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ESTENDIBILITÀ ORIZZONTALE DELL’ ART 1815 C.C.

CIVILISTICA CONTRO L’ USURA

95 Infatti se è pacifico che le parti regolino i loro interessi secondo le rispettive esi-

2.2.2. ESTENDIBILITÀ ORIZZONTALE DELL’ ART 1815 C.C.

Sebbene il regime drastico previsto dall’ art. 1815, 2° com- ma, c.c., meriterebbe un maggiore approfondimento121, ciò che rileva ai fini della normativa antiusura è comprendere se la suddetta sanzione trovi applicazione nei confronti di fattispecie contrattuali diverse dal mutuo122. Non a caso si è ampiamente discusso sulla possibilità che tutti i rapporti a prestazioni corri- spettive con contenuto usurario possano o meno beneficiare della tutela di cui all’art.1815 c.c.. I dubbi sono sorti a causa del fatto che il sopracitato riferimento codicistico è stato collo- cato nel capo del codice civile che disciplina esclusivamente il mutuo123.

Una prima tesi sostiene che la sanzione non debba trovare estensione a tutte le tipologie di credito poiché ciò comporte- rebbe una lesione del principio naturale di fecondità del denaro,

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Come si ha avuto modo di osservare il previgente art. 1815 c.c. prevedeva la sola

riduzione degli interessi fino alla misura legale, applicando quindi un sistema “san- zionatorio” coerente alla funzione tipica della norma civile che, soprattutto nei casi in cui non si ravvisi una coercizione della libertà di una delle parti nella stipula del contratto, tende a contemperare le esigenze dei due contraenti, in considerazione del principio di autonomia contrattuale. Cfr. RICCIO, op.cit., 79 ss.

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Per una disamina approfondita sulla natura della sanzione di cui all’art.1815 c.c. Cfr. CATANIA, op.cit., pp. 162-167, D’APOLLO, op.cit., pp.10-13 e VENDITTI, Della nullità della clausola contenente stipulazione di interessi usurari, in Giust. civ., 1955

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Più precisamente è doveroso stabilire se suddetta sanzione debba estendersi o

meno a tutti i contratti di finanziamento. Il giudizio in questione assume un’importanza fondamentale perché incide pesantemente sul principio di uguaglian- za ex art. 3 Cost. Cfr. RICCIO, op.cit., 111 ss.

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È stato notato, infatti, che la norma debba applicarsi a qualsiasi convenzione di interessi, consentendo la sua formulazione un’applicazione estensiva che, varcati gli stretti confini del mutuo, la rende idonea ad arginare il fenomeno dell’usura in rela- zione a tutti i contratti per i quali sia possibile la pattuizione di interessi. V. REALMONTE, Stato di bisogno e condizioni ambientali: nuove disposizioni in te- ma di usura e tutela civilistica della vittima del reato, in Riv. dir. comm., 1997, I, p. 777

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il cui riconoscimento dato dagli artt. 1282 e 1284 c.c.124, rende- rebbe la disposizione una norma eccezionale per il solo mu- tuo125.

Questo perché la drasticità della sanzione deve essere co- munque contemperata alle reali condizioni praticate dalle ban- che o dagli altri privati, dalle quali emerge che solo l’ elevata e provata frequenza di pattuizioni usurarie all’interno del mutuo, può meritare un regime tanto repressivo e distante dalle logiche economiche che ispirano il nostro ordinamento126.

A questa tesi si opposero coloro che invece ritenevano corret- ta l’ “estendibilità orizzontale” dell’ art. 1815, 2° comma, c.c., agli altri contratti, sulla base della considerazione che la disci- plina civilistica degli interessi usurari deve trovare attuazione in tutti i rapporti contrattuali poiché la pattuizione di interessi usurari ha un’autonomia giuridica trasversale, che prescinde necessariamente dalla tipologia negoziale prescelta127.

Inoltre l’ inserimento nella disciplina antiusura delle locu- zioni “altri vantaggi” ed “altre utilità” non può che essere incli- ne ad ammettere un regime che comprenda tutte le fattispecie di usura, senza differenziare la sua applicazione nelle varie ti- pologie di contratto128.

