La rilettura che Foucault fa del testo kantiano, la Beantwortung, da molti reputato “minore”, segna una svolta capace di incidere in profondità il corso della filosofia contemporanea. Il tragitto da lui descritto, nei due testi precedentemente considerati sulla Risposta kantiana rappresenta il cammino che, muovendo dalla «indocilità ragionata», giunge all’elaborazione di se stessi. Nel terzo contributo, che si intreccia con circostanze biografiche (la morte dell’autore) conferendo un carattere di testamento spirituale, Foucault torna sulla domanda kantiana, in modo incisivo ed ancora più esplicito. Definisce nuovamente la questione, la domanda kantiana in
Che cos'è l'Illuminismo? nella conferenza del 5 gennaio 1983 al Collège de
France297 dal titolo Qu'est ce que les Lumières? e introduce, rispetto ai due
precedenti, una modalità innovativa dell’interrogazione - che da quel momento in poi sarà elemento distintivo del Moderno: una questione, che, per la prima volta, si pone in rapporto non longitudinale con gli Antichi, ma «“sagittale” con la propria attualità»298 o verticale299 del discorso sull’attualità; inoltre tematizza anche l’altra
faccia dell’attualità. Va sottolineato che nel passato, prima cioè del testo kantiano del 1784, nessun filosofo si era interrogato sulla realtà cui riconosceva di appartenere, allo scopo di far emergere un elemento particolare, capace di distinguerla da altre epoche e conferirgli un senso. La questione sul Moderno era stata affrontata nella prospettiva del rapporto o differenza tra Antico-Moderno per decretare la superiorità dell’uno rispetto all’altro, come una «questione di polarità».300 Nel saggio kantiano la modernità assume invece la forma di un
“atteggiamento”, di un’interrogazione di se stessa su di sé, proponendosi come “evento” filosofico originale e consapevole di sé. Foucault si chiede:
Non è […] l'illuminismo la prima epoca che […] si autoappella evento che appartiene ad una generale storia del pensiero, della ragione e del sapere, in cui esso stesso ha da giocare il suo ruolo?301
296 Ibidem, p. 43
297 Cfr. M. Foucault, Il governo di sé e degli altri, Corso al Collège de France (1982-1983),
Feltrinelli, Milano 2009, Prima ore di lezione, Seconda ora di lezione, pp.11-47
298 Michel Foucault, Che cos'è l'Illuminismo? Che cos'è la rivoluzione? op. cit., p. 231 299 Cfr. M. Foucault, Il governo di sé e degli altri, p.23
300 Cfr. M. Foucault, ivi, p.23
99
L’Aufklärung ha coscienza della propria modernità e non cerca aiuti, né nel passato, né nel futuro: in questo Foucault ravvisa una delle prime manifestazioni della filosofia moderna che non cesserà di interrogarsi a partire dal XVIII secolo sulla propria attualità.302 Rispetto ai due scritti precedenti, la novità dei riferimenti alla
Risposta kantiana, secondo Foucault mostra che il saggio del 1784, non rappresenta
soltanto una modalità innovativa di interrogazione che si porrà da quel momento in avanti, comune carattere distintivo del Moderno, ma tematizza un’altra faccia dell’attualità, cercando di dar una risposta a proposito di un altro avvenimento, «uno di quei momenti autoreferenziali che non ha mai smesso di interrogare se stesso».303
Questo avvenimento è posto attraverso la domanda «Che cos’è la rivoluzione?».304
Foucault rintraccia tra il saggio kantiano del 1784 e la seconda sezione dello scritto del 1798 Conflitto delle facoltà305 «una sorta di continuità del testo del 1784»306 e
rileva nei due testi kantiani quella «postura del pensiero» tipica di colui che, ancor oggi, eserciti quella prova storico-pratica in cui consiste l’ontologia critica dell’attualità. Foucault evidenzia l’enfasi kantiana sull’attualità e sull’evento dell’Aufklärung sottolineando che per la prima volta la filosofia problematizza la sua attualità discorsiva.307 Si tratta dunque di riconoscere, scoprire e interrogare il
