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Il progetto illuministico associato costantemente all’affermazione del ruolo preminente e dell’assoluta fiducia della ragione, è ormai un dato storiografico acquisito e qualificante, entrato nel senso comune prima ancora che nei manuali scolastici, tuttavia non identifica pienamente il tratto di fondo, in quanto la centralità della ragione costituisce il distintivo della tradizione filosofica occidentale. Ernst Cassirer, ricostruendo la «mentalità dell’Illuminismo», ricorda che il secolo XVIII è pervaso dalla fede nell’unità immutabile della ragione.188 Piuttosto, un elemento più profondo rintracciabile nell’illuminismo, è il suo presentarsi come una nuova forma di razionalità, una nuova forma di pensiero, un nuovo modus operandi basato sulla critica e sull’autonomia di giudizio che ha come conseguenza un nuovo ruolo che la ragione assume all'interno della vita umana. Contro la vulgata più grossolana, un elemento essenziale della temperie illuministica si identifica in un “grado particolare di attenzione” verso la ragione da cui deriva una individuazione dei suoi limiti. Si tratta non tanto di una maggiore esaltazione o valutazione della ragione, quanto di una accresciuta consapevolezza del suo ruolo. La riflessione che accompagna il trasformarsi del ruolo della ragione ne ridefinisce le possibilità e ne ridisegna i compiti in un processo che non è da ritenersi concluso. Anzi, le possibilità che la ragione possiede non sono quelle che passivamente contiene in sé, ma quelle che il processo di autoesame consente di far emergere e di non lasciare in stato di eterna latenza. Di conseguenza, una consapevolezza adeguata alle possibilità della ragione può produrre una razionalità all’altezza delle sue possibilità. Probabilmente, era proprio questa dimensione di circolarità che Kant aveva in mente quando affermava contemporaneamente e in modo apparentemente contraddittori che il rischiaramento dell’individuo è difficile, e quello di un popolo è facile, e viceversa.189

188 E. Cassirer, Die Philosophie der Aufklärung, Mohr, Tubingen 1932, tr. it., La filosofia

dell’illuminismo, La Nuova Italia, Firenze 1964, p.21. «[…] la ragione è sempre la stessa per tutti i soggetti pensanti, per tutte le nazioni, per tutte le epoche, tutte le civiltà»

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La riflessione sul modello kantiano di ragione, che a nostro avviso evidenzia l’importanza non solo teorica di una concezione adeguata della razionalità, è intrecciata indissolubilmente con il programma culturale dell’illuminismo, tale per cui l’illuminismo in Kant non è un’appendice politico culturale, ma una naturale espressione dell’idea di ragione fondata sulla critica. Potremmo dire che Illuminismo e critica sono inscindibilmente legati. L’uso “negativo” della facoltà del conoscere che l’illuminismo promuove prelude alla positiva presa di coscienza della forza autonoma - necessariamente limitata - del pensiero (basti pensare che l’intera filosofia kantiana, delle tre critiche, si pone come manifesto dell’autonomia della ragione volta a promuovere e preservare il progresso del sapere). Ma, nella filosofia kantiana, diversamente dall’illuminismo francese e inglese che ponevano l’assunzione di quel principio negativo, ossia la critica, con un tono quasi polemico, l’arma speculativa della critica viene rivolta contro la ragione stessa, indagandone limiti e possibilità conoscitive. L’illuminismo, che si configura come un appello alla critica, all’autonomia di giudizio e rappresenta per l’uomo un vero e proprio stile di vita, nella filosofia kantiana diventa il punto archimedeo di un maturo programma filosofico di cui la critica rappresenta un metodo funzionale ad esplorare le originarie capacità e competenze della ragione, in un processo di autointerrogazione socratico cui non è possibile sottrarsi. Da un lato, la critica come strumento della condotta conoscitiva dell’uomo, dall’altro, l’autonomia è la sua finalità. La rigorosa filosofia critica kantiana, sulla scia dell’Aufklärung come metodo di analisi razionale autoriflessivo, nell’esplorare le potenzialità della ragione testimonia quanto la ragione sia il principio operativo imprescindibile (universale) per l’uomo indipendentemente dal campo in cui la utilizzi (e in ambito religioso rappresenta la bussola senza cui l’uomo sarebbe preda della superstizione, del fanatismo e dell’ignoranza.). In tal modo, cerca di realizzare pienamente e secondo le proprie prerogative l’ideale illuministico della ragione critica: Kant identifica la ragione con la stessa libertà critica, infatti:

La ragione, in tutte le sue imprese, si deve sottomettere alla critica, e non può mettere nessun divieto alla libertà di questa, senza nuocere a se medesima e attirare su di sé un sospetto pregiudizievole. […] Su questa libertà, anzi, riposa, l’esistenza della ragione, che non ha autorità dittatoria, ma la cui sentenza è sempre non altro che l’accordo di liberi cittadini, ciascuno dei quali deve poter formulare i suoi dubbi, e per fino il suo veto, senza impedimenti.190

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L’uso della ragione, indissolubilmente legato per Kant e per l’illuminismo, alla libertà di critica, attesta la capacità autonoma di giungere, in ogni ambito del sapere qualsiasi tipo di giudizio, ed è proiettato in una dimensione pubblica.

