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Le possibili soluzioni alla collocazione sistematica dell’art 41-bis

6. Natura giuridica e inquadramento sistematico della misura

6.5. Le possibili soluzioni alla collocazione sistematica dell’art 41-bis

bis.

Tra le tesi esposte, le più aderenti alla ratio e alle funzioni dell’istituto sembrano quelle che collocano il 41-bis tra le misure di prevenzione, ovvero tra le pene accessorie. La prima ha il pregio, infatti, di accentuare il carattere pre- ventivo della misura rispetto alla commissione di reati da dentro il circuito pen- itenziario; la seconda mette in evidenza, invece, il surplus di afflittività che viene imposto con l’applicazione del “carcere duro”.

Delle due, quella che risulta più convincente risulta quella del 41-bis quale misura di prevenzione. E’ opportuno, dunque, provare a superare le critic- ità riscontrate dalla dottrina al riguardo.

Le principali obiezioni sono fondate sul presupposto che la maggiore afflittività del regime detentivo speciale imponga la sua riconducibilità alle sanzioni penali . A ben vedere, tuttavia, anche le misure di prevenzione por219 - tano con sé un rilevante carico sanzionatorio, data soprattutto la sensibile re- strizione di rilevanti libertà fondamentali che consegue alla loro applicazione. Si pensi, a titolo esemplificativo, alla misura della sorveglianza speciale di pub- blica sicurezza ex art. 6, D. Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, il cui contenuto è de- lineato dagli obblighi sanciti dalla c.d. carta precettiva che, per quanto generici, impongono pur sempre sostanziali limitazioni alla libertà personale, di movi- mento e all’estrinsecazione della propria personalità individuale al dichiarato fine di assicurare la vigilanza del soggetto e di prevenire la commissione dei reati (si pensi, ad esempio, al divieto di allontanarsi dalla dimora senza 220

A. DELLA BELLA, Il “carcere duro”, cit., p. 382.

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F. MENDITTO, Le misure di prevenzione personali e patrimoniali, Milano, 2012, p. 109.

preavviso all’autorità locale di p.s.; al divieto di rincasare la sera più tardi e us- cire la mattina prima di una determinata ora; all’obbligo o al divieto di sog- giorno; al divieto di partecipazione a pubbliche riunioni; al divieto di allon- tanamento dalla propria dimora senza il preventivo avviso all’autorità di pub- blica sicurezza locale).

A conferma dell’argomento che riconosce anche alle misure di preven- zione una componente afflittiva, si considerino altresì le ipotesi di sequestro e confisca di prevenzione che, determinando la definitiva ablazione della res dal patrimonio del proposto, presentano un’accentuata funzione sanzionatoria . 221

Si è sostenuto, poi, che il 41-bis costituisca una misura privativa della libertà personale, in quanto tale subordinata al rispetto dei limiti e presupposti sanciti dall’art. 5 CEDU e 13 Cost , laddove invece, le misure di prevenzione, 222 in quanto misure ante delictum, sono applicabili al di fuori delle garanzie ivi enucleate. In realtà, va osservato che la privazione della libertà personale non consegue all’applicazione del regime detentivo speciale, quanto alla sentenza di condanna e alla conseguente sottoposizione del reo ad una sanzione di tipo de- tentivo . Il 41-bis, infatti, nell’ambito di una libertà già fortemente compro223 - messa, opera in un momento successivo: una volta limitata la libertà personale del soggetto, verificata la riconducibilità ad uno dei reati ostativi di cui dall’art. 4-bis, e accertata la sua “capacità di collegamento” con il gruppo criminale di provenienza , la norma in esame autorizza la sospensione di alcune regole 224 connaturate alla detenzione ordinaria al fine di precludere forme di collegamen- to con gli ambienti esterni, per così prevenire, appunto, la commissione di ulte- riori reati “pilotati” dall’interno del carcere. E’ vero che al regime detentivo

Sulla natura sanzionatoria della confisca di prevenzione e sulla possibilità di qualificarla più

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opportunamente quale una “pena mascherata”, F. VIGANÒ, Riflessioni sullo statuto costituzionale e

convenzionale della confisca “di prevenzione” nell’ordinamento italiano, in La pena, ancora fra attualità e tradizione, a cura di C. E. PALIERO - F. VIGANÒ - F. BASILE - G. L. GATTA, Milano,

2018, pp. 892 ss.

A. DELLA BELLA, Il “carcere duro”, cit., p. 382.

222

Cfr. Cass. pen. Sez. III, 13 febbraio 2008, n. 13603, Rv. 239684, in cui la Suprema Corte, in

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tema di riparazione per ingiusta detenzione, ha affermato espressamente che il 41-bis ord. pen., quanto a limitazione della libertà personale, non si differenzia in materia sostanziale dalla custodia carceraria normale.

