• Non ci sono risultati.

Separazione dei poteri e bilanciamento

3. La democrazia rappresentativa

3.2. La sovranità dell’Assemblea e il rapporto tra i poter

3.2.3. Separazione dei poteri e bilanciamento

In entrambi i progetti di costituzione proposti, così come nel testo definitivo, viene inse- rito il principio della separazione dei poteri.

L‘articolo numero 15 nel primo progetto e il numero 14 nel secondo descrivono l‘articolazione degli organi di potere della Repubblica e decretano la divisione delle funzioni legislativa, esecutiva e giudiziaria.

Nonostante le funzioni risultino in linea di massima divise, bisogna notare che in en- trambi i progetti all‘Assemblea legislativa vengono affidate alcune prerogative tipiche del potere esecutivo, ossia quelle di decidere della pace, della guerra e dei trattati e la nomina di alcune cariche militari92.

L‘attribuzione straordinaria di queste prerogative emerge nel corso del dibattito costitu- zionale, in particolare nella giornata del 29 giugno. Proprio in occasione della discus- sione sulla formulazione dell‘articolo 14, infatti, sorge un problema terminologico. Non volendo usare l‘espressione ―Consolato‖, in quanto rifiutata da una parte dei deputati, ma non potendo ancora discutere del nome dell‘organo (per parlarne si deve infatti arri- vare a discutere il titolo IV), Audinot propone di riformulare l‘articolo in questi termini: «Ogni potere viene dal popolo, e si esercita dall‘Assemblea, dall‘autorità esecutiva, dall‘ordine giudiziario.»93

.

La proposta nasce anche dalle obiezioni fatte da Cernuschi a quella che interpreta come una rigida separazione dei poteri, ma vedremo meglio più avanti questo aspetto del di- battito. Per il momento ci interessa considerare il fatto che la formula di Audinot viene rifiutata in nome di quelle attribuzioni straordinarie, che sconfinano nel campo

92

In entrambi i progetti è l‘articolo 28, che diventa 29 nel testo definitivo, a stabilire che l‘Assemblea «ha il potere legislativo: decide della pace, della guerra e dei trattati.»

109

dell‘esecutivo, affidate nel progetto costituzionale all‘Assemblea. Il primo a far notare questo particolare è Bonaparte, il quale afferma:

[…] non v‘è dubbio che la nostra Assemblea si riserva porzione del potere esecutivo. L‘Assemblea si riserva i trattati, e perfino alcune nomine […]. Dunque non si può am- mettere quella classificazione.94

L‘obiezione di Bonaparte, approvata anche da Salvatori, viene confermata subito dopo da Saliceti, il quale a sua volta sostiene:

La Commissione del progetto non ha ricorso alle solite distinzioni di potere legislativo, di potere esecutivo, di potere giudiziario; imperocché all‘Assemblea ha dato il potere legislativo e parte del potere esecutivo sino al punto che l‘Assemblea si dà il diritto di nominare i generali dell‘armata. Quindi per questo motivo non possiamo accettare que- sto mutamento.95

L‘emendamento di Audinot viene quindi rifiutato perché, facendo riferimento alle fun- zioni piuttosto che agli organi che le esercitano, propone una rigida separazione dei po- teri che non corrisponde alla reale natura della costituzione proposta, nella quale l‘organo del potere legislativo svolge anche funzioni tradizionalmente di pertinenza dell‘esecutivo.

Nella storia del costituzionalismo generalmente, accanto al principio della separazione dei poteri, si sono affermati anche quelli del controllo e del bilanciamento dei poteri. È il caso quindi di esaminare ora se e come i costituenti romani abbiano valutato questi principi. Per quanto riguarda le attività di controllo sugli organi di potere, il primo pro- getto oltre a istituire un organo ad hoc, il Tribunato, con l‘unica funzione di vigilare su Assemblea e Consolato, affida anche una funzione di controllo sull‘esecutivo all‘Assemblea legislativa. Se il controllo del Tribunato sull‘esecutivo, come si è detto, avviene a fine mandato, il controllo sulle singole azioni di governo viene svolto dall‘Assemblea, che agisce tramite il classico meccanismo della responsabilità ministe- riale e della messa in stato di accusa.

Il secondo progetto, come si è ampiamente detto, elimina l‘organo tribunizio, e nella sua relazione introduttiva Saliceti spiega in questi termini come vengono svolte le funzioni di controllo:

94

Ivi, p. 1046.

