2. L’esercizio critico di «pensare da sé»
2.1. Selbsdenken e Selbstdenker: la fatica e il coraggio di «pensare da sé»
2.1.1. Tra metodo e sapere
L’insegnamento superiore per essere efficace deve iniziare l’allievