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3. La democrazia rappresentativa

3.1. Il voto a suffragio universale maschile

3.1.2. Il momento elettorale

In un saggio dedicato alle attività preelettorali tipiche del 1848-49, in Francia e in Italia, Fruci individua alcune caratteristiche fondamentali che definiscono lo svolgimento delle prime elezioni a suffragio universale maschile29. Esse sono: il ruolo centrale svolto dai circoli nella fase di preparazione delle candidature, l‘assenza di candidature dirette da parte dei futuri deputati e il rifiuto di appellarsi all‘elettore. Si tratta di modalità orga- nizzative che ritroviamo anche nello Stato romano nel gennaio del 1849. Proprio nella capitale si forma ad esempio l‘Associazione elettorale per la costituente dello Stato, che «risponde a un‘esigenza […] diffusa: quella di indirizzare gli elettori verso un numero ristretto di candidati, al fine di scongiurare i rischi di una dispersione eccessiva dei voti e dell‘elezione di soggetti non idonei.»30

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Quasi sempre le operazioni si svolgono così: i comitati elettorali selezionano i nomi di potenziali candidati, da proporre in grandi adunanze popolari, durante le quali si decide collettivamente quali tra i nomi proposti scegliere come candidati31. Il processo si svol- ge per vari gradi di scelta, in modo da restringere sempre più il numero dei candidati. Una volta stabiliti questi ultimi, il comitato si occupa della propaganda in loro favore. Di solito i potenziali candidati sono chiamati ad aderire a una sorta di manifesto eletto-

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Cfr. G. L. Fruci, L’abito della festa dei candidati … cit.

30 D. Armando, Costruite la sovranità popolare … cit., p. 129.

31 Cfr. G. L. Fruci, Il fuoco sacro della Concordia e della Fratellanza. Candidati e comitati elettorali nel

primo voto a suffragio universale in Francia e in Italia (1848-1849), in F. Venturino (a cura di), Elezioni e personalizzazione della politica, Roma, Aracne, 2005, pp. 13-40.

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rale, denominato «professione di fede», con cui dichiarano i principi politici a cui si i- spirano32.

Nell‘analizzare questo tipo di dinamiche, Fruci mette in evidenza due elementi signifi- cativi, ossia da un lato il ruolo semi-istituzionale svolto dai comitati elettorali e dall‘altro l‘emergere di una concezione del voto come scelta collettiva e unanime: «Il moltiplicarsi di assemblee preparatorie e di comitati elettorali risolve con la mise en oeuvre di un sistema ufficioso di ―primarie‖ il problema dell‘inquadramento del movi- mento elettorale, ma rivela anche un‘idea corale della scelta elettorale che si spinge fino alla nostalgia dell‘unanimità. Il momento della costruzione delle candidature e quello della decisione di voto non sono concepiti come separati. […]»33.

All‘interno di una mentalità che rifiuta le divisioni e le lotte anche nel campo politico, le elezioni vengono concepite non nell‘ottica di una competizione, ma in quella della scel- ta dei migliori rappresentanti, designati collettivamente e sanzionati da una votazione, che i protagonisti del 1849 aspirano a rendere scelta unanime.

Dalle particolari modalità di attuazione del voto a suffragio universale è possibile, quin- di, dedurre vari aspetti del modo in cui quest‘ultimo viene concepito. Oltre all‘aspirazione all‘unanimità possiamo notare una tendenza a pensare la scelta elettorale come atto collettivo.

Nel caso della Repubblica romana quest‘idea emerge non solo nella fase elettorale, ma anche successivamente nel corso dell‘attività costituente dell‘Assemblea e in particolare quando si tratta di stabilire le regole per l‘elezione dei rappresentanti del popolo.

Gli articoli della Costituzione che entrano nel merito di questo argomento sono il nume- ro 17, che stabilisce l‘età dell‘elettorato passivo e attivo: «Ogni cittadino che gode i di- ritti civili e politici a 21 anni è elettore, a 25 è eleggibile.»; e il numero 20, che decreta, invece, la frequenza dei comizi, il suffragio universale e il voto pubblico: «I Comizi ge- nerali si radunano ogni tre anni nel 21 aprile. Il popolo vi elegge i suoi rappresentanti con voto universale, diretto e pubblico.»

