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IL LIMITE USURARIO DEGLI INTERESSI DI MORA

L’USURARIETÀ SOPRAVVENUTA

CONSEGUENZE CIVILISTICHE

4.6. IL LIMITE USURARIO DEGLI INTERESSI DI MORA

Sebbene la legge di interpretazione autentica abbia chiarito l’ambito di applicazione della disciplina antiusura, compren- dendovi anche gli interessi di mora, non sembra aver individua- to il limite oltre il quale tali interessi debbano considerarsi usu- rari.

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V. TARANTINO, op.cit., p. 3 330

Come nota MAZZARESE, Clausola penale, in Commentario al codice civile,

diretto da Schlesinger, Milano, 1999, p. 234, sebbene l’art. 1224 c.c. sia rubricato << danni nelle obbligazioni pecuniarie>> la disciplina complessivamente dettata dal primo comma della norma da ultimo citata non ha natura strettamente risarcitoria, ma, prescindendo dall’effettiva consistenza ( e, addirittura, esistenza) del danno, im- pone al debitore una misura legale degli interessi che << perfeziona una sanzione a struttura obbligatoria>> ed ha <<funzione penale>>: L’obbligazione ( o penale) le- gale degli interessi moratori. Altrettando è da dirsi con riferimento alla penale ne- goziale espressamente contemplata all’ultimo comma dell’art. 1224 c.c. che ricorre allorquando le parti hanno convenuto la misura degli interessi moratori. Peraltro, a conferma della qualificazione della convenzione degli interessi moratori quale pena- le per il ritardo, deve rilevarsi come, alla luce del combinato disposto degli artt. 1224 e 1382 c.c., dottrina e giurisprudenza hanno ritenuto che, nel fissare la misura degli interessi moratori, le parti possano anche prevedere la risarcibilità del danno ulteriore.

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Per un orientamento della dottrina favorevole alla qualificazione della penale per

il ritardo come convenzione di interessi moratori: Cfr. MAZZARESE, op.cit., 233 ss. e MARINI, op.cit., 54 ss.; Per la giurisprudenza di legittimità: Cass., 18 novem- bre 2011, n° 23273; Cass., 21 giugno 2001, n° 8481; Cass., 17 marzo 1994, n° 2538; Per la giurisprudenza di merito: Trib. Roma, 1 febbraio 2001 e Trib. Napoli, 19 maggio 2000

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In altri termini, bisogna stabilire se tali interessi debbano considerarsi usurari quando risultano superiori al tasso soglia previsto per gli interessi corrispettivi, oppure sia necessario fa- re riferimento ad un limite specifico e diverso.

Il parametro di riferimento degli interessi di mora potrebbe essere individuato in due modi: la prima soluzione sarebbe quella di introdurre un parametro specifico per gli interessi mo- ratori, ossia, un’apposita rilevazione trimestrale degli interessi moratori medi applicabili al cliente; la seconda soluzione è in- vece di applicare agli interessi moratori lo stesso TEGM rileva- to per gli interessi corrispettivi e, quindi, definire come usura- rio il finanziamento bancario che prevede un tasso d’interesse superiore al tasso soglia trimestralmente rilevato, indipenden- temente se il superamento sia dovuto all’interesse corrispettivo o a quello moratorio, ovvero a un cumulo tra essi332.

Occorre premettere che il quesito non sembra aver ricevuto risposta nemmeno dalla Suprema Corte che, con sentenza del 22 aprile 2000, n°5286, ha stabilito l’usurarietà degli interessi di mora poiché “risultati di gran lunga eccedenti lo stesso tasso soglia”. Sembra evidente che, sebbene involontariamente e, forse, accidentalmente, la Corte abbia optato per la soluzione di un tasso soglia ulteriore e diverso in quanto, se così non fosse stato, non avrebbe avuto alcun senso giustificare la decisione con quell’aggettivo “abbondante”333.

In realtà, sebbene la giurisprudenza sia spesso incline a tute- lare la parte più debole, l’inserimento di suddetto aggettivo te- stimonia che i giudici sono perfettamente coscienti delle diffe- renze intrinseche tra interessi corrispettivi e interessi di mora, e quindi delle conseguenze contradditorie e irragionevoli che

332

Cfr. LANZARA, op.cit., p. 16 333

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scaturirebbero dalla valutazione di usurarietà degli interessi moratori appena poco superiori il tasso soglia334.

