USURARI DELLA COMMISSIONE MASSIMO SCOPERTO
5.1. DEFINIZIONE E PROFILI CRITICI DELLA COMMISSIONE MASSIMO SCOPERTO
È stato più volte ribadito che il corrispettivo per la banca che concede il finanziamento è composto principalmente dal pa- gamento degli interessi passivi a carico del cliente. Tuttavia la retribuzione della banca non consiste solo nel percepimento degli interessi (i quali se superano il tasso soglia sono da con- siderarsi usurari), ma anche nel pagamento di alcune commis- sioni, spesso applicate dalla banca per la concessione di un ser- vizio ulteriore e diverso rispetto al finanziamento377. Ed è pro- prio l’esistenza di questi altri costi che pone delle problemati- che sulla possibilità di svelare l’usurarietà del finanziamento.
Per i titolari di aperture di credito, anticipi di pagamento e, in generale, per tutti i correntisti le banche prevedevano il paga- mento della CMS, il cui inquadramento però era, ed è, di ardua determinazione in quanto la prassi bancaria ha dimostrato una grande fantasia nell’articolarne l’ambito e le modalità applica- tive378. Il calcolo della CMS può essere svolto attraverso tre
377
Ai fini della valutazione sull’esistenza di un servizio aggiuntivo occorrerà valu-
tare se effettivamente la banca presti un servizio per il quale è necessario recuperare i costi di spesa mediante un pricing differenziato. Cfr. FARINA, Armonizzazione europea dei servizi di pagamento e attuazione della direttiva 2007/64/CE, 2009, p. 265; Il punto è tutt’altro che pacifico V. in proposito DAGNA, op.cit., p. 338
378
AA.VV., Coordinate ermeneutiche di diritto civile, Torino, 2014, p. 128, nota
105
criteri, la cui applicazione determina risultati non proprio iden- tici379.
Il criterio assoluto calcola la CMS sul massimo saldo debito- rio ottenuto nel periodo di riferimento, senza che interessi la durata di tale saldo380.
Il criterio relativo prende in considerazione i massimi saldi debitori che, singolarmente o complessivamente, abbiano avuto una durata maggiore a dieci giorni381.
Il criterio misto trova applicazione solo nel caso di scoperture con durata superiore a dieci giorni e calcola la CMS sul mas- simo saldo debitorio anche se quest’ultimo si è protratto per una durata inferiore a dieci giorni382.
La CMS383 era richiesta al cliente ad ogni chiusura(anche
parziale) del conto (normalmente ogni trimestre) e
l’ammontare era determinato attraverso un tasso percentuale da applicare al saldo passivo massimo384.
L’ammontare della CMS variava solitamente dallo 0,125% all’1,25 % per trimestre e, sebbene fosse negoziabile, era prassi bancaria quella di applicare un’aliquota generale per tutti i clienti385. Per rendere edotto il lettore delle proporzioni massi-
commissione di massimo scoperto, sebbene fosse normalmente applicata dalle ban- che, non era oggetto neppure di una definizione normativa; Come inoltre osserva ALPA, Trattato della responsabilità contrattuale. Volume 2, Padova, 2009, p. 653 Il dubbio definitorio, che si esaminerà in seguito, nasce proprio dalle diverse modalità di calcolo della commissione.
379
Anche la giurisprudenza di merito sostenne che i criteri a cui fanno ricorso le
banche sono diversificati e non univoci: Trib. Mondovì, 17 febbraio 2009; Trib. Mantova, 21 aprile 2007; Trib. Busto Arsizio, 9 dicembre 2009, App. Brescia, 16 gennaio 2008.
380
Cfr. INZITARI, DAGNA, op.cit., p. 10
381
Cfr. INZITARI, DAGNA, op.cit., p. 10
382 Cfr. QUATRARO, DIMUNDO, La verifica dei crediti nelle procedure concor-
suali. Contratti bancari, parabancari e del mercato finanziario, Giuffrè, 2011
383 Per una disamina esaustiva delle possibili modalità di calcolo della CMS V.
MOLLE, I contratti bancari, in Tratt. di dir. Civ. e comm., diretto da Cicu e Messi- neo, Milano, IV, 1981
384
Così TETI, op.cit., p. 127
385
In realtà, tramite un raffronto delle diverse offerte degli istituti di credito, si può
ricavare che il costo della CMS varia in primo luogo per il servizio di apertura di credito bancario a seconda che l’utilizzo della liquidità da parte del cliente sia avve- nuto “entro il fido accordato” oppure “extra fido”: nel primo caso il costo della CMS
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me che il fenomeno ha assunto, basti considerare che dal 1997 al 2005 la percentuale della CMS raddoppiò passando dallo 0,47% allo 0,84%386.