Se nel primo articolo citato il riferimento ai ―cittadini‖ inserisce il voto nella sfera dei diritti individuali, l‘articolo numero 20, proponendo come soggetto del secondo inciso il ―popolo‖, inserisce invece la pratica elettorale in un una dimensione collettiva; e a tal

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A proposito delle professioni di fede, Fruci specifica: «La professione è peraltro configurata sovente come un patto fiduciario aperto, ma moralmente vincolante, fra gli elettori e il candidato, chiamato pub- blicamente a fare dichiarazione di lealtà verso i principi enunciati e poi sanzionati dal suffragio.», (G. L. Fruci, L’abito della festa dei candidati … cit., p. 652).

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proposito è significativo che proprio in esso venga stabilita la votazione palese. Il voto sembrerebbe così essere presentato come un diritto individuale, ma, allo stesso tempo, da esercitarsi collettivamente.

La questione del voto pubblico, proposto nel secondo progetto di Costituzione e appro- vato dall‘Assemblea nella seduta del 30 giugno, ha in effetti diversi risvolti. Analizze- remo più avanti le posizioni di Nocilla e Balzani, che legano la questione, rispettiva- mente, al problema del vincolo elettorale, il primo, e alla funzione educatrice attribuita alle istituzioni repubblicane, il secondo. Per il momento ci sembra interessante rintrac- ciare nella scelta del voto pubblico un esempio del modo di concepire il voto a suffragio universale durante il biennio, che viene appunto «pensato nella sua dimensione colletti- va e non individualistica all‘interno di un quadro interpretativo tanto più rassicurante quanto più arcaicizzante della dinamica rappresentativa democratica.»34.

È il caso di ricordare innanzitutto come questa stessa riflessione sul modo di concepire il voto caratterizzi in generale il biennio, come dimostra l‘esperienza repubblicana fran- cese del 1848, a proposito della quale Fruci afferma: «Rovesciando l‘idea roussoviana della scelta individuale secondo coscienza, dominante è il convincimento che l‘elettore non possa rimanere isolato nella difficile opera di valutazione dei più adeguati al ruolo di rappresentanti.»35

In questa «visione collettiva e monista del voto»36 la scelta elettorale si configura come un‘azione alla cui base troviamo una riflessione realizzata in comune. Il voto pubblico, stabilito nella Costituzione romana, diventa, quindi, una pratica che agevola la realizza- zione di questa scelta collettiva. In un passaggio del discorso con cui Saliceti difende il voto palese possiamo cogliere anche questa sfumatura della questione. In esso infatti il deputato afferma: «Il suffragio universale mena alla scelta di chi è circondato dall‘opinione universale, ed allontana coloro che non rappresentano la pubblica opinio- ne […]»37. In questa frase del deputato si esprime l‘idea che in un sistema a suffragio

universale la scelta debba cadere su chi gode dell‘approvazione dell‘opinione pubblica, ossia di un‘approvazione diffusa e collettiva. Bisogna inoltre sottolineare che questa modalità di votazione riprende una pratica, quella delle sottoscrizioni pubbliche, adotta- ta in occasione dei plebisciti di annessione al Piemonte nel Lombardo - Veneto nel 1848.

34 G. L. Fruci, La banalità della democrazia … cit., p. 18.

35 G. L. Fruci, Il fuoco sacro della Concordia e della Fratellanza … cit., p. 22. 36 G. L. Fruci, Il suffragio nazionale … cit., p. 599.

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Un altro fattore da considerare nel modo in cui le elezione vengono concepite, nel 1848- 1849, è quello del carattere simbolico, quando non addirittura sacrale, attribuito al voto, espresso sia a parole che visivamente, attraverso le celebrazioni e le affermazioni entu- siastiche che accompagnano e descrivono il momento elettorale vero e proprio. Parlando dei plebisciti nel Lombardo - Veneto del 1848, ad esempio, Fruci si sofferma anche sul- lo «[…] svolgimento delle operazioni di voto che assumono un carattere corale e festo- so.»38. In occasione delle elezioni per la Costituente romana possiamo individuare la stessa caratteristica; le elezioni sono infatti pensate e organizzate, dagli organi istituzio- nali, in modo da apparire come un‘occasione di festa. Possiamo cogliere questo elemen- to leggendo la circolare del ministero dell‘interno del 15 gennaio, dove, oltre a predi- sporre la presenza di bande musicali in tutti i paesi sede di collegi elettorali, si stabilisce, a livello più generale, che «siano preparati de‘ modi e delle dimostrazioni di esultanza perché quest‘atto solenne venga festeggiato il meglio che si può.»

