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Una delle questione più discusse in sede di dibattito costituzionale è quella della crea- zione di un Tribunato. L‘organo, previsto nel primo progetto di Costituzione presentato da Agostini, è pensato come un‘istituzione da affiancare all‘esecutivo e al legislativo per garantire che questi ultimi rispettino la legge costituzionale. La presenza di un orga- no di controllo di tale portata non viene apprezzata dalla maggior parte dei deputati all‘interno dell‘Assemblea, tanto che quando il testo proposto da Agostini passa all‘esame delle sezioni, proprio il Tribunato rappresenta uno degli elementi principali che impediscono ai deputati di arrivare ad approvare il progetto, e da ciò la necessità di creare una nuova commissione per redigere un altro testo.

Una delle modifiche centrali apportate dalla seconda commissione alla proposta costitu- zionale, poi presentata in aula come si è detto da Saliceti, è appunto l‘eliminazione del Tribunato. Nella fase di discussione, tuttavia, il dibattito su di esso continua. Le obie- zioni poste dal partito contrario all‘istituto tribunizio sono varie, ma per il momento ci interessa prenderne in considerazione una, che rivela una certa idea della sovranità. Il primo a presentarla è forse Lizabe-Ruffoni, che, nella seduta del 16 giugno, attacca il Tribunato con questa argomentazione: «Quando voi commetterete ad un Tribunato il supremo dei poteri, perché egli è supremo potere difendere la libertà, voi, legislatori so- vrani, vi troverete in cospetto di un altro sovrano potere e non sarete più sovrani. Vi sa- ranno allora nella vostra città due sovrani o ve ne saranno tre, e però non ve ne sarà più alcuno.»52

In maniera analoga si esprime nella seduta del giorno successivo Salvatori. Anch‘egli vede nel Tribunato un‘istituzione a cui viene attribuita la sovranità; un‘attribuzione che in questo caso non deriva tanto dal potere da esso esercitato, come è secondo Lizabe- Ruffoni, quanto dal fatto che anche il Tribunato, così come l‘Assemblea legislativa, ri- ceve il suo mandato dal popolo:

Crederei poi dannosa veramente questa istituzione se i membri del Tribunato venissero eletti direttamente dal popolo, perché allora accaderebbe necessariamente che i tribuni attingerebbero dal popolo una potenza ed una forza tale da poter contrastare ai voleri dell‘Assemblea.53

52 Le Assemblee del Risorgimento … cit., vol. IV, p. 841. 53

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Possiamo infine leggere, nelle parole di Arduini54 del 17 giugno, un‘estremizzazione di queste posizioni:

Ora quando noi facciamo che questo Tribunato sia eletto col suffragio universale, dia- mo al popolo due atti di delegare la sua sovranità, atti che fra loro debbono inevitabil- mente collidersi. Noi dunque facciamo che il Tribunato usurpi la sovranità del popolo stesso nel farla esercitare al popolo sopra l‘Assemblea, la quale è l‘unica rappresentan- za del popolo, perché è l‘unica che faccia la legge, e facendo la legge è l‘unica che rac- coglie e rappresenta la sovranità del popolo.55

Non solo Arduini vede nel Tribunato una sorta di mezzo per l‘esercizio diretto della so- vranità da parte del popolo, ma inoltre in tale esercizio diretto identifica un‘usurpazione nei confronti del principio della sovranità popolare, che deve invece esprimersi esclusi- vamente nell‘atto di delega e nella conseguente attività legislativa svolta dai rappresen- tanti.

Attraverso questi passi possiamo constatare come l‘attributo dell‘indivisibilità venga spostato dal concetto di sovranità all‘atto con cui tale sovranità si esprime, che come abbiamo visto è identificato con l‘elezione, per poi passare a caratterizzare lo stesso e- sercizio del potere.

Nel momento in cui l‘elezione crea un organo sovrano, essa comporta una trasmissione di sovranità che non si limita al solo esercizio, ma si estende anche alla titolarità. Di conseguenza è questa sovranità trasmessa ad acquisire l‘attributo di indivisibilità, il che implica la necessità di trasmetterla a un solo organo di potere, ossia l‘Assemblea legi- slativa. Si spiega così l‘opposizione a un‘elezione diretta da parte del popolo di altri or- gani di potere, o alla detenzione da parte di questi di funzioni sovrane, come nella rico- struzione di Lizabe-Ruffoni sarebbe il potere di controllo del Tribunato.