L’intero progetto kantiano che compendia e rielabora l’esigenza critica dell’illuminismo contempla l’autonomia e quindi la libertà di ogni essere dotato di ragione e la critica come strumento per vagliare la fondatezza dei saperi. La filosofia kantiana, nell’appello a servirsi del proprio intelletto attraverso il motto oraziano del Sapere aude - come emerge nell’opera che consacra alla definizione e all’essenza dell’illuminismo, «Risposta alla domanda: che cos’è l’illuminismo?» - attesta l’impetus illuminista, al servizio di una speculazione che cerca di rischiarare le capacità della ragione e la mente del lettore, un preludio ad una trattazione filosofica che suscita nell’uomo domande radicali sul proprio presente e futuro. Se dunque la critica è il principio operativo dell’uomo razionale, la sua condizione di possibilità è senza dubbio la libertà.

Una Reflexion risalente agli anni ’80 richiama il bisogno della nostra epoca di stabilire un modo di pensare:

[…] Delle ampie conoscenze e il possesso di una grande qualità di scienze non costituiscono ancora il carattere del modo di pensare[..] che discende dalla facoltà di giudizio, da quale uso si intenda fare di tali conoscenze […] Ma una facoltà può esser giunta alla sua maturità così ce il mondo non avrà bisogno di aggiungervi nulla […] e quella è la facoltà di giudizio è…] La nostra epoca è epoca della critica, di una severa valutazione del fondamento di tutte le affermazioni […] In questo difficilmente un’epoca futura potrà superarci, anche se noi, spesso per trascuratezza non facciamo uso come dovremo di questi principi della critica.191

Kant identifica la sua epoca come «un’epoca della critica» caratterizzata, usando le stesse parole che ricorrono nella Critica della ragion pura192, dal fatto che tutte le istanze che pretendono autorità devono, di fronte alla ragione, giustificarsi; ma la caratterizza anche come «un’epoca di illuminismo» “Zeitalter der Aufklärung”, segnata da un processo di rischiaramento in corso, contrapposta invece a un “aufgekilartes Zeitalter”,193 un’epoca già illuminata non ancora realizzata.

Illuminata sarà l’epoca nella quale tutti gli uomini saranno in grado di servirsi della

191 I. Kant, AA XVIII 287-295, Adickes, in Il Realismo della ragione, Mimesis, Milano-Udine 2012,

op. cit.p. 265

192I. Kant, Critica della ragion pura, A XI, tr.it., p.65, «Quella in cui viviamo è la vera e propria

epoca della critica, a cui tutto deve venir sottoposto»

193 I. Kant, Risposta alla domanda: che cos’è l’illuminismo?, cit.p. 37; cfr. anche A. Tagliapietra (a

cura di), in Risposta alla domanda: che cos’è l’illuminismo? I testi e la genealogia del concetto, Bruno Mondadori, Milano 2000, p. 34

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propria ragione, in modo autonomo. La differenza tra le due caratterizzazioni di «epoca della critica» e «epoca dell’Aufklärung», come appare nella Reflexion citata, è contraddistinta non da un accumulo di conoscenze, ma da un «modo di pensare» (Denkungsart), individuabile, non solo in un principio che sottopone a valutazione il suo fondamento, ma in una particolare capacità acquisita da parte di una facoltà, la capacità di giudizio (Ulteirskraft)194 che Kant chiama «maturità».

La maturità compiuta, completa è l’elemento che consente di affermare che nessuna epoca futura potrà superare la presente. E’ questo «il modo di pensare del criticismo» e la massima di non assumere mai come vero qualcosa se non dopo un completo esame dei principi».195 La massima esprime bene la maturità della facoltà di giudizio, come acquisizione di un principio di cautela metodologica volto a evitare gli erramenti della ragione. Tuttavia, il solo possesso di una massima critica non definisce in modo adeguato quella maturità di “Urteilskraft” che è in grado di caratterizzare strutturalmente un’epoca: lascia aperto il rapporto tra critica e illuminismo.