L‘intento è, come si deduce dalle parole della circolare, quello di dare solennità all‘evento elettorale attraverso varie attività di festeggiamento; e a tal proposito ripren- diamo ancora una volta le parole di Fruci, secondo il quale la prima attuazione del «[…] suffragio universale diretto […] richiede una sorta di surplus di maestosità per dimo- strare di meritare l‘esercizio della sovranità popolare agli osservatori (benevoli od ostili) che puntano l‘attenzione sulle repubbliche e sulle esperienze democratiche […]»39

del biennio 1848-1849.

Anche in occasione dell‘inaugurazione dell‘Assemblea Costituente si predispongono varie manifestazioni, che rappresentano il culmine di questa attività festiva e celebrativa. Attraverso di esse l‘insediamento dell‘Assemblea romana, avvenuto il 5 febbraio, assu- me un‘aura di religiosa sacralità. Possiamo farcene un‘idea leggendo la comunicazione, del 3 febbraio, con cui la Commissione provvisoria municipale di Roma annuncia gli eventi previsti per «l'apertura dell'Assemblea Nazionale». In essa si dice:

L‘apertura dell‘Assemblea nazionale è un tal atto e di tanta grandezza che non bastano le parole a significarlo: perché sia compresa, occorre una mente e un cuore italiano. […] Lunedì 5 del corrente Febbrajo l‘Assemblea sarà aperta. I Rappresentanti del Po- polo udita la messa dello Spirito Santo nella chiesa di S. Maria in Aracoeli alle ore 11 antimeridiane, scenderanno dal Campidoglio […]

38 G. L. Fruci, Il suffragio nazionale … cit., p. 612. 39

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Interessante, in questo passo iniziale del comunicato, il riferimento alla causa nazionale; solo chi ha a cuore quest‘ultima può comprendere la reale importanza degli eventi ro- mani. In tal modo l‘elezione dell‘Assemblea romana viene inscritta all‘interno della più ampia lotta per l‘indipendenza nazionale.

Il comunicato prosegue poi illustrando il percorso che i rappresentanti compiranno fino all‘arrivo alla piazza della Cancelleria, per poi passare alla descrizione della sfilata dei deputati per le vie della città e dei festeggiamenti serali:

I Rappresentati del Popolo procedendo a piedi, saranno accompagnati da‘ Caporioni colle loro insegne, dalla Commissione municipale, dai Circoli, come da ogni altra clas- se di Cittadini. La Guardia civica, le Truppe di linea, le Artiglierie e l‘Arme politica, i Vigili e qualunque altro corpo militare stanziato in Roma farà parte del corteggio. Gli abitanti delle case che sono sulla via del passaggio le appareranno a festa. La sera, lu- minaria e concerti musicali.

L‘evento inaugurale della Costituente romana assume dunque le sembianze di una festa religiosa, con la tipica distinzione dei due momenti: quello solenne della messa e della processione, e quello ludico dei festeggiamenti serali.

Attività celebrative di questo tipo, di cui si fa carico la Commissione provvisoria muni- cipale, proseguono anche successivamente nel corso dei mesi di vita della Repubblica40; si tratta di festeggiamenti in onore della nuovo governo, improntati all‘esaltazione dei valori repubblicani, come nel caso del Te Deum dell‘11 febbraio o del Natale romano, un evento quest‘ultimo «indirizzato a ricordare le antiche virtù dei romani e a stimolare nella gioventù l‘attitudine alle armi»41

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Come si è detto, al di là dei festeggiamenti e delle celebrazioni, il carattere sacrale attri- buito all‘atto elettorale viene espresso anche esplicitamente nei documenti istituzionali così come nella pubblicistica democratica. A tale caratterizzazione dell‘atto elettorale si affiancano, nei proclami indirizzati al «popolo romano» che si susseguono nel mese di gennaio, espressioni di esaltazione e di entusiasmo per le elezioni che si devono svolge- re, per il coinvolgimento e l‘attivismo dimostrato dalla popolazione, e, come abbiamo visto, per la scelta di una soluzione pacifica alla crisi istituzionale.

Guardiamo ad esempio due testi prodotti proprio durante le giornate elettorali: il primo è una circolare del ministero dell‘interno, inviata alle tre del pomeriggio del 21 gennaio, in cui troviamo un primo giudizio sull‘andamento delle elezioni; il secondo testo, del 22

40 Cfr. D. Armando, Costruire la sovranità popolare … cit., p. 143 e sgg. 41

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gennaio, è invece una comunicazione, indirizzata alla popolazione, con cui il Comitato elettorale romano si congratula coi cittadini per l‘affluenza alle urne del giorno prece- dente e incita a proseguire sulla stessa strada.