Una posizione sicuramente più netta è stata assunta dalla Banca d’Italia nelle celeberrime istruzioni del 30 settembre 1996 in cui si è stabilito testualmente: << gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo sono esclusi dalla rilevazione del TEGM.>>335.

Il TEGM è un indicatore dei normali prezzi del credito, costi- tuito dalla media dei tassi originariamente impiegati dalle ban- che, ossia quelli attinenti la fase fisiologica del rapporto, con la conseguenza che le voci di costo che ne fanno parte sono mu- tevoli e dipendono dagli usi e dalle prassi che praticano banche e altri intermediari finanziari. 336

Conseguentemente, sebbene la mancata comprensione di una voce di costo nel calcolo del TEGM ( o perché patologico o per non essere applicata comunemente dalle banche) non può concorrere alla determinazione del normale prezzo del credi- to337, è evidente che questo non escluda che di suddetti costi non si debba tener conto ai fini del superamento del tasso so- glia338. Si rammenti che l’art. 644 c.p. recita testualmente <<Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e del- le spese, escluse quelle per imposte e tasse>>.

Dunque, il fatto che la il Ministro del Tesoro e la Banca d’Italia non abbiano tenuto in considerazione un certo costo per

334

Da qui l’esclusione della possibilità che, ai fini dell’usurarietà del finanziamento

e del superamento del tasso soglia trimestrale, gli interessi moratori debbano essere sommati agli interessi corrispettivi. Cfr. DI NAPOLI, op.cit., 64 ss.

335

Cfr. CORIGLIANO, Gli interessi di mora sono esclusi dal calcolo del teg, ex

parte.it, 03-07-2013

336

Cfr. AMBROSINI, Banche, consumatori e tutela del risparmio. Servizi di inve-

stimento, market abuse e rapporti bancari, Giuffrè, 2009, 435 ss.

337

Cfr. AMBROSINI, op.cit., p. 440

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la determinazione del TEGM non esclude che di esso non si tenga conto ai fini del superamento del tasso-soglia339.

Una diversa soluzione sarebbe ingiusta nei confronti del cliente, il quale potrebbe diventare vittima di costi originali e inconsueti applicati dalle banche, senza che ciò rilevi ai fini della disciplina antiusura in quanto strategicamente esclusi dal calcolo del TEGM340.

Per ragioni di chiarezza logica e per circoscrivere l’ambito di nostro interesse, è quindi opportuno sgombrare il campo da un equivoco ribadendo che il fatto che non considerare l’interesse moratorio nelle rilevazioni trimestrali nulla dice sulla sua ine- renza alla pratica della usura341. Quest’ultima deduzione sem- bra essere l’unica plausibile, in quanto è costruita sul presuppo- sto che non sia possibile confondere la rilevazione statistica delle soglie di usura per fini amministrativi con il calcolo del costo effettivo e globale del finanziamento che dev’essere ne- cessariamente effettuato con le sole formule previste in qual- siasi manuale di matematica finanziaria e secondo il tenore let- terale dell’art. 644 c.p.342

In aggiunta, a dare manforte alla tesi per cui le voci e i costi contenuti nelle istruzioni della Banca d’Italia non siano deter- minanti ai fini della valutazione dell’usurarietà dei finanzia- menti accorre la sentenza della Corte di appello di Milano del 22 Agosto 2013, in cui è stato elaborato il principio secondo il quale: “le direttive e le istruzioni della Banca d’Italia, quale or-

339

Sembrerebbe corretto quindi che la soglia oltre il quale gli interessi moratori di-

vengono usurari sia superiore, proprio alla luce della loro natura risarcitoria, rispetto a quella individuata per gli interessi corrispettivi. Cfr. CATANIA, op.cit., p. 42

340

Infatti una cosa è stabilire che l’usurarietà del finanziamento dipenda esclusiva-

mente dalle voci di costo che compongono il TEGM, altra cosa è sostenere che sif- fatta esclusione esoneri la voce di costo dall’applicabilità della disciplina antiusura. Cfr. LANZARA, op.cit., p. 17.