Innanzitutto la discrezionalità degli operatori bancari, cau- sando molta incertezza sul modo in cui detto costo si determi- nava, era in evidente contrasto con l’art. 1469 quater, 1°comma, c.c., nella parte in cui, tutelando il consumatore, ob- bliga il professionista a redigere le clausole onerose in modo comprensibile387. Infatti, le diverse opzioni scelte dalle banche sulle modalità di calcolo388 della CMS rendevano arduo stabili- re un criterio omogeneo che presentasse al cliente il reale costo del credito, a causa dei “mostruosi” e imperscrutabili calcoli che questi doveva svolgere per conoscere l’ammontare di que- sto costo e, magari, svelare l’usurarietà del finanziamento389
. Non a caso parte della giurisprudenza ha dichiarato nulla la CMS, non solo perché priva di causa, ma anche in considera- zione del fatto che non garantisca la trasparenza ai fini della determinazione del suo ammontare, tantoché il cliente deve
si aggira tra lo 0,125% e lo 0,50%; mentre nel secondo caso oscilla tra lo 0,250% e l’ 1, 250%. Così. DAGNA, op.cit., p.p.383-384
386
PUATO, Andare in rosso costa fino al 19% - il tasso per chi sfora sul conto
corrente è del 14%, ma poi si impenna con le penalità aggiuntive, in www.corriere.it, sez. Economia, 27 febbraio 2006, nota che “ipotizzando di restare in rosso di 1000 euro per un anno, senza movimentare il conto, il TEG toccherebbe in media il 24,61%: significa rimborsare, nei fatti, 246, 11 euro ogni mille prestati. Il TEG è infatti calcolato conteggiando la capitalizzazione trimestrale degli interessi non soltanto sul capitale concesso al cliente, ma anche sugli stessi interessi già matu- rati da questo capitale nel trimestre precedente”.
387
Cfr. TETI, op.cit., p. 127 388
Si aggiunga che la CMS sia applicava anche in caso di affidamento occasionale, ossia quando il cliente sconfinava dal livello di credito a sua disposizione, andando in scoperto, ma la banca evitava di chiedere il rientro, e quindi a prescindere dalla pattuizione di una clausola di affidamento. Cfr. INZITARI, DAGNA, op.cit., p. 10
389
L’usura, soprattutto con riferimento alla CMS, è materia particolarmente tecni-
ca. La verifica della correttezza dei calcoli degli interessi può risultare difficile an- che ad un consulente tecnico d’ufficio nei casi in cui il criterio di calcolo è certo e determinato. Si pensi allora le difficoltà che giudici e ausiliari possono affrontare per calcolare l’incidenza di un costo incerto e indeterminabile con precisione, soprattut- to se regolato da leggi non univoche e da modifiche in corso. È quindi il giudice a dover assolvere questo compito spesso gravoso a causa della mancanza di “cogni- zioni contabili, finanziarie e matematiche necessarie per formulare in modo appro- priato i quesiti e le soluzioni. Cfr. SANGIOVANNI, Contratto di apertura di credi- to, calcolo del tasso effettivo globale medio e usura civilistica, nota a Trib. Verona, 19 novembre 2012, in Corriere merito, 2013, 2, 146, p. 2
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obbligatoriamente ricorrere ad una perizia contabile per calco- larla con esattezza390.
