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Il binomio repubblica/democrazia

2.2. Alcune questioni terminologiche

2.2.2. Il binomio repubblica/democrazia

Passiamo ora al secondo binomio, che ci siamo proposti di esaminare, ossia quello re- pubblica/democrazia. Risulta significativo infatti analizzare l‘utilizzo dei due termini per capire attraverso quale forma di governo i deputati romani intendano concretizzare il principio della sovranità popolare.

Anche questi due termini entrano in alcuni casi in rapporto sinonimico tra loro, tuttavia molto spesso, e soprattutto in occasione della discussione sul testo costituzionale, tro- viamo una, più o meno precisa, distinzione delle realtà che si vogliono indicare con essi. Vediamo quindi alcuni estratti dai discorsi dei deputati romani, da cui è possibile rica- vare l‘accezione attribuita a entrambi i termini.

Abbiamo già visto come, fin dal dibattito dell‘8 febbraio, il concetto di sovranità popo- lare sia accettato e affermato a livello universale all‘interno della Costituente romana. In quella stessa circostanza le divergenze si manifestano invece sulla forma politica da a- dottare. Contro le posizioni di Mamiani e Audinot, prevale a grande maggioranza la scelta di instaurare una Repubblica. Se i fautori del ritorno del papato parlano più sulla base di considerazioni pratiche, soprattutto in relazione alla guerra di indipendenza na- zionale, per la maggior parte dei deputati risulta difficile scindere il principio della so- vranità popolare dalla forma di governo repubblicana. Nell‘ambito di quella discussione vorremmo segnalare, per l‘uso che in essi troviamo dei termini ―repubblica‖ e ―demo- crazia‖, due interventi: uno è quello di Filopanti e l‘altro quello di Mamiani, quindi due deputati su posizioni opposte.

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Il primo, sul finale del suo intervento, instaura un rapporto di necessaria causalità tra l‘affermazione del principio della sovranità popolare e l‘instaurazione di un governo re- pubblicano; afferma infatti Filopanti: «Ora tolta di mezzo la teocrazia, che cosa potrà surrogarsi in sua vece? Colui che era già Sovrano di diritto, diviene ora Sovrano di fatto, il popolo. Ora unica forma di governo, che realmente e sinceramente corrisponde alla popolare sovranità, si è la Repubblica»76. Mamiani invece nella sua ricostruzione degli eventi europei del 1848, tende ad associare i termini repubblica e democrazia, indicando con entrambi il movimento rivoluzionario del ‘48, che viene prima definito come «tri- onfale processione della bandiera repubblicana»77 e successivamente invece come «de- mocratico movimento di Europa»78. Mamiani, dunque, se non associa in maniera neces- saria i concetti di sovranità popolare e repubblica, come dimostra la sua posizione che pur riconoscendo nel ―popolo‖ il sovrano non ne deduce automaticamente la fine del principato papale, identifica invece nella repubblica un governo democratico.

Nel decreto fondamentale i due concetti, quello democratico e quello repubblicano, so- no posti, l‘uno accanto all‘altro, nello stesso articolo: «La forma del Governo dello Sta- to Romano sarà la democrazia pura e prenderà il glorioso nome di Romana Repubbli- ca.»

In generale negli interventi dei primi mesi si può dire che i due termini siano usati indif- ferentemente per indicare quella organizzazione del potere in cui il popolo ricopre un ruolo attivo nel governo del paese.

Tuttavia bisogna riconoscere un netto predominio dell‘uso del termine ―repubblica‖, a fronte di un utilizzo timido di quello di ―democrazia‖.

Il dibattito vero e proprio sui due termini lo troviamo in fase di discussione sul testo co- stituzionale, in riferimento al primo articolo dei principi fondamentali che recita: «La sovranità è per diritto eterno nel popolo. Il popolo dello Stato Romano è costituito in re- pubblica democratica pura». I problemi maggiori sono in realtà rappresentati dall‘utilizzo dell‘aggettivo ―pura‖ in associazione all‘espressione ―repubblica democra- tica‖, esso infatti viene interpretato o come un riferimento a un governo di carattere so- cialista, oppure come un‘aggiunta superflua; per il momento non ci soffermeremo su questo aspetto del problema, ma sulle definizioni che nascono, all‘interno del dibattito, sui concetti di repubblica e democrazia.