Sul punto, cfr. Cap. II, par. 1.4.

speciale segue una componente afflittiva ulteriore rispetto al regime ordinario, tuttavia tale aggravamento va ricondotto alle peculiari esigenze di prevenzione ad esso connaturate, che impongono inevitabilmente di modificare in senso peggiorativo l’esecuzione penitenziaria così da evitare la sua possibile manipo- lazione e strumentalizzazione a scopi criminosi.

La natura ante delictum o praeter delictum delle misure di prevenzione non è incompatibile, poi, con la necessaria connessione del 41-bis ad un titolo di reato specifico. Da un lato, infatti, il giudizio di pericolosità sociale del pro- posto può desumersi non solo da semplici indizi di traffici delittuosi, ma anche dalla presenza di eventuali sentenze di condanna, che anzi semplificano grandemente l’onere probatorio della Pubblica Accusa. Dall’altro, il legame tra regime detentivo speciale e fatto di reato non è più assoluto, ma è stato allentato per effetto della previsione del divieto di scioglimento dei cumuli di pena o di diversi titoli di reato, che consente di applicare il 41-bis anche laddove sia stata scontata quella parte di pena relativa ad uno dei delitti ostativi di cui al 4-bis e che costituiscono il presupposto soggettivo di applicazione dell’istituto . 225

Se l’istituto va ricondotto, allora, nell’ambito delle misure di preven- zione, si deve provare a superare quel diverso orientamento che lo aveva quali- ficato in termini di pena accessoria.

L’argomento principe che aveva indotto a far rientrare il regime carcer- ario tra le sanzioni penali in senso stretto è rappresentato dalla considerazione che ad esso segue una componente afflittiva ulteriore che non è ravvisabile nelle misure di prevenzione e che può conseguire solo ad una pena.

In realtà, il semplice fatto che il 41-bis sia causa di un aggravamento della detenzione ordinaria non è motivazione sufficiente per affermarne la natu- ra di sanzione autonoma, men che meno di pena accessoria. Le pene accessorie, infatti, costituiscono sanzioni che seguono la condanna penale ma che da essa si distinguono perché dirette a precludere che lo svolgimento di determinate attiv-

A. DELLA BELLA, Il “carcere duro”, cit., p. 223, nonostante sostenga la tesi del 41-bis ord. pen.

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quale pena accessoria, riconosce come il divieto di scioglimento de cumuli costituisca argomento a favore della tesi della misura di prevenzione.

ità o il possesso di determinati status, possa in qualche modo consentire al reo di trovarsi in situazioni per lui criminogene . L’art. 41-bis, pur essendo volto 226 anch’esso ad allontanare il detenuto da situazioni criminogene, non si distingue dalla pena detentiva ma si identifica con la stessa, pur modificandone i conno- tati in senso peggiorativo. In altre parole, laddove nel caso di applicazione di una pena accessoria sono individuabili due distinte sanzioni, nel caso di specie vi è un’unica sanzione, quella detentiva (pur caratterizzata da peculiari re- strizioni). Tale identità, lungi dal ricondurre l’istituto ad una mera modalità es- ecutiva della pena in funzione delle preminenti esigenze preventive ad esso connesse, non consentirebbe di intravedere nel 41-bis quella componente di ac- cessorietà necessaria per essere ricondotto tra le ipotesi di cui all’art. 19 c.p.

Tra l’altro, si osservi come l’applicabilità di una misura unitaria anche in caso di cumulo di reati è elemento compatibile con la natura di misura di pre- venzione — ove il collegamento con il fatto è più sfumato —, mentre risulta poco coerente con la natura di pena, nel qual caso dovrebbero esservi tante sanzioni quanti sono i reati commessi (o un’unica sanzione in virtù del cumulo materiale o giuridico delle pene) . 227

La natura giuridica di pena accessoria sembrerebbe incompatibile, poi, con l’applicabilità del regime detentivo speciale anche agli imputati. I sosteni- tori di questa tesi non rinvengono in questa circostanza un argomento di sfa- vore, dal momento che esisterebbero misure cautelari dal contenuto analogo . 228 In realtà, proprio il riferimento alle misure cautelari contraddice la tesi in ogget-

E. SCORZA, Sub art. 19 c.p., in Codice penale, a cura di T. PADOVANI, Milano, 2019, p. 138,

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evidenzia come, sebbene alle pene accessorie sia stata spesso ricondotta una funzione special-pre- ventiva, connessa proprio alla finalità di allontanare il reo da contesti per lui criminogeni, non mancano opinioni dottrinarie che, viceversa, vi ricollegano una funzione general-preveniva.