110

La miglior garanzia contro gli abusi del Potere esecutivo sono nella libertà della stampa, nel diritto di petizione collettivo e individuale, nella forza e vigilanza dell‘Assemblea. […] La sola possibile garanzia contro gli abusi dell‘Assemblea sta nell‘ordine giudizia- rio, il quale, essendo indipendente ed inamovibile, avrà forza bastevole per respingere ogni legge violatrice dello Statuto […]96

.

Le presenza di meccanismi di controllo reciproco tra i vari organi di potere, che si atti- vano automaticamente, rende superflua secondo Saliceti la creazione di un organo di controllo super partes come il Tribunato.

È il caso di soffermarsi, a questo punto, sulle posizioni di due deputati, Lizabe-Ruffoni e Cernuschi, che si esprimono contro questi principi di separazione e controllo dei pote- ri. Vediamo quindi, attraverso le loro parole, in che modo li intendono e in che senso li criticano.

È Lizabe-Ruffoni il primo a esprimersi sulla questione nella seduta del 16 giugno sem- pre all‘interno della discussione sul Tribunato. In particolar modo il deputato si esprime contro il concetto di ―costituzione bilanciata", egli infatti afferma:

Il Tribunato è proposto come assoluta guarentigia della libertà; perché ciò sia, bisogna conservargli la sua schietta natura di potere. Perché una forza bilanci un‘altra forza ri- vale, è necessario ch‘ella sia di pari valore; e se questa è potenza politica, è necessario che sia una autorità eguale alla autorità che dee combattere: ma io mi oppongo assolu- tamente […] io mi opporrò sempre a tutte quelle Costituzioni le quali creano negli Stati la ponderazione dei poteri. Il potere è uno, ma le funzioni sono diverse e divisibili. Il potere nelle Costituzioni politiche non deve dividersi; se si divide si corrompe o si fiacca; e questa divisione è il principio, il seme della guerra civile e della corruzione. Non voglio che l‘autorità si divida. L‘autorità viene dal popolo, al popolo l‘autorità ri- torna […]97

.

In questa critica al principio del bilanciamento dei poteri Lizabe-Ruffoni si riferisce u- nicamente al Tribunato, che vede come un organo il cui potere serve a bilanciare quello dell‘Assemblea. Nell‘interpretazione del deputato il «potere», così lo definisce, viene identificato in maniera esclusiva con le facoltà legislative dell‘Assemblea. Ma ancora una volta bisogna notare come il potere attribuito a quest‘ultimo organo non derivi dalle facoltà da esso esercitato, ma dall‘investitura popolare. Con il termine potere, quindi, il deputato vuole presumibilmente fare riferimento alla sovranità. In ogni caso tale potere

96

Ivi, pp. 750-751.

111

non solo non può essere condiviso da più organi, ma inoltre l‘organo che lo detiene non può essere sottoposto a controllo. In tal modo Lizabe-Ruffoni rifiuta tutta quella tradi- zione di pensiero, di origine inglese, che si è interrogata sul modo di limitare e control- lare le varie forme di esercizio del potere. Il nucleo fondamentale di questo rifiuto con- siste da un lato nell‘idea che il potere sia unico e debba restare indiviso, e dall‘altro nell‘idea che tale potere, posseduto dal popolo, venga trasmesso all‘Assemblea legisla- tiva e da essa detenuto in maniera esclusiva.

Procedendo su questa strada Lizabe-Ruffoni finisce per estremizzare un‘idea diffusa tra i deputati romani, di cui abbiamo già parlato e che torneremo ad analizzare, ossia quella di una gerarchizzazione tra gli organi di governo. Nella visione del deputato infatti il potere, declinato rigorosamente al singolare, risiede unicamente nell‘Assemblea, che non può essere controllata o limitata senza implicare una sottrazione del suo potere, e dalla quale deriva l‘autorità degli altri organi di governo.

