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2.2. Alcune questioni terminologiche

2.2.1. Il binomio popolo/nazione

Nei discorsi dei deputati della Costituente romana possiamo constatare un uso prepon- derante del termine ―popolo‖, in riferimento alla sovranità, piuttosto che ―nazione‖. L‘immagine del ―popolo‖ è centrale, sia in quanto in esso si identifica il mandatario dell‘Assemblea e quindi l‘autentico detentore della sovranità, sia in quanto rappresenta il referente fondamentale dell‘attività legislativa e di governo.

Tuttavia è possibile trovare in alcuni interventi un uso del termine ―nazione‖ in sostitu- zione a quello di ―popolo‖, come identificativo della comunità politica che detiene la sovranità.

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Come abbiamo già visto Audinot, nel suo lungo intervento dell‘8 febbraio, parla unica- mente di «sovranità della nazione», laddove tutti gli altri oratori che lo hanno preceduto, hanno usato l‘espressione «sovranità popolare» o comunque hanno fatto riferimento al «popolo».

Nella stessa seduta un uso analogo del termine «nazione» viene fatto anche da un depu- tato su posizione molto diverse da quelle di Audinot, ossia Sisto Vinciguerra. Come ab- biamo già visto, egli elencando gli elementi propri del pontificato che rendono necessa- ria una dichiarazione di decadenza del potere temporale, inserisce anche la questione del procedimento di elezione del papa, che escludendo la cittadinanza dello Stato dalla scel- ta, implica l‘assenza di quello che viene definito un «patto [del principe] colla Nazio- ne»61, dove quest‘ultima viene definita all‘esterno in opposizione ai governi degli altri Stati, e all‘interno in opposizione a una parte della società, ossia la casta sacerdotale. E sempre Audinot insiste nell‘utilizzo del termine «nazione» in sostituzione di «popo- lo», anche in altre circostanza, come nel caso della seduta del 27 marzo quando, nell‘ambito della ripresa della guerra piemontese contro l‘Austria, il deputato sostiene la necessità che la Repubblica si allei al Regno sabaudo, e riconosce, nel Parlamento pie- montese, l‘organo attraverso cui la «nazione» partecipa al governo dello Stato: «[…] E neppure è vero che il Piemonte sia unicamente diretto da una volontà di Monarca. Mi sembra questo un grosso errore, perché il risultato delle forze politiche che costituiscono il Governo piemontese, non sono soltanto il Re, ma anche quelle della nazione intera che è rappresentata nel Parlamento. […]»62 Questo intervento della «nazione» è richia- mato a mitigare le differenze tra la monarchia piemontese e la repubblica romana, ed è inteso come un apporto del ―popolo‖ all‘esercizio della sovranità. E più avanti torna a utilizzare il termine in questo senso, individuando nel Parlamento piemontese la rappre- sentanza della «nazione»: «Il Piemonte non ci ha ancora riconosciuti, ma ci riconoscerà in breve, io lo credo, imperocchè la Camera stessa, che rappresenta la nazione in Pie- monte, ha riconosciuto chiaramente, che ciascun popolo (eterno principio!) ha il diritto di costituirsi come crede, e non ismentirà mai la sua solenne parola.»63

Un altro utilizzo interessante del termine ―nazione‖ lo ritroviamo nel proclama del 5 a- prile con cui il nuovo Triumvirato, composto da Mazzini, Armellini e Saffi, annuncia alla popolazione romana la sua costituzione; in esso vi si legge: «Noi non siamo Gover-

61 Le Assemblee del Risorgimento … cit., vol. III, p. 78. 62 Ivi, p. 961.

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no di un partito; ma Governo della nazione.»64. Oltre a proporre una retorica e una pre- occupazione, diffusa tra tutti i deputati dell‘Assemblea, sulla formazione di partiti, visti come fonte di divisione sociale, la frase ripropone l‘uso del termine nazione per indicare la comunità politica che detiene la sovranità e in nome della quale, quindi, il governo dello Stato agisce, quella stessa entità, insomma, a cui in altre circostanze viene attribui- to il nome di ―popolo‖.

