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Con l’illuminismo si entra all’interno di un profondo progetto culturale ed emancipatorio, un vero e proprio «laboratorio di modernità»,139 che permea ancora oggi la «nostra identità culturale collettiva»,140 la cui originalità consiste nell’aver creato una nuova forma di pensiero, un nuovo modo di indagare ed operare fondato sulla critica e sull’autonomia di giudizio, inaugurando una stagione del pensiero filosofico orientata verso una avvincente speculazione intorno ai problemi dell’uomo e al suo rapporto con il mondo e la società civile. Si assume così il diritto dovere di consegnare all’uomo quegli strumenti pratico-speculativi capaci di rischiarare le tenebre dell’ignoranza e della superstizione, senza cristallizzare il pensiero in rigidi sistemi, piuttosto esaltandone la forza e i limiti. Nell’indicazione di Vincenzo Ferrone e Daniel Roche, contenuta nella Postfazione al Dizionario storico dell’illuminismo, troviamo sostanzialmente due modalità teoriche di affrontare il tema dell’illuminismo: da un lato, come ideale universale e senza tempo […] come progetto e pratica culturale destinata a garantire nel futuro l’emancipazione dell’umanità; dall’altro, come un ideale dal tempo determinato, momento storico del passato, importante ma ormai definitivamente concluso e

138 C. Bagnoli, Kant’s Contribution Moral Epistemology, in «Paradigmi», 1, 2012, p. 74 139 Cfr. V. Ferrone, Lezioni illuministiche, Laterza, Roma-Bari 2010

140 U. Perone, «L’illuminismo come categoria ermeneutica», in Che cos’è l’Illuminismo?

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soprattutto dialetticamente superato.141 Il primo caso è quello assunto da Kant, e di

converso da Foucault pur con le dovute precisazioni, infatti se in Kant l’elogio all’Aufklärung testimonia ancora di una fede classicamente illuminista nel progresso verso il meglio del genere umano, in Foucault comprende l’attualità di una forma di esistenza che impegna il soggetto a governare se stesso e a mettere in dubbio le modalità di assoggettamento esistenti.

L’analisi svolta da Kant nella «Risposta alla domanda: che cos’è l’illuminismo?», il saggio uscito negli Atti dell’Accademia delle Scienze di Berlino, celebra l’illuminismo come uscita dell’umanità dall’infanzia in cui essa stessa si è ridotta per pigrizia, stupidità, abitudine a far sempre quello che viene insenato di fare: «L’illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità, che egli deve imputare a se stesso e lo rende incapace di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro». Un monito, ad oltre due secoli di distanza, straordinariamente attuale dato che oggi siamo tornati a volte, a delegare gli altri a pensare per noi, e che risuona come un problema fondamentalmente su cui, i filosofi, con una certa sistematicità, ritornano in modo ciclico, interrogandosi ed esigendo risposte nuove. Tutto avviene come se il discorso su quel “secolo” adottasse esso stesso due regimi temporali: il tempo dell’erudizione, da un lato e il ritorno ciclico della domanda sul senso dell’illuminismo, dall’altra.142 In questa direzione, si colloca la posizione di Kant:

la sua relazione con il progetto dell’illuminismo integra la dimensione emancipatoria dell’autoliberazione della ragione con la dimensione disciplinante dell’autolimitazione della ragione.

Aperta a numerose interpretazioni, la metafora dell’illuminismo, antica e complessa, mostra sin dall’inizio la sua polisemia, almeno da quando le remote suggestioni religiose presenti nel termine passarono a simboleggiare l’uso laico, empirico della ragione filosofica e scientifica,143 si parla infatti di «Illuminismo multiplo», a più dimensioni. Considerato oggi come un’epoca storica della cultura

141 L’illuminismo. Dizionario storico (a cura di) V. Ferrone e D. Roche, Laterza, Roma-Bari 2007,

p.534

142A.M.Iacono, Postfazione a I. Kant, «Desiderio di autonomia e desiderio di minorità», in Id., Risposta alla domanda: che cos’è l’illuminismo?, p. 47