Nella Circolare del ministero dell‘interno l‘attività elettorale nella capitale, iniziata quel giorno stesso, viene descritta come un grande successo per la massiccia ed entusiastica adesione da parte del ―popolo‖, che ha dimostrato di possedere innate capacità politiche:

Roma è nella massima tranquillità. La Campana del Campidoglio ha chiamato questa mane il Popolo alle elezioni, ed il Popolo elettorale è accorso in folla ai Collegi. Tutto procede con alacrità, e con ordine. Si direbbe un popolo provetto nella vita politica. I cittadini d‘ogni classe, i soldati d‘ogni arma si sono stretti intorno al Governo, e lo ren- dono forte dell‘intera loro confidenza, dell‘adesione la più manifesta. Ella farà dirama- re immediatamente questa Circolare in tutti i luoghi che sono compresi nella sua giuri- sdizione.

La partecipazione alle elezioni è inoltre considerata, nel testo della circolare, equivalen- te a un‘aperta manifestazione di appoggio al governo provvisorio romano. Il riferimento poi a un‘adesione trasversale alle classi sociali risulta di una certa importanza se si con- sidera l‘insistenza con cui nei mesi di vita della Repubblica i deputati romani attribui- ranno una natura, potremmo dire, interclassista al governo repubblicano, come vedremo meglio in seguito.

Appare infine interessante la decisione di diffondere la circolare, che nel descrivere in maniera entusiastica la buona riuscita delle elezioni diventa a sua volta uno stimolo ulte- riore alla partecipazione.

Nel proclama ai «Romani», del 22 gennaio 1849, redatto dal ―Comitato dell‘associazione elettorale per l‘assemblea generale dello Stato‖, troviamo un elogio delle qualità civiche dimostrate dalla cittadinanza romana, attraverso la partecipazione alla prima giornata di elezioni:

Romani. Dopo tante prove di civiltà e di amore di patria che deste in ogni incontro, a- vete saputo ieri mostrarvi veramente degni degli avi vostri. La votazione de‘ Collegi proceduta con ordine sì mirabile, ed in numero copiosissimo, è argomento all‘Europa che voi sapete a tempo e con modo provvedere a‘ vostri destini; continuate quest‘oggi ad essere simili a voi medesimi. Tutti i capi di stabilimenti, e d‘industrie vorranno dare agio, ne siamo certi, ai loro operai di accorrere ad esercitare questo sacro diritto, e così ogni altro cittadino vorrà prestarsi coll‘esempio e con la voce a questo atto magnanimo.

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La soddisfazione per l‘andamento della prima giornata elettorale diventa occasione per tornare a esortare la cittadinanza affinché eserciti il proprio diritto di voto, che ancora una volta viene definito come «sacro». Nel testo, quindi, non solo ogni cittadino è chiamato a contribuire attivamente all‘elezione dei membri dell‘Assemblea, esprimendo il proprio voto, ma ha anche il compito di spronare i propri concittadini ad agire nello stesso modo.

Da notare inoltre che la partecipazione alle votazioni viene presentata come una dimo- strazione di virtù civiche, attraverso la quale la cittadinanza dello Stato romano ritrova il proprio legame di discendenza con l‘antico popolo romano.

In testi di questo tipo, in cui si leggono manifestazioni di gioia e soddisfazione per la ri- uscita dell‘operazione elettorale, è implicita una concezione, sviluppatasi in occasione delle prime votazioni a suffragio universale, che vede nell‘atto elettorale un‘azione di facile realizzazione, che il popolo è naturalmente portato a compiere: «L‘atto elettorale democratico,  sottolinea Fruci  […] è continuamente configurato come un gesto sem- plice e banale, a partire dall‘idea prevalente di una propensione cognitiva naturale del ―popolo elettore‖ – in quanto corpo olistico – al riconoscimento e alla scelta dei migliori, […]»42

Regolarità, tranquillità e affluenza sono dunque gli elementi che vengono maggiormente messi in evidenza dai membri del governo provvisorio romano per esaltare il buon esito dell‘esperienza elettorale. Il successo di queste prime votazioni a suffragio universale diventa, nei testi che abbiamo citato, così come nei successivi discorsi dei deputati ro- mani, non solo un motivo d‘orgoglio, ma anche un‘ulteriore conferma all‘idea di un‘innata capacità del ―popolo‖ di esprimere la propria volontà tramite il procedimento elettorale.

