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Attività di controllo sull’esecutivo: la funzione dell’Assemblea e la responsa bilità ministeriale.

3. La democrazia rappresentativa

3.2. La sovranità dell’Assemblea e il rapporto tra i poter

3.2.1. Attività di controllo sull’esecutivo: la funzione dell’Assemblea e la responsa bilità ministeriale.

Nella seduta del 10 febbraio Politi pone all‘attenzione dell‘Assemblea il problema di costituire un organo rivestito del potere esecutivo. Secondo l‘interpretazione proposta dal deputato, il compito di creare tale organo spetta all‘Assemblea Costituente, che in quanto eletta dal popolo e in virtù del suo ampio mandato, può dare legittimità al nuovo esecutivo della Repubblica. Nel descrivere il rapporto che si deve venire ad instaurare tra l‘Assemblea e l‘esecutivo da essa eletto Politi afferma: «L‘Assemblea Costituente è ognora la guardiana dei diritti del popolo, e col suo sguardo solerte veglierà alla condot- ta del potere triumvirale, lo manterrà nella sua degna strada, gli darà forza, sederà conti-

57 Nel decreto di convocazione delle elezioni per la Costituente si legge infatti che «l‘oggetto della mede-

sima [Assemblea nazionale] è di prender tutte quelle deliberazioni che giudicherà opportune per determi- nare i modi di dare un regolare, compiuto e stabile ordinamento alla cosa pubblica in conformità dei voti e delle tendenze di tutta, o della maggio parte della popolazione.», una disposizione che quindi attribuisce all‘Assemblea un mandato vasto e non limitato alla sola elaborazione della Costituzione, ma esteso più in generale al governo del paese.

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nua come giudice e come sorella».58 Due elementi vanno sottolineati in queste parole: da un lato il fatto che si conferisce all‘Assemblea un ruolo di tutela dei «diritti del popo- lo», ossia del principio della sovranità popolare e di tutto ciò che da esso deriva, una funzione che è addirittura interpretata da Battaglini come «un embrione di progetto di custodia della Costituzione stessa affidato all‘organo del potere costituente»59; dall‘altro

lato possiamo leggervi l‘assoluta subordinazione del nuovo organo all‘Assemblea, che deriva da un evidente sentimento di diffidenza nei confronti di qualunque tipo di esecu- tivo; una visione che riemergerà in varie circostanze nei mesi successivi. Anche dal progetto di legge, proposto da Politi, emerge una sorta di gerarchizzazione dei rapporti tra gli organi di potere dello Stato. Il progetto si compone di due articoli:

Art. 1. Sino a che non sia deliberata ed attuata la Costituzione della Repubblica romana, l‘Assemblea Costituente governa lo Stato mediante un Comitato esecutivo.

Art. 2. Il Comitato esecutivo sarà composto di tre cittadini responsabili ed amovibili a volontà dell‘Assemblea.60

È interessante notare che nel progetto elaborato da Politi all‘Assemblea è attribuito non solo il diritto di eleggere l‘organo detentore del potere esecutivo, ma anche quello di de- legare tale potere, che di fatto le appartiene. Si tratta in realtà di un‘attribuzione straor- dinaria, limitata al periodo transitorio di attività della Costituente.

Diversa risulta invece l‘elaborazione proposta da Gabussi61

, che presenta un progetto al- ternativo, nel quale leggiamo: «La Repubblica esercita il potere esecutivo per mezzo dei

58 Le Assemblee del Risorgimento … cit., vol. III, p. 113.

59 M. Battaglini Due aspetti poco noti della storia costituzionale della Repubblica romana del 1849 …

cit., p. 436.

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Le Assemblee del Risorgimento … cit., vol. III, p. 114.

