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Assemblea e Consolato nei due progetti di Costituzione

3. La democrazia rappresentativa

3.2. La sovranità dell’Assemblea e il rapporto tra i poter

3.2.4. Assemblea e Consolato nei due progetti di Costituzione

Nell‘analizzare la Costituzione romana del 1849, gli storici si sono trovati genericamen- te concordi nell‘affermare che il testo riconosce una netta prevalenza all‘organo legisla- tivo, rispetto al quale Consolato e Ministero si trovano in una posizione di subordina- zione. Un assetto che richiama quello realizzato dalla Costituente durante i primi mesi di governo, quando come abbiamo visto il rapporto tra le istituzioni viene improntato al controllo dell‘Assemblea sul Comitato esecutivo e sui ministri.

La centralità dell‘Assemblea rispetto agli altri organi istituzionali, che caratterizza la Costituzione romana, viene spesso considerata dagli storici l‘elemento che differenzia in maniera sostanziale i due progetti elaborati dalla Costituente. Secondo molte interpreta- zioni infatti il progetto Agostini propone un esecutivo molto più forte rispetto alla se-

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Ivi, p. 1046. È interessante notare che Audinot attribuisce erroneamente a Bonaparte la critica al prin- cipio della separazione dei poteri. La cosa non sfugge a Bonaparte che subito fa notare l‘errore afferman- do: «egli [Audinot] mi attribuisce le idee di Cernuschi da me confutate». (Ibidem).

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conda redazione, e una generale articolazione istituzionale in cui i due organi di potere, Assemblea e Consolato, sono posti su un livello sostanzialmente paritario, come dimo- stra il fatto che entrambi sono soggetti al controllo del Tribunato.

Se il Tribunato è indubbiamente un elemento fondamentale nel creare questo maggior equilibrio tra gli organi di potere, l‘elezione diretta dei consoli e la presenza di un‘istituzione straordinaria come la Dittatura contribuiscono a formare l‘immagine di un esecutivo autonomo e potente.

È proprio sull‘elezione a suffragio universale dei consoli che vogliamo soffermarci, poi- ché da essa dipende la particolarità dell‘assetto istituzionale proposto in questo progetto. Questo tipo di elezione attribuisce, infatti, unicamente al popolo il compito di delegare il potere nelle sue diverse funzioni. Non solo il consolato, ma addirittura il Tribunato viene eletto dalla cittadinanza a suffragio universale, di modo che sia l‘esercizio del po- tere che il controllo sugli organi che lo detengono derivano da una atto di delega da par- te della popolazione. Sia il legislativo che l‘esecutivo attingono quindi il proprio potere direttamente dal legittimo titolare della sovranità, da ciò deriva l‘assunzione da parte del Consolato di una notevole autorità, quantomeno pari a quella dell‘Assemblea.

Secondo Nocilla la presenza di un esecutivo autorevole nel primo progetto deriva dalle idee di Agostini, il quale, su posizioni mazziniane, avrebbe subito l‘influenza di una forma di esecutivo forte e dotato di grandi poteri come il Triumvirato di Mazzini112. Tuttavia è il caso di notare, che l‘idea di un esecutivo di elezione popolare non è appog- giata da Agostini, come emerge in occasione della discussione sul secondo testo costitu- zionale proposto all‘Assemblea, quando Agostini mostra segni di apprezzamento per i cambiamenti apportati alle modalità di elezione del Consolato nella nuova proposta: «Circa al potere consolare - afferma il deputato - era mio pensiero individuale manife- stato nella prima Commissione, che fossero di elezione dell‘Assemblea, ed in ciò sono lieto di trovarmi d‘accordo col secondo progetto, […].».113

.

È dunque evidente che l‘idea di un‘elezione diretta del consolato non arriva da Agostini, e bisogna piuttosto supporre che il suo promotore sia stato Bonaparte, che infatti è l‘unico a difenderla durante la discussione. Nell‘intervento del 30 giugno, quando pro- pone un emendamento all‘articolo 32 che ristabilisce l‘elezione popolare, Bonaparte spiega la sua posizione in questi termini:

112

Cfr. D. Nocilla, Sovranità popolare e rappresentanza negli interventi di Aurelio Saliceti … cit., pp. 241 e sgg.