341

Cfr. SEMERARO, op.cit., p.3 342

Il tasso soglia è infatti un mero dato numerico, e sono quindi del tutto indifferenti sia le modalità con cui viene calcolato sia le componenti di costo che contribuiscono a formarlo, con la conseguenza che i tassi moratori possono perfettamente essere confrontati con la soglia di usura. Cfr. DI SANTO, op.cit., p. 2

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gano di vigilanza e indirizzo delle banche e degli altri interme- diari finanziari, non sono vincolanti per gli organi giurisdizio- nali neanche in materia di usura”343

.

L’acuta deduzione della Corte di Appello di Milano, per quanto foriera di verità incontrastabili e, soprattutto, rispettosa del principio di divisione dei poteri, sembra comunque dover sopportare, e quindi, accettare il peso costante rappresentato dal ruolo della Banca d’Italia nella individuazione della soglia di usura344. Certo, è pur vero che, formalmente, la Banca d’Italia avrebbe in materia sola funzione consultiva ed invece, sostanzialmente, il ministero competente potrebbe comunque apportare delle modifiche alle rilevazioni effettuate dall’organo di vigilanza, ma non serve nascondere che spesso l’elevata componente tecnica della materia unita ad una singolare esen- zione di responsabilità del nostro legislatore rende inevitabil- mente inutili questi correttivi.

Tuttavia le istruzioni della Banca d’Italia, sebbene non siano sufficienti per escludere gli interessi di mora, certificano la di- versa collocazione giuridica di suddetti interessi, attinenti alla fase patologica del rapporto di credito345. È dunque assoluta- mente innegabile sostenere che, se da un lato l’omogeneità funzionale degli interessi moratori rispetto a quelli corrispettivi predetermina la soggezione di entrambi alla disciplina antiusu- ra, dall’altro è chiaro che trattandosi di costi di rischio o pato- logici non possano ricevere lo stesso trattamento degli interessi corrispettivi346.

343 DI NAPOLI, op.cit., p. 74

344

Sulla tesi della norma penale in bianco Cfr. GIOVAGNOLI, Studi di diritto pe- nale: parte speciale, Giuffrè, 2008, 456 ss.

345

Sul punto ampiamente V. ROSSETTI, Guida pratica per il calcolo di danni, in-

teressi e rivalutazione, Wolters Kluwer Italia, 2009

346

Anche perché sarebbe assurdo che le banche dovessero trovarsi costrette a deter-

minare gli interessi corrispettivi in previsione di un eventuale inadempimento del cliente. Cfr. TARANTINO, op.cit., p. 6

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Non è di certo irragionevole quanto statuito dalla Banca d’Italia, nella Comunicazione 3 luglio 2013347

, in cui si è af- fermato che: << l’inserimento degli interessi moratori nel cal-

colo del TEGM potrebbe determinare un eccessivo innalza- mento delle soglie, in danno della clientela e, di conseguenza, un più difficile ricorso al credito da parte dei consociati, co- stretti a intraprendere la strada del credito illegale che, alme- no nei primi tempi, risulterebbe maggiormente vantaggio- sa>>348.

Inoltre, non bisogna dimenticare che gli interessi moratori hanno una funzione, oltre che risarcitoria, anche sanzionatoria contro il soggetto inadempiente, circostanza che rende inam- missibile un trattamento uniforme tra interessi corrispettivi e interessi moratori349.

In conclusione non sembra esservi soluzione diversa se non quella di creare un apposito tasso soglia per gli interessi di mo- ra, che al pari del TEGM, sia espressione delle condizioni co- munemente applicate dalle banche in caso di inadempimento del debitore350. A questa esigenza il legislatore ha risposto, dapprima con il D.M. 25 marzo 2003, e successivamente con la

nota metodologica relativa al più recente D.M. 18 marzo 2008,

che finalmente ha introdotto un sistema di controllo specifico per gli interessi di mora351.