61 Giuseppe Gabbussi (1791-1862), nato a Bologna, dove studia giurisprudenza. Oppositore del governo

pontificio, avvia un‘attività editoriale attraverso la quale diffonde opere dissidenti di importazione o che produce egli stesso, incentrate sulla critica al pontificato e all‘assolutismo. La sua attività di scrittore dis- sidente, soprattutto dopo il 1831, attira l‘attenzione delle autorità. Si avvicina alla Giovane Italia, ma non ne condivide pienamente i principi. La sua attività politica ha delle ripercussioni sulla sua vita lavorativa, innanzitutto causando la revoca dell‘incarico di giudice aggiunto al tribunale d‘appello di Bologna, e suc- cessivamente arrestato (1833) con l‘accusa di diffusione di materiale sovversivo. Rilasciato nel 1836 la- scia lo Stato per andare in Inghilterra. Riesce poi a tornare nella penisola continuando comunque a muo- versi tra l‘Italia e altre località dell‘Europa continentale e senza mostrare interessi per l‘attività politica. Negli anni quaranta, riapertosi il dibattito dopo l‘elezione di Pio IX, Gabussi ricomincia l‘attività di scrit- tore politico attraverso opuscoli e articoli spesso anonimi. In essi si mostra poco incline a condividere il generale entusiasmo verso il nuovo papa. L‘atteggiamento negativo nei confronti del papa sembra mutare dopo l‘amnistia, quando rientrato a Roma si avvicina ad ambienti moderati. Con il precipitare degli eventi a Roma in senso democratico, le posizioni di Galletti tornano a ruotare nell0area repubblicana radicale. Presidente del comitato elettorale romano, collaborò attivamente all‘organizzazione delle elezioni. Dopo

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ministri tratti dal suo seno. […]»62; il soggetto in questo caso non è l‘Assemblea Costi-

tuente, ma la Repubblica in generale. Questo secondo progetto risulta tuttavia lacunoso. In esso si suggerisce la formazione di un corpo ministeriale, ma non si indica né chi è incaricato dell‘elezione dei ministri, né a chi spetta il potere di revocarli, si specifica so- lo che sono responsabili davanti all‘Assemblea. Anche Gabussi, nel discorso pronuncia- to nella seduta del 10 febbraio prima di esporre la sua proposta di esecutivo, riconosce all‘Assemblea, in quanto detentrice della sovranità, una maggiore autorità rispetto all‘esecutivo, e le assegna, come ha già fatto Politi, una funzione di supervisione: «La sovranità rimane sempre nell‘Assemblea. Il vegliare sopra quest‘uomini è sempre cura dell‘Assemblea.»63

.

Il decreto infine approvato dall‘Assemblea è quello di Politi, ma è interessante notare che la discussione in aula si concentra sul problema della struttura da dare al nuovo or- gano. I due progetti propongono infatti due idee diverse: Politi sostiene la necessità di restringere il numero dei membri dell‘esecutivo, in modo che il governo risulti più coe- so e l‘attività più rapida, e propone quindi di costituire un triumvirato; Gabussi avanza l‘idea di un corpo ministeriale di sette membri, ossia un organismo che, grazie a una maggiore articolazione interna, possa affrontare in modo più efficace la complessa si- tuazione dello Stato. Due elementi di grande importanza emergono dal dibattito in aula sulla struttura da dare al nuovo organo: da un lato scopriamo la presenza di una forte diffidenza verso un potere di cui si temono gli abusi; in conseguenza di ciò troviamo, dall‘altro lato, l‘attribuzione di un ruolo di controllo all‘Assemblea, che in quanto eletta dal popolo può tutelare i diritti di quest‘ultimo. In questa visione è quindi possibile ri- conoscere il fulcro di quel principio di gerarchizzazione tra i poteri di cui si diceva so- pra.

La funzione di controllo dell‘Assemblea emerge soprattutto in relazione al problema della responsabilità dei membri dell‘esecutivo, soprattutto quando, l‘11 febbraio i mem- bri del neoeletto Comitato esecutivo chiedono di poter eleggere un corpo ministeriale responsabile davanti all‘Assemblea. Molti deputati contestano l‘attribuzione di respon- sabilità a due organi, tanto più che uno dei due non è eletto dall‘Assemblea. La critica di

la caduta della Repubblica rifugiatosi a Genova, lavora a una ricostruzione dei fatti romani, dall‘elezione di Pio IX alla caduta della Repubblica, cercando di analizzarne le dinamiche. L‘opera propone tra l‘altro una dura critica dell‘attività governativa di Mazzini. Gli anni dell‘esilio genovese si caratterizzano anche per l‘isolamento politico. Muore a Genova nel 1862. (Cfr. G. Monsagrati, v. Gabussi Giuseppe, in DBI, vol. 51, 1998).

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Le Assemblee del Risorgimento … cit., vol. III, p. 114.

