Su questo stesso tema interviene Michel Foucault, che interpreta e tratta l’illuminismo dedicando al saggio kantiano del 1784 apparso nella rivista berlinese, alcuni suoi scritti, redatti tra il 1978 e il 1984, nell’ultimo periodo della sua vita. Tre sono le occasioni. Nella prima, nella conferenza tenuta alla Sorbona,269 esposta alla Société Française de Philosophie nel 1978, sembra imbattersi con la tematica generale dell’Aufklärung, in seguito ad un’altra domanda, quella sulla critica. Nel chiarire il significato della “critique” Foucault conduce la tematica generale dell’Aufklärung nell’alveo della discussione sul significato e la funzione della critica.270 Nella seconda, l’incontro con la Risposta,
conosciuto con il titolo Illuminismo I, riprende un suo intervento pronunciato negli Stati Uniti e parla di What is Enlightenment.271 Infine, la terza occasione
risale all’ultimo intervento, Qu’est-ce que les Lumières, pronunciato il 5 gennaio 1983, pochi mesi prima della morte del grande filosofo francese, al Collège de France.272
267 Kant, Foucault, Che cos’è l’Illuminismo, Mimesis, Milano-Udine 2012, p.26 268 Ivi, p.27
269 Il testo, pubblicato successivamente dal titolo Qu’est-ce que la critique (Critique et Aufklärung),
in «Bulletiun de la Société Francaise de Philosophie», Aprile-Giugno 1990, n.2, pp. 35-63, tr. it. M. Foucault, Illuminismo e critica, a cura di Paolo Napoli, Donzelli, Roma, 1997
270 Cfr. M. Foucault, Illuminismo e critica, a cura di P. Napoli, Donzelli, Roma 1997 p. 21-22 271 Cfr. M. Foucault, What is Enlightenment, in P. Rabinow The Foucault Reader, Pantheon Books,
New York 1984, pp. 32-50. Nel testo americano Foucault entra direttamente nella domanda kantiana –Was ist Aufklärung – ricondando che era stata posta nella rivista Berlinische Monatsschrift ai suoi lettori e nota che se oggi la stessa rivista ponesse ai lettori la domanda “che cos’è la filosofia moderna?” si risponderebbe che la filosofia moderna è quella che ancora tenta di rispondere alla questione di due secoli fa, Was ist Aufklärung. Dunque si comprende che la domanda sull’illuminsmo non è una domanda di storia della filosofia, ma, per Foucault, una domanda sulla filosofia del nostro tempo, sul presente filosofico (Cfr. A. Di Caro, Michel Foucault e l’attualità dell’Iluminismo», in Che cos’è l’Illuminismo, in «Hermenetica», Morcellliana, 2010, p. 236)
272 Cfr. M. Foucault, Qu'est ce que les Lumières?, “Magazine littéraire”, n. 207, mai 1984, pp. 35-
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Le tre diverse occasioni dedicate al saggio kantiano ci aiutano a comprendere le peculiarià dell’Aufklärung, cioè l’essere una disposizione intellettuale e una prassi inconcludibile. In particolare, la «postura intellettuale», quella che permette di rischiarare è l’esito di una scelta che coinvolge pienamente la dimensione dell’agire e quelle ad esso soggiacenti, un processo mai concluso rispetto al quale ciascuno è chiamato a dimostrare l’attitudine all’uso libero e autonomo della propria ragione. L’Aufklärung, già nella prima occasione, nella conferenza del 1978 alla Sorbona, viene identificato, non tanto con un evento storico determinato, ma con una «postura del pensare» legata alla critica, ovvero a quel «progetto che non smette mai di formarsi, di prolungarsi, di rinascere ai confini della filosofia, nelle sue immediate vicinanze, contro di essa, a sue spese, in direzione di una filosofia a venire, in luogo forse di ogni possibile filosofia».273
