, p. 165.

S. ARDITA, Problematiche di prevenzione, cit., p. 30.

istro della giustizia su proposta del Ministro dell’interno, sentito l’ufficio del P.M. che procede e acquisita ogni necessaria informazione presso la Direzione nazionale antimafia , gli organi di polizia centrali e quelli specializzati nel156 - l’azione di contrasto alla criminalità organizzata, terroristica o eversiva.

Si stabilisce la durata del provvedimento in anni quattro, prorogabili nelle stesse forme per periodi successivi, ciascuno di due anni laddove si riten- ga persistente la capacità del detenuto di mantenere collegamenti con l’associ- azione di riferimento. Si tiene conto, altresì, del profilo criminale dell’internato, e dalla posizione rivestita nel gruppo, della perdurante operatività del sodalizio criminale, della sopravvenienza di nuove incriminazioni, degli esiti del tratta- mento penitenziario nonché, infine, del tenore di vita dei familiari.

Il co. 2-ter, che attribuiva un potere di revoca anche d’ufficio al Min- istro della giustizia qualora fosse risultato il venir meno delle condizioni che avevano determinato l’adozione o la proroga del provvedimento, è stato abroga- to dall’art. 2, comma 25, lett. e), L. 15 luglio 2009, n. 94. Nonostante il comma in oggetto fosse ispirato da evidenti ragioni di giustizia sostanziale, che avevano indotto a responsabilizzare lo stesso organo preposto all’applicazione della misura alla costante valutazione della corrispondenza tra presupposti applicativi e attuali esigenze di sicurezza, è evidentemente prevalsa la finalità repressiva e di rafforzamento della funzione custodialistica della norma. Ciononostante, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto di reintrodurre in via interpretativa il potere di revoca ufficiosa, individuando un corrispondente diritto del detenuto ad invocare il controllo giudiziale in caso di mancato esercizio di tale revoca . 157

Il comma 2-quater prevede la sistemazione dei detenuti in istituti a loro dedicati, collocati prevalentemente in aree insulari, o comunque in sezioni spe-

Ibidem, p. 43, ove l’A. auspicava un maggiore coinvolgimento delle Direzioni Distrettuali An

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timafia e la Direzione Nazionale Antimafia nella fase di iniziativa. L’attuale disciplina consente al Ministro della Giustizia, infatti, solo di “sentire” questi organismi prima dell’emanazione del de- creto applicativo, senza però prevedere un potere di iniziativa autonomo di queste né imporre le opportune sinergie tra soggetti istituzionalmente volti allo svolgimento di attività di contrasto alla criminalità organizzata di stampo mafioso e l’esecutivo.

Cass. pen. Sez. I, 25 febbraio 2011, n. 18021, in Pluris; Cass. pen. Sez. I, 9 novembre 2012, n.

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ciali e separate dal resto dell’istituto. Viene poi specificato l’eterogeneo con- tenuto dei possibili provvedimenti sospensivi delle ordinarie regole trattamen- tali: dall’adozione di misure di elevata sicurezza interna ed esterna, al fine di prevenire contatti con l’organizzazione di appartenenza, alla limitazione dei colloqui in uno al mese e solo con i familiari; dalla limitazione delle somme e dei beni che possono riceversi dall’esterno, alla sottoposizione a visto di cen- sura della corrispondenza, e così via.

I commi da 2-quater.1 a 2-quater.3 individuano le figure dei Garanti dei diritti dei detenuti, attribuendo loro specifici diritti di visita e di colloquio.

Il comma 2-quinquies prevede, infine, il principio della reclamabilità dei provvedimenti impositivi del regime differenziato o di proroga, il cui procedi- mento è disciplinato nei successivi commi 2-sexies e 2-septies.

L’art. 41-bis è dunque il frutto di successive stratificazioni, legislative e giurisprudenziali, determinate dal progressivo studio delle migliori pratiche di contrasto al crimine organizzato e dalla costante verifica della loro legittimità costituzionale. Da risposta emergenziale, essendosi compresa la natura tenden- zialmente immanente al sistema del fenomeno mafioso, l’art. 41-bis è divenuto stabilmente presente nel nostro ordinamento, quale risposta ordinaria a reati di straordinaria gravità.