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Politi, ad esempio, si concentra proprio sul fatto che i ministri eletti dal Comitato siano responsabili davanti all‘Assemblea; il deputato vede in tale soluzione una replica del si- stema adottato nelle monarchie costituzionali:

Notate poi che questi uomini [quelli del Comitato esecutivo] furono eletti col voto di- retto dalla stessa Assemblea, mentre che i ministri che si vorrebbero responsabili in faccia al paese non verrebbero eletti che dal Comitato esecutivo. Per me, studiando il regime costituzionale, non vidi mai vizio maggiore in questo sistema bastardo di quello di ministri eletti dal Monarca, che le Camere ed il paese dovevano accettare assecon- dandoli, ovvero dovevano respingerli, ponendo sempre il paese sull‘orlo di una rivolu- zione. […] Questa responsabilità dei ministri deve essere tutta ed esclusiva in faccia al potere che li elegge.64

L‘opposizione all‘idea di un corpo ministeriale è massiccia all‘interno dell‘Assemblea, come dimostra il fatto che l‘esito della votazione, che infine porterà ad approvare la cre- azione dei sette ministri responsabili, resta in realtà dubbio. Secondo l‘interpretazione dei deputati contrari al ministero, con la formazione di quest‘ultimo si avrebbe un ese- cutivo composto da due organi con la conseguenza di una divisione della responsabilità tra di essi; una situazione che renderebbe difficile per l‘Assemblea stabilire a chi attri- buire la reale responsabilità di un‘azione di governo. E Galletti arriva a sostenere che le due responsabilità finirebbero per annullarsi reciprocamente: «due responsabilità non possono sostenersi, due responsabilità si elidono.»65.

Si tratta di un‘obiezione che rientra sempre nell‘ottica del controllo che l‘Assemblea dovrebbe esercitare sugli atti dell‘esecutivo. Più in generale si attacca l‘idea di un esecu- tivo formato da un numero troppo elevato di membri, che comporterebbe il rischio di una diluizione della responsabilità di ogni singolo membro.

La questione tornerà anche in altre circostanze, tra cui ne segnaliamo in particolare due: l‘intervento di Bonaparte del 6 marzo e la discussione sul secondo progetto di costitu- zione, quando si tratta di decidere la struttura dell‘esecutivo e il numero dei consoli. Nella seduta del 6 marzo Bonaparte prende la parola con un‘interpellanza indirizzata al ministro degli esteri Rusconi, per conoscere lo Stato delle trattative con la Toscana per la fusione dei due Stati. Si tratta di un‘occasione per tornare a contestare la scelta di a- ver suddiviso la responsabilità tra due corpi, il Comitato esecutivo e il Ministero; dice infatti Bonaparte: «Fin da quel giorno in cui quei tre uomini che per nostra scelta siedo-

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Ivi, p. 134.

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no al governo di questa Repubblica ci mostrarono il desiderio di dividere coi propri mi- nistri la responsabilità governativa, io mi pentii del voto che aveva loro dati!»66. Bona- parte arriva addirittura ad afferma che tutti gli «abusi», a cui si assiste nella vita politica della Repubblica, «scaturiscono da una sola sorgente. Poca energia nel vostro potere e- secutivo, nessuna armonia o ―omogeneità‖ nel vostro Ministero»67

. Ancora una volta si parla di ―abusi‖, un termine usato in questa circostanza probabilmente in modo inappro- priato, per dare maggiore enfasi drammatica al discorso piuttosto che nel suo senso rea- le, visto che, più che ad un abuso di potere, Bonaparte sembrerebbe riferirsi ad una mancanza di efficacia e tempestività nella condotta dell‘esecutivo.

Ciò che emerge dalle parole di Bonaparte così come, in generale, dai vari interventi di questi primi giorni di marzo, è una preoccupazione, diffusa all‘interno dell‘Assemblea, di conoscere la reale situazione del paese e dei suoi rapporti con l‘estero. Ciò che acui- sce il senso di diffidenza, già del resto ampiamente presente tra i deputati, nei confronti dell‘esecutivo è la mancanza di un afflusso di notizie più o meno costante, una mancan- za che, complice anche la complessità della situazione a livello sia europeo che ―italia- no‖, rende i deputati particolarmente suscettibili nei confronti dell‘attitudine di un ese- cutivo che in linea di massima non ha attuato una politica efficace68.

L‘esito finale di questa situazione di tensione tra Assemblea ed esecutivo è l‘esautoramento del Comitato e la sua sostituzione con un Triumvirato, eletto dall‘Assemblea il 29 marzo e composto da Mazzini, Saffi e Armellini.