L’intima connessione con la critica coincide con un atteggiamento, che agisce come “strumento strutturato” volto al conseguimento di ciò che, di volta in volta, è criticato, «una certa maniera di pensare, di dire e anche di agire, un tipo di rapporto con l'esistente, con ciò che si sa, con ciò che si fa, un rapporto con la società, con la cultura, con gli altri, che potremmo definire l'atteggiamento critico».274 Foucault definisce l’atteggiamento critico come contropartita della governamentalizzazione infatti se nell’età moderna, le teorie politiche si interrogano su “come governare”, l’atteggiamento critico pone la questione inversa “come non essere governati”. Questo atteggiamento tipico dell’età moderna, costituitosi a partire dai secoli XV e XVI in Occidente agisce come “strumento strutturato”, per ottenere una diversa
configurazione di ciò che, di volta in volta, è criticato, e si tratta di «uno sguardo su un campo in cui intende mettere ordine senza poter dettare legge»275 ovvero il campo di espansione delle “pratiche di governo”, intesa come «una pratica versatile in grado di illuminare una ricca gamma di situazioni […] come quella tra padre e famiglia, maestro e discepolo, tra sacerdote e fedele, tra medico e malato, tra
dicembre 1984, pp. 229-236. Al Collège de France Foucault teneva la cattedra di Storia dei sistemi di pensiero. Il testo è stato tradotto in italiano ben due volte, dalla rivista «Il Centauro»,11-12, 1984 con il titolo Che cos’è l’Illuminismo? Che cos'è la rivoluzione, pp. 229-236 ed anche dalla rivista «Aut-Aut» (1985) con il titolo, Il problema del presente. Una lezione su «Che cos’è l’Illuminismo», pp.11-19
273 M. Foucault, Illuminismo e critica, a cura di P. Napoli, Donzelli, Roma 1997, p. 34
M. Foucault, Qu'est ce que les Lumières?, “Magazine littéraire”, n. 207, mai 1984, pp. 35-39, tr. it. Che cos'è l'Illuminismo? Che cos'è la rivoluzione? in «Il Centauro», n. 11-12, maggio-dicembre 1984, pp. 229-236
274 M. Foucault, Illuminismo e critica, p. 34 275 M.Foucault, ibidem, p.35
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sorvegliante e recluso, tra il soggetto e la propri anima, per giungere a quella più ampia e inclusiva che riguarda il governo di un territorio e di una popolazione».276
Risulta pertanto che “governare o essere governati” sono eventi storici radicati nelle dinamiche sociali in cui si intrecciano le fila delle singole soggettività e dei “dispositivi di verità”277 che ne guidano la condotta, mettendo in atto pratiche di
assoggettamento e non rappresentano invece fatti normali che accompagnano per necessità antropologica la comunità degli uomini.
L'atteggiamento critico si incardina proprio nella possibilità di porre un limite all'assoggettamento attraverso la domanda, esattamente antitetica rispetto a quella che guida invece il processo di governamentalizzazione, e cioè di «come non essere governati in questo modo, in nome di questi principi, in vista di tali obiettivi e attraverso tali procedimenti»278 per allentare la presa sul soggetto messa in atto dalle arti del governo. La critica, alla luce di ciò, si configura, di conseguenza, come
possibilità e pratica di disassoggettamento, come forma culturale generale che si
identifica con «l’arte di non essere eccessivamente governati»,279 contropartita del
processo di governamentalizzazione avviatosi nel XV e XVI secolo.