76 Le Assemblee del Risorgimento … cit., vol. III, p. 62. 77 Ivi, p. 57.

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Senesi, nella seduta del 17 giugno, definisce la democrazia pura in questi termini: […] io credo di non ingannarmi, se dico, che democrazia pura indica quella forma di Governo democratico, di cui partecipa tutto il popolo, non esclusa l‘infima plebe. Lo che appunto si ottiene nel nostro regime popolare, mediante il suffragio universale di- retto. Tutti indistintamente, che abbiano raggiunto una certa età, possono in qualità di elettori dare il loro voto nei comizi generali; e possono altresì in qualità di eleggibili, prender parte nel Governo, ancorchè dell‘infima plebe.79

Nella stessa seduta anche Filopanti ci offre una definizione dell‘espressione ―democra- zia pura‖, spiegando inoltre in che modo questo concetto si distingua da quello di Re- pubblica e perché, quindi, l‘aggiunta debba considerarsi necessaria:

Democrazia, come porta l‘etimologia, è il Governo del popolo. Ora hannovi certe for- me di Governo, ove l‘elemento popolare ha bensì la preponderanza, ma non il potere totale nel Governo medesimo qual è appunto la Monarchia costituzionale, quindi de- mocrazia pura significa quella forma di Governo dove ogni potere emana direttamente dal popolo, e dove il potere medesimo è esercitato dai rappresentanti del popolo. E quindi intendesi la differenza da una Repubblica democratica pura a una Repubblica che non sia detta tale, poiché può essere Repubblica qualsiasi forma di Governo ove molti comandano. Ma se vi sia l‘elemento aristocratico, quantunque non sia preponde- rante, non sarà più una Repubblica democratica pura.80

Per repubblica si intende, secondo Filopanti, un governo che prevede la partecipazione di ―molti‖, ma essa non è necessariamente democratica; è possibile trovare, secondo questa interpretazione, repubbliche che prevedono anche l‘elemento aristocratico o mo- narchico nell‘articolazione del potere. Sia che questo elemento abbia una funzione pre- ponderante sia che il ruolo di maggior rilievo sia svolto dal popolo, questo tipo di go- verno non può comunque definirsi democratico, ma rappresenta pur sempre una forma repubblicana. Una repubblica in cui il potere è detenuto in maniera esclusiva dall‘elemento popolare, e non si riconoscono aristocrazie va necessariamente definita come ―democratica pura‖. Da notare inoltre che la repubblica democratica è identificata, in maniera assoluta, con la democrazia rappresentativa. La stessa identificazione, che, come abbiamo visto, viene proposta da Cernuschi nella seduta del 18 giugno.

E in questo stesso giorno anche Mattioli esprime la sua opinione in merito, affermando:

79 Le Assemblee del Risorgimento … cit., vol. IV, p. 859. 80

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«Già il nome di Repubblica suona per se stesso alto abbastanza, perché non abbia biso- gno di altro qualitativo. Quando Platone e Rousseau scrivevano e parlavano di Repub- bliche non avrebbero al certo immaginato che un giorno le repubbliche sarebbero state distinte in pure ed impure. È la malvagità degli uomini, che abusando d‘ogni nome più santo, per giungere a‘ fini perversi, ha scambiato i nomi alle cose.»81

Il giudizio del deputato resta ambiguo, principalmente perché non si pronuncia sull‘aggettivo ―democratica‖, ma solo su ―pura‖, che riferisce comunque a ―repubblica‖, ma è comunque attribuita un‘unicità di senso al concetto di repubblica, da cui deriva che qualsiasi aggiunta, a specificarne meglio il carattere, risulta superflua. Una posizione espressa in maniera più esplicita da un altro deputato, Cernuschi, che più avanti nel cor- so del dibattito, arriva a stabilire una perfetta equivalenza tra democrazia e repubblica:

Io domanderei, e vorrei sapere: che cosa è la Repubblica? La Repubblica è la democra- zia […] La Repubblica è la democrazia; se vi sia una Repubblica aristocratica, questa parola Repubblica è abusata da quelli i quali abusano di tutto.

Un‘affermazione che vuole rispondere in maniera forte alle argomentazioni con cui Sa- liceti giustifica la formula proposta dalla Commissione.