La commissione di un reato tra quelli elencati nell’art. 4-bis, co. 1, ord. pen., è infatti mero pre

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supposto soggettivo della misura, dovendo essere accertata la ulteriore capacità di collegamento del destinatario con l’organizzazione di origine. L’esistenza di un collegamento più sfumato rispet- to al titolo di reato presupposto è dimostrato, altresì, dalla previsione relativa al divieto di sciogli- mento dei cumuli, che consente di applicare (o continuare ad applicare) l’istituto anche nel caso in cui sia stata scontata la parte di pena relativa ai delitti ostativi. Ne consegue che il 41-bis ord. pen., a differenza di una sanzione penale in senso stretto, anche sub specie di pena accessoria, perde l’ancoraggio al singolo fatto per andare a colpire la pericolosità sociale, lo stile di vita del detenu- to, risultato incompatibile, nonostante la sanzione reclusiva, con la tutela dell’ordine e della si- curezza pubblici.

A. DELLA BELLA, Il “carcere duro”, cit., p. 399.

to, trattandosi di istituto del tutto diverso, per quanto contenutisticamente sovrapponibile, rispetto a quello delle pene accessorie. Il fatto che si tratti di misure diverse, dimostra come queste ultime non possano applicarsi nei con- fronti degli imputati, a maggior ragione se si considera che le pene, ivi comp- rese quelle accessorie, ai sensi dell’art. 20 c.p. seguono la condanna, ossia una accertamento giudiziario della responsabilità penale che in questo caso mancherebbe . 229

Al contrario, rispetto alle misure di prevenzione, in quanto strumenti

ante delictum o praeter delictum, non rileva la posizione giuridica del proposto.

Anche la giurisprudenza, sebbene non unitaria, ha ritenuto estendibili al regime carcerario speciale le disposizioni in materia di misure di prevenzione, osservando come anche dopo la modifica normativa ad opera della legge 15 luglio 2009, n. 94, il 41-bis ha conservato la sua natura di istituto caratterizzato da finalità preventive, e non si è trasformato, appunto, in una “pena differenzia- ta” . 230

Anzi, è proprio dalla giurisprudenza, specie costituzionale, che si rin- vengono i principali argomenti a favore della riconducibilità dell’istituto nel- l’ambito del diritto della prevenzione. Sin dalla delineazione dei cc.dd. limiti esterni — ove la Consulta ha voluto precisare che l’applicazione del regime derogatorio non avrebbe potuto comportare una ulteriore limitazione dei residui spazi di libertà del detenuto —, e dei cc.dd. limiti interni — da cui derivava l’esigenza di estendere il sindacato giurisdizionale all’accertamento che le sin- gole misure fossero effettivamente predisposte al fine di impedire i contatti con l’esterno —, è stata abbandonata una lettura in chiave prettamente retributiva del 41-bis . E tale lettura è stata da ultimo confermata dalla giurisprudenza in 231

Secondo V. NOVIELLO, Le pene accessorie e gli altri effetti penali, in Giust. pen., 1951, p. 867,

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le pene accessorie consisterebbero in meri effetti penali della condanna, ossia conseguenze pregiudizievoli discendenti direttamente dalla condanna e consistenti in incapacità giuridiche. In giurisprudenza, Cass. pen. Sez. I, 30 ottobre 1992, n. 1290, in Cass. pen., 1994, p. 2081, gli effetti penali della condanna vanno individuati in tutte quelle conseguenze giuridiche di carattere afflitti- vo che conseguono alla condanna penale, o che, comunque, trovano nella condanna penale il loro indefettibile presupposto.

Cass. pen. Sez. I, 29 aprile 2014, n. 52054, cit.

230

S. ARDITA, Lo scioglimento del cumulo e le esigenze di prevenzione, cit., pp. 1898 s.

materia di scioglimento del cumulo che, nel consentire l’applicazione del carcere duro anche laddove fosse stata espiata la porzione di pena relativa a un reato ostativo, ha evidentemente chiarito come la funzione dell’istituto fosse, principalmente, quella della prevenzione dei contatti con l’esterno e non quella di sanzionare un determinato reato . 232

In ogni caso, quale che sia l’inquadramento dogmatico dell’istituto, va condiviso il rilievo di autorevole dottrina, secondo cui le restrizioni previste nei decreti sospensivi, ove divengano misure continuative o addirittura permanen- temente caratterizzanti lo stato di detenzione, rappresenterebbero veri e propri ostacoli al processo rieducativo del condannato — che, in quanto valore costi- tuzionale volto ad impedire la strumentalizzazione della persona, deve essere perseguito anche nei confronti dei più pericolosi detenuti per reati di criminalità organizzata —, acquisendo natura “inutilmente vessatoria” e “occultamente eliminativa” . 233

Ne consegue che un’applicazione dell’istituto che rispetti le proprie fi- nalità preventive preclude la protrazione dell’applicazione di tale norma in- definitamente, al di là di attuali, concrete e individuate situazioni di emergen- za , dal momento che l’unica ragione che consente la compressione delle 234 normali regole di trattamento va rinvenuta nella sussistenza di un pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica.

7. L’art. 41-bis ord. pen. e la funzione rieducativa. Un valore resid-