Ai fini della comprensione del contrasto generatosi sulla le- gittimità della CMS occorre preliminarmente distinguere la CMS da quegli altri oneri che le banche spesso hanno denomi- nato “commissione di mancato utilizzo” e “commissione di af- fidamento”. Quest’ultime due voci di costo, tutt’ora esistenti in diverse forme, hanno funzione e struttura diversa rispetto alla CMS in quanto rappresentano il corrispettivo della banca volto a ristorare la situazione di dover tenere sempre pronte le som- me a favore del cliente, indipendentemente se questi decida o meno di utilizzare la linea di credito391. È evidente che le som- me concordate con il cliente dovevano essere mantenute in gia- cenza anche nel caso in cui il cliente non procedesse all’utilizzazione delle stesse392
. Il rispetto di tale obbligo cau- sava inevitabilmente delle perdite di disponibilità assai consi- stenti a carico delle banche e degli altri intermediari finanziari,
390
Spesso la giurisprudenza dichiarò la nullità della CMS poiché non era prevista, né indicata, la voce CMS, con la conseguenza che, non essendo stata oggetto di con- trattazione o sottoscrizione, i giudici non poterono che condannare la banca alla san- zione della non debenza delle somme dovute a tale titolo. ( Trib. Lecce, 6 marzo 2006, n. 422; Trib. Trani, 9 dicembre 2004, App. Lecce – Sez. distacc. Taranto, 16 giugno 2004; Trib. Milano, 4 luglio 2002). Le banche si difendono sostenendo che la mancata menzione fosse dovuta al fatto che la CMS era “frutto di un consolidato uso normativo” che non rendeva necessaria la specifica pattuizione ( App. Lecce, 17 di- cembre 2004). Invece nei differenti casi in cui la CMS veniva indicata nelle condi- zioni contrattuali si trattava di una indicazione molto generica e senza che fosse chiara la modalità di calcolo. Non a caso spesso era denominata “commissione da portare in conto nella misura stabilita” o “ulteriori commissioni da applicarsi nella misura convenuta” ecc. Questa indeterminatezza spinse la giurisprudenza a dedurre la nullità della clausola per indeterminatezza dell’oggetto in quanto la banca non aveva previsto alcuna remunerazione dovuta per tali voci, né alcun riferimento quan- titativo numerico o per relationem per detta commissione. ( Trib. Lecce, 3 novembre 2005; Trib. Lecce, sez. distacc. Nardò, 11 febbraio 2005). Per il contributo V. DAGNA, op.cit., p. 394; Inoltre la Corte di legittimità (v. C. 14 maggio 2005 n. 1027) ha statuito che tale commissione deve essere contrattualmente prevista, per cui in mancanza di pattuizione si deve applicare la norma di cui all'art. 1826 c.c. che stabilisce che i diritti di commissione sono inclusi nel conto salva pattuizione contra- ri. Cfr. TANZA, Verso la soppressione della Commissione di massimo scoperto?, in Altalex, nota a Cassazione civile , sez. I, sentenza 18.01.2006 n° 87, 22 giugno 2006
391
Cfr. SANGIOVANNI, op.cit., p. 4
392
108
perché ne impediva l’utilizzo per lo svolgimento di altre attivi- tà redditizie393.
La CMS invece consiste in un addebito richiesto al cliente per l’utilizzo della linea di credito e corrisponde ad una vera e propria remunerazione per la banca394. Come è stato corretta- mente osservato dal Tribunale di Verona, nella sentenza del 21 settembre 2007, occorre distinguere il servizio reso dalla banca al cliente: da un lato le commissioni di mancato utilizzo e di affidamento che remunerano la banca per un servizio aggiunti- vo rappresentato dall’obbligo di dover mantenere disponibile a favore del cliente un importo pari al massimo affidamento con- cesso; dall’altro la CMS che non sembra equiparabile ad un servizio aggiuntivo rispetto a quello già retribuito con il paga- mento degli interessi corrispettivi in quanto l’ammontare di- pende dall’utilizzazione materiale del credito395
. Tuttavia la Banca d’Italia in più occasioni ha giustificato la CMS come un costo che remunera la banca per l’aver tenuto a disposizione una certa somma a favore del cliente, obbligandola a dover sempre essere in grado di far fronte alla richiesta di liquidità396. In realtà, occorre precisare che la stessa nozione di “massimo scoperto” non sembrerebbe diretta ad identificare un compenso che il cliente deve alla banca in cambio della messa a disposi- zione di una somma di denaro, ma piuttosto indica un costo inevitabilmente legato allo scoperto di conto, e quindi, al capi- tale effettivamente erogato397.
393
Cfr. DAGNA, op.cit., p. 283
394 Sulla controversia interpretativa generatasi sulla qualifica di remunerazione ov-
vero di interesse. V. ALPA, op.cit., 653 ss.
395 Cfr. AGNINO, nota a Trib. Verona, 21 settembre 2007, in Corr. mer, 2008, 351
ss.