Al contrario sia nel progetto di costituzione presentato da Agostini che in quello presen- tato da Saliceti quando si parla di ―sovranità‖, il riferimento alla comunità politica che ne detiene il possesso è sempre espresso attraverso il termine ―popolo‖65

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Andando più indietro nel tempo, prima dell‘elezione della stessa costituente, quando, il 26 dicembre, per la prima volta Armellini riconosce nel ―popolo‖ la fonte di potere, da cui il governo dello Stato deve attingere la propria legittimità, il ministro dichiara espli- citamente di preferire al termine ―popolo‖ quello di ―nazione‖, pur considerandoli sino- nimi. La parola ―popolo‖ è rifiutata in quanto termine «di cui spesso si abusa così perni- ciosamente nei tempi di movimento»66. Secondo Severini, che commenta il discorso di Armellini nell‘ambito di una più ampia analisi sulla figura del ministro, le preoccupa- zioni terminologiche espresse nel discorso «vanno ascritte all‘ottica legalitaria e mode- rata dell‘Armellini […]»67

. Tuttavia è possibile vedere in questo utilizzo del termine ―nazione‖, come negli altri casi citati, il desiderio di usare un termine a cui è possibile attribuire un significato più ampio e meno compromettente rispetto a quello tradizio- nalmente attribuito al termine ―popolo‖. Storicamente infatti quest‘ultimo può assumere due diverse accezioni: una è quella di «classe sociale meno privilegiata, ma più numero- sa rispetto ad altre, che costituisce dunque la maggioranza della popolazione»68; l‘altra è quella di «insieme di individui che hanno in comune uno o più elementi, tali da potereli considerare, o potersi considerare un‘unità»69

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Le Assemblee del Risorgimento … cit., vol. IV, p. 95.

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Nel progetto Saliceti lo vediamo particolarmente nel I articolo dei principi fondamentali (la sovranità è nel popolo), e negli articolo 14 (ogni potere viene dal popolo) e 15 (l‘Assemblea legislativa è composta dai rappresentanti del popolo). Nel progetto Agostini, il riferimento alla sovranità popolare si trova negli articoli: nel I articolo dei principi fondamentali (La sovranità essendo per diritto eterno nel popolo, il po- polo dello Stato romano si è costituito in Repubblica); negli articoli 15 (Il popolo detta le leggi per mezzo de‘ suoi rappresentanti); 16 (Il popolo elegge i suoi rappresentanti, i consoli, ed i tribuni in Comizi gene- rali.); negli articoli 77 e 78, che riguardano il procedimento di revisione della costituzione, che prevede la consultazione della volontà popolare.

66 Le Assemblee del Risorgimento … cit., Roma vol. II, p. 279.

67 M. Severini, Armellini il moderato, Istituti editoriali e poligrafici internazionali, Pisa, 1995, p. 143. 68

A. Facchi, Il popolo … cit., p. 93

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Se nella prima accezione il ―popolo‖ si definisce in contrapposizione ad altre classi all‘interno della stessa società, nel secondo significato trova il suo principio identitario in quei caratteri che lo distinguono, all‘esterno, dagli altri popoli. È sicuramente in que- sta seconda accezione che il termine ―popolo‖ viene utilizzato all‘interno dell‘Assemblea costituente romana.

I deputati romani non utilizzano il termine ―popolo‖ con l‘intenzione di indicare il livel- lo socio-economico più basso e più vasto della società, ma piuttosto nella prospettiva di riferirsi alla società nel suo complesso, includendo in maniera trasversale tutti i suoi membri a prescindere dalle eventuali stratificazioni di classe. E anzi, come vedremo meglio più avanti, è una convinzione diffusa quella che il ―popolo romano‖ in particola- re non conosca divisioni sociali al suo interno; le classi, definite spesso in maniera di- spregiativa ―caste‖, sono viste come una piaga a cui lo Stato romano risulta immune, per via delle particolari condizioni del suo sviluppo storico. Alla luce di questa prospet- tiva risulta evidente come non sia affatto necessario, per i deputati romani, utilizzare il termine ―nazione‖, in sostituzione di ―popolo‖, per esprimere l‘idea di una sovranità posseduta dalla cittadinanza nella sua interezza e non da una parte di essa, fosse anche la maggioranza.