Emerge dunque che «il nucleo originario della critica rinvia a quel fascio di rapporti in cui si intessono i problemi del potere, della verità e del soggetto»,280 dove da un
lato, confluiscono le forze messe in atto dalle pratiche di assoggettamento, che prevedono l’esercitarsi di un potere per mezzo di una verità e l’inverarsi di un discorso mediante un potere, dall’altro, «quel movimento attraverso il quale il soggetto si riconosce il diritto di interrogare la verità nei suoi effetti di potere e il potere nei suoi discorsi di verità».281
In questa prospettiva, si può parlare della critica come di un «atteggiamento» che prende la forma della «disobbedienza volontaria», dell'«indocilità ragionata» - e cioè per far in modo di non essere «eccessivamente governati» - attraverso la quale si intraprende il cammino per diventare adulti, maggiorenni e si abbandona progressivamente la condizione di minorenne per poi uscirne quando si denunciano
276 P. Napoli, in M.Foucault, Illuminismo e critica, Introduzione, pp.11-12
277 Intesi come «l’insieme di regole di produzione della verità», cfr. L’etica della cura di sé, come
pratica della libertà (intervista con Helmut Becker, Raúl Fornet-Betancout e Alfredo Gomez- Müller, 20 gennaio 1984), in Archivio Foucault. Interventi, colloqui, interviste a cura di Francois Ewald e Daniel Defert, III: 1978-1985. Estetica dell’esistenza, etica, politica, a cura di Alessandro Pandolfi, Feltrinelli, Milano 1988, p.249
278 M. Foucault, Illuminismo e critica, p. 37. 279 Ibidem, p.38
280 Ibidem, p.40 281 Ivi
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le molte forme di “governamentalità” che plasmano e condizionano la nostra vita. Si garantirebbe così il «disassoggettamento nel gioco di quel che si potrebbe chiamare la politica della verità».282
Siamo di fronte al concetto di critica come peculiare «postura del pensiero», come rivendicazione dell’autonomia intellettuale che, diversamente inteso dalla definizione di critica elaborata da Kant nel corpus tre Critiche, tende a coincidere col processo di “fuoriuscita dalla minorità” di cui Kant tratta nella Beantwortung. Dice infatti Foucault:
quel che Kant descriveva come Aufklärung è esattamente ciò che intendevo descrivere come critica, ossia quell'atteggiamento critico che è un tratto specifico dell'Occidente a partire, credo, da ciò che è stato storicamente il grande processo di governamentalizzazione.283
L'autonomia, ovvero il problema del “governo” di se stessi, che è l'obiettivo positivo della critica,284 non va intesa in astratto sulla base di canoni universali come
nel Kant delle tre Critiche: essa non coincide mai con un punto di arrivo, ma si risolve piuttosto in un movimento, in un congedarsi da una e dalla realtà data, dunque, una fuoriuscita.
E’ dunque attraverso una «disobbedienza volontaria» che si diventa adulti, attraverso una «indocilità ragionata», quinta essenza di quel processo di rischiaramento in cui si radica l’Aufklärung: si esce insomma e si abbandona la condizione di minorenni, quando si ha il coraggio di denunciare le molte forme di governamentalità che condizionano e permeano la nostra vita.
Kant nel saggio del 1784 secondo Foucault introduce nella storia del pensiero un problema nuovo, una interrogazione del “presente” che per la prima volta «riguarda la pura attualità»,285 un’interrogazione sul presente posta in maniera innovativa
giacché (Kant) non tenta di ricondurre la contemporaneità ad una totalità o proiettarla in vista di un compimento futuro, ma ne ricerca «una differenza: qual è la differenza che l'oggi introduce rispetto a ieri?»:286 dunque la questione della
Aufklärung in quanto riflessione sull’oggi come discrepanza storica, è «l’abbozzo
di ciò che potremo chiamare atteggiamento maturo», una precisa modalità di porsi rispetto alla propria attualità ma, insieme, una attitudine, un compito, un éthos. La domanda sull’illuminismo è, per Foucault, una domanda sulla filosofia del
282 Ibidem
283 M. Foucault, Illuminismo e critica, cit. p.(42) p. 37 284 Ivi, p, 27
285 M. Foucault, Kant-Foucault. Che cos’è l’illuminismo, p. 26 286 Ibidem p. 26
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nostro tempo, del presente filosofico, che Kant qualifica senza situarlo nella scansione del presente, passato futuro. Così l’Aufklärung è preso nella sua definizione del presente dalla «pure actualité. Il ne cherche pas à comprendre le
présent à partir d’une totalité ou d’un achévement futur». E’ un’azione, è cioè
«l’uscita dalla minorità che l’uomo deve imputare a se stesso», la prima definizione di Illuminismo «è un’azione»287 e nei tre noti esempi illustrati da Kant per definire
lo stato di minorità (un nlibro che pensa per te, un direttore spirituale che sostituisce la nostra coscienza e un medico che suggerisce il regime alimentare), probabilmente, secondo Foucault, il filosofo di Könisberg, aveva in mente l’orizzonte speculativo delle tre critiche.288
Foucault, analizzando le differenti accezioni di Kritik, sia quella alla base del corpus kantiano e la Kritik soggiacente al saggio sull’Aufklärung, ne ridefinisce il rapporto e il legame mostrando come tra le due posizioni, pur con accenti differenti, intercorrano delle somiglianze quasi a coincidere, un’attitudine relativa al presente e al rapporto con noi stessi, proprio perché le tre critiche «legittimano l’uso della ragione in vista del conoscere, del fare e della speranza » in quanto allontanano il dogmatismo e l’eteronomia e fissano i principi della ragione resa autonoma.289
Se Aufklärung, il “rischiaramento”, descrive “il momento in cui l’umanità farà uso della propria ragione senza sottomettersi ad alcuna autorità”, e si identifica con l’uso autonomo delle proprie facoltà intellettuali, determinando ciò che possiamo conoscere, ciò che ci possiamo fare, ciò che ci è lecito sperare, la Kritik pone le premesse per la completa autonomia della ragione. In questo senso, «la Critica è una sorta di libro di bordo della ragione adulta, divenuta maggiorenne nella
Aufklärung; e, inversamente, la Aufklärung è l'età della Critica».290
Si verrebbe a creare un rovesciamento del compito attribuito alla Critica kantiana che da custode e guardiano dei limiti necessari e invalicabili della conoscenza, dell'azione, del giudizio, a «critica pratica dei limiti attuali nella forma del superamento (possibile)».291 All’analisi storica dei limiti, viene così a corrispondere
una prova pratica del loro possibile superamento.