presente, la realtà contemporanea per ravvisare tra i molti eventi che si sono
che l’Aufklärung è la prima epoca che si nomina da sé e che invece che caratterizzarsi secondo la vecchia tradizione, come periodo di decadenza o di splendore, si definisce attraverso un certo “evento”, l’Aufklärung, che rientra nel campo di una storia generale del pensiero, della ragione del sapere all’interno del quale l’Aufklärung stessa deve svolgere un ruolo. L’Aufklärung è un periodo che si designa da sè, che formula autonomamente il suo motto, i precetti, che dice ciò che bisogna fare, sia in rapporto al suo presente, alla storia generale del pensiero, della ragione e del sapere sia in rapporto alle forme di conoscenza, di ignoranza per delle istituzioni (M. Foucault, Il governo di sé e degli altri, Corso al Collège de France (1982-1983), Feltrinelli, Milano, 2008, p.24)
302 A. Di Caro, Michel Foucault e l’attualità dell’Illuminismo, in «Che cos’è l’Illuminsmo?»,
Hermeneutica, Morcelliana, Milano, 2010, p.246
303 M. Foucault, Il governo di sé e degli altri, pp.24-25
304 I. Kant, Conflitto delle facoltà, in I. Kant, Stato di diritto e società civile (a cura di) Nicolao
Merker, Editori Riuniti, Roma 1982, pp. 317-329. Kant nel 1798 giunge a dare un seguito al testo del 1784: se nel 1784 poneva la questione e cercava di rispondere alla domanda postagli: Was ist Aufklärung?, nel 1798 risponde invece a una domanda che egli stesso si pone, anche se, risponde a una questione che certamente l’attualità gli poneva e che dopo il 1794 veniva posta dal dibattito filosofico in Germania, Che cos’è la Rivoluzione?. Sulla stessa domanda aveva scritto anche Fichte nel 1794 (J.F.Fichte, Contributo per retifcare i giudizi del pubblico sulla rivoluzione francese, in Sulla rivoluzione francese (a cura di) V.E.Alfieri, Laterza, Roma-Bari 1974)
305 Cfr. I. Kant, Conflitto delle facoltà, in Stato di diritto e società civile (a cura di) N. Merker, Editori
Riuniti, Roma 1982, pp.317-329. Nella seconda dissertazione, parlando dei rapporti conflittuali tra filosofia e facoltà di diritto, Kant situa l’essenza di tali rapporti intorno alla questione: «Esiste un progresso costante per il genere umano?» Risponde dicendo che per contrastare il progresso ci deve essere «un segno rememorativum, demonstrativum, prognosticum», che sa riconoscere il carattere del progresso, che sa dimostrare quel carattere che è l’oggi, che questo segno ci sarà anche nel futuro. In tale contesto, Kant fa l’esempio della Rivoluzione Francese
306 M. Foucault, Che cos’è l’illuminismo? Che cos’è la rivoluzione, p.231 307 A. Di Caro, p.246
100
storicamente determinati, quello che possa esser considerato la “causa” del progresso in quanto capace di configurare «una tendenza generale del genere umano».308
Il segno per constatare il progresso, afferma Kant, deve essere un «segno
rememorativum, demonstrativum, prognosticum», che sa mostrarne il carattere, che
è l’oggi, e che ci sarà anche nel futuro, come nel caso della Rivoluzione Francese, fenomeno che non si dimentica più. Allo stesso modo anche l’Aufklärung potrebbe essere interpretato come tale segno: non si tratta di riattualizzare o insistere sugli aspetti decettivi come nella Rivoluzione Francese, ma di conservare il suo ricordo per alimentare il presente, l’attualità,309 esattamente come non ha senso preservare
i resti dell’Aufklärung né criticare dialetticamente l’Illuminismo.
“Che cos'è l'Illuminismo? Che cos'è la rivoluzione?” - sono le due domande e forme attraverso le quali Kant «interroga la propria attualità»,310 dando vita, per la prima
volta, a quell'ethos in cui consiste la modernità.