119

[…] io vedo diversamente da voi, o colleghi, perché non mi sento capace, non mi sento il diritto di usurpare questo diritto del popolo romano. Se votassi in favore di questo ar- ticolo commetterei un‘usurpazione. Non perciò dico che chi non pensa come me, commetta una usurpazione. […]

Bonaparte include l‘elezione dell‘esecutivo tra gli atti con cui il popolo esercita la pro- pria sovranità, di conseguenza tale elezione diventa un diritto che non gli può essere sot- tratto senza implicare una negazione delle sue prerogative.

Il deputato insiste, quindi, sull‘elezione popolare arrivando a proporre una soluzione di compromesso che risponde alle preoccupazioni di quanti vedono nell‘elezione diretta il pericolo che il popolo compia una scelta sbagliata114. Più avanti, infatti, nel corso dello stesso intervento, avanza la possibilità di un‘elezione indiretta a due gradi:

Se voi temete il suffragio universale diretto con la garanzia della pubblicità, fate alme- no che il Popolo nomini degli elettori ad hoc come si fa in altri paesi liberi: ma lungi dall‘attribuire la scelta all‘Assemblea, escludete in questo caso che qualunque membro dell‘Assemblea legislativa possa essere tra gli elettori. Questo è principio che garantirà al potere esecutivo quella importanza che deve avere in una Repubblica. Questo farà sì che non si potrà dire di voi che avete concentrato direttamente o indirettamente tutti i poteri in voi stessi.

Per Bonaparte l‘elezione dell‘esecutivo da parte dell‘Assemblea porterebbe ad un‘eccessiva accumulazione di potere nelle mani di quest‘ultima, ed emerge quindi la consapevolezza che la soluzione proposta dal progetto creerebbe un forte sbilanciamen- to tra i poteri a favore del legislativo. Torna in questa circostanza, come nel dibattito sul Tribunato, la preoccupazione che si possa creare un sistema in cui l‘Assemblea assuma un‘eccessiva concentrazione di potere, senza essere sottoposta ad alcun controllo. Nell‘emendamento proposto da Bonaparte quindi i Consoli «Vengono nominati dal Po- polo a suffragio universale o diretto, o per mezzo di elettori appositamente scelti, esclu- so qualunque membro dell‘Assemblea»115

.

La risposta che arriva da Salvatori contro l‘emendamento riprende la stessa argomenta- zione che abbiamo visto emergere contro l‘istituzione del Tribunato; un‘elezione diretta dell‘esecutiva da parte della popolazione creerebbe due organi sovrani che finirebbero per entrare in conflitto tra loro:

114

Ivi, pp. 751-752.

120

Io credo che questo ammendamento non possa ammettersi, perché così si creerebbero due poteri, che cozzerebbero fra loro e ne nascerebbe che non vi sarebbe quell‘accordo, armonia ed unità che è necessaria in un Governo. La Francia in questo momento, inve- ce di crearsi un Presidente, si è creata un Re.

La posizione di Salvatori è prevalente all‘interno dell‘Assemblea come dimostra il fatto che l‘emendamento di Bonaparte non viene neanche ammesso alla votazione.

L‘alternativa a un‘elezione popolare è la nomina dei consoli da parte dell‘Assemblea, e in tal senso viene modificato il primo progetto costituzionale. L‘articolo 32 del nuovo testo, infatti, recita: «Tre sono i consoli. Vengono nominati dall‘Assemblea a maggio- ranza di due terzi di suffragi. Debbono essere cittadini della repubblica e dell‘età di 30 anni compiuti.»116.

Il secondo progetto di Costituzione predispone quindi un assetto del tutto diverso, che è quello infine approvato dalla Costituente. Un assetto che replica la struttura sperimenta- ta dalla Repubblica sotto il governo della Costituente, con un‘Assemblea eletta a suffra- gio universale, la quale a sua volta nomina i tre membri del Consolato, a cui spetta in- vece la scelta dei ministri. L‘elezione dei consoli da parte dell‘Assemblea crea una di- sposizione piramidale degli organi di potere; una gerarchizzazione analoga a quella che si è creata tra la Costituente e il Comitato esecutivo. Oltre alle considerazioni pratiche che, come abbiamo visto, si legano al timore delle conseguenze di una scelta sbagliata da parte della popolazione, la decisione dei costituenti ruota intorno a due questioni: da un lato troviamo una visione dell‘esecutivo come potere incline a degenerazioni dispoti- che al quale bisogna, quindi, porre dei limiti, e dall‘altro abbiamo invece il problema dell‘assunzione del potere sovrano, trasmesso dal popolo per mezzo dell‘atto elettorale. È il caso di soffermarsi su quest‘ultimo punto, dal momento che emerge con forza dalle parole dei deputati la volontà di difendere la sovranità dell‘Assemblea. L‘idea dell‘unicità del potere, detenuto dal popolo e quindi trasmesso ai suoi rappresentanti con un solo atto di delega, sta alla base della costruzione proposta nel secondo progetto di Costituzione. Con le elezioni a suffragio universale dei deputati dell‘Assemblea, questi ultimi acquisiscono interamente il potere sovrano, divenendo a loro volta unica fonte di legittimazione dell‘autorità dell‘esecutivo.

