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L’ART 1448 C.C PRIMA DELLA RIFORMA 108/

CIVILISTICA CONTRO L’ USURA

142 Cfr PORZIO, op.cit., p

2.3. L’AZIONE DI RESCISSIONE PER LESIONE

2.3.2. L’ART 1448 C.C PRIMA DELLA RIFORMA 108/

L’ art. 1448 c.c., in seguito all’eliminazione dello stato .di bi- sogno dai requisiti del reato di usura, sembrava essere destinato ad una applicabilità assai residuale e limitata. Tale conclusione è ricavabile dal contenuto della relazione al codice civile del 1942 in cui si legge che <<saranno rari i casi in cui l’azione

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Cfr. BRECCIA, op.cit., pp.341-342

148 La dottrina più autorevole individua l’alea nei contratti aleatori atipici “come un

momento essenziale del sinallagma che lo condizioni ab inizio, nel senso che neces- sariamente lo scambio tra le prestazioni contrapposte si pone come uno scambio tra una prestazione certa e una prestazione per sua natura incerta, determinabile succes- sivamente al verificarsi di un evento futuro oppure (come accade nel gioco della scommessa) come l’evento che deve determinare il soggetto in definitiva tenuto ad eseguire la prestazione”. Per le tesi contrarie e una disamina completa sul concetto di alea V. GABRIELLI, Contratto e contratti: scritti, Milano, 2011, 238 ss.

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stessa potrà operare al di fuori della norma penale>>149, affer- mandosi, in sostanza, come la rescissione per lesione doveva considerarsi il corrispondente civilistico del reato di usura150. Si riteneva, quindi, improbabile, se non addirittura “impossibi- le”, che la fattispecie civilistica potesse operare senza che si in- tegrasse il reato di usura ex art. 644 c.p.151.

Tuttavia, a dispetto di quanto osservato dal legislatore, in dot- trina e in giurisprudenza venne segnalato che le due fattispecie in esame erano totalmente diverse, e quindi autonome, perché, se la norma penale puniva l’usuraio, la norma civile si sarebbe dovuta occupare di regolare gli effetti del contratto152.

Inoltre, per corroborare la tesi dell’autonomia, si riteneva che l’art.1448 c.c., prevedendo una modifica del termine prescri- zionale nel caso in cui il fatto costituisse reato, implicitamente ammetteva la possibilità che l’illecito civile non coincidesse obbligatoriamente con il reato penale153.

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In dottrina nel ventennio successivo all’emanazione del codice civile del 1942,

sono emersi, sulla questione tre diversi orientamenti, a seconda del requisito che ve- niva preso come riferimento qualificante per la disciplina della rescissione del con- tratto usurario. Secondo una prima tesi il fondamento della rescissione di cui all’art. 1448 c.c. consisterebbe essenzialmente nella sproporzione tra le prestazioni (V. per un orientamento giurisprudenziale Cass., 16 ottobre, 1964, n. 2596). Per altri, inve- ce, il fondamento del rimedio in parola, consisterebbe nel vizio della volontà di chi, spinto dallo stato di bisogno, contrae a condizioni che, normalmente, non avrebbe accettato (Cass. 21 aprile 1949, n.960. Un terzo orientamento ( tutto) dottrinale, in- fine, ha individuato nella rescissione del contratto una sanzione del comportamento del contraente che ha abusato scientemente dello stato di bisogno dell’altra parte. Così DAGNA, op.cit., p. 32

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I casi in cui ciò non accadeva erano infatti ritenuti dal legislatore rarissimi come

la permuta di immobili e i contratti con reciproco scambio di prestazioni di fare. Cfr. BOIDO, Usura e diritto penale: la "meritevolezza" della pena nell'attuale momento storico., Bassano del Gr. ( VI), 2010, p. 137

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Alcuni Autori dalla lettura della relazione al codice civile del 1942 affermarono

che la rescissione ultra dimidium costituiva il corrispondente civilistico del reato di usura. Come però si vedrà in seguito la giurisprudenza, fin dalle prime decisioni si pose in aperto contrasto con le intenzioni del legislatore. Cfr. CATANIA, op.cit., pp. 204-205.