143 P. Casini, «L’illuminismo: teorie e pratiche», in «Hermeneutica» Cos’è l’Illuminismo?,

Morcelliana, 2010, cit.p. 14. In Introduzione all’Illuminismo, lo stesso autore afferma che non c’è studioso che possa illudersi di dare una risposta univoca all’antico quesito “che cos’è l’illuminismo?” (Introduzione all’Illuminismo, Laterza, Roma-Bari 1980, p.V)

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europea del XVIII secolo144 o come espressione di un’ideologia, l’illuminismo

rappresenta una «fase irrinunciabile del moderno che trapassa la modernità e senza di esso non saremmo quello che siamo»,145 se non accettando l’eredità da cui

proveniamo. Indica quell’indissolubile legame con l’attualità del presente, con l’orizzonte della contemporaneità, possibile risorsa per il futuro. Per rendere produttiva questa eredità occorre comprendere come il «rischiaramento» sia parte di una autentica ermeneutica del presente, come costituisca una dimensione interna di un corretto processo interpretativo.146

Definito in modi diversi147 già nel Settecento, i contemporanei erano consapevoli che il termine illuminismo, veniva inteso in modi differenti: un italiano lo impiegava per indicare un movimento di idee, diversamente da un francese che lo chiamava Lumiéres o da un tedesco che lo definiva Aufklärung.148 Sicuramente, non fu un caso che il pastore berlinese Johann Friedrich Zöllner, in un articolo apparso sul numero di dicembre 1783 della rivista «Berlinische Monatsschrift»,149 l’organo di pubblicazione centrale del tardo illuminismo tedesco, si domandasse «Che cos’è l’Illuminismo? La domanda è quasi altrettanto importante quanto quella: che cos’è la verità? A questo interrogativo occorrerebbe dare una risposta prima di cominciare l’opera di illuminismo»,150 un interrogativo tra i più fecondi di tutti i tempi. A

testimonianza dei molteplici significati che il termine “Illuminismo”151 aveva

144 Cfr. anche B. Stollberg-Rilinger, Europa im Jahrhundert der Aufklärung, Stuttgart, Reclam,

2000, cit. in G. Zöller, Studi kantiani, XVIII 2005, Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali Pisa Roma, 2005. La “riabilitazione” dell’Illuminismo come epoca storica ebbe inizio nei primi del Novecento in seno alla cultura storicistica e neokantiana della Germania in cui era più incisiva l’avversione alla philosophie francese, alla scienza e all’empirismo inglesi (P. Casini, L’Illuminismo: teorie e pratiche, p.14)

145U. Perone, L’Illuminismo come categoria ermeneutica, in «Hermeneutica» (2010), Che cos’è

l’Illuminismo? Morcelliana, cit. p.39

146 U. Perone, ibidem

147 Sulla semantica della metafora dell’Illuminismo, si veda anche una rassegna di diversi

orientamenti di pensiero: P. Casini, Semantica dell’Illuminismo, in «L’eredità dell’Illuminismo», (a cura di) P. Rossi, numero speciale della «Rivista di filosofia» XCVI, 1 (aprile 2005), pp. 33-65

148 Intorno agli anni ottanta del XVIII secolo, in Germania, l’illuminismo sfocia in un dibattito

pubblico sul significato del concetto di “illuminismo” e di “illuminare” al quale, oltre a Moses Mendelssohn, prese parte anche Kant. Cfr. l’antologia: Che cos’è l’illuminismo? I testi e la genealogia del concetto, a cura di A. Tagliapietra, Milano, Bruno Mondadori, 1997