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Cfr. FRATINI, op.cit., pp.48-49

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Questa osservazione non può restare esente da critiche perché non sembra possi-

bile che una norma acquisisca efficacia e validità in base alla frequenza di realizza- zione della fattispecie oggetto di tutela. Nona caso alcuni Autori hanno ritenuto che la norma in parola sia da considerare l’unica disciplina prevista ed idonea ad essere il baluardo civilistico dell’usura, soprattutto alla luce delle novelle della L. 108/96. Cfr. D’APOLLO, op.cit., p. 9

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Cfr. DAGNA, op.cit., p. 56-57 127

Occorre precisare che tale dibattito sull’estendibilità dell’art.1815 c.c. non vi era stato prima della riforma del 96’ poiché si considerava la norma una tutela civilistica che contemperava equamente gli interessi delle parti. È però stato notato che la L.108/96, introducendo una sanzione a tutti gli effetti, ha lasciato molti dubbi circa l’applicabilità del nuovo art.1815 c.c. a tutte le forme di concessione di denaro in godimento. Cfr. DAGNA, op.cit., 58 ss.

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La riforma infatti, oltre ad aver eliminato il requisito dell’approfittamento dello stato di bisogno dal reato di usura, ha introdotto la locuzione <<altri vantaggi>> e <<altre utilità>>. Tramite questi interventi legislativi si è osservato che tra i requisiti del reato di usura si ricava solamente il concetto di “interessi usurari”, il quale coin- cide perfettamente con quello previsto dall’art.1815 c.c. che, per valutare

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Per affrancare questa tesi si consideri che non ammettere l’estendibilità orizzontale della sanzione violerebbe inevitabil- mente l’art. 3 della Costituzione, generando una grave situa- zione di disparità: il mutuatario, vittima dell’ usura riceverebbe una tutela molto più ampia rispetto allo sfortunato debitore che, invece, ha contratto un rapporto diverso dal mutuo, e al quale non resterebbe che la tutela più classica, e certamente meno in- cisiva, della rescissione per lesione ex art. 1448 c.c.129.

Proprio in base a queste considerazioni, nelle fattispecie con- trattuali diverse dal mutuo l’orientamento giurisprudenziale pressoché unanime ritiene che debba applicarsi il regime della nullità parziale della singola clausola.130. Anche siffatta con- clusione non risolverebbe il problema della violazione del prin- cipio di uguaglianza in quanto si applicherebbero comunque due regimi diversi: il mutuatario non dovrebbe corrispondere alcun interesse e, invece, il debitore che ha stipulato un contrat- to diverso dal mutuo avrebbe una mera riduzione del tasso d’interesse131

.

Il dibattito sembra comunque essere stato risolto con l’ in- troduzione del D.L.185/08, convertito in L. 28/1/09 n.2, il qua- le, all’ art. 2 bis, secondo comma, ha statuito che interessi, commissioni e provvigioni derivanti dalle clausole che, co- munque denominate, prevedono una remunerazione a favore della banca, in funzione della effettiva durata dell’ utilizzazio- ne dei fondi da parte del cliente, sono comunque rilevanti ai fi-

l’usurarietà “civilistica”, non può richiamare la stessa nozione dell’art. 644 c.p. Cfr. D’ APOLLO, op.cit., p.8

129 Infatti dato per scontato che non sarebbe proponibile nei contratti diversi dal mu-

tuo l’annullabilità e della nullità totale, ristretto l’ambito di operatività dell’azione di rescissione, nonché accantonato per il momento il meccanismo della sostituzione automatica di clausole, non rimane come rimedio che la soluzione della nullità par- ziale, ed eventualmente, il risarcimento dei danni. V. DAGNA, op. cit., pp. 61-62

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Per un orientamento giurisprudenziale favorevole al regime di nullità parziale V.

Cass, 3 febbraio, 1995, n. 1592, in giur.it, 1996, 1, 254, con nota di CARETTA.