116 Ivi, p. 756

121

La modalità di elezione dei consoli è, dunque, l‘elemento di maggior differenza tra i due progetti per quanto riguarda il modo di concepire l‘esecutivo e il suo rapporto con l‘Assemblea.

È il caso comunque di notare, a proposito del primo progetto, che l‘autorità attribuita all‘esecutivo dall‘elezione popolare viene mitigata da altri elementi, pensati per limitare, a livello strutturale, i pericoli degenerativi propri del potere esecutivo.

Ne è un esempio la scelta di creare un consolato di due soli membri. Secondo la spiega- zione offerta da Agostini la decisione sulla struttura da dare all‘esecutivo ruota intorno a due possibilità: il governo di un presidente oppure la creazione di un organo collegiale. La prima opzione viene scartata per distanziarsi sia dall‘esempio della Repubblica fran- cese, sia dal modello monarchico. Accolta quindi la seconda possibilità, si pone il pro- blema di stabilire se l‘organo debba essere di due membri o di tre:

La formazione del Potere esecutivo destò vivissime discussioni pel numero degl‘individui che debbono comporlo. Si rifiutò l‘unità, perché antiche, meno antiche, e recenti esperienze non la raccomandano, e per tutte quelle ragioni che tolgono ogni simpatia all‘immagine dell‘unità regale. La questione dipoi si recò tra il numero pari ed il dispari; le nostre opinioni subirono varie fasi, sotto l‘impulso di fortissimi ragiona- menti, e prevalse la parità.È facile l‘osservare che nei casi di discrepanza d‘opinione la parità del numero è pericolosa all‘esecuzione degli affari; ma non è difficile il negare che sta nella parità una garanzia potentissima di libertà […]117

In questa classificazione118 l‘alternativa è tra un consolato di tre membri, il che significa un esecutivo saldo al suo interno senza pericoli di spaccature, ma che può degenerare nel governo di uno solo, e un consolato di due membri, che comporta il rischio di divi- sioni interne, ma rappresenta una certezza contro il pericolo di un governo monocratico. La scelta di Agostini cade sulla seconda possibilità, segno che la stabilità dell‘esecutivo, e quindi anche la sua forza interna, vengono sacrificate in nome di una riduzione del pe- ricolo di accentramento di potere nelle mani di un solo uomo.

117

Ivi, p. 195

118 Politi nella seduta del 10 febbraio, parlando dei vari tipi di esecutivo che l‘Assemblea avrebbe potuto

stabilire, propone una classificazione analoga a quella di Agostini, e per entrambi, così come per Bona- parte, la scelta di un esecutivo collegiale deriva dal tentativo di allontanarsi dal modello monarchico; la possibilità di affidare il potere esecutivo ad un presidente è invece avanzata da Cernuschi, Ballanti e Sal- vatori, ma trova in generale scarso seguito tra i deputati romani. Per quanto riguarda invece la spiegazione proposta da Agostini sulle differenze tra un organo di due membri e uno di tre, essa trova riscontro anche nella relazione di Saliceti sul secondo progetto, segno che l‘idea è condivisa anche dai deputati della se- conda commissione.

122

Di fronte alla possibilità che una discordia tra i consoli crei uno stallo nelle attività di governo, Agostini invoca l‘intervento dell‘Assemblea che potrà esprimere il suo giudi- zio per dirimere la questione: «[…] l‘unica obiezione della discrepanza  afferma Ago- stini  si risolve in questo, cioè che il Potere esecutivo sia costretto a posarsi nell‘opinione dell‘Assemblea nazionale.»119. Proporre l‘intervento dell‘Assemblea legi-

slativa in caso di spaccature all‘interno dell‘esecutivo, significa optare per una soluzione che sottrae forza al Consolato e permette all‘Assemblea legislativa di intervenire nell‘ambito dell‘esecutivo.