Saliceti, infatti, distingue nettamente i significati di ―repubblica‖ e ―democrazia‖, asse- gnando al primo un carattere generico, che può riferirsi a realtà anche molto diverse, da quella democratica a quella monarchica, mentre il secondo termine, così come l‘ulteriore aggiunta di ―pura‖, definiscono con maggiore puntualità quella realtà politica in cui la partecipazione popolare al governo è predominante.

non basta di accennare a Governo repubblicano per esprimere un Governo popolare. Repubblica altro non significa che la cosa pubblica; quindi Repubblica è sinonimo di Governo e sinonimo di Stato. […] Il nome di Repubblica dunque può significare anche una monarchia […]82

Come nota Balzani: «Nel lessico giuridico - politico era ancora in voga, fino agli inizi del secolo, la propensione ad usare il vocabolo ―repubblica‖ semplicemente per ―gover- no‖ regolato»83. Ed è proprio questa l‘accezione adottata da Saliceti nel passo citato.

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Le Assemblee del Risorgimento … cit., vol. IV, p. 873.

82 Ivi, pp. 907-908

83 R. Balzani, Repubblica "classica" o repubblica "alla francese"? Il dibattito nell'Assemblea romana del

1849, in Partiti e movimenti politici fra Otto e Novecento. Studi in onore di Luigi Lotti, Centro Editoriale

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«Una declinazione tecnico - giuridica un po‘ rétro»84 e decisamente limitante, che non corrisponde affatto alla concezione più diffusa all‘interno dell‘Assemblea, visto il modo in cui nei mesi di attività precedenti il termine viene sovraccaricato di un valore simbo- lico e concettuale forte, che, come vedremo meglio più avanti, ne amplia il significato oltre la semplice caratterizzazione giuridica e politica.

Ma tornando ora alle argomentazioni di Saliceti, vediamo come egli, anche ammettendo che con ―repubblica‖ si possa intendere il ―governo dei più‖, ritenga il riferimento alla democrazia necessario, per evitare fraintendimenti con le forme miste di governo, in cui all‘elemento democratico si affianca quello aristocratico:

Ma ancorché sotto il nome di Repubblica si volesse indicare il Governo dei più; il dire semplicemente Repubblica non indica se sia aristocratica o democratica; quindi la giunta democratica era giunta indispensabile.85

Il rifiuto del modello di governo misto è una posizione molto diffusa all‘interno della Costituente, che vuole evitare qualsiasi associazione con il precedente governo papale, all‘interno del quale l‘elemento aristocratico è rappresentato dal ruolo svolto dalla ―ca- sta sacerdotale‖. Si tratta anche di una presa di distanza dal modello delle monarchie co- stituzionali tout court. Un rifiuto, quello nei confronti del governo misto, che emerge del resto anche dalla scelta monocamerale, laddove, alla luce degli statuti del 1848, la camera alta rappresenta appunto l‘elemento aristocratico.

Secondo il ragionamento di Saliceti, anche l‘aggiunta del termine ―pura‖ ha la funzione di definire meglio il carattere specificatamente democratico del regime che si va a in- staurare.

Anche se l‘articolo viene approvato dall‘Assemblea nella formulazione proposta dalla Commissione, la definizione di ―repubblica‖ offerta da Saliceti non corrisponde comun- que al sentimento più diffuso tra i deputati romani, come abbiamo già detto. Cerchiamo quindi di vedere ora quali sono le caratteristiche che i costituenti romani attribuiscono al loro ideale di governo, e di società, repubblicana. Infatti con il termine ―repubblica‖ tendenzialmente i deputati dell‘Assemblea costituente non si riferiscono ad una mera forma di governo, ma a un tipo di associazione politica a cui corrisponde un‘organizzazione della società civile, improntata all‘integrazione degli individui e de- gli interessi particolari, o privati, con quelli collettivi, o pubblici.

84 Ivi p. 106.

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Osserviamo quindi come questa concezione emerge dalle parole di due deputati, le cui posizioni non sono sempre coincidenti.

Il primo estratto che prendiamo in considerazione fa parte di un intervento di Agostini, che, riferendosi sempre alla formula da utilizzare nel primo articolo, indica quale sia il nucleo concettuale che definisce la forma di governo repubblicana:

È certo che quando vien detto Repubblica democratica parrebbe espressa l‘idea di un Governo, a cui prende parte tutto il popolo in tutte le sue classi, che anzi con questa e- spressione si fanno scomparire le classi, e comparisce solamente il popolo nel Gover- no.86

Questa definizione della forma di governo repubblicana ruota intorno a un concetto di partecipazione popolare che include la cittadinanza, in tutte le sue articolazioni interne, fino al punto di farne una totalità, all‘interno della quale non vengono più riconosciuti principi di differenziazione di classe. Una visione già emersa, come abbiamo visto, dall‘analisi del significato attribuito al termine ―popolo‖.