Nei due testi che abbiamo preso in considerazione, possiamo inoltre vedere, accanto alle espressioni di soddisfazione, la preoccupazione di incitare la popolazione alla partecipa- zione alle elezioni e limitare quindi il fenomeno dell‘astensionismo. Si tratta di una pre- occupazione che caratterizza tutte le esperienze elettorali del biennio, «[…] nel caso della Costituente romana e di quella toscana,  nota Fruci  l‘insistenza sulla partecipa- zione è ancora più forte perché si lega alla necessità di legittimare i nuovi ordinamenti democratici in costruzione, […]»43

. Nel contesto delle votazioni per la Costituente ro- mana, l‘attività della Giunta provvisoria di governo si concentra, quindi, sulla propa-

42 G. L. Fruci, La banalità della democrazia … cit., p. 19. 43

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ganda in favore della partecipazione alle elezioni; una propaganda che deve fronteggiare anche l‘attacco operato dal papa con la scomunica. Ne troviamo un esempio nella circo- lare della Giunta, del 15 gennaio, rivolta agli impiegati pubblici, con cui questi ultimi vengono esortati a partecipare alle elezioni e a dare il buon esempio al resto della citta- dinanza. In un passaggio, a tal riguardo significativo, si legge:

La votazione nelle prossime elezioni per l‘Assemblea Nazionale Romana più che un diritto è un sacro dovere d‘onesta coscienza, poiché nissuno che vive nella Comunanza civile può rimanere estraneo a quanto importa alla Patria comune, nissuno può rimane- re indifferente ai di lei bisogni, ai di lei più cari interessi.

In questo passo del testo troviamo una vivida rappresentazione del modo di concepire la partecipare alle votazioni, che viene appunto intesa come un «obbligo morale»44 dal ca- rattere addirittura sacrale, mentre si assiste ad una netta stigmatizzazione dell‘astensione, la quale equivale ad assumere un atteggiamento di indifferenza verso gli interessi collet- tivi. La circolare citata è esemplificativa non solo di un modo di concepire l‘attività elet- torale, come obbligo, ma anche del valore attribuito a tale attività, che la fa rientrare nell‘ambito del sacro. Questa visione viene efficacemente sintetizzata da Fruci, quando afferma: «Il sovrainvestimento sulla partecipazione e sulla responsabilità collettiva del voto, riconducibile a motivi principalmente teorici, ma anche politici, si accompagna a un‘istanza di solennità dell‘atto elettorale, configurato come rito ―sacro‖ e ―santo‖ dell‘interesse nazionale e del bene pubblico, che nel contesto eccezionale del 1848-49 oltrepassa le esigenze classiche della ―civilité électorale‖ […]»45

In questo modo di concepire le elezioni a suffragio universale possiamo quindi vedere, oltre il livello della funzione pratica, un livello di idealizzazione dell‘atto elettorale, in cui si distinguono due ordini di valori: da un lato abbiamo il complesso di valori demo- cratici che esaltano il principio della partecipazione universale del popolo nella sua inte- rezza senza divisioni di classi, legato all‘idea della sovranità popolare; dall‘altro il com- plesso di valori patriottici, per cui, attraverso un‘associazione che risulta meno imme- diata, le elezioni a suffragio universale vengono viste come un momento all‘interno del- la lotta per la causa nazionale.

Di fronte a una tale interpretazione, l‘astensione assume quindi tutto un altro peso: «[…] negli Stati Romani […]  nota Fruci  [l‘astensione] è considerata principalmente

44 Ivi, p. 33. 45

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antipatriottica […] Non a caso, sia la legislazione elettorale romana sia quella toscana impegnano le autorità locali ad adoperarsi in ogni modo per la completa riuscita delle votazioni richiamando i cittadini all‘obbligo morale di non disertare i comizi. […]».46

Il carattere festivo e celebrativo assunto dalle votazioni, così come la dimensione sacra- le in cui vengono collocate, su cui ci siamo soffermati, danno quindi maggior forza alla condanna dell‘astensionismo; quest‘ultima si motiva, del resto, anche sulla base dei principi che le votazioni rappresentano, in un concezione che fa coincidere partecipa- zione elettorale e adesione ai valori repubblicani e patriottici.

Tutti questi elementi si intrecciano all‘interno di un discorso che propone una forte idea- lizzazione del momento elettorale, che emerge indirettamente anche dall‘entusiasmo per l‘esito delle operazioni di voto e per l‘ordine con cui si sono svolte, espresso sia dagli ambienti ministeriali romani che dalle fonti giornalistiche.