Da un approfondimento più analitico sulle differenze fra «critica» e
287 A. Di Caro, Michel Foucault e l’attualità dell’Illuminismo, in «Hermeneutica», Che cos’è l’illuminismo,
Morcelliana, 2010, p.236
288 Ibidem
289 Cfr. A. Di Caro, p. 238 290 Ivi, p.31
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«rischiaramento», emerge un comune denominatore in quanto entrambe esprimono, pur con accenti diversi, una attitudine relativa al presente e inoltre al rapporto con noi stessi.
Foucault, in questo secondo scritto, (rispetto anche alla conferenza alla Sorbona)
Che cos’è l’Illuminismo, indaga le implicazioni sottese all’ Aufklärung circa la
relazione riflessiva dell’uomo con se stesso e giunge ad una conclusione legata alla filigrana etica sottesa al saggio kantiano, riassumibile nell’espressione: «questa modernità non libera l'uomo nel suo essere proprio; essa gli impone il compito di elaborarsi da sé».292
Dalla rilettura kantiana della Risposta, Foucault vede il convergere di questioni filosofiche, intimamente legate e complesse, relative alla domanda sul rapporto col
presente e alla costituzione di noi stessi come soggetti autonomi, rispetto alle quali
tenta di stabilire - riconosciutane la fecondità - con quali modalità, nel tempo presente, possa essere ricostruito ripensato e riattivato quell’atteggiamento che soggiace all’esercizio della critica e all’attività del rischiaramento.293 Dunque, si
propone di «fare l'analisi di noi stessi in quanto esseri storicamente determinati, in parte, dalla Aufklärung. Il che implica una serie di indagini storiche precise; […] orientate verso i limiti attuali del necessario».294 Ecco dunque che il compito della
critica kantiana, così come esso era stato definito nelle opere maggiori del filosofo di Königsberg, finisce per essere rovesciato (anziché essere concepita come
guardiano dei limiti necessari e invalicabili della conoscenza, dell'azione, del
giudizio, essa viene assunta come critica pratica dei limiti attuali «nella forma del superamento possibile»295) Il palinsesto foucaultiano sul ri-pensare il saggio
kantiano, fa emergere un aspetto del rischiaramento che pone in sé la «messa in gioco del soggetto». Per «rischiarare» e «fare chiarezza» non è sufficiente sottrarsi alla tutela di ogni “pretesa autorità”: non meno necessario è un esercizio di concreta auto-critica, volto a “elaborarsi da sé”, costruire, in quanto “la fuoriuscita dalla minorità” (non si presenta esclusivamente con un carattere denstruens rispetto ad ogni vincolo “governamentale”) presuppone una capacità construens, affidata alla valorizzazione onnilaterale della critica. Serve cioè, in un orizzonte mai definitivamente compiuto, cioè l’Aufklärung, «un lavoro di noi stessi su noi stessi
292 Ibidem, p. 37 293 Cfr. U. Curi, p.47 294Ivi, p.38
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n quanto esseri liberi».296