149 Cfr. Per la collocazione storica della domanda e delle risposte, I. Kant, Che cos’è l’illuminismo?

a cura di N. Merker, Editori Riuniti, Roma 1987

150 Cfr. Antologia, I. Kant, Che cos’è l’illuminismo? a cura di N. Merker, Editori Riuniti Roma 1987

151L’illuminismo tedesco, rispetto a quello inglese e francese, caratterizza la sua originalità per la vocazione pragmatica e operativa con cui affronta i problemi della società e dell’individuo, configurandosi come una filosofia militante di critica della cultura e delle istituzioni tradizionali in senso riformistico volta all’emancipazione umana attraverso la ragione. Ne è un esempio l’idea di una ragione universale legittimata in diritto di sondare tutti i campi dello scibile umano, spingersi nella dimensione dell’ignoto, trasformandosi nell’Aufklärung, un metodo di analisi razionale

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assunto alla fine del Settecento, eminenti personalità cominciarono ad inviare saggi alla rivista che tentavano di fornire risposte alla domanda. Fu per primo Moses Mendelssohn a raccogliere la provocazione avanzata dal pastore Zöllner e sul numero di settembre del 1784 della stessa rivista, compare il suo (Mendelssohn) intervento «Sulla domanda che cosa significa rischiarare?» e a concepire rischiaramento (Aufklärung), cultura (Bildung) e civiltà (Kultur), come forme del miglioramento dell’esistenza sociale umana: l’illuminismo era un processo all’epoca, ancora incompleto di educazione dell’uomo all’uso della ragione, da cui nessuno doveva essere escluso.152 In tale prospettiva, la cultura rappresentava il concetto generale per la formazione sociale progressiva, mentre civiltà e illuminismo indicavano «la connotazione specificamente tecnico-pratica o teoretico-cognitiva dei processi educativi corrispondenti».153 Mendelssohn pone in relazione gli sforzi verso la cultura con la norma della vita sociale umana o della «destinazione dell’uomo», concepita sotto forma teleologica; solo l’illuminismo, e cioè la socializzazione cognitiva, appartiene alla destinazione dell’uomo in quanto uomo, a cui subentra la socializzazione corrispondente alle funzioni specifiche pratiche nell’ambito della civiltà. «L’uomo in quanto uomo non ha bisogno di

civiltà, ma necessita di illuminismo», affermava Mendelssohn.154

Il dibattito sull’Illuminismo, che approfondiremo nelle pagine seguenti, si anima con la partecipazione del filosofo prussiano Immanuel Kant, con il saggio,155 tanto

famoso quanto spesso frainteso, nel quale si soffermava sui modi, apparentemente paradossali, attraverso i quali l’Illuminismo doveva agire nel mondo.156 Kant,

rigoroso, scrupoloso e determinato e prima di tutto autoriflessivo che procede dimostrando la legittimità di ogni passo e la validità dei concetti tilizzati. Nonostante le differenti coloriture e declinazioni nazionali dell’illuminismo, questi “illuminismi” convergono sull’estensione della critica ad ogni credenza o conoscenza, sulla realizzazione di un sistema dei saperi che includa e organizzi gli strumenti per la propria correzione e, soprattutto, l’uso del sapere finalizzato al miglioramento delle condizioni dell’umanità

152Mendelssohn sosteneva il movimento di “filosofia popolare” finalizzato alla diffusione delle idee illuministiche nelle classi sociali più deboli. Altri filosofi come Shiller, Herder Wiekland, Hamann, Lessing si rifanno nei loro saggi (che possono esser visti come un compendio ai molteplici significati del termine “Illuminismo” assunto alla fine del Settecento) ad ambiti diversi collocando l’estetica al centro della definizione di illuminismo, come Schiller

153 G. Zöller, ivi, p. 49

154 M. Mendelssohn, Über die Frage was heißt aufklären? in Kant et alii, Che cos’è l’illuminismo? I

testi e la genealogia del concetto, a cura di A. Tagliapietra, Bruno Mondadori, Milano 2000, pp.3- 15

155 Cfr. Beantwortung der Frage: Was ist Aufklärung?, 1784, Ak., VIII, pp. 33-42; tr.it. a cura di M.

Bensi, Risposta alla domanda: che cos’è l’illuminismo?, Postfazione di Alfonso Iacono, ETS, Pisa 2013