La nota metodologica contiene una rilevazione statistica operata dalla Banca d’ Italia e dall’ UIC, dalla quale è emerso

347

Il contenuto della comunicazione ha ribadito quanto statuito dalla stessa Banca d’

Italia nel resoconto della consultazione sulla disciplina dell’usura del 2009

348 Cfr. CORIGLIANO, op.cit., 3/7/2013

349

Inoltre è evidente che gli operatori bancari assegnino particolare importanza eco- nomica al “raccordo temporale delle scadenze di finanziamenti ed impegni, stretta- mente dipendente dal rispetto dei contratti in essere. Cfr. CONDEMI, MARCELLO, op.cit., p. 18

350

Cfr. TARANTINO, op.cit., p. 7

351

Per un’analisi dell’intero contesto storico e giuridico formatosi precedentemente

e successivamente al primo decreto ministeriale Cfr. DAGNA, op.cit., 132 ss.; L’ indirizzo normativo del tasso soglia specifico per gli interessi moratori è stato oppor- tunamente applicato dal Tribunale di Torino il 3/11/2006, in Contratti, 2007, 679.

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che la maggiorazione stabilita per il ritardo di pagamenti è me- diatamente pari a 2,1 punti percentuali. Di conseguenza a que- sta rilevazione, è stato previsto un limite soglia a cui riferirsi “prudentemente” per la determinazione del tasso di mora, il cui risultato è dato dal calcolo della percentuale prevista per gli in- teressi corrispettivi, maggiorato di quei 2,1 punti percentuali, ed aumentati della metà (attualmente aumentato di un quarto con aggiunta di ulteriori quattro punti percentuali )352.

All’indomani del decreto ministeriale del marzo 2003 è inter- venuta anche l’Associazione Bancaria Italiana (ABI), con Let- tera circolare n° 4691 del 25 settembre 2003 in cui, allegando una parere della Prof.ssa Severino di Benedetto, affermò l’orientamento positivo proveniente dalla dottrina più autorevo- le circa l’istituzione di un tasso soglia unico353

. Tuttavia, il pa- rere dell’ABI e della Prof.ssa Severino354

non sembrano con- vincere la maggior parte della dottrina sulla base della conside- razione che non superano le numerose problematiche in merito alla configurabilità di un diverso ed ulteriore tasso soglia.

Non a caso il nuovo metodo, soprattutto di recente, ha subito numerose critiche355 basate fondamentalmente su due argomen- tazioni: in primo luogo la rilevazione dei 2,1 punti percentuali risale a undici anni addietro e il mancato intervento del legisla- tore in questo periodo non può che significare un disinteresse

352

Per un maggiore approfondimento sul contenuto del decreto ministeriale Cfr. INZITARI, DAGNA, Commissioni e spese nei contratti bancari, Bassano del Gr.(VI), 2010, 130 ss.

353

Cfr. DAGNA, op.cit., p. 133

354

A sostegno del nuovo tipo di rilevazione la Prof. Severino ha affermato in una nota che: “appare corretto individuare il tasso soglia degli interessi moratori nella percentuale pari a quella rilevata (rispetto alle varie operazioni classificate) per gli interessi corrispettivi, maggiorata di 2,1 punti percentuali, aumentata del 50%” e che: “ ad escludere la configurabilità di un comportamento usurario sembra suffi- ciente la previsione,- nella operazione complessivamente considerata- di una per- centuale che non oltrepassi il tasso soglia degli interessi moratori (pari-come si è detto- al tasso medio rilevato per gli interessi corrispettivi, maggiorato di 2,1 punti percentuali), senza che occorra rispettare un requisito di proporzionalità tra tasso di mora e tasso corrispettivo”. Cfr. TARANTINO, op.cit., p. 8

355

V. CAFARO, TANZA, Le tutele nei rapporti con la banca. Risparmio e investi-

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nel trattare in modo diverso le due tipologie di interessi356. Inoltre, e a dimostrazione dell’inefficacia del criterio introdotto dalla nota metodologica, accorre l’ inconsistente locuzione <<prudentemente>> che, in sostanza, ha creato un criterio aritmetico legato ad un parametro a cui riferirsi, per l’ appunto, prudentemente, rendendolo opinabile e difficilmente applicabi- le357.