Si tratta di una concezione che emerge subito all‘interno dell‘Assemblea, nell‘ambito della discussione sul decreto fondamentale con cui si proclama la Repubblica nella notte tra l‘8 e il 9 febbraio. In questa circostanza si apre un breve dibattito sulla formulazione del quarto articolo, che, nella versione proposta da Filopanti, recita «Gli sforzi della Romana Repubblica saranno in modo tutto speciale diretti al miglioramento morale e materiale delle condizioni di tutte le classi della società»70. La discussione che nasce in- torno a questo articolo tocca varie questioni, tutte in realtà strettamente intrecciate: in- nanzitutto l‘articolo, così formulato, riflette la necessità di definire la Repubblica come una forma di associazione politica in cui le istituzioni svolgono un ruolo attivo per favo- rire il benessere della popolazione. Tuttavia, e arriviamo alla seconda questione, emer- ge la preoccupazione che una disposizione di questo genere possa essere fraintesa, attri- buendole un‘accezione socialista, che è rifiutata dallo stesso autore del progetto, Filo- panti, il quale afferma che l‘articolo: «[…] non vuol già porre in istato di rivalità le clas- si più ricche colle classi laboriose, ma curare i vantaggi di tutti ad un tempo, ciò che è della sana politica e della giustizia insieme»71. Si sostiene quindi una visione interclassi-

70 Le Assemblee del Risorgimento … cit., vol. III, p. 61. 71

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sta, che fa dell‘integrazione e della collaborazione tra le classi uno dei cardini della poli- tica che si vuole promuovere con la nuova forma repubblicana di governo.

Infine, un‘ultima questione riguarda proprio il modo di interpretare il soggetto collettivo che detiene il potere. Audinot interviene per primo sull‘articolo sostenendo che il conte- nuto andrebbe ampliato in modo da rendere più esplicito il rifiuto del modello socialista: «È necessario che si faccia questa spiegazione, cioè che per Repubblica non si debba in- tendere il dominio di una sola classe; ma di tutte le classi della società»72, la preoccupa- zione di Audinot è quindi che non si interpreti l‘articolo come una proclamazione della sovranità di una parte della società, quella più bassa e più vasta, a discapito delle altre. A questo intervento risponde Bonaparte, che vorrebbe invece eliminare del tutto il rife- rimento alle classi, preferendo inserire il termine ―popolo‖ visto come inclusivo di tutte le parti della società, o addirittura come concetto unificante che livella le eventuali dif- ferenze di classe: «Signor Presidente! Non ammetto classi diverse nella nostra società, e per Repubblica intendo il dominio di una sola classe, cioè il popolo»73.

Infine Filopanti risponde a Bonaparte, notando che l‘espressione «tutte le classi della società» usata nell‘articolo ha precisamente lo scopo di non lasciare adito a dubbi, che invece potrebbero sorgere usando il termine generico «popolo», il quale nel linguaggio comune serve a identificare non tutti i membri della società, ma solo la classe più bassa. Nonostante si assista ad uno scontro tra Filopanti, Audinot e Bonaparte la posizione promossa dai tre è la stessa, ossia quella che da un lato rifiuta l‘idea che una società re- pubblicana possa conoscere divisioni di classe, e dall‘altro respinge la possibilità che una parte della società prevalga sulle altre, detenendo il potere in maniera esclusiva. Si potrebbe pensare a una sorta di caratterizzazione sociale del termine ―popolo‖, quan- do esso viene utilizzato in maniera oppositiva rispetto all‘immagine delle dinastie mo- narchiche. Tuttavia a tal proposito bisogna evidenziare innanzitutto che anche la ―na- zione‖ nominata da Audinot l‘8 febbraio si definisce in contrapposizione ai ―principi‖: «da febbraio, […] il diritto di sovranità che sino allora risiedeva di fatto nei principi fu riconosciuto nelle nazioni»74; e in secondo luogo si può considerare come più che di un conflitto sociale si tratti di un conflitto politico tra modello monarchico e modello de- mocratico, dove il primo modello è rifiutato proprio perché in esso si vede il prevalere un soggetto, il monarca, sulle altre parti della società.

