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Elite e popolo: la funzione educativa della repubblica

3. La democrazia rappresentativa

4.2. Elite e popolo: la funzione educativa della repubblica

L‘idea che uno stato repubblicano sia tenuto a realizzare un miglioramento nelle condi- zioni della popolazione emerge fin dai primi giorni della Repubblica; è ad esempio già presente nel decreto fondamentale proposto da Filopanti l‘8 febbraio. L‘idea che lo stato debba svolgere il ruolo di promotore dello sviluppo della società è appoggiata da tutte le varie parti dell‘Assemblea, ma varia il modo in cui questo ruolo è inteso.

Se mettiamo a confronto tutte le varie proposte sulla redazione dell‘articolo tre dei prin- cipi fondamentali della Costituzione, articolo in cui tale funzione della Repubblica viene sancita, possiamo farci un‘idea della differenza di opinioni presenti in aula, su questo punto. Guardiamo innanzitutto le versioni proposte nei due progetti costituzionali: nel primo progetto, dove l‘articolo in questione è il quarto, si legge: «La Repubblica cura l‘educazione di tutti i cittadini per renderli atti a migliorare la propria condizione con l‘industria, con la fatica, con l‘ingegno.»7

. La formulazione proposta nel secondo pro- getto risulta analoga nel contenuto anche se leggermente più involuta nella forma: «La Repubblica romana cura l‘educazione di tutti i cittadini, a fine di migliorare la loro con- dizione coll‘industria, colla fatica, coll‘ingegno.»8

. Infine bisogna associare a queste due proposte quella di Bonaparte che nel suo emendamento modifica lievemente, amplian- dola, la formulazione dell‘articolo, ma sempre mantenendo intatto il senso generale: «La Repubblica romana cura l‘educazione di tutti i cittadini a fine che ciascuno possa migliorare la propria condizione coll‘industria, colla fatica, coll‘ingegno.»9

. Tutte e tre queste redazioni insistono sulla responsabilità educativa della Repubblica, ma pongono anche l‘accento sullo sforzo individuale che ciascuno deve compiere per ottenere quel miglioramento che lo Stato, attraverso l‘educazione, ha il compito di avviare, ma sui cui risultati finali può intervenire solo l‘individuo.

La proposta di Filopanti modifica il rapporto tra lo Stato e l‘individuo, nel definire i ruoli dell‘uno e dell‘altro in questo processo di miglioramento: «La Repubblica colle

7 Le Assemblee del Risorgimento … cit., vol. IV, p. 195 8 Ivi, p. 753.

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leggi, colle istituzioni, coll‘educazione cura il miglioramento delle condizioni morali e materiali di tutti i cittadini.»10. La responsabilità del miglioramento, e quindi anche quella del suo buon esito, passa dall‘individuo allo Stato. Nella sua spiegazione dell‘emendamento, Filopanti si concentra sull‘aggiunta, rispetto all‘articolo della com- missione, dei riferimenti alle leggi e alle istituzioni, spiegandola in questo modo:

Il terzo principio propostoci dalla Commissione non assegna che un solo fra i grandi mezzi di miglioramento dell‘umana società, cioè la pubblica educazione: ma questo mezzo da sé solo non basta, imperciocchè egli non potrebbe render migliore la sorte se non della generazione crescente e delle generazioni avvenire; ma anche le generazioni presentemente adulte hanno tutto il diritto che la Repubblica ponga ogni sua opera a render meno trista la loro sorte. Inoltre le stesse generazioni che vengono crescendo, e che verranno nei tempi futuri, male potrebbero approfittarsi dell‘educazione, che noi loro promettiamo, se entrassero nella società immersa nel disordine attuale. Volgete uno sguardo, o colleghi, all‘immensa, alla spaventosa caterva di miseria, di mali fisici e morali, che opprimono il mondo.11

Uno Stato interventista in ambito economico e sociale è il mezzo attraverso cui, secondo Filopanti, è possibile tener fede alla promessa di migliorare le condizioni della popola- zione. In tal senso quindi assicurare un impegno dello Stato nel campo dell‘educazione non può bastare, e si configura la necessità di intervenire per trasformare le condizioni di vita materiali dei cittadini.