Nel secondo progetto proprio per evitare la possibilità di un esecutivo instabile e di sconfinamenti dell‘Assemblea in campi che non le competono, si decide di optare per un consolato di tre membri. Bisogna inoltre segnalare che nella sua relazione introdutti- va Saliceti si pronuncia proprio contro questa possibilità di un intervento del legislativo nel campo dell‘esecutivo:

Nella formazione del Consolato le rimembranze di tutti i tempi fecero rigettare l‘unità. Rimembranze di antica gloria fecero forse accettar due Consoli. Si osservava essere la parità, in discrepanza d‘opinioni, guarentigia di libertà. La nuova Commissione vide la paralisi dove bisognava speditezza di affari, né fu paga del ripiego doversi il Consolato discorde posarsi nel seno dell‘Assemblea, perché le lunghe discussioni, inevitabili nelle grandi riunioni, nuociono alla celerità che d‘ordinario deve accompagnare gli atti go- vernativi; perché dove le discrepanze si rendesser frequenti, mancherebbe all‘Assemblea il tempo a tutte dirimerle; e perché non si debbon confondere le attribu- zioni di due poteri essenzialmente distinti, facendo che l‘uno entri nell‘altro. Il consola- to di tre fu quindi logica conseguenza.120

Tra gli altri elementi che mostrano come l‘Assemblea rappresenti l‘organo sovrano an- che nella struttura istituzionale del primo progetto, dobbiamo certamente considerare il fatto che in esso, all‘articolo 30, corrispondente all‘articolo 22 del secondo progetto, l‘Assemblea è detta «indissolubile», decretando in tal modo che non esiste un‘autorità al di sopra di essa che possa scioglierla, neanche il tribunato. Si tratta di una disposizione che ha delle conseguenze rilevanti nel funzionamento della Dittatura.

L‘idea di questa istituzione, pensata per affrontare in maniera incisiva situazioni di peri- colo per la sopravvivenza della Repubblica, sembra influenzata dalla situazione che lo Stato romano sta affrontando al momento dell‘elaborazione del testo. La cessione di po-

119

Ibidem.

123

teri straordinari al Triumvirato, nominato il 29 marzo, per affrontare la difficile situa- zione militare della Repubblica, sta probabilmente alla base dell‘idea di istituire a livel- lo costituzionale un governo provvisorio e plenipotenziario, con il conseguente sciogli- mento dell‘Assemblea, in caso di gravi crisi politiche. Non bisogna del resto sottovalu- tare l‘intenzione di Agostini di dare un‘impronta al testo che richiami in maniera espli- cita la tradizione dell‘antica Roma; una tradizione vista come carattere originario della cultura romana (e più in generale italiana), tanto che attingere ad essa darebbe alla Co- stituzione della Repubblica quel tratto distintivo che ogni costituzione, secondo il depu- tato, deve possedere in base alle inclinazioni del popolo a cui si rivolge. Ciò che ci inte- ressa sottolineare, in riferimento all‘articolo 30 di cui si è detto, è il fatto che l‘instaurazione della Dittatura può essere decisa solo dall‘Assemblea, che è l‘unica a po- ter decretare il proprio scioglimento; gli articoli 36 e 37 dispongono infatti:

36. Quando da due terzi dell‘Assemblea con l‘adesione del Tribunato la patria è dichia- rata in pericolo, appartiene all‘Assemblea il provvedere.

37. Se l‘Assemblea decretasse la dittatura resterà questa sotto la vigilanza del Tribuna- to costituito in seduta permanente per conoscere quando è cessato il pericolo della Pa- tria, e riconvocare subitamente e liberamente l‘Assemblea.121

Mentre con l‘articolo 38 si stabilisce la possibilità che l‘Assemblea si riunisca nuova- mente anche senza la convocazione da parte del Tribunato, se due terzi dei deputati fir- mano l‘«atto di riunione».

In tema di rapporto fra i poteri, il pensiero di Bonaparte, che può apparire in certi mo- menti contraddittorio, risulta invece molto interessante.

Se da un lato il deputato mostra una sorta di preoccupazione verso un‘eccessiva concen- trazione di potere nelle mani dell‘Assemblea, come emerge dagli interventi esaminati sul Tribunato e sulle modalità di elezione dei consoli, dall‘altro lato in varie circostanze esprime l‘idea di una naturale subordinazione dell‘esecutivo al legislativo.