72 Ivi, p. 94

73 Ibidem. 74

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Nei discorsi dei deputati romani, dunque, si registra una prevalenza dell‘uso del termine ―popolo‖, rispetto a quello di ―nazione‖, per identificare la comunità politica che detiene legittimamente la sovranità.75 Entrambi i lemmi indicano, comunque, una comunità so- ciale e politica compatta e unitaria che si definisce all‘esterno in contrapposizione agli altri popoli, e all‘interno in contrapposizione a una parte, o classe, della società. Na- zione e popolo hanno dunque un valore sinonimico, andando entrambi ad indicare un corpo collettivo, composto dall‘insieme dei cittadini, le cui dimensioni individuali tro- vano un principio di armonizzazione nell‘assenza di rilevanti interessi particolari, che facciano da ostacolo al perseguimento dell‘interesse collettivo.

Si tratta di una concezione in cui possiamo distinguere tre livelli: innanzitutto abbiamo il livello sociale, dove il termine ―popolo‖ identifica una società civile pacificata al suo interno, in quanto priva di divisioni di classi, sia che se ne affermi l‘assenza in riferi- mento alla peculiare situazione della società romana (come fa Agostini) sia che se ne in- tenda limitare la portata attraverso l‘educazione promossa dalle istituzioni. In secondo luogo abbiamo il livello politico, dove il termine ―popolo‖, equivalente di ―nazione‖, indica la comunità detentrice, nella sua interezza, del potere; l‘assenza di divisioni di classi a livello sociale si riflette quindi, a livello politico, nell‘assenza di predominio di una classe sulle altre. Infine troviamo il livello istituzionale, dove la sovranità del popo- lo si traduce nella forma di governo repubblicana, le cui funzioni vanno oltre quelle strettamente di governo e riguardano anche la promozione di una integrazione totale delle varie parti della società tra loro, e della società nella sua interezza con il governo stesso, in una concezione della repubblica desunta dalla tradizione rinascimentale, come vedremo meglio nel prossimo paragrafo.

Da notare infine il carattere generico assunto dal termine e dal concetto di popolo, e l‘assenza di riferimenti espliciti a coloro che, non possedendo diritti politici, dobbiamo immaginare restino fuori da questa entità comunitaria, in primis le donne. Nella Costi- tuzione si fa riferimento indiretto all‘esclusione per età, quando si stabiliscono i limiti di età per eleggere e per essere eletti, ma non si può fare a meno di notare un‘assenza tota- le di riferimento alle donne, che non vengono nominate, nel testo costituzionale come nei discorsi dei deputati, neanche per stabilirne l‘esclusione dai diritti politici. È poi in-

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Bisogna comunque considerare che nella penisola italiana, il termine nazione è di prevalenza utilizzato per indicare la nazione italiana, intesa come realtà geografica, storica e culturale unitaria, che attraverso l‘unificazione territoriale riuscirebbe a ri-conquistare anche la dimensione politica. Possiamo forse vedere in ciò un limite all‘uso della parola ―nazione‖ in associazione a una ―sovranità‖, che di fatto si riferisce unicamente alla popolazione dello Stato romano.

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teressante notare che nel testo costituzionale, sia nei due progetti che nella versione vo- tata infine dall‘Assemblea, tutti gli articoli in cui si fa riferimento all‘esercizio della so- vranità parlano di popolo e non di ―cittadini‖; tuttavia, se il titolo I della Costituzione è interamente finalizzato alla definizione dei caratteri che l‘individuo deve possedere per essere incluso nel copro cittadino della Repubblica, in nessuna parte del testo troviamo una descrizione tecnica del corpo politico definito come ―popolo‖, che si deve immagi- nare però costituito dai cittadini della Repubblica. È possibile notare come, invece, nella costituzione della Repubblica romana del 1798, il rapporto tra i due termini, ―cittadini‖ e ―popolo‖, sia invertito, nel senso che l‘uso del primo prevale su quello del secondo. Se la denominazione ―cittadini‖ si ritrova, infatti, in tutti gli articoli che fanno riferimento diretto all‘attività elettorale, quindi all‘esercizio della sovranità, il termine ―popolo‖ è usato in pochissime disposizioni di carattere generale.