Se il nuovo esecutivo riceve dall‘Assemblea poteri straordinari per fronteggiare l‘attacco straniero e scongiurare la fine della Repubblica, la concezione di fondo, con cui i deputati romani considerano il rapporto tra gli organi di potere dello Stato, resta la stessa che si è vista emergere nei primi mesi di vita della Repubblica, e trova conferma nella Costituzione promulgata il 3 luglio.

Veniamo quindi alla seconda circostanza in cui l‘Assemblea torna a parlare del proble- ma della responsabilità dell‘esecutivo mettendolo in relazione al numero dei suoi mem- bri, ossia il dibattito sulla struttura dell‘esecutivo nell‘ambito della discussione sul testo costituzionale. 66 Ivi, p. 588 67 Ibidem 68

Cfr. M. Severini, La Repubblica romana del 1849, Marsilio, Venezia, 2011, pp. 21-41; G. Candeloro,

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La questione della struttura dell‘esecutivo, e del numero dei consoli, risulta problemati- ca per i deputati romani sotto due punti di vista. Da un lato si lega al problema della re- sponsabilità e quindi della possibilità di controllo dell‘organo da parte dell‘Assemblea; dall‘altro troviamo il problema della coesione e della forza interna dell‘organo. Esami- neremo più avanti questo secondo aspetto della questione. Per quanto riguarda invece il primo problema, quello della responsabilità, risulta invece di un certo interesse l‘intervento di Salvatori Braccio nella seduta del 30 giugno. Il deputato propone infatti un emendamento che modifica la struttura dell‘esecutivo elaborata nel progetto costitu- zionale presentato da Saliceti. Se in quest‘ultimo si prevede un consolato di tre membri affiancato da sette ministri responsabili, Salvatori propone invece di ridurre il numero dei membri dell‘esecutivo. Volendo ammettere l‘istituzione di un corpo ministeriale di sette membri diventa necessario ridurre il numero dei consoli a uno. La questione si lega sostanzialmente al problema della responsabilità, come spiega il deputato:

[…] io penso che, quando si tratta di responsabilità, si debba cercare che questa re- sponsabilità si dia al minor numero di individui possibili, affinché abbia un valore, al- trimenti se si sperde su molti individui si riduce a zero. Conseguentemente se noi am- mettiamo che il Ministero debba essere responsabile, è bene che si riduca il numero dei Consoli al minor numero possibile, e proporrei che fosse ridotto ad uno piuttosto che a due o a tre; perché realmente quando, per esempio, si ammettono sette ministri respon- sabili ed un Console egualmente responsabile sono otto persone responsabili; la re- sponsabilità cioè viene a essere divisa in otto; ma se, per esempio, invece di un Console responsabile ne ammettiamo due o tre, noi avremo questa responsabilità divisa in un numero maggiore e conseguentemente avremo che ciascun individuo ha una minor quantità di responsabilità; quindi io credo che se si trattasse di ammettere tre Consoli senza un Ministero responsabile la cosa potrebbe correre; ma quando si vuole ammette- re un Ministero responsabile è miglior cosa il concentrare sempre più, il rendere sem- pre più stabile il potere esecutivo […]69

Dalle parole finali del deputato emerge anche una preoccupazione sulla stabilità del go- verno e sull‘efficacia delle sue azioni, che secondo un‘opinione diffusa all‘interno dell‘Assemblea dipendono da una maggiore o minore concentrazione di potere e quindi ancora una volta dal numero dei membri dell‘esecutivo. Ma esamineremo meglio più avanti questo aspetto del dibattito.

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Possiamo quindi dire che resta viva, nella varie fasi di vita della Repubblica, la preoc- cupazione nei confronti del comportamento dell‘esecutivo e la ricerca di garanzie e forme di controllo sul suo operato. Dagli interventi esaminati emerge anche che il ruolo di controllore viene affidato in modo inequivocabile all‘Assemblea.

La subordinazione dell‘esecutivo al legislativo deriva quindi dall‘autorità dell‘Assemblea, che in quanto incarnazione del principio della sovranità popolare, ha il compito di vigilare su eventuali abusi dell‘esecutivo. Questo modo di valutare il rappor- to tra gli organi istituzionali mostra come a una predisposizione al sospetto nei confronti dell‘esecutivo, corrisponda, in maniera speculare, un sentimento di fiducia nei confronti dell‘Assemblea.

Questa visione idealizzata dell‘Assemblea si manifesta, come vedremo, anche nel corso dell‘elaborazione della Costituzione, e in particolar modo nella discussione sull‘organo tribunizio previsto nel primo progetto.