Questa visione emerge in particolare in due casi. Nella seduta del 18 aprile, nell‘ambito di una breve disputa sul modo di inviare una comunicazione ai parlamenti inglese e francese, Lizabe-Ruffoni, spingendosi in considerazioni generali che travalicano il pro- blema contingente, afferma: «[…] l‘Assemblea siede per dare una norma al Potere ese- cutivo. È sempre diritto dell‘Assemblea e alle volte è dovere della medesima il dare

121 Ivi, p. 197.

124 queste norme. […]»122

. A queste parole Bonaparte risponde prontamente in questi ter- mini:

Salgo in ringhiera per rispondere ad alcune teorie udite or ora da questa tribuna […] Abbiamo udito che l‘Assemblea deve dar norme al potere esecutivo. Noi non siamo un Consiglio di Stato, siamo un‘Assemblea Sovrana! Diamo ordini e non altro ai nostri Triumviri. […]123

La considerazione di Bonaparte non è frutto della concitazione del momento, si tratta piuttosto di una posizione propria del deputato, come emerge dalle parole pronunciate il 30 giugno nella discussione sul numero dei consoli. Bonaparte sostiene fermamente di tornare all‘idea di un consolato di due membri; nel difendere questa posizione afferma:

Nel numero pari poi v‘è la maggior garanzia, non solo di buona amministrazione, ma di giustizia eziandio: […] E d‘altronde nel caso nostro; o colleghi, di che cosa si tratta? In questa Costituzione i Consoli, il potere esecutivo non avrà altro a fare che eseguire le leggi. Ora per eseguir bene, per eseguir secondo la volontà di chi comanda, secondo la volontà dell‘Assemblea, non vi sono due strade . Due uomini retti dovranno andare sempre d‘accordo; e se non vanno d‘accordo, questa sarà la prova che uno dei due non segue la strada retta; ed allora è giusto, è opportuno, che chi ha dato il mandato, che l‘Assemblea stessa, o direttamente o in quel modo che saprà fissare, decida fra loro, decida fra i due. Per me la dissensione possibile fra due Consoli che tanto spaventa gli avversari è maggior garanzia, è ragione addizionale per determinarli. […]»124

Sulla base di queste parole sembrerebbe dunque che l‘idea di un esecutivo subordinato al legislativo non sia estranea alla visione di Bonaparte. Tuttavia tale subordinazione sembra dipendere dalle funzioni che i due rami del potere sono chiamati a svolgere e non, come per altri deputati, dalla fonte del potere dell‘Assemblea. Riprendendo la di- stinzione di stampo rousseauviano tra volontà e forza125, Bonaparte attribuisce al legi-

122

Ivi, p. 228

123 Ibidem. 124 Ivi, p. 1052.

125 Vile spiega come Rousseau interpreti la distinzione tra le funzioni legislative ed esecutive a partire

dall‘idea che le azioni umane siano originate dalla combinazione della volontà e della forza. Applicando questo stesso schema alle funzioni di governo, Rousseau fa rientrare il legislativo nella sfera della volontà e l‘esecutivo in quello della forza. Questa interpretazione, sottolinea Vile, viene ripresa dai Costituenti francesi nel periodo rivoluzionario e adattato al sistema rappresentativo che si andava formando. M. J. C. Vile, Constitutionalism and the Separation of Powers, Indianapolis, Liberty Fund, 1998, consultato su The Online Library of Liberty, link:

http://oll.libertyfund.org/?option=com_staticxt&staticfile=show.php%3Ftitle=677&chapter=122676&lay out=html&Itemid=27

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slativo la funzione deliberativa, mentre l‘esecutivo assume il ruolo di mero esecutore materiale delle decisioni prese dall‘Assemblea. Se la supremazia dell‘Assemblea deriva dal suo carattere specifico di organo legislativo, non c‘è alcun motivo di rifiutare l‘elezione dell‘esecutivo da parte del popolo. Evitando che i consoli vengano nominati dall‘Assemblea, inoltre, si manterrebbe una separazione formale tra esecutivo e legisla- tivo, che per Bonaparte è di grande importanza, salvo poi negarla nella sostanza, quando sostiene la legittimità di un intervento del legislativo per dirimere eventuali controversie all‘interno del Consolato. Tale intervento trova giustificazione nella capacità dell‘Assemblea di giudicare le azioni dell‘esecutivo, dal momento che in essa e nella sua volontà risiede l‘origine di quelle azioni.

Dall‘altro lato troviamo sia l‘insistenza sulla necessità di istituire dei limiti anche nei confronti dell‘Assemblea che impediscano usurpazioni da parte di quest‘ultima, sia