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Arduini Carlo (1815-1881), nasce in provincia di Teramo, prende gli ordini religiosi ad Ascoli Piceno. Abate ad Offida si dedica allo studio e all‘insegnamento di storia e di arte. Nel 1845 si trasferisce a Roma, dove collabora con varie testate giornalistiche, tra cui Il Fanfulla e La Speranza. Aderente agli ideale pa- triottici, gli eventi del 1848 lo spingono a definire le sue idee politiche, portandolo ad assestarsi su posi- zioni repubblicane radicali e antipapali. Si lega agli ambienti dei circoli e collabora attivamente alla pre- parazione delle elezioni per la Costituente, nel corso delle quali viene eletto come deputato. Dopo la ca- duta della Repubblica si rifugia a Losanna grazie anche all‘aiuto di Mazzini, e prosegue l‘attività di scrit- tore, incentrando i suoi studi sulla storia della nazione italiana e sviluppando ulteriormente le sue posizio- ni contro il papato. Bene presto si allontana da Mazzini, di cui attacca duramente l‘attività, spingendo Saf- fi e lo stesso Mazzini a replicare. Continua a vivere in Svizzera anche dopo l‘unificazione italiana, e lì muore nel 1881. (Cfr. M. Barsali, v. Arduini Carlo, in DBI, vol. 4, 1962).

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La questione emerge anche durante la discussione sulle modalità di elezione dell‘esecutivo, come dimostrano le parole di Cannonieri56

, con cui esprime un rifiuto nei confronti di un‘elezione diretta del Consolato, interpretata come atto di suddivisione del potere sovrano: «Il potere è unico, sta nel popolo, il quale col suffragio universale lo delega ai suoi rappresentanti. Questi ne affidano l‘esecuzione ai magistrati responsabili nominati da essi, da essi revocabili»57. L‘unicità del potere viene qui ridotta a unicità dell‘atto di delega.

Questo passaggio di titolarità, dal popolo all‘Assemblea, sembrerebbe essere conferma- to anche dall‘articolo 14: «ogni potere viene dal popolo. Si esercita dall'assemblea, dal consolato, dall'ordine giudiziario», che Nocilla interpreta come una «Disposizione […] nella quale il popolo cessa […] di essere il vero titolare della sovranità, per trasformarsi in mera fonte del potere, del quale titolare effettiva sarebbe poi divenuta l'Assemblea»58. Lo stesso emerge dall‘obiezione al Tribunato che abbiamo appena esaminato. Da essa infatti si deduce che il popolo più che il detentore della sovranità rappresenta la fonte dell‘autorità dell‘Assemblea, e la sua volontà, che come abbiamo visto si esaurisce nell‘atto elettorale, si riduce a essere principio legittimante della sovranità esercitata e posseduta dall‘Assemblea. Se nell‘atto elettorale ciò che il popolo trasmette all‘Assemblea è qualcosa di più del mero esercizio della sovranità, si capisce come mai i deputati romani vedano nell‘elezione da parte del popolo di più organi di potere un‘operazione di divisione della sovranità.

Infatti, se la titolarità della sovranità fosse pienamente riconosciuta nel popolo, l‘elezione di più organi di potere non inciderebbe affatto sul principio dell‘indivisibilità

56 Cannonieri Giuseppe Andrea (1795-1864), nasce in provincia di Modena. Nel 1822 viene condannato

a un anno di carcere per affiliazione alla Carboneria. Dopo il carcere si trasferisce a Roma dove continua l‘attività cospiratoria. Coinvolto nei fatti del 1830-31 si rifugia in Francia dove entra in contatto con Buo- narroti. Nel 1848, il mutato clima politico nella penisola, lo spinge a rientrare in Italia, e in particolare a Firenze. Legatosi al Circolo del popolo di Firenze, nel gennaio 1849 si reca a Roma come membro del Comitato dei commissari dei circoli toscani, presieduto da De Boni e trasformato in Comitato dei Circoli italiani; il Comitato ha come obbiettivo primario la convocazione della Costituente italiana. Cannonieri viene quindi eletto membro della Costituente romana, all‘interno della quale interviene soprattutto nella fase di discussione sul testo costituzionale. Dopo la caduta della Repubblica trova rifugio a Genova, dove insieme a Savi si focalizza sull‘organizzazione e la formazione della classe operaia. Muore a Genova nel 1864. (Cfr. B. Anatra, v. Cannonieri Giuseppe Andrea, in DBI, vol. 18, 1975).

57 Le Assemblee del Risorgimento … cit., vol. IV, p. 883.

58 D. Nocilla, Sovranità popolare e rappresentanza … cit., p. 238. Diversamente suona invece la formu-

lazione dell‘articolo proposta nel primo progetto di Costituzione, dove il popolo è posto come soggetto dell‘attività di legiferazione, mentre i rappresentanti assumono la funzione subordinata di mezzo materia- le attraverso cui il popolo esplica la funzione legislativa: «Art. 15. Il popolo detta le leggi per mezzo de‘ suoi rappresentanti; alla magistratura consolare ne è delegata l‘esecuzione; la magistratura giudiziaria rende ad ognuno il suo diritto a termini della legge; un Tribunato veglia alla garanzia delle leggi fonda- mentali della Repubblica.», (Assemblee del Risorgimento … cit. vol. IV, p. 196.).