Se l’epoca della critica sembra esser definita da un modo di pensare esteso ad ogni campo umano, mentre l’epoca dell’illuminismo come «rischiaramento», è quella in cui si affermano le condizioni sotto cui diviene possibile l’esercizio di una ragione autonoma non sottoposta ad autorità, l’Aufklärung come processo e non stato compiuto, è la traduzione del modo di pensare di una ragione che tutto, e in primo luogo se stessa, sottopone all’analisi dei fondamenti di legittimità: come il modello di razionalità è quello di una ragione che cerca di fondarsi in completa autonomia da altre istanze, allo stesso modo il processo storico politico che deve realizzarsi è quello che istituisce le condizioni perché ogni singolo possa esercitare la sua autonoma ragione, libero da vincoli, quali la limitazione all’esercizio della libertà

di pensiero.196 La critica sarebbe dunque la condizione filosofica

dell’illuminismo,197 come l’illuminismo è lo stabilirsi delle condizioni storico

sociali per l’esercizio diffuso della ragione critica.

194 Cfr. I. Kant. Critica della ragion pura, A XI, tr. it., p.65 195 Reflexion AAXVIII, 293

196 C. La Rocca, «Illuminismo e forme di razionalità. Kant e la ragione come fine», in Il realismo

della ragione. Kant dai lumi alla filosofia contemporanea, a cura di S.Poggi, Mimesis editore, Milano-Udine 2012, p.267

197 M.Foucault, Illuminismo e critica, a cura di P. Donzelli, Roma 1997, p.42 Foucault individua una

sorta di primato della critica sull’illuminismo. «E’ nel momento in cui ci saremo fatti un’idea giusta della nostra conoscenza che si potrà scoprire il principio dell’autonomia e che non dovremo più ascoltare l’obbedisci, o meglio, l’obbedisci sarà fondato sull’autonomia stessa»

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La ragione critica è una ragione metodologicamente accorta, in grado di svolgere un’epochè, una sospensione di giudizio in attesa della verifica dei fondamenti? Si tratta di una ragione non precipitosa, in grado di prevenire il pregiudizio in ogni forma di sapere (in metafisica) che Kant chiama “Untersuchung”, l’indagine riflessiva198 circa i fondamenti del sapere? Sarebbe una ragione che cautamente rivede le proprie pretese in favore di un sapere limitato ma accertato e in cui la cautela della ragione rispetto alla fondatezza di ogni asserzione rappresenta un tratto di fondo,199 di cui Kant vuole farsi interprete. L’accortezza del sapere che va al di là della regola metodologica, come Kant rappresenta nella Reflexion 5645, che muove dal tentativo di individuare il bisogno dell’epoca, che non è solo il problema gnoseologico di evitare una conoscenza troppo ampia, ma dalla motivazione profonda da cui muove questa stessa esigenza. Proprio il bisogno di ragione diffusamente trattato nel saggio sull’orientamento del pensiero diviene “diritto del bisogno di ragione” in quanto è la ragione a produrre orientamento nel pensiero, motore di una razionalità critica e illuminista.200 Un nuovo modello di razionalità esito di una trasformazione (che si trova a compiere per cogliere la sua epoca all’altezza dei bisogni e pretese) di domande e risposte.

Quando Kant formula la definizione dell’illuminismo come «uscita dallo stato di minorità», l’acquisizione di una matura facoltà di giudizio che si traduce nel coraggio di «pensare da sé», pensa probabilmente, sottolinea La Rocca, alla ragione e non all’intelletto. Ma queste caratterizzazioni che sembrano riferirsi all’uso concreto e individuale di una capacità propria di ognuno, acquistano un senso e definiscono un modo di pensare, un atteggiamento, un’attitudine che si nutre di una nuova idea di razionalità. Nel sapere aude oraziano, che Kant riformula come motto dell’illuminismo, rintraccia in ultima istanza non solo l’uso libero e individuale della ragione, ma la necessità e il bisogno - che Kant manifesta in «Cosa significa orientarsi nel pensiero?» - di una risposta alle questioni che più radicalmente interessano l’uomo.201 Il culmine della ragione critica rimanda al sapere che, rinvia

198 La riflessione, il procedimento più propriamente critico, è condizione per un’indagine adeguata:

questi sono due momenti di controllo metacognitivo (C. La Rocca, Soggetto e mondo, Marsilio, Venezia 2003, pp.103-108)

199 C. La Rocca, op. cit. p. 270 200 Ivi, p.271

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alla sapienza. L’Aufklärung può così venire definita come «la conoscenza di ciò che appartiene ai nostri scopi necessari»202 e converge sulla saggezza.