Nella seduta del 18 giugno è invece Cernuschi a sfoderare un duro attacco al principio del bilanciamento tra i poteri. Nella sua spiegazione il deputato parte da una teoria se- condo la quale la libertà di uno Stato non dipende dalle sue istituzioni, ma dalla natura del suo popolo. Nessuna architettura costituzionale può impedire che la tendenza dei cit- tadini si mostri per quello che è, come dimostra il caso francese. La costituzione france- se, pur prevedendo la separazione dei poteri, il suffragio universale e la sovranità del popolo non ha potuto impedire l‘ascesa di Luigi Bonaparte, segno che la libertà non può essere assicurata dalle istituzioni, ma solo dal carattere della società98. In conseguenza di ciò, Cernuschi rifiuta tutto il sistema dell‘equilibrio dei poteri, di cui parla in questi termini:

Io vorrei che l‘Assemblea adottasse appunto una Costituzione che fosse la più semplice, e abbandonasse una volta per sempre il così detto sistema di equilibrio, perché l‘equilibrio vuol dire fra cose che contrastano, trovare un fulcro, un punto d‘appoggio per far restare tutto in piedi. Invece la cosa non è così: qui non abbiamo bisogno di tro- vare questa incognita, di maniera che il Re, la Camera, i grandi poteri dello Stato, come si chiamano ancora in Francia, siano bene equilibrati fra loro. Io trovo che è importan- tissimo di immedesimarsi in questo pensiero, che non si deve porre la garanzia della li-

98

Secondo Cernuschi stabilire una Costituzione non è una questione di particolare importanza, «la libertà è l‘importante, il vedere se in un popolo esiste il sentimento di libertà. […]l‘amore della libertà è un dono naturale: chi la vuole, l‘ha, qualunque sia la Costituzione che abbia; chi non la vuole non l‘ha, qualunque sia la Costituzione che ottenga.», Le Assemblee del Risorgimento … cit., vol. IV, p. 870.

112

bertà nel contrasto, non bisogna avere per massimo che l‘odio fra i poteri è una garan- zia. Questo pensiero può servire anche a quelli che desiderano il Tribunato. […]99

Cernuschi associa strettamente la teoria dell‘equilibrio dei poteri con il sistema di go- verno misto, per cui tale teoria si trova ad essere adeguata unicamente per quel tipo di sistema istituzionale in cui l‘elemento monarchico convive con quello aristocratico e democratico.

Su questo punto è il caso di aprire una parentesi, dal momento che la critica al governo misto è condivisa anche da altri deputati. Dal rifiuto per questo tipo di governo dipende ad esempio l‘assenza, in entrambi i progetti, di una seconda camera legislativa, vista come una reminiscenza di costituzionalismo monarchico e come specchio di una società divisa in classi, un‘idea questa che, come vedremo, viene categoricamente rifiutata. Come nota giustamente Nocilla: «[…] nel dibattito tenutosi in questo giorno vi è un'ul- teriore dimostrazione di quanto la cultura costituzionale di una certa parte degli artefici del Risorgimento fosse in qualche modo limitata, considerando essi soltanto le tre clas- siche forme di governo: monarchia, aristocrazia, democrazia; e di come vi fosse un ri- fiuto netto delle forme miste di governo, che a quei pensatori apparivano come una compromissione con il passato. Anche la scelta monocamerale si inquadra nella mede- sima ottica: una seconda Camera rischiava di far risorgere tentazioni aristocratiche […]»100

. E addirittura Nocilla interpreta il rifiuto del Tribunato da parte di Saliceti come parte di questo generale rifiuto del bicameralismo e con esso del governo misto101. La questione del governo misto torna anche nella seduta del 24 giugno quando Saliceti, nel difendere l‘utilizzo del termine ―pura‖ in associazione a quello di ―Repubblica de- mocratica‖, afferma che l‘aggettivo ha la funzione di distinguere un governo in cui l‘elemento democratico non solo è dominante, ma è anche l‘unico presente, da uno in cui i vari elementi monarchico, aristocratico e democratico convivono. L‘aggettivo ―pu- ra‖ ha quindi la funzione di identificare il carattere della Repubblica romana distinguen- dolo dal prototipo del governo misto102.

99 Ivi, pp. 870-871.

100 Nocilla, Sovranità popolare e rappresentanza … cit., pp. 235-236.

101 Cfr. Ivi, p. 236. Sul rifiuto del modello di governo misto in Italia cfr. M. Ghisalberti, Modelli costitu-

zionali e Stato risorgimentale, Carucci editore, Roma, 1987.

102

Le parole di Saliceti a tal proposito sono queste: «Ma ancorché sotto il nome di Repubblica si volesse indicare il Governo dei più; il dire semplicemente Repubblica non indica se sia aristocratica o democrati- ca; quindi la giunta democratica era giunta indispensabile. Mi si dice: ma quando si parla di Repubblica democratica, quell‘aggiunta di pura è superflua. L‘Assemblea con molto senno ha aggiunto l‘epiteto pura.