Anche Monti, schierandosi inizialmente a favore della proposta di Filopanti, ritiene im- portante affermare esplicitamente che lo Stato repubblicano è pronto a supportare, in maniera concreta, lo sviluppo intellettuale e morale dei cittadini con un sostegno mate- riale, che possa agevolare il progresso di tutti:

Egli è certo essere la materia di cui trattasi materia assai delicata; ma in uno è molto importante, dacché in essa per fermo consiste tutto il bene del regime repubblicano e la ragione savissima onde egli viene dall‘universale appetito ed accetto. Quindi parmi che quella redazione [della Commissione] sia insufficiente e non tale da assicurare al popo- lo, che deve esser retto dal nostro nuovo ordinamento, tutti quei vantaggi che a buon diritto deve aspettarsi, e che ei già presentisce nel sostenerlo.12

10 Ivi, p. 894

11 Ivi, p. 921. 12 Ivi, p. 922.

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Sul testo di Filopanti arrivano due proposte di modifica: una di Grillenzoni che suggeri- sce di eliminare il riferimento alla legge, considerandolo superfluo e risultando sottinte- so che le leggi di una repubblica democratica siano finalizzate al miglioramento delle condizioni dei cittadini; la seconda proposta è presentata invece da Audinot che afferma l‘opportunità di modificare l‘articolo in questi termini: «La Repubblica con le leggi e con le istituzioni promuove il miglioramento morale e materiale di tutti i cittadini.»13. Non ci soffermeremo sulla breve discussione nata tra Monti e Grillenzoni in merito alla proposta di quest‘ultimo, risulta infatti di maggior interesse considerare la proposta di Audinot, sia perché essa, con l‘eliminazione del riferimento all‘educazione, implica una modifica di portata maggiore, sia perché sarà proprio questa redazione ad essere adotta- ta dall‘Assemblea.

Nella visione di Audinot l‘articolo così proposto è preferibile per due motivi: innanzi- tutto per l‘eliminazione del riferimento all‘educazione, quest‘ultima infatti deve essere considerata un effetto dell‘attività istituzionale, senza che lo Stato possa intervenire ma- terialmente per occuparsene; in secondo luogo questa diversa formulazione restituisce all‘iniziativa del singolo individuo la responsabilità dell‘effettivo miglioramento delle proprie condizioni, come dimostra anche l‘uso del verbo ―promuovere‖, al posto di ―cu- rare‖ presente nelle altre versioni, che contribuisce ad attenuare il ruolo affidato alle isti- tuzioni repubblicane:

[…] mi sembra  spiega Audinot  che la redazione del primo articolo inchiuda un pleonasmo; e si debba omettere la parola educazione. Il Governo non può curare diret- tamente l‘educazione: e l‘educazione è effetto delle istituzioni; mentre l‘educazione si viene formando principalmente collo sviluppo della libertà individuale, promosso dalle civili, morali, economiche istituzioni. […] l‘azione di un Governo non è quella di sosti- tuirsi all‘azione libera dell‘individuo, ma piuttosto di proteggere e di assicurare lo svi- luppo naturale delle facoltà di ciascun individuo ed anzi di promuovere questo sviluppo, aggiungendo colle istituzioni nazionali alla potenza della libertà individuale, l‘aiuto della forza collettiva della nazione.14

Nel commentare la vittoria di questa soluzione, Balzani concentrandosi proprio sull‘eliminazione del riferimento esplicito all‘educazione, afferma: «[…] a prevalere fa- cilmente furono i liberal-democratici come Audinot, che non solo riuscì a limitare l‘intervento della Repubblica […] ma ne specificò pure le modalità, eliminando

13 Ivi, p. 925. 14 Ivi, p. 925.

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l‘accenno - proposto dai mazziniani di più stretta osservanza - all‘educazione […] e riaffermando piuttosto la natura squisitamente giuridica del dettato costituzionale […]. La paura del socialismo finì così per mettere in risalto la caratura sociale temperata dell‘assemblea: persino i mazziniani con la loro ―educazione‖ attiva, con il loro prota- gonismo istituzionale nel campo della formazione dei cittadini, finirono per essere ri- succhiati, su questo punto, dalla risacca moderata.»15.