396
Cfr. CAFARO, La crisi d'azienda e i rapporti con le banche, Santarcangelo di Romagna ( RN), 2012
397
MARCELLI, op.cit., pp. 1-2 nota che La CMS infatti era stata introdotta nel 1947 proprio al fine di <<compensare l’intermediario bancario per l’onere di dover sempre essere pronto a fronteggiare l’utilizzo di un fido concordato: per la parte uti- lizzata il corrispettivo per la banca era costituito dagli interessi, per la parte non uti-
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Inoltre, quand’anche si voglia propendere a favore del signi- ficato che la Banca d’Italia attribuiva a tale costo, i risultati sa- rebbero, a dir poco, contradditori. Questo perché ad un’accezione che collegava quel costo alla messa a disposizio- ne del fido da parte della banca, cioè all’obbligo gravante su quest’ultima di essere pronta a fornire alla clientela i mezzi li- quidi in qualsiasi momento richiesti, non corrispondeva l’effettiva prassi del sistema, che, in aperta contraddizione, cal- colava la commissione sul picco dell’utilizzo trimestrale del fi- do medesimo398.
Questa riflessione consente l’inquadramento della natura problematica di questa voce di costo perché le banche, trasfor- mando la CMS in una pretesa di denaro il cui ammontare non era commisurato alla somma per la quale veniva concesso il fi- nanziamento, hanno generato dubbi e perplessità sulla validità della clausola che ne legittimava l’imposizione, a causa di una presunta carenza di causa399. Le critiche che la dottrina e parte della giurisprudenza hanno mosso contro questo costo partico- larmente oneroso, lamentando la mancanza di causa, avevano in comune il fatto che al pagamento della CMS si andava ad aggiungere il pagamento degli ordinari interessi passivi. Per- tanto, applicando la CMS come un costo che remunera l’uso della linea di credito, le banche aumentavano l’esposizione debitoria del cliente sugli importi effettivamente utilizzati, in
lizzata, la pronta disponibilità era remunerata dalla menzionata commissione>>. Inoltre osserva che “mentre in passato la pronta liquidità aveva costi apprezzabili connessi alla necessità di moneta fisica e agli obblighi di riserva, l’evoluzione subita dalla normativa e dall’organizzazione del mercato monetario, congiunta alla notevo- le flessione dei tassi, rende l’onere in parola assai modesto”. Ciò significa che oggi, non essendo più la disponibilità di somme connessa alla materialità fisica della mo- neta e posto che l’impiego della somme è ormai un’attività cronologicamente molto vicina al reperimento delle stesse, è evidente che la CMS non abbia più ragione di esistere, soprattutto se di ammontare molto elevato.
398
Cfr. DAGNA, op.cit., p. 383
399
Cfr. TETI, op.cit., p. 129, il quale sostiene che la CMS sia priva di causa perché
“l’attribuzione patrimoniale al quale si obbliga il cliente non ha la sua giustificazio- ne in una controprestazione della banca ( Trib. Milano, 4 luglio 2002)
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modo del tutto analogo a quanto accade di regola per gli inte- ressi corrispettivi400.
Si aggiunga poi che l’ammontare della commissione non di- pendeva assolutamente dal periodo, più o meno lungo, di sco- perto che il cliente aveva mantenuto, con la conseguenza che non assumeva una natura progressiva, come forse sarebbe stato “ragionevole”401
. Suddetta modalità di calcolo comportava che il costo del credito aumentava esponenzialmente a carico del cliente che utilizzava per un periodo breve la somma messa a
disposizione, anche se procedeva tempestivamente
all’estinzione o alla riduzione del suo saldo debitore402
.