Kant, secondo questa prospettiva argomentata nel saggio foucaultiano, parrebbe essere l’interprete delle due anime e tradizioni critiche del filosofare moderno: se con gli scritti maggiori nella sua grande opera Critica, avrebbe fondato la «analitica della verità» volta a ricercare le condizioni necessarie da cui è possibile una “conoscenza vera”,311 a partire dalla quale una fetta della filosofa moderna dopo il
XIX secolo si è presentata e sviluppata come “analitica della verità”; dall’altra parte, sarebbe possibile rintracciare il primo esempio di una diversa modalità di riflessione e “interrogazione critica”, che si vede nascere nella questione dell’Aufklärung e nel testo sulla Rivoluzione,312 «un'ontologia di noi stessi, del
presente», un’ontologia della modernità. Essa si interroga non più sulle condizioni di una conoscenza vera, ma formula l’interrogativo su quale sia il nostro presente: «Che cos'è la nostra attualità? Qual è il campo attuale delle esperienze possibili?»,313 aprendo uno spazio di riflessione per una interrogazione critica che
destabilizza i modi di fare, di essere e di pensare correntemente accettati. Foucault, come sottolinea Di Caro, ha distinto il suo approccio teoretico da quello
308 M. Foucault, Che cos’è l’illuminismo? Che cos’è la rivoluzione? in «Il Centauro», 11-12, 1984,
p. 232
309 A. Di Caro, p.247 310 M. Foucault, cit., p.235
311 M. Foucault, Il governo di sé e degli altri, p.30 312 M. Foucault, ivi
101
“trascendentale” della filosofia kantiana e post anche in questo ultimo scritto, con le sue parole “l’ontologia del presente” non è “analitica della verità”.314 In tal senso,
il progetto sull’ontologia dell’attuale viene a far parte a pieno titolo della tradizione del pensiero occidentale qualificandosi come interrogazione sul presente, volta ad indicare senso e direzione, non per mera contemplazione, ma per spinta all’azione. Il “rischiaramento”, alla luce degli scritti foucaultiani (qualora si interpreti il testo di Foucault sull’articolo kantiano come “risposta” alla domanda a cui Kant intende corrispondere), sia per Kant che per Foucault si realizzerebbe, anzi, sarebbe possibile, a condizione che si assuma una certa «postura intellettuale», a condizione cioè che si modifichi radicalmente le “modalità di esercizio concreto delle proprie capacità conoscitive”.315
L’uscita, con cui si identifica il diventare maggiorenni, di conseguenza, non coincide con un evento circoscritto, con un passaggio, realizzato una volta per tutte, ma si tratta appunto di un processo, nel quale siamo costantemente e ripetutamente chiamati a dimostrare l’attitudine all’uso libero e autonomo della nostra ragione, e in cui sono in prima linea chiamate anche le nostre qualità morali.316
Da questo punto di vista, ci si potrebbe spingere oltre ed ad affermare che l’intervento di Foucault sul saggio kantiano si traduce nell’esplicitare fino in fondo il significato del motto oraziano citato dall’autore delle Critiche e ci ha permesso di capire che il «rischiaramento» rappresenti una prassi inconcludibile e una «postura intellettuale». Dunque l’«atteggiamento critico» diventa un vero e proprio
stile cognitivo, una nuova forma di razionalità. Meglio ancora, si identifica con
quell’ Aufklärung del saggio del 1784, caratterizzato dallo stesso filosofo in rapporto allo «stato di minorità» nel quale l’umanità sarebbe trattenuta, in maniera autoritaria. L’intervento di Foucault sul saggio kantiano esplicita fino in fondo il significato del motto orazianano, sapere aude che racchiude in sé il processo che conduce verso la maggiore età.
314 A. Di Caro, p.247
315 Ciò avvalorerebbe l’importanza riconosciuta dal Foucault allo scritto kantiano, da lui stesso non
troppo valorizzato, e la stessa definizione fornita da J. Habermas sulla Risposta - pur muovendo da premesse nettamente diverse, rispetto all’approccio foucaultiano - come “una freccia scagliata al cuore del presente” (J. Habermas, Una freccia scagliata al cuore del presente: a proposito della lezione di Michel Foucault su “Was ist Aufklärung?” di Kant, “Il Centauro”, n. 11-12, maggio- dicembre 1984, 237-241.)
102