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Si riteneva che potesse configurarsi il reato di usura e non essere proponibile la rescissione( per cessazione della lesione al tempo della domanda, oppure per lesione non ultra dimidium) e, all’opposto, sussistere la lesione e non configurarsi il reato di usura (per le prestazioni del soggetto attivo aventi ad oggetto diritti immobiliari). Così RICCIO, op.cit., p. 95

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La Corte di Cassazione, con sentenza 20 novembre 1957, n° 4447, aveva rilevato che il delitto di usura e la fattispecie civi- listica dell’ art. 1448 c.c. erano profondamente diverse perché, se il primo era caratterizzato dal “comportamento diretto ad operare sulla determinazione della volontà del contraente biso- gnoso”; la seconda, invece, richiedeva semplicemente “la con- sapevolezza da parte del contraente avvantaggiato di trarre una sproporzionata utilità economica, in conseguenza dello stato di bisogno della controparte”154

.

Un’ esegesi del dettato giurisprudenziale sembrerebbe con- fermare la consapevolezza della Suprema Corte, e della giuri- sprudenza di merito maggioritaria, che tanto la fattispecie pe- nale quanto le ipotesi contemplate dall’ art. 1448 c.c. implica- vano il concorrere di un atteggiamento doloso del soggetto agente155, che però, si riteneva costituito da una consapevolez- za (passiva) del creditore ,nell’ ambito dell’ azione di rescis- sione, e invece, in una condotta ingiusta (attiva) esercitata a ca- rico della volontà del contraente più debole, con riferimento all’ art.644c.p156

.

“ Una simile impostazione, tuttavia, non poteva che destare perplessità, essendo difficile immaginare una mera consapevo- lezza dello stato di bisogno di un soggetto, del quale si preten-

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Cfr. D’ANGELO, ROPPO, Annuario del contratto 2010, Torino, 2011, p.110 155

Cfr. Tuttavia bisogna rilevare che, prima della riforma del 1996, il reato di usura consentiva di applicare la disciplina della rescissione, seppur in termini riduttivi, poiché la fattispecie penalistica era incentrata nella condotta tenuta dalla parte nella conclusione del contratto, il che permetteva di configurare un reato in contratto compatibile con una conseguenza diversa dalla nullità. Cfr. BRECCIA e VV. AA, op.cit., p. 342.

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La cassazione con sentenza n. 628, il 22 gennaio 1997, stabilì che per integrare il

reato di usura, a differenza dell’ipotesi della rescindibilità per lesione, è necessario che il contraente avvantaggiato abbia tenuto un comportamento diretto a incidere sulla determinazione della volontà contrattuale del soggetto passivo (ad esempio provocando o sollecitando la formulazione di una proposta contrattuale particolar- mente svantaggiosa per il proponente), non essendo sufficiente ( diversamente dalla menzionata ipotesi di rescindibilità) che egli, nella consapevolezza dell’altrui stato di bisogno, si sia limitato a trarne profitto. Cfr. D’ANGELO, ROPPO, op.cit., p. 110

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de una prestazione sproporzionata, senza che in ciò sia implici- ta una volontà di approfittamento"157.

In altri termini, il reato di usura si differenziava dalla rescis- sione per lesione, perché non sempre si integrava la lesione ul-

tra dimidium e, inoltre, a causa dei suoi evidenti limiti tra i

vantaggi/interessi e la prestazione di denaro o di altra cosa mo- bile158.

Oltre ai descritti problemi di coordinamento con la norma pe- nale, in dottrina ci si interrogava su quali effetti civilistici do- vesse produrre un contratto usurario: in sostanza ci si divideva tra coloro che ritenevano doveroso applicare la “nullità” e co- loro che, invece, sostenevano l’operatività della azione di re- scissione per lesione159.

Quello però sul quale, più specificatamente, si dibatteva era il motivo per cui il legislatore avesse deciso di disciplinare il medesimo fenomeno con due strumenti civilistici diversi, e so- prattutto, inconciliabili tra loro: da un lato la rescissione ex art.1448 c.c. che rendeva il contratto inefficace; dall’altro la nullità ex art.1815 c.c. che, seppur lasciava impregiudicata par- te del contratto per la locuzione <<fino alla concorrenza lega- le>>, prevedeva comunque un regime più grave, quello dell’invalidità160

.

In altri termini, se un contratto usurario non riguardava fatti- specie mutualistiche e/o affini, o comunque, non produceva in- teressi, e allo stesso tempo il creditore aveva approfittato dello stato di bisogno del debitore, allora quest’ultimo poteva richie-

157 Così CATANIA, op.cit., p. 206 158

Cfr. BRECCIA, op.cit., p.342 159

Per un riscontro approfondito tanto giurisprudenziale quanto dottrinario V.