Il secondo intervento, che vogliamo esaminare, è quello di Grillenzoni, il quale, spie- gando il proprio emendamento al secondo articolo dei principi fondamentale, esprime, in maniera eloquente, la stessa concezione di Agostini:

Diceva il progetto: Il regime democratico ha per regola l’eguaglianza, la libertà, la

fraternità. Noi abbiamo sostituito la parola: Repubblica a regime democratico, creden-

do con ciò di soddisfare al desiderio di quelli che volevano esprimere che questi prin- cipi di libertà e di uguaglianza non sono solamente i principi del Governo, ma i principi della associazione repubblicana. Volendo esprimere questo concetto, abbiamo sostitui- to la parola Repubblica, la quale abbraccia tanto l‘associazione interna dei cittadini che formano la Repubblica, quanto il regime governativo.87

Attraverso questo passo torniamo alla questione della differenziazione tra i concetti di repubblica e democrazia, che qui viene espressa in una forma del tutto diversa rispetto a quella proposta da Saliceti. Infatti per Grillenzoni, se il senso di ―democrazia‖ è limitato, in quanto esprime solo una forma di governo, quello di ―repubblica‖ è molto più esteso, arrivando ad esprimere la forma del patto da cui la società, in quanto comunità politica, prende vita. In tal modo sembra che al concetto di repubblica si voglia associare una dimensione spaziale più estesa e una posizione temporale di anteriorità rispetto a una

86 Ivi, p. 910. 87

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forma di governo qualsiasi, come la democrazia. Una visione che viene ribadita anche più avanti, nel corso dello stesso dibattito, da Grillenzoni quando, in risposta al rifiuto di Saliceti di adottare la modifica proposta, afferma: «Certamente questa parola Repubbli- ca è un concetto molto più ampio che non le parole regime democratico. Perché quando io dico regime democratico, mi limito ad accennare l‘azione governativa. Al contrario questa parola di Repubblica abbraccia tutte insieme l‘associazione dei cittadini e il Go- verno.»88

Il concetto di repubblica assume allora un valore ideologico e simbolico più ampio ri- spetto all‘idea della partecipazione popolare al governo; un valore che deriva da altre caratteristiche e funzioni ad essa attribuite.

Una di queste funzioni, centrale nella retorica dei deputati romani, è quella della promo- zione di un miglioramento concreto delle condizioni dei cittadini. La funzione educativa e promotrice di benessere attribuita alla repubblica è centrale nella mentalità dei rappre- sentanti romani, tanto da essere sancita a livello costituzionale nel terzo articolo dei principi fondamentali, dove si stabilisce: «La repubblica colle leggi e colle istituzioni promuove il miglioramento delle condizioni morali e materiali di tutti i cittadini». Esamineremo nell‘ultima parte, dedicata specificamente alla figura del popolo e al rap- porto tra popolo ed élite, i dettagli del dibattito che si apre intorno a questo articolo e al- la sua formulazione. Per il momento ci interessa sottolineare soltanto che nel modo in cui i deputati romani concepiscono la società repubblicana, questa attività nei confronti dei cittadini rappresenta una delle funzioni imprescindibili delle istituzioni. Essa si lega inoltre alla volontà di formare una società in cui non esistano differenziazioni sociali e materiali troppo forti. Non si tratta di un‘istanza comunista; infatti, come viene ripetuto da più parti all‘interno dell‘Assemblea, il modello comunista è rifiutato esplicitamente dai deputati e, anzi, l‘insistenza sulle garanzie verso la proprietà privata dimostra l‘assoluta opposizione nei confronti di una soluzione di quel genere. Si tratta piuttosto della volontà di mettere tutti i cittadini nelle stesse condizioni iniziali, lasciando però che l‘iniziativa e le capacità individuali agiscano liberamente in un secondo momento. In tal modo, secondo i deputati romani, le differenziazioni che si creerebbero all‘interno della società riguarderebbero solo gli individui, ma si eviterebbe la formazione di classi privilegiate e classi svantaggiate. Il tutto deriva insomma da quella mentalità che rifiuta l‘esistenza di interessi di parte in una società che si vorrebbe il più omogenea possibile.