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ritenendo che l’uso della ragione dovesse essere il più ampio possibile, pur consapevole che uno sviluppo illimitato della ragione, portato troppo avanti con eccesso di interrogativi e ridefinizioni di significati correnti, potesse minacciare di far sprofondare nel caos l’ordine sociale religioso e politico, riesce a vedere nell’Illuminismo una luce positiva. La risposta kantiana, pur concepita indipendentemente, ma contemporanea a quella mendelssohniana, inizia con la celeberrima definizione con la quale Kant inaugura il suo saggio, «Was ist

Aufklärung», e chiama «Illuminismo», «l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità

che egli deve imputare a se stesso» attraverso l’uso della ragione, senza la guida degli altri».157 L’antico motto «Sapere aude!» abbi il coraggio di sapere! coincideva anche con il motto dell’Illuminismo, ma la conoscenza acquisita attraverso l’audacia può tuttavia non essere sempre uguale. La conoscenza acquisita attraverso tale audacia non è sempre uguale. Kant offre infatti nel saggio interpretazioni dell’Illuminismo divergenti al punto che i contemporanei lo interpretano come una satira dei significati e dei suoi utilizzi nel regno di Prussia158 racchiusi nella personalità del re, «illuminato e filosofo», Federico II che, interessato a curare l’accademia berlinese e a mantenere controllo sull’opinione pubblica e sul dibattito religioso, ne riassumeva i significati contraddittori. Kant, come Mendelssohn, comprende l’illuminismo come progresso conoscitivo; anche la subordinazione da parte di Mendelssohn dell’illuminismo alla destinazione dell’uomo ha il suo corrispondente in Kant, che comprende l’illuminismo a partire dalla «missione di ogni uomo di pensare da sé». Piuttosto, in Kant, la meta dell’illuminismo e dello sviluppo umano viene formalizzata sotto forma di «uso maggiorenne», autonomo, proprio dell’intelletto. Illuminismo è per Kant «liberazione dalla tutela intellettuale per mezzo e in vista di un uso autonomo del proprio intelletto», scopo e condizione dell’illuminismo, infatti, «in assenza di un se pur minimo accenno di pensiero autonomo, la comoda condizione di minorità in cui qualcuno pensa per gli altri non potrà mai essere abbandonata».159 In questi termini, sottolinea Zöller, si potrebbe formulare come il paradosso del concetto kantiano di illuminismo, secondo cui solo l’illuminato è capace di illuminismo, ma proprio per questo non ne ha più bisogno: Kant si porrebbe il problema socio-