RICCIO, op.cit., 89 ss.

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Per un quadro completo e approfondito delle motivazioni giuridiche a fondamen- to della connessione tra l’art.644 c.p. e l’art.1448 c.c., nonché per una interessante tesi volta ad immaginare soluzioni differenziate V. SCHERILLO, In tema di usura e lesione, in Giur.it, 1948, I, pp. 52 ss.

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dere la rescissione, e di conseguenza, dare inizio alla restitu- zione delle prestazioni già eseguite.

Invece, in tutti gli altri casi, il debitore beneficiava di una tu- tela più ampia perché, sebbene soggiaceva al regime di “nulli- tà” della clausola degli interessi usurari, non era obbligato a restituire le somme dovute in quanto la nullità veniva “salvata” dalla sostituzione automatica della disciplina legale161.

In tal modo, il debitore di un mutuo non soggiaceva, a diffe- renza dei casi “tutelati” dall’art.1448 c.c., alle conseguenze di- sastrose tipiche di un contratto dichiarato invalido o inefficace, rappresentate in questo specifico caso, non solo dall’obbligo di restituire le prestazioni già riscosse, ma anche dalla contestuale cessazione degli effetti del contratto che impediva al debitore di continuare a fruire delle utilità derivanti dal contratto stes- so162.

Inoltre, il mutuatario godeva del regime dell’imprescrittibilità dell’azione, ed anche della possibilità che il contratto venisse dichiarato nullo dal giudice, invece il debitore che stipulava un contratto usurario diverso dal mutuo o da figure affini, soggia- ceva al brevissimo termine di prescrizione di un anno e non po- teva beneficiare della rilevazione d’ufficio della nullità163

. Altro pregiudizio che poteva generarsi a carico di colui che esercitava l’azione di rescissione, era costituito dalla possibilità del creditore usuraio di offrire la riduzione a equità degli inte- ressi, potendo in certi casi, conseguire un saggio superiore a quello legale, eventualità non consentita nei casi di mutuo usu- rario164. 161 Cfr. RICCIO, op.cit., p. 89 ss. 162 Cfr. FAVA, op.cit., p. 2166 163

Si riteneva, inoltre, per corroborare la suddetta tesi , la circostanza che il legisla-

tore avesse previsto il rimedio dell’invalidità solo per il mutuo feneratizio, che rap- presenta il terreno di coltura dell’usura. Cfr. CATANIA, op.cit., p. 207

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Si aggiunga poi che la riduzione offerta dal creditore può trovare realizzazione anche nel casi di rifiuto della proposta da parte dell’usurato, sempre che la suddetta

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Il regime prettamente sfavorevole dell’art.1448 c.c. spinse numerosi interpreti a dare all’art.1815 c.c. la funzione di norma civilistica di tutela contro le “usure civili”, con la conseguenza che ogni attribuzione contrattuale del vantaggio usurario, anche se non relativa ad un contratto di mutuo, doveva reputarsi radi- calmente nulla, a prescindere dal rimedio della rescissione165.

Inoltre, la Corte di Cassazione, sebbene con un orientamento “formalmente” finalizzato a non escludere completamente la portata operativa dell’art. 1448 c.c., , e avendo individuato la differenza tra le locuzioni dello stato di bisogno previste dagli art. 1448 c.c. e 644 c.p., riteneva che, in caso di sfruttamento intenzionale di suddetto stato, si dovesse applicare il regime di nullità per contrarietà del contratto a norma imperativa pena- le166. Invece nelle ipotesi in cui nell’agente vi era una mera consapevolezza dello stato di bisogno, e quindi, non esisteva alcun reato, il contratto era solo rescindibile e non nullo. È fa- cile rilevare come l’orientamento giurisprudenziale dominante rendesse, di fatto, l’art.1448 c.c. una norma la cui applicabilità era fortemente limitata167.

