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Costruire conoscenza per «imparare a pensare»

2. L’esercizio critico di «pensare da sé»

1.4. Costruire conoscenza per «imparare a pensare»

La ricerca sui processi cognitivi, nell’ultimo ventennio del secolo scorso, ha concepito la cognizione come «studio dei processi di elaborazione dell’informazione - trasformazione, riduzione, immagazzinamento, recupero - che soggiace all’esecuzione di attività complesse, quali il comprendere, il ricordare, il ragionare, il risolvere problemi».567 Il modello del pensare umano, secondo l’approccio cognitivista, considera l’elaborazione della conoscenza nei termini dell’elaborazione attuata da un’intelligenza artificiale; all’interno della psicologia cognitivista, il costruttivismo, che definisce la correlazione esistente tra “l’architettura del sistema cognitivo” (acquisita dal soggetto attraverso l’apprendimento) e la “qualità dei processi di controllo” (utilizzati per compiere operazioni di memorizzazione, elaborazione, comprensione, risoluzione di problemi) ha offerto una interessante interpretazione delle dinamiche del pensiero e dell’apprendimento rivedendo le tradizionali attribuzioni sulle risorse del pensare. L’apprendimento, e le attività di pensiero ad esso connesse, nel rapporto tra i processi di elaborazione della conoscenza, è definibile come un processo di costruzione della conoscenza in cui la si elabora, la si riorganizza, «non di mera registrazione o mero assorbimento di informazioni»,568 ma di applicazioni, acquisizione di strategie e procedure cognitive.569 Questo aspetto legato alla costruzione dell’attività conoscitiva consente che la conoscenza sia influenzata dalla conoscenza strutturata in precedenza. Anzi, nell’approccio costruttivista, soggetto ed oggetto compartecipano dello stesso processo: il soggetto pensa mentre costruisce il pensato ed è guidato da ciò che non conosce ancora. In tal senso la costruttività del soggetto agisce come ristrutturazione continua del “già pensato”

567 P. Boscolo, Psicologia dell’apprendimento scolastico, Utet, Torino 1986, p. 13

568 L. B. Resnick, Introduction to knowing, learning and instruction, Essay in honor of Robert Glase,

Hillsdale, 1989, NJ, Erlbaum

569 Cfr. J.Greeno, «A perspective on Thinking», in American Psycologist, 44,2, pp.134-141 1989,

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rispetto al pensiero in atto e al pensabile che ne deriva, determinando un «apprendimento per cambiamento concettuale».570 Non siamo di fronte ad una

semplice acquisizione meccanica di nozioni per costruire una conoscenza, in cui si usa ciò che si è elaborato, ma ad un accrescimento qualitativo (Knowledge-

dependent) e quantitativo del repertorio di informazioni. Una “rivoluzione

cognitiva” in cui il soggetto costruisce il suo sapere attraverso un processo attivo di pensiero anche in relazione a ciò che ha già elaborato, i cui germi si rintracciano in Piaget, epistemologo genetico. In continuità con l’approccio filosofico sviluppato nella prima parte, la ragione umana non è dunque un vaso vuoto da riempire, ma una rete di relazioni che, esercitata a pensare, genera concezioni sul mondo. Una mente attiva nella quale il soggetto non riceve passivamente informazioni e stimoli da trasformare in rappresentazioni e concetti, ma insieme all’oggetto è parte di una medesima realtà conoscitiva complessa. Come Kant ci ha insegnato, l’esperienza conoscitiva acquista significato per il soggetto non perché esso è scoperto e trovato nella realtà, ma perché questo stesso significato impone alla realtà delle strutture interpretative evitando tuttavia, di cadere nel limite noumenico ipostatizzando un’idea di realtà fuori di noi, irraggiungibile o inconoscibile. Pur riconoscendo che ci mancano delle capacità di apprendere il mondo “come è” e che ci troviamo vincolati a costruire di esso delle rappresentazioni, ad impegnarci nel pensare e nel ragionare entro quegli stessi confini, dobbiamo imparare a far uso attivo di strategie di pensiero per far fronte a limitazioni cognitive. Il pensiero si colloca in un contesto mentale, sociale, fisico, storico tale multivariato, di relazioni, in una “cognizione situata” per cui non risulta mai isolato. Anzi, il “contesto” del pensare assume per il costruttivismo sociale un ruolo costitutivo in quanto pensiero, conoscenza, apprendimento sono attività della mente le cui radici si rintracciano nella partecipazione e nel coinvolgimento attivo dell’individuo alla costruzione di una conoscenza condivisa. La vita del pensiero, come sostiene la studiosa Rogoff, è legata in modo complesso con la globalità del contesto all’interno del quale sono inseriti problemi da affrontare e che determina l’attribuzione di significati e la scelta di strategie e procedure di indagine per risolverli.571