Bonaparte è uno dei deputati che si schiera contro la formulazione proposta da Audinot, che contesta con questi argomenti:

Trovo che le idee che richiama sono ottime, ma non ammetto che si tolga quella di e- ducare il popolo. Questa idea io insisto sia mantenuta nell‘articolo. […] perché le leggi, le istituzioni sono necessarie al miglioramento materiale e morale del popolo; ma an- che più delle leggi, anche più delle istituzioni è necessaria quella educazione, che ri- formando i costumi assicura alla Repubblica dei buoni cittadini fin dall‘infanzia.16

Bonaparte intende il concetto di educazione in termini diversi rispetto a quanto fanno Audinot o Ballanti; quest‘ultimo ad esempio insiste sulla differenza proposta da Audi- not tra i mezzi con cui ottenere il ―miglioramento‖ di cui si parla nell‘articolo, e gli e- lementi di cui tale miglioramento è composto, tra cui include anche l‘educazione, che viene quindi a essere un fine e non un mezzo: «Il miglioramento delle condizioni morali di un popolo, io credo, che non possa essere altro che l‘educazione. Questa educazione è l‘effetto delle leggi, delle istituzioni»17

Salvatori Braccio a sua volta si esprime contro l‘eliminazione del riferimento all‘educazione, che include tra i mezzi (rifiutando di considerarla un fine) con cui lo Stato repubblicano interviene per migliorare le condizioni della popolazione:

Io credo necessario che resti la parola educazione e credo che non siavi pleonasmo, perché l‘educazione è la base, su cui deve formarsi il popolo. È l‘educazione infatti che informa non solo lo spirito, ma ancora il corpo degli uomini, le istituzioni a nulla servi- rebbero se non tendessero alla educazione o meglio se non fossero appoggiate dal me- todo educativo. Né si dica che il governo deve dare buone leggi e buone istituzioni, e non deve occuparsi in particolare della educazione, non essendo ciò in suo potere, giacché può e deve provvedervi in mille modi; direttamente cioè col mezzo dell‘insegnamento primario dato gratuitamente ed obbligatorio per tutti i cittadini della Repubblica; indirettamente sorvegliando gli stabilimenti di pubblica istruzione e di

15 R. Balzani, Repubblica «classica» o «repubblica alla francese»? … cit., p. 107. 16 Le Assemblee del Risorgimento … cit., vol. IV p. 926

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pubblica educazione in modo che ne resti migliorata la morale del popolo e favorito lo sviluppo delle sue facoltà.

Salvatori intende l‘educazione sia come istituzione (quando fa ad esempio riferimento alla pubblica istruzione) sia come principio regolatore dell‘attività di governo, dal mo- mento che essa rappresenta la base a partire dalla quale l‘azione formativa dello Stato nei confronti della popolazione deve dispiegarsi18.

Nonostante l‘eliminazione del riferimento diretto all‘educazione, emerge dal dibattito in aula che essa rappresenta un concetto centrale per i deputati romani. Anche se la versio- ne del terzo articolo che viene infine adottata non è la più coraggiosa in termini di inter- vento dello Stato, è un fatto che l‘articolo e la discussione in aula testimoniano la con- vinzione diffusa che l‘educazione del popolo debba essere un principio cardine dell‘assetto istituzionale repubblicano. Sia che l‘educazione venga considerata un effet- to delle leggi, quindi da lasciare sottintesa, sia che venga intesa come un concetto a sé stante e quindi da esplicitare accanto agli altri mezzi che determinano un miglioramento delle condizioni del popolo, viene comunque proclamato il principio che

le istituzioni repubblicane debbano svolgere un ruolo attivo nella formazione della po- polazione. Questo principio emerge ancora una volta in occasione della discussione sul voto pubblico, una novità proposta dalla seconda commissione e che viene difesa in au- la da Saliceti.

L‘articolo 21, che stabilisce appunto l‘elezione dell‘Assemblea tramite voto pubblico, viene discusso nella seduta del 30 giugno, a partire dall‘emendamento di Grillenzoni che propone di tornare al suffragio segreto stabilito nel primo progetto: «L‘elezione dei rappresentanti del popolo  afferma Grillenzoni  è l‘unico atto di sovranità il cui eser- cizio sia riserbato al popolo. Dell‘esercizio di questo atto di sovranità noi non possiamo porre nessun limite, e lo stabilire che il voto sia pubblico è porre un limite alla piena li- bertà del popolo nell‘elezione dei suoi rappresentanti.»19

.

Per il deputato dunque questa modalità di elezione mette a rischio la libertà di scelta dei cittadini. La lunga risposta di Saliceti, con cui viene difesa la soluzione del voto palese, offre vari spunti di riflessione.