157 I. Kant, Beantwortung der Frage: Was ist Aufklärung?, tr. it., Risposta alla domanda: che cos’è

l’illuminismo? , Pisa 2013, p. 11

158 D. Outram, «Che cos’è l’Illuminismo», in L’Illuminismo, Il Mulino, Bologna 2013, cit. p. 8 159 G. Zöller, ivi, p. 50

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pedagogico di come si possa produrre illuminismo. La risposta kantiana va allora nella direzione dello «spostamento del processo di illuminismo dal piano dell’autoilluminazione individuale a quello dell’illuminazione collettiva, più precisamente, a quello dell’illuminazione reciproca»:160 non è il singolo, di regola, a realizzare da sé e per sé l’illuminazione, quanto piuttosto una comunità discorsiva interpersonale, o «un pubblico».161 Anzi, secondo la visione kantiana, sono i singoli «pensatori liberi», non da ultimo, i tutori della gran massa dei minorenni, a dare l’avvio al processo di illuminazione all’interno di una comunità intellettuale e, attraverso l’illuminismo e con l’obiettivo della sua estensione, si costituisce un pubblico critico, i cui membri si illuminano reciprocamente attraverso lo scambio scritto e orale di opinioni.162 Il requisito dell’illuminismo per Kant è quello della «libertà […] di fare in tutti i campi pubblico uso della propria ragione».163 Così Kant esprimeva quell’ambiguità ricorrendo all’«uso pubblico della propria ragione deve essere libero in ogni tempo, ed esso solo può attuare l’Illuminismo tra gli uomini; mentre l’uso privato della ragione può essere strettamente limitato, senza che ne venga strettamente ostacolato l’Illuminismo». Infatti, nella sfera pubblica, dove non si è vincolati agli obblighi imposti dalla propria condizione, si è liberi di parlare o scrivere criticamente, Kant nomina come unico requisito di questo genere di illuminismo la «libertà […] di fare in tutti i campi pubblico uso della propria ragione » intendendo con uso pubblicodella ragione l’uso libero che l’uomo in quanto uomo - essere razionale - fa della propria ragione e il solo del quale si è tenuti a rendere conto anche alle autorità; diversamente, si contrappone nella sfera privata, l’uso privato, impiegato nell’esercizio della responsabilità pubblica (impiego civile o Stato) che però sottostà per giusti motivi ad alcune limitazioni della libertà nell’interesse della comunità (in cui i sudditi di un sovrano hanno il dovere di frenare l’espressione più ostinata di giudizio politico per rafforzare la volontà del loro sovrano ed evitare il caos.) Di qui, il curato non deve criticare il vescovo, il soldato l’ufficiale, sebben i loro ordini sembrino assurdi, non è permesso ragionare, si deve obbedire.

160 Ibidem

161 I. Kant, Risposta alla domanda: che cos’è l’illuminismo? tr. it., p. 17

162 Cfr. G. Zöller, Lumi sull’illuminismo. La concezione kantiana dell’uso autonomo, pubblico e

comune della ragione, in «Studi Kantiani» XVIII 2005, Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali Pisa Roma, p.50

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Per Kant, il bisogno e il potere di illuminare il resto dell’umanità non crescono all’interno di una sfera privata, giuridicamente protetta, ma all’interno di una «società cosmopolitica».164 Solo tale comunità ideale di uomini in quanto esseri

razionali finiti, indipendente da interessi e obblighi politici e sociali particolari, è un «pubblico in senso proprio». Ogni altra comunità appare rispetto ad essa come «un’assemblea domestica, per quanto grande sia».165 Il concetto kantiano di

illuminismo, sovraindividuale, teso ad un’azione intellettuale reciproca, riappare, come meglio analizzeremo nei paragrafi successivi, alla fine del saggio con una modificazione significativa rispetto alla definizione di illuminismo proposta all’inizio. Kant la esprime infatti sul piano plurale invece che singolare come «uscita degli uomini dalla minorità di cui essi stessi hanno colpa».166 Tale riformulazione contiene il fatto che non l’uomo in quanto tale cade in uno stato di minorità, quanto piuttosto sono i singoli uomini o gruppi di uomini a condurre gli altri in uno stato di minorità e a trattenerveli, come Kant lascia emergere a proposito delle «cose di religione». A tale riguardo egli insiste sull’illegittimità di ogni confessione o prescrizione di fede contrabbandata come immutabile da parte di un’autorità spirituale: la volontà di impedire sempre il pensiero autonomo su questioni religiose costituisce un «crimine contro la natura umana, la cui destinazione originaria consiste appunto in questo progredire».167 Tuttavia, Kant

concede anche che nella sua epoca la maggior parte degli uomini non è ancora in grado di servirsi in cose di religione del proprio intelletto con sicurezza e bene, senza la direzione altrui. L’illuminismo in riferimento al presente, per Kant, non indica l’effettivo e compiuto raggiungimento della maggiore età universale sul piano intellettuale, ma l’avvicinamento, come approfondiremo nei paragrafi successivi, a tale meta. Compiti dell’illuminismo consistono nella possibilità di diventare capaci di pensare con la propria testa senza che siano altri a decidere per noi e, nel tempo stesso, essere capaci di capire gli altri, senza essere domatici, ma provando a mettersi e a vestire i panni dell’altro.