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In tal senso quello che nel testo costituzionale si vuole sancire è la volontà di plasmare, attraverso l‘attività delle istituzioni, una comunità che rispetti l‘ideale di una società au- tenticamente repubblicana. Il senso che assume allora la ―repubblica‖ è quello di un‘associazione armonica di cittadini, dove seppur le differenze individuali sono am- messe, tutti sono chiamati a partecipare, in maniera diversa, alla realizzazione dell‘interesse collettivo.

Una visione del genere affonda le sue origini nell‘ideale repubblicano sviluppato dall‘umanesimo civile, che a sua volta deriva dalla riflessione aristotelica sul concetto di politeia.89 Il repubblicanesimo risorgimentale riprende dunque dalla tradizione rinasci- mentale l‘idea di una comunità le cui varie parti collaborano all‘organizzazione dello stato, armonizzando interessi particolari e interesse collettivo. Un altro concetto ripreso da questa stessa tradizione è quello della virtù del sacrificio per il bene della repubblica. Il concetto espresso dal Bruni, nel 1421, che associa il cittadino al soldato, vedendo nell‘attività militare il modo migliore per la maggior parte della cittadinanza di parteci- pare alla vita civile, trova una corrispondenza in alcuni interventi all‘interno dell‘Assemblea romana, e in particolare in quello di Audinot del 27 marzo.90

In occa- sione della ripresa degli scontri tra il Piemonte e l‘Austria, parlando della partecipazione di Roma alla guerra, Audinot prospetta alcuni scenari per il reclutamento di uomini per formare un esercito regolare, tra cui inserisce anche la coscrizione obbligatoria; un me- todo di reclutamento che, secondo il deputato, trova una legittimazione a livello teorico, venendo a essere connaturale alla forma di governo repubblicana:

In un Governo democratico come noi abbiamo proclamato, certo è che la legge la più nazionale, la più giusta, la più repubblicana pel reclutamento dell‘esercito, è la coscri- zione. Ciascuno, o cittadini, ha obbligo sacro di servire alla patria, colla propria perso- na, e di dare ad essa il tributo del sangue. Il servire colla persona la patria non deve es- sere privilegio della classe dei poveri; il tributo del sangue deve pagarsi da tutti, per servire all‘indipendenza della nazione, per servire alla conservazione dell‘ordine pub- blico, per servire alla difesa della Repubblica91

La soluzione della coscrizione obbligatoria viene poi scartata, ma unicamente per motivi di ordine pratico, che riguardano sia l‘impossibilità materiale per lo Stato di attuarla, sia la necessità di non inimicarsi la popolazione delle campagne.

89 Cfr. J. G. A. Pocock, Il momento machiavelliano … cit., vol. 1 Il pensiero politico fiorentino. 90 Cfr. ivi, p. 213 e sgg.

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L‘idea dell‘obbligatorietà di una partecipazione del cittadino della repubblica alla difesa della patria è del resto espressa anche da altri deputati e in particolare da Agostini, che nella discussione generale sul testo della costituzione propone l‘inserimento di un arti- colo che riconosca la ―virtù del sacrificio‖. Afferma infatti il deputato:

[…] qualunque legge politica o civile ha potuto comandare che ―nessuno facesse ad al- tri ciò che non volesse fatto a sé‖ […]; ma nessuna legge però politica o civile ha potu- to stabilire che ―ogni cittadino faccia ad altri ciò che vorrebbe fatto a sé‖ onde, allar- gando la sfera de‘ doveri, così detti perfetti, questi attingano al grado della verità, ed abbiano l‘entusiasmo, dirò così, del sacrificio: ora rammentiamoci che le Costituzioni de‘ popoli liberi, se non hanno potuto sancire il dovere delle virtù, hanno però sancito l‘onore alla virtù del sacrificio. […] Una Costituzione di Repubblica romana, la quale non esprimesse un onore alla virtù de‘ cittadini che trascendendo la misura del dovere sagrificano sé per i fratelli e per la patria, non mi parrebbe una Costituzione abbastanza repubblicana […]92

Agostini ha già avuto la possibilità di esprimere questa visione nel discorso con cui pre- senta all‘Assemblea il progetto di Costituzione redatto dalla prima commissione; anche