570 L.T. West, A.L.Prines, «Cognitive structures and conceptual change», New York, Accademic

Press in M. Santi, Ragionare con il discorso, p. 16

571 B. Rogoff, «Thinking and learning in social context», in Everyday cognition: its development in

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Alcune ricerche citate dalla Rogoff sulla variazione contestuale delle abilità, hanno evidenziato che alcuni soggetti, in situazione di test, presentano performance povere sul piano logico e comunicativo nella risoluzione di problemi, sebbene mostrino di saper ragionare in modo corretto e comunicare in modo persuasivo in contesti noti.572 Pertanto, «il contesto» che include la struttura fisica e concettuale del problema e il «contenuto dell’attività intellettuale» sono essenziali «per comprendere i processi del pensiero».573 Nell’ottica della “cognizione situata” vengono considerati nuovi indicatori dell’apprendimento significativo cui corrisponde, oltre l’acquisizione formale di tutte le strutture concettuali, e padronanza, anche il “grado di interazione effettiva” che avviene tra colui che pensa e gli eventi della situazione. Ciò significa che la valutazione di performance povere sul piano logico e comunicativo nella risoluzione di problemi del miglioramento, del cambiamento e del progresso è strettamente connesso alle effettive “situazioni di apprendimento” e non a un processo di “verifica” orientata a soli contenuti, isolata dai contesto d’uso, quindi spogliata della sua autentica finalità e funzione. Il processo del pensare si configura, anche dal punto di vista psicologico come un processo continuo di adattamento e trasformazione dell’ambiente, nell’ambiente e con l’ambiente attraverso elaborazioni costruzioni, progettazioni dei propri contesti di vita e condivisi con gli altri. Se la prospettiva costruttivista colloca i processi di apprendimento e comprensione rispetto ad un ambiente cognitivo (organizzazioni strutturate), la psicologia culturale evidenzia come tali processi siano connessi a contesti sociali storicamente determinati e condivisi. Greeno574 parla di «epistemologie personali e sociali», costituite da insiemi di conoscenze e credenze, (beliefs) - responsabili dell’orientamento globale e rappresentano lo sfondo della nostra attività di pensiero. Infatti secondo questa prospettiva risulta difficile comprendere le dinamiche dei processi del pensiero senza individuare, allo stesso tempo, come, in un certo contesto, si crede di poter o dover pensare. Il legame da un lato tra pensiero, apprendimento e conoscenza (i diversi contenuti delle conoscenze apprese ed elaborate sembrano favorire la strutturazione di motivazioni attese relative al processo del pensiero molto diverse), ma dall’altro anche motivazioni, atteggiamenti e disposizioni ad apprendere (che giocano un ruolo

572 Le ricerche si riferiscono a Labov, 1970; Cole,1975, Scribner 1976). 573 B.Rogoff, p.2

574 J. Greeno, A perspective on Thinking, in «American Psycologist», 44,2, pp.134-141, p.135. Cfr.

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fondamentale sullo sviluppo del pensiero e apprendimento) è un processo biunivoco e si struttura in macroteorie e concezioni generali che ogni cultura elabora sul mondo e su sé.

L’attività intellettiva è stimolata da motivazioni e disposizioni ad apprendere e a risolvere i problemi ritenuti rilevanti dal soggetto e dalla comunità e nel tempo stesso le modalità di pensiero specifiche agiscono sulle motivazioni, disposizioni e atteggiamenti.

Come richiamavamo a proposito delle “epistemologie personali e sociali” quale sfondo dell’attività del pensiero, le credenze possedute dagli individui sulla natura dell’intelligenza e dell’apprendimento, secondo Dweck,575 influenzerebbero le

modalità con cui vengono attivati gli stessi processi cognitivi. Il pensiero è determinato dalle conoscenze pregresse e implicite, non solo nella direzione di una continua integrazione e modificazione di schemi già organizzati, ma anche nella direzione degli sforzi e della “motivazione ad apprendere”, che influiscono sul tipo di prestazione intellettuale che verrà proposta al soggetto e sulle motivazioni che animano i processi del pensiero. Sul piano educativo, per agire dal punto di vista qualitativo sui processi del pensiero occorre portare alla luce il sommerso di credenze possedute, leva e timone dell’attività cognitiva. Lo studio del pensiero del suo sviluppo in termini di organizzazione si pone sia in relazione all’attenzione sulle abilità cognitive, la competenza cognitiva, che agli elementi strutturali basi della conoscenza su cui agiscono le abilità cognitive. Dunque, lo sviluppo cognitivo e il progresso intellettuale è concepito in relazione all’acquisizione di consapevolezza di processi e conoscenze, del controllo del proprio pensare, perlopiù metacognitivo. Ciò significa che anche la ricerca pedagogica si appella a nuovi criteri di razionalità alternativi, lontani dal paradigma unidirezionale derivante dalla logica formale classica, approccio ormai non adeguatamente sufficiente sia come standard normativo che come strumento analitico descrittivo dei processi del pensiero utilizzati dall’essere umano nel quotidiano. Per molto tempo, le conseguenze che tale approccio ha determinato sul piano dei processi educativi, hanno orientato i sistemi formativi ad applicare i canoni della razionalità logica con il risultato di un addestramento delle menti degli studenti alle corrette applicazioni, e la illusoria speranza di “incrementare le abilità di pensiero” di più alto livello. Posta

575 Cfr. Dweck 1983, Dweck e Elliot 1983 Dweck e Legget 1988, in M.Santi, Ragionare con il

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l’impossibilità di confinare l’adeguatezza dei processi del pensiero e ragionamento nei termini di una corrispondenza congruente alla logica formale, ci si è orientati al ripensamento della posizione che la logica formale viene ad assumere nei processi del pensiero. Dewey sostiene che le forme logiche, come si presentano nei manuali di logica «non pretendono di dirci come pensiamo, nemmeno come dovremmo pensare»576 in quanto non servono a raggiungere conclusioni, o ad arrivare a una credenza o conoscenza, ma per mostrare che le conclusioni sono state raggiunte in modo più convincente da altri. Una persona «pensa logicamente quando sorveglia attentamente il processo del suo pensiero».577

Per economia del nostro lavoro, circoscriveremo l’ambito alle direzioni verso cui si orienta la nostra ricerca, la dimensione critica e riflessiva.