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Per esaminare le problematiche sorte a causa dell’applicazione del regime di nul- lità parziale V. CARBONE, Interessi usurari dopo la l. n. 108/1996, in Corr. giur., 1998, 435 ss.

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ni dell’ applicazione dell’ art. 1815 c.c., da cui si arguisce chia- ramente che la sanzione, ivi stabilita, riguarda anche le forme tecniche diverse dal mutuo132.

Indipendentemente dal suddetto decreto legge, sembrerebbe possibile estendere la sanzione alle fattispecie contrattuali di- verse dal mutuo in via esclusivamente ermeneutica.

Sembra infatti ammissibile estendere la sanzione di cui all’art. 1815 c.c. anche ai contratti di conto corrente usurari133

, per i quali, tra l’altro, il legislatore ne ha già previsto espressa applicazione nell’art. 126 T.U.B, nella sezione speciale posta a tutela del consumatore134.

La stessa sanzione potrebbe poi essere estesa anche alle ope- razioni di sconto, rubricate dall’opinione corrente nei contratti di liquidità con funzione creditizia135.

Inoltre il ricorso a tale sanzione sembrerebbe ammissibile anche nei c.d. “pronto contro termine” 136

ed anche nel più classico ed analogo contratto di riporto (operazioni creditizie non oggetto di rilevazione trimestrale) nel caso in cui la parte di prezzo dei “titoli a termine”, collegata a quotazione stabile, assuma un valore eccessivamente superiore rispetto al prezzo dei “titoli pronti”137

.

Maggiori perplessità sorgono per il contratto di factoring138 in quanto spesso il factor si limita a pagare il valore nominale dei titoli non ancora scaduti, in cambio di una commissione, calcolata secondo la disciplina TAEG solo nel caso di attività

132

Cfr. il c.d. “decreto legge anticrisi: misure per il sostegno a famiglie, lavoro, oc-

cupazione e impresa, testo coordinato 29.11.2008 n° 185” , G.U. 28.01.2009, in Al- talex, 29 gennaio 2009

133 Cfr. TETI, L’apertura di credito bancario, in Contr. bancari, Milano, 1988,

p.107

134

Cfr. DAGNA, op.cit., p. 64

135

Cfr. PORZIO, op.cit., p.480. Per una tesi a sostegno della Cassazione V. Cass, 11

agosto 2000, n° 10689 136 Cfr. MORRA, op.cit., p.37 137 Cfr. DAGNA, op.cit., p. 67 138

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finanziaria139. Invece, solo raramente il cedente riceve un anti- cipo di denaro o delle garanzie, il cui recepimento, tra l’ altro, è condizione necessaria affinché si applichi la disciplina degli in- teressi e di conseguenza la sanzione dell’ art. 1815c.c140

. Quanto al leasing occorre premettere che la differente struttu- ra rispetto al mutuo rende difficile l’ applicabilità della sanzio- ne, anche se occorre distinguere tra leasing operativo e leasing finanziario141.

Il primo è una operazione di concessione in godimento di be- ni strumentali all’ attività di impresa ed è riconducibile allo schema della locazione, caratteristica che, per l’ appunto, lo rende immune dalla disciplina degli interessi142.

Nel secondo invece, il cliente, pagando un canone mensile “ costituito da una somma comprensiva di una quota ( rappresen- ta la rata di restituzione del capitale prestato per acquisire il bene) e di un’altra quota( calcolata sulla base del tasso d’ inte- resse da applicare alla somma dovuta143) ha ricevuto un vero e proprio prestito, e quindi, soggetto al regime di nullità dell’art. 1815 c.c.144.

A conferma dell’assunto occorre rilevare che tanto le opera- zioni di leasing quanto quelle di factoring sono inserite tra le operazioni creditizie oggetto di rilevazione nelle citate istru- zioni della Banca d’ Italia145

. 139 Cfr. PORZIO, op.cit., p. 960 140 Cfr. DAGNA, op.cit., pp.65-66 141

In proposito V. CAMPOBASSO, op.cit., 145 ss.

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