Diversi sono gli atteggiamenti con i quali ci si riferisce all’epoca storica dell’illuminismo. Chi adotta uno spirito polemico o svalutativo (i conservatori lamentano il decadimento di valori ed istituzioni tradizionali causato

164 I. Kant, ivi, p.21 165 I. Kant, ivi, p.25 166 I. Kant, ivi, p.37 167 I. Kant, ivi, p.31

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dall’illuminismo); chi, invece, lamenta l’ottimismo progressista avviato dall’illuminismo (l’avanzante devastazione tecnologica della natura); chi, d’ispirazione liberale, critica l’eredità tecnologica dell’illuminismo, (rappresentata da una società governabile scientificamente); chi, infine, critica dell’illuminismo la sua continuità sottesa con strutture preilluministiche di dominio e violenza (a regressione dell’illuminismo verso il polo opposto). C’è chi, invece, mostra un’alta e profonda considerazione di idee e del programma filosofico e culturale,168 testimonianza che alcune conquiste storiche e sociali dell’illuminismo sono divenute acquisizioni fondamentali della dignità umana (l’abolizione della tortura e della servitù della gleba, il raggiungimento della libertà di pensiero e di stampa, la prassi della tolleranza politica e religiosa, lo smascheramento della superstizione e la limitazione del potere istituzionale dello stato e della chiesa). Tuttavia, le critiche nei confronti dell’illuminismo, mosse sia in prospettiva antimoderna che postmoderna, approfittano del condizionato successo storico.

La complessa situazione dell’illuminismo nella storia culturale e spirituale tedesca è legata ai due fenomeni, il romanticismo (in letteratura), e l’idealismo (in filosofia) che, alla fine del secolo diciottesimo, hanno allontanato il tardo illuminismo tedesco, nel momento del suo massimo sviluppo, dalla coscienza culturale dei giovani contemporanei e della posterità fino ad oggi: così, i romantici e i filosofi della natura tedeschi hanno rivalutato sul piano poetico, politico e filosofico, il passato, l’oscurità, in consapevole contrapposizione all’orientamento verso il futuro e alla metafora della luce proposte dall’illuminismo; gli idealisti tedeschi e i filosofi dello spirito hanno assegnato all’illuminismo un posto nella filosofia della storia e nella storia della filosofia, relativizzandolo e dichiarandolo superato nell’ambito della loro teoria progressiva.169

Ricostruendo la «mentalità dell’Illuminismo» Ernst Cassirer nel suo saggio «La

filosofia dell’Illuminismo» ricorda che «il secolo XVIII è pervaso dalla fede

nell’unità e nell’immutabilità della ragione. Questa è sempre la stessa per tutti i

168 Jürgen Habermas compare tra gli intellettuali tedeschi. Sul dibattito a proposito dell’attualità

dell’illuminismo si veda il contributo di James Schmidt, What is Enlightenment? Eighteenth Century Answers and Twentieth Century Questions, Berkeley-Los Angeles-London, University of California Press, 1996

169 Cfr. G. Zöller, Lumi sull’illuminismo. La concezione kantiana dell’uso autonomo, pubblico e

comune della ragione, in «Studi Kantiani» XVIII 2005, Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali Pisa Roma, p.46

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soggetti pensanti, per tutte le nazioni, per tutte le epoche, tutte le civiltà».170

Tuttavia, la ragione illuminista, ben diversa rispetto a quella del secolo precedente affermata da Descartes, Malebranche, Spinoza, Leibniz considerata il “territorio” delle verità eterne, è «la forza originaria dello spirito la quale conduce alla scoperta della verità e alla sua determinazione: è questo il germe e a premessa indispensabile di ogni sicurezza. Tutto il secolo XVIII intende la ragione in questo significato. Esso non la considera come un fisso contenuto di cognizioni, di principi, di verità, ma piuttosto come una facoltà, come una forza che si può comprendere pienamente soltanto nel suo esercizio e nella sua esplicazione».171 Cambia l’atteggiamento che conduce verso l’intelletto.

Rispetto ai pensatori di Jena, a determinare nel senso di una distanza storica il rapporto della cultura tedesca con l’illuminismo è stato, abbiamo visto, il contributo del più grande esponente dell’illuminismo tedesco, Immanuel Kant, attraverso la