113

Tornando ora alle parole di Cernuschi, un altro aspetto interessante risiede nel fatto che egli rintracci in un conflitto tra i poteri l‘origine della ricerca di un equilibrio, un‘idea adombrata anche nelle parole di Lizabe-Ruffoni. In tal modo l‘opposizione a questo tipo di teoria deriva non solo dal legame con il modello del governo misto, ma anche dal ri- fiuto di qualsiasi tipo di conflitto all‘interno delle istituzioni, che è parte di un più gene- rale rifiuto di conflitti in ambito politico e in ambito sociale, come evidenzieremo me- glio più avanti.

Un‘altra parte interessante della critica di Cernuschi al Tribunato, inteso come elemento di un sistema di controllo e bilanciamento tra i poteri, è quella in cui il deputato fa rife- rimento all‘istituzione del jury:

Per spiegarmi, come io comprendo questa cosa, vi dirò che per me tutta la politica e tutta la Costituzione è un gran jury. Voi avete veduto che migliore di tutti gli antichi si- stemi di amministrazione della giustizia è l‘invenzione del jury, cioè il popolo che giu- dica senza appello: questa è la migliore giustizia che si rende, la migliore garanzia per chi è sottoposto alla giustizia. Ora se si stabilisse il Tribunato superiore allo stesso jury, rovineremmo questa istituzione del jury che è una istituzione di coscienza. Noi voglia- mo che l‘Assemblea Costituente dei rappresentanti del popolo sia pure una istituzione di coscienza e quindi inappellabile. Non si possono già fare delle piccole macchinette o degli orologi per far andare la coscienza e la libertà, ed il vostro progetto di Costituzio- ne abbonda di questi difetti103.

Tutto il ragionamento del deputato, in questo passaggio, si basa su una stretta identifica- zione tra popolo e Assemblea. Il Tribunato, svolgendo una funzione di controllo su tutti gli organi di potere, diventa giudice dell‘Assemblea e quindi dello stesso popolo, che l‘ha eletta. L‘organo tribunizio in tal modo viene a sottrarre potere all‘istituzione del jury, qui intesa, lato sensu, come il definitivo e inappellabile giudizio del popolo. Si può forse leggere nelle considerazioni di Cernuschi l‘influsso di Tocqueville, il quale parla dell‘istituzione della giuria popolare negli Stati Uniti d‘America, ricollegandola al prin- cipio della sovranità popolare, o, per meglio dire, vedendo in essa un elemento centrale

Ogni scienza ha le sue distinzioni, e l‘ha ancora la politica. Essa vi distingue il Governo in monarchia, democrazia, aristocrazia. Nella di meno fatte queste tre distinzioni vi possono essere dei Governi inter- medi, i quali mentre appartengono ad una forma, partecipano ancora de‘ caratteri di un‘altra; […] Io cre- do difficile trovare una democrazia pura, e credo che l‘attuale Repubblica romana sia stata quella che ne abbia offerto il primo esempio. Quindi il dire Repubblica democratica pura significa il dire Repubblica dove non è frammisto alcun elemento aristocratico, alcun elemento monarchico; […]».Le Assemblee del

Risorgimento … cit., vol. IV, p. 908.

114

nell‘attuazione di tale principio104. Cernuschi tuttavia non si riferisce ad un‘istituzione

concreta; nella sua visione il jury diventa un‘istituzione ideale che simbolizza il princi- pio della sovranità popolare e legittima la concentrazione di potere nelle mani dell‘Assemblea, in quanto emanazione diretta del popolo. Per mantenere la connessione tra Assemblea e popolo, però, precisa Cernuschi, è indispensabile che questa si rinnovi quanto più spesso possibile.

Il Tribunato diventa quindi, nell‘interpretazione del deputato uno dei mezzi con cui si tenta di realizzare un‘organizzazione istituzionale garante della libertà, la quale però non può essere assicurata che dalla coscienza del popolo e quindi dei suoi rappresentanti. La critica al Tribunato di Ceruschi rientra quindi in una più generale critica alla teoria del bilanciamento dei poteri, in cui l‘organo tribunizio trova, secondo Cernuschi, la sua origine; tuttavia l‘eliminazione del Tribunato nel secondo progetto non ha portato alla negazione del sistema di equilibri. Avverte infatti il deputato: «A me pare che [il proget- to costituzionale] racchiuda tre poteri anche indipendentemente dal Tribunato: racchiu- de l‘Assemblea e il Consolato, al quale è data facoltà di fare i ministri. […] Questi sono tre poteri e dico che vanno male, […].»105

.