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della sovranità. Un punto di vista che possiamo rintracciare invece in Bonaparte, che so- stiene non solo il Tribunato, ma anche l‘elezione diretta dell‘esecutivo da parte del po- polo, non vedendo contraddizione tra questa e il principio dell‘unicità del potere.

Al contrario un altro sostenitore della creazione del Tribunato, Livio Mariani59, dimo- stra di aver accolto l‘obiezione di Salvatori e degli altri deputati, dal momento che nel suo progetto di Tribunato, presentato come emendamento alla Costituzione, elimina l‘elezione diretta dei tribuni da parte dei cittadini, e affida la scelta dei membri all‘Assemblea.

Possiamo quindi vedere nella trasmissione di potere, che avviene con l‘atto di delega, una sorta di sospensione della titolarità popolare della sovranità, che dura per tutto il pe- riodo della legislatura, al termine del quale la sovranità torna regolarmente al popolo che la esercita con l‘elezione dei suoi nuovi rappresentanti.

In ogni caso questa sottrazione di titolarità non è mai esplicitamente sostenuta dai depu- tati, che anzi ripropongono costantemente nei loro interventi la figura del popolo come detentore unico di sovranità, tuttavia essa risulta come conseguenza fondamentale del loro modo di intendere la sovranità e il suo esercizio, così come esso emerge durante la discussione sul testo costituzionale.

Infine risulta interessante, nell‘ambito di questo discorso sulla titolarità della sovranità, notare che un altro motivo di rifiuto del Tribunato risiede nel fatto di vedere in esso un organo in grado di appellarsi direttamente al popolo e di guidarne la rivolta contro gli altri poteri costituiti, come sostiene Arduini:

«[…] che potere ha il Tribunato di far esercitare fedelmente la legge al potere esecutivo e all‘Assemblea di fare ben formulare le leggi per poterle discutere e votare? Non ha

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Mariani Livio (1793-1855), nasce in provincia de L‘Aquila, in una famiglia di spicco della borghesia terriera locale. Nonostante la famiglia avesse subito ripercussioni nella fase repubblicana e poi sotto il dominio napoleonico, Mariani si avvicina alle idee rivoluzionarie. Studia diritto e storia. Ereditate le pro- prietà di famiglia, acquisisce autorità a livello locale, mentre allarga le sue conoscenze a personaggi illu- stri dell‘epoca avvicinandosi alle problematiche politiche dell‘epoca e, soprattutto dopo la prima restaura- zione comincia a interessarsi della questione nazionale, legandosi agli ambienti settari della carboneria. Arrestato nel 1821 riesce a farsi rilasciare l‘anno successivo, ma viene nuovamente incarcerato nel 1827 fino al 1830. Accolse positivamente l‘elezione al soglio pontificio di Pio IX e la sua politica di riforme. Nel 1848, dopo l‘assassinio di Pellegrino Rossi, Mariani è nella commissione che presenta al pontefice le richieste del popolo in rivolta, in quella situazione di subbuglio che culmina nella fuga del papa da Roma. Viene eletto come rappresentante all‘Assemblea costituente, all‘interno della quale esprime opinioni de- mocratiche, ma moderate e pur collaborando con Mazzini non ne condivide le idee giudicate troppo e- streme. Svolge un ruolo centrale nelle fasi finali della Repubblica, negli ultimi giorni dopo le dimissioni del triumvirato di Mazzini, Saffi e Armellini. Caduta la Repubblica si imbarca alla volta della Grecia. Ne- gli anni di esilio continua a riflettere sulla situazione politica italiana e sul problema dell‘unificazione. Muore ad Atene nel 1855. (Cfr. E. Grantaliano, v. Mariani Livio, in DBI, vol. 70, 2007).

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altro che la pubblica opinione, che la stampa, che i circoli, che la libertà del popolo stesso. […] Ma questa creazione di ente politico non ha alcuna forza fuor che lo appel- larsi alla rivoluzione. Dunque in fin dei conti il Tribunato bisogna che si appelli alla ri- voluzione, bisogna che sia fonte di guerra civile, di sanguinosi fratricidi.60

I costituenti romani non vogliono sancire a livello costituzionale un diritto del popolo a compiere la rivoluzione, e in ciò possiamo leggere, oltre a un sintomo della diffusa pre- occupazione di evitare conflitti sociali e politici, di cui parleremo in seguito, un rifiuto della possibilità che il popolo si riappropri della titolarità della sovranità al di fuori dei termini stabili dalla legge, ossia allo scadere della legislatura, con il rinnovamento dell‘Assemblea.