A questa soluzione, si opposero interpretazioni formalistiche di autorevoli dottrine che criticavano le precedenti tesi sulla base di due profili: da un lato, perché trascuravano la corri- spondenza tra l’art. 644 c.p. e l’art. 1448 c.c. che era una norma in cui doveva essere ricercata la disciplina civilistica dell’usura168; dall’altro rendevano inoperante l’art. 1449 c.c.

offerta presenti un minimo di specificazione, onde consentire al giudice, sostituto della parte, di valutarne l’adeguatezza. VIOLA, il contratto, Padova, 2009

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Cfr. CATANIA, op.cit., p. 208

166 Questo perché era proprio l’integrazione del reato a rendere nullo il contratto.

Cfr. Cass. 20 novembre 1957, n. 4447 e Cass. 22 gennaio 1997, n. 926. Il lungo arco temporale che intercorre tra le due sentenze sopracitate dimostra il consolidamento di questo orientamento in seno alla Corte di Cassazione.

167

Cfr. CATANIA, op.cit., p. 206 168

In tal modo l’usura veniva praticamente identificata con la lesione. L’identificazione totale della rescissione fu sostenuta da MIRABELLI, La rescissio- ne del contratto, Napoli , 1962, p. 122 e p. 138

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che disciplinava l’ipotesi in cui la condotta del contraente av- vantaggiato costituisse reato, che altro non poteva essere se non quello previsto dall’art.644 c.p.169

.

Quest’ultima tesi, e forse anche quella precedente che rite- neva corretto applicare in toto l’art. 1815 c.c. o doveroso il re- gime di nullità per contrarietà a norma imperativa penale a tutti i contratti usurari, sembravano non considerare, che l’art. 1448 c.c. contempla una fattispecie “gravissima”170

, in cui il dolo è in re ipsa, rendendo quindi paradossale e ingiusto che il legi- slatore abbia deciso di sanzionarla con uno strumento molto meno efficace per il debitore, di quanto invece lo sia quello previsto dall’art. 1815 c.c.

In sintesi, nei contratti usurari diversi da mutuo e/o affini, che però integravano il reato di usura di cui all’art.644 c.p., si sostenevano tre soluzioni diverse: la giurisprudenza riteneva che dovesse applicarsi il rimedio della nullità del contratto per contrarietà a norma imperativa penale; una parte della dottrina riteneva corretto estendere anche a queste fattispecie gli effetti della sanzione di cui all’art. 1815 c.c.; altra parte della dottrina continuava a ritenere che l’azione di rescissione doveva essere il corrispondente civilistico del reato di usura, sulla base di una interpretazione delle intenzioni del legislatore del 1942171.

Questa “strana” e curiosa anomalia codicistica che ha portato a numerose teorie sull’applicabilità dell’art.1448 c.c., oltre a spiegarsi con la poca attenzione che il legislatore ha attribuito, e continua ad attribuire, alle fattispecie usurarie diverse dal mu-

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Cfr. RICCIO, op.cit., p. 206

170 Pur differenziandosi dallo stato di pericolo di cui all’art.1448 c.c. per non consi-

derare un “pericolo qualificato” e un danno grave alla persona, è comunque fattispe- cie grave che, soprattutto successivamente alla riforma 108/96, dovrebbe essere di- sciplinata anche per il pericolo di usurarietà che rappresenta. Cfr. BALLORIANI, DE ROSA, MEZZANOTTE, Diritto civile. Manuale breve. Tutto il programma d'e- same con domande e risposte commentate, Giuffrè, 2011, p. 614

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Ampiamente sull’argomento: RICCIO, op.cit., p. 74 ss., CATANIA, op.cit.,

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tuo, è il prodotto della prevalenza della tesi di coloro che, du- rante la formazione del codice civile del 1942, ritenevano im- possibile applicare il regime dell’annullabilità ai contratti usu- rari stipulati all’interno delle fattispecie contemplate oggi dall’art.1448 c.c.172

. Si riteneva, infatti, che il regime di invali- dità non poteva essere esteso anche ai casi di cui all’art.1448 c.c. perché era carente il presupposto del vizio di volontà du- rante la formazione del contratto173.

Tuttavia, a questa osservazione si opposero coloro che ritene- vano invece che fosse un vero e proprio vizio di volontà, ag- gravato inoltre dal fatto che risultasse manifesto ed evidente.174

Sembra doversi concludere che, anche prima della riforma 108/96, la portata applicativa dell’art.1448 c.c. era assai ristret- ta, ma semplice conseguenza di un intervento legislativo mal- destro, e, certamente, inefficace nei confronti di un fenomeno che, invece, avrebbe meritato maggiore attenzione e organicità di pensiero.

2.3.3. L’ODIERNA OPERATIVITÀ DELL’ AZIONE DI