In effetti bisogna notare come, nell‘analizzare la struttura istituzionale priva del Tribu- nato proposta nel nuovo progetto, Cernuschi passi da un attacco al principio del bilan- ciamento tra i poteri a una critica dell‘idea di separazione dei poteri.

Cernuschi non si limita a contestare l‘assetto istituzionale proposto nel progetto costitu- zionale, ma presenta all‘Assemblea un‘alternativa. Secondo il deputato l‘Assemblea do- vrebbe nominare un‘unica persona a cui affidare la scelta dei ministri, in modo da avere un corpo ministeriale responsabile davanti all‘Assemblea guidato da un Presidente, anch‘egli responsabile. Di fondamentale importanza per il deputato è il fatto di non cre- are due corpi distinti, consolato e ministero, incaricati del potere esecutivo per evitare di disperdere la responsabilità; ancora una volta, quindi, vediamo riemergere questo argo- mento. Inoltre il deputato vorrebbe che l‘esecutivo facesse rapporto giornalmente all‘Assemblea. Altri due elementi significativi, nella proposta di Cernuschi, sono da un lato l‘idea di rendere facile la revoca degli incarichi ministeriali, dice infatti il deputato:

104 Afferma Tocqueville: «Ogni cittadino americano è elettore, eleggibile e giurato. Il sistema della giuria,

così come lo si intende in America, mi pare una conseguenza altrettanto diretta ed estrema del dogma del- la sovranità popolare quanto il suffragio universale. Sono due mezzi ugualmente decisivi per far regnare la maggioranza.», A. de Tocqueville, La democrazia in America, vol. I, Città Aperta edizioni, 2005, p. 328.

115

«[…] non vogliamo che sia necessario lo stato d‘accusa per dimettere il potere; ma quando vediamo che ha delle tendenze contrarie alla libertà, noi dobbiamo potere con un voto manifestargli che la politica non va bene e che si ritiri. […]»106

; e dall‘altro lato l‘importanza assunta dalla consultazione della volontà popolare, da cui deriva la propo- sta di ridurre a due o anche a un solo anno la durata della legislatura.

In tal modo la struttura proposta da Cernuschi si fonda su un‘Assemblea resa ancora più forte, soprattutto grazie al potere di esautorare facilmente i membri dell‘esecutivo, su una totale identificazione tra popolo e Assemblea, agevolata dalla breve durata della le- gislatura, e infine sulla centralità del principio della sovranità popolare.

Cernuschi sintetizza questa struttura istituzionale alternativa nel suo emendamento all‘articolo 15, che recita:

Ogni pubblico potere viene dal popolo. L‘autorità nazionale si esercita dall‘Assemblea dei Rappresentanti del popolo. Questa affida ad un Ministero l‘ordinaria amministra- zione dello Stato. Le funzioni della giustizia comune sono separate dalle amministra- zioni.107

L‘emendamento viene discusso nella seduta del 29 giugno, ma, in assenza di Cernuschi, è Monti a perorarne l‘approvazione. Tuttavia la spiegazione offerta da questo deputato non risulta molto convincente e non sembra centrare l‘idea di fondo di Cernuschi. Monti si concentra infatti sulla difesa della proposta di affidare il potere esecutivo a un presi- dente affiancato da un ministero, ben sapendo che questa opzione è poco apprezzata all‘interno dell‘Assemblea, per il timore di degenerazioni dispotiche dell‘esecutivo:

[…] Questo emendamento porta che il potere esecutivo non abbia durata permanente. […] per l‘agevolezza della esecuzione, la proposta non può incontrare difficoltà; per- ché quando un soggetto incaricato dall‘Assemblea a formare un Ministero sarà a capo del potere esecutivo, questo eleggerà un Ministero che avrà le stesse facoltà che avreb- be un Presidente con tutti i vantaggi per la sicurezza della libertà e senza nessun timore che il potere esecutivo usurpi i diritti del legislativo, in grazia della facilità che questo gode (indipendentemente da ogni riguardo), di richiamarlo al potere. […].108

Monti vede nella soluzione presidenziale un rafforzamento dell‘esecutivo e cerca di a-