Oltretutto non risulta essere stato rilevato che nell’algoritmo della Banca d’Italia non si tenesse conto degli effetti della capi- talizzazione trimestrale, illecita fino alla restaurazione operata dal Cicr con la nota Delibera del 9/02/2000, la quale provocava rilevanti, e vietati, effetti sul TEG403. Infatti, qualificare la CMS come un servizio aggiuntivo fornito al cliente e, allo stes- so tempo, applicarvi l’anatocismo, sono due modi di operare in aperta contraddizione tra loro perché la capitalizzazione trime- strale è una modalità di calcolo applicabile solo ed esclusiva- mente agli interessi, e non di certo ad altri costi, soprattutto
400
Come ha giustamente sottolineato il Tribunale di Verona in un suo precedente del 2007, se, come accade d’ordinario nella prassi bancaria, la CMS è calcolata in una misura percentuale della concreta esposizione debitoria massima raggiunta e, quindi, sugli importi effettivamente utilizzati, essa viene a variare in base all’utilizzo del danaro, esattamente come gli interessi e in aggiunta a essi. Cfr. SANGIOVANNI, op.cit., p. 5
401
Cfr. TETI, op.cit., p. 127
402 Oltretutto il costo del credito risultava più oneroso nell’ipotesi in cui lo scoperto
sia mantenuto per un limitato periodo di tempo a cavallo tra la chiusura ed il succes- sivo periodo di contabilizzazione perché dovrà corrispondere, anche per un periodo breve, due volte la commissione. Così TETI, op.cit., p. 127
403
Come statuito dal Trib. Lecce, 29 giugno 2005, l’anatocismo applicato dalla
CMS è illegittimo in quanto non è altro che un meccanismo di aggravio non pattuito di interessi corrispettivi a quelli convenzionalmente pattuiti. Cfr. DAGNA, op.cit., p. 393
111
calcolati e rilevati diversamente rispetto agli interessi in gene- re404.
Inoltre, il calcolo della CMS sulla punta di utilizzo massimo ne incrementava l’incidenza tutte le volte in cui il divario tra il picco di utilizzo massimo e l’utilizzo medio operato dal cliente era più ampio405.
Tuttavia è doveroso specificare che la capitalizzazione trime- strale sarebbe incompatibile con la CMS, indipendentemente se si considerasse questo costo un accessorio del credito che si aggiunge agli interessi passivi oppure un corrispettivo diverso ed autonomo per la messa a disposizione della somma di dena- ro406. Nel primo caso l’anatocismo sarebbe vietato sulla base della censura operata dalla più recente giurisprudenza di legit- timità che ha ritenuto nulle le clausole anatocistiche pattuite anteriormente all’entrata in vigore della L.154/92407. Nel se- condo caso invece la capitalizzazione trimestrale non sarebbe estendibile a causa dell’art. 1283 c.c. che, espressamente, l’ammette per i soli interessi scaduti408
.
Sembra doversi concludere che le banche hanno sempre rego- lato la CMS come un interesse perché, se così non fosse, deste- rebbe perplessità la mancanza di corrispondenza e di propor- zione tra il periodo esiguo di scopertura ( questo è più che fre- quente nei contratti di conto corrente in quanto spesso sono sti- pulati proprio a tal fine) e il costo della CMS, il cui livello me-
404
L’assimilazione della commissione sul picco massimo utilizzato agli interessi corrispettivi è ricavabile dalla sentenza del Tribunale di Benevento, 12 febbraio 2008. Cfr. CAPALDO, L'anatocismo nei contratti e nelle operazioni bancarie, Bas- sano del Gr. (VI), 2010, pp. 245-246.
405 Cfr. INZITARI, DAGNA, op.cit., p. 10 406
Poi, è opportuno segnalare che proprio la rilevazione separata della CMS indi-
cata dalla Banca d’Italia è divenuto lo strumento attraverso il quale le banche aggi- ravano il divieto di anatocismo. Cfr. DAGNA, op.cit., p.389
407
Cfr. INZITARI, Le Sezioni unita e il divieto di anatocismo: l’asimmetria con- trattuale esclude la formazione dell’uso normativo, in Banca e Borsa tit. cred., con nota alla sentenza n° 21095, 4 novembre 2004, 2005, 4, 434 ss.
408
112
dio massimo ha raggiunto il 4,86% annuo, ossia l’1,2% al tri- mestre409.
Sarebbe ora certamente pleonastico ragguagliare il lettore dei possibili effetti usurari della CMS, in considerazione del fatto che, attestandosi il costo medio di un conto corrente tra il 12% e il 13% e ipotizzando un TEG medio del 12,58% e quindi una soglia di usura pari al 18,87%, il tasso soglia verrebbe sicura- mente superato se si aggiungesse al TEG quei 4,86% annui che il cliente deve pagare a titolo di CMS. Purtroppo la rilevazione separata imposta dalla Banca d’Italia ha impedito il superamen- to del tasso soglia, con buona pace di tutti i correntisti costretti a pagare un costo privo di logica e di giustificazione410.