Le critiche prima esposte sono perfettamente legittime, anche se bisogna ribadire che l’istituzione di un tasso soglia specifico non è assolutamente incoerente con la disciplina antiusura in quanto non esclude l’usurarietà degli interessi moratori358

, anzi istituisce un criterio di calcolo specifico che il debitore, potreb- be regolarmente monitorare al pari di quello previsto per gli in- teressi corrispettivi359. A corroborare questa tesi si potrebbe addurre la palese violazione dell’ art. 3 cost. che si generebbe nel caso in cui si ammettessero gli interessi moratori all’ inter- no del calcolo del TEGM previsto per gli interessi corrispettivi. In tal modo, i rapporti “onesti” ed esenti da elementi usurari in cui il debitore parsimonioso è in condizione di pagare il credito alle scadenze prefissate, senza ritardi, dovrebbero assistere ad

356

MARCELLI, Criteri e modalità di determinazione del tasso di usura: ambiguità

e contraddizioni, in il caso.it, 2008, nota che: “tale rilevazione ha riguardato una quota limitata dell’universo di riferimento( 10%) e risulta circoscritta temporalmente al III trimestre del 2001. Non risulta vi siano stati aggiornamenti, né si può ritenere che il valore del parametro censito- maggiorato nei casi di ritardato pagamento- sia caratterizzato da una particolare stabilità nel tempo, dal ‘97 al ’01, e per il periodo successivo, dal ’01 in poi”.

357

Inoltre non sembra comprensibile quel riferimento all’indagine statistica in

quanto non può prevedere un autonomo tasso soglia in quanto la L.108/96 non lascia alcun dubbio sul fatto che spetti solo al ministero il compito di determinare il tasso soglia, anche se diverso e riferito agli interessi moratori. Cfr. VASSALLI, I tassi di usura perdono la mora, in Il Sole 24 Ore, ed. 10.6.2003, 27

358

Tuttavia alcuni autori ritengono doveroso non aderire ad un orientamento che

ricomprendesse la mora ai fini dell’accertamento del comportamento usurario in quanto indebolirebbe il vincolo dell’esatto inadempimento e, di riflesso, potrebbe ampliare la quota di sofferenze. Verrebbe, in tal modo, innescato un meccanismo perverso che si autoalimenterebbe, determinando uno spostamento in alto del venta- glio considerato e una graduale esclusione dal credito delle fasce più rischiose, che sono spesso proprio quelle che le norme antiusura si prefiggono di tutelare. Così CONDEMI, MARCELLI, op.cit., p. 19 ss.

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un innalzamento del tasso soglia360, a causa di elementi che, non bisogna dimenticare, sono pur sempre patologici rispetto al rapporto di credito e, quindi, ragionevolmente inadatti a de- terminare un parametro normativo di riferimento per i rapporti creditizi in genere361.

Di recente con la comunicazione 3 luglio 2013 è intervenuta la Banca d’ Italia che, al fine di sedare questo insanabile con- trasto e premettendo l’esclusione degli interessi di mora dal calcolo TEGM362, ha stabilito che le valutazioni sull’usurarietà dei finanziamenti, sotto l’aspetto civile e penale sono comun- que rimesse all’Autorità Giudiziaria”363

.

Non sembra potersi dare merito al riferimento dell’Autorità giudiziaria perché ambiguo, contraddittorio e certamente incoe- rente con il sistema di rilevazione promosso dalla Banca d’Italia. Infatti se suddetto riferimento venisse interpretato alla lettera, non potrebbe che assecondare la tesi per cui gli interessi moratori devono essere calcolati ai fini del superamento del TEGM trimestralmente rilevato, in quanto è questo l’orientamento della Suprema Corte.

360

Equiparando i due tassi di interesse si applicherebbe ingiustificatamente il mede- simo tasso soglia al mutuatario adempiente e a quello inadempiente. Cfr. VASSALLI, I tassi anti-usura perdono la mora, in Sole 24ore, 10 giugno 2003

361 Come nota correttamente CONDEMI, MARCELLI, anatocismo bancario e mer-

cato dei tassi usurari: profili giuridici, economici e tecnico-operativi, p. 18, “il tasso di mora subentra a rapporto concluso, è un dato predeterminato nella fase iniziale e non ha alcun significato corrente: ricomprenderlo nella media inficerebbe l’obiettivo di attualità che il valore medio deve rappresentare e introdurrebbe un valore assai disomogeneo che eleverebbe impropriamente il risultato complessivo.

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4.7. MODALITÀ DI CALCOLO DEGLI INTERESSI DI