18 Bisogna comunque notare che la votazione finale sull‘emendamento risulta un po‘ confusionaria; Filo-

panti chiede, infatti, di decidere della presenza del termine ―educazione‖, prima di votare l‘articolo, il pre- sidente dell‘Assemblea, che in questa seduta è Saliceti, liquida la richiesta affermando ambiguamente che «La parola educazione è compresa nel sotto-emendamento», cosa che evidentemente non è vera, (Le As-

semblee del Risorgimento … cit., vol. IV, p. 926).

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Il deputato risponde innanzitutto alla preoccupazione, espressa da Grillenzoni, sulla possibilità che i cittadini esprimano liberamente la propria opinione:

In quanto alla maggiore libertà nell‘elettore, io non arrivo a concepirla. L‘elettore, sia che dia pubblicamente, sia che dia segretamente il suo voto può sempre nominare quel- la persona che più gli aggrada. Dunque la libertà è uguale nell‘un caso e nell‘altro. Si obietta: ma una fazione potrebbe imporre all‘elettore di nominare un individuo che ri- pugna alla sua coscienza. Io non arrivo a concepire una fazione più potente del Gover- no. Le forze governative assicurano l‘elettore della libertà del suo voto, e dell‘impotenza degli sforzi di una fazione. Che se la fazione arriva a comandare al Go- verno, allora per questo Governo è provata l‘ultima ora, e la fazione è cessata di essere fazione appunto perché governa.

Saliceti si dimostra scettico sulla possibilità che le influenze sull‘elettorato arrivino da ―fazioni‖, riferendosi presumibilmente con questo termine a correnti politiche. Il depu- tato sembra del tutto escludere questa possibilità fidando nelle capacità del governo di garantire ai cittadini la massima libertà nell‘esprimere la propria preferenza elettorale. Saliceti mostra inoltre di dare un‘accezione unicamente positiva al funzionamento dell‘opinione pubblica, e se ritiene che l‘influenza di quest‘ultima agevoli la scelta, co- me dirà più avanti nel discorso, non vede in essa una possibile arma di pressione che po- trebbe agire da ostacolo alla libera espressione della volontà individuale. Questo mini- mizzare la pressione che l‘individuo può subire in una situazione di voto pubblico rien- tra forse anche in quella concezione che vede nella scelta collettiva il modo migliore per individuare i giusti rappresentanti. Come sembra confermare anche un passo successivo dell‘intervento, in cui Saliceti illustra i principali aspetti positivi del voto pubblico:

Quello che non si può garantire all‘elettore è l‘integrità di sua fama dopo l‘elezione, poiché l‘onore non è nell‘arbitrio del Governo. I Governi possono dare e togliere poteri e ricchezze, ma non possono dare né togliere l‘onore. Se l‘elettore sceglierà un cattivo soggetto, egli rimarrà disonorato per la sua nomina. Adunque nel suffragio pubblico l‘elettore conserva tutta la libertà di fare il bene; gli è tolta unicamente la libertà di fare il male; non è libertà bensì licenza. Il suffragio universale mena alla scelta di chi è cir- condato dall‘opinione universale, ed allontana coloro che non rappresentano la pubbli- ca opinione […]20

Dalla spiegazione di Saliceti, e da questo passo in particolare, emerge come la questione del voto palese sia pensata principalmente dal punto di vista degli obblighi che questo

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tipo di votazione implica per l‘elettore, mentre le conseguenze sull‘eletto non vengono affatto prese in considerazione, un particolare che, come abbiamo visto, viene notato da Nocilla21. Ma in questo passo vediamo delinearsi il nodo centrale dell‘interpretazione proposta da Saliceti, ossia l‘idea che il voto pubblico svolga anche una funzione da un lato educativa, in quanto responsabilizza l‘elettore inducendolo a valutare attentamente la scelta da compiere, e dall‘altro moralizzatrice, dal momento che riduce le possibilità che l‘elettore compia la scelta sbagliata. Il voto palese infatti attiva un meccanismo per cui la responsabilità per la cattiva condotta di un deputato cade anche su colui che lo ha eletto.

E sulla ―moralità‖ del voto pubblico Saliceti insiste anche in quest‘altro passo: In quanto alla maggior tranquillità ne convengo: ma quali credete che siano i disordini che possono verificarsi nel suffragio pubblico? Qualche applauso, qualche fischio, qualche pugno ancora, se volete; e che sono questi piccoli disordini in confronto delle conseguenze che derivano dall‘immoralità di un suffragio segreto? […] La Repubblica è essenzialmente educatrice. Il suffragio pubblico educa alla lealtà, al coraggio civile, alla coscienza del proprio diritto. Nel suffragio segreto sono inevitabili gli intrighi, le sorprese, le operazioni clandestine, i giuochi di mano.22

Ribadita l‘immagine della repubblica come realtà istituzionale finalizzata all‘educazione della popolazione, Saliceti si sofferma su una rappresentazione fortemente negativa del- la segretezza del suffragio, associata alla pratica della contraffazione dei voti, da temersi soprattutto in un situazione di analfabetismo diffuso, come sottolineerà nel prosegui- mento del discorso. Il voto pubblico è da questo punto di vista una garanzia e lungi dal rappresentare un restringimento delle libertà dell‘elettore, assicura invece il rispetto del- la reale volontà dei cittadini.

Già nella seduta del 10 giugno introducendo il nuovo progetto costituzionale, e nello specifico la novità del voto palese, Saliceti si è espresso duramente nei confronti del concetto stesso di segretezza, con queste parole:

L‘elezione de‘ Rappresentanti è il solo atto in cui il popolo esercita direttamente la sua sovranità. Senza abdicare la propria dignità, egli non poteva ravvolgerne la solennità nel mistero. Lasciamo l‘arcano all‘intrigo, alla viltà, ed a que‘ sciagurati, che si danno

21

Come si è detto, Nocilla sottolinea che i deputati romani non colgono le conseguenze che il voto palese determina in termini di vincolo elettorale. Cfr. D. Nocilla, Sovranità popolare e rappresentanza negli in-

terventi di Aurelio Saliceti alla Costituente romana del 1849 … cit.

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alla colpa senza averne il coraggio, e che conservando ancora un resto di pudor mori- bondo, consumano nel secreto un atto che arrossirebbero di fare all‘aperto.23

In entrambe le occasioni Saliceti associa la segretezza all‘intrigo e alla contraffazione, attribuendo in generale un valore etico alla manifestazione pubblica della volontà popo- lare. La capacità persuasiva del ragionamento di Saliceti sembra essere testimoniata non solo dall‘esito della votazione, (con cui l‘Assemblea adotta il voto pubblico), ma anche dall‘attenuazione della critica dello stesso Grillenzoni, che alla fine del discorso non at- tacca direttamente il voto pubblico, ma solo l‘idea di prescrivere una modalità precisa di votazione alla popolazione: «[…] nessuno può avere il diritto di imporre alcun limite, alcuna regola al popolo nell‘esercizio il più ampio della sovranità; noi non gli possiamo dire: né date il voto in segreto; né fatelo in pubblico.»24.

Si può dire dunque che la visione proposta da Saliceti è preponderante all‘interno dell‘Assemblea e che il dubbio, giustamente sorto, sulle eventuali restrizioni alla libertà del voto decade, permettendo quindi ancora una volta alla dimensione collettivista di prevalere su quella individuale nell‘ambito dell‘espressione della preferenza elettorale. Come nota Balzani «[…] il suffragio palese era un riflesso del moralismo populistico […] il popolo ―bambino‖ è uno e va educato alla repubblica. Farlo votare pubblicamen- te è un modo per insegnargli i rudimenti della democrazia.»25

Tutta la riflessione dei deputati romani sulla responsabilità delle istituzioni repubblicane nell‘educazione dei cittadini sembrerebbe dunque indicare un‘attitudine simile a quella mostrata dagli illuministi, interessati, come si è detto, alla formazione pedagogica in vi- sta dell‘ingresso del popolo nel campo della politica. È tuttavia possibile individuare una differenza fondamentale tra le due proposte, che ruota intorno a due diversi punti di riferimento, ossia l‘individuo e la collettività.

Se gli illuministi ricollegano l‘istruzione alla necessità di dotare gli individui degli strumenti utili allo sviluppo di un giudizio critico, in modo da disattivare il pericolo di eventuali influssi demagogici, i deputati romani sembrerebbero attribuire al concetto di educazione un doppio significato: da un lato la collocano in una dimensione di progres- so individuale, in questa accezione la troviamo ad esempio nel terzo articolo dei principi

23 Ivi, pp. 749-750. 24

Ivi, p. 1057. Grillenzoni non riesce a controbattere in maniera incisiva tanto che risulta facile per Bo- naparte replicare: «Il preopinante confonde una norma con una imposizione al popolo; noi dobbiamo tracciare la regola […]» Ibidem.

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fondamentali del testo costituzionale; dall‘altro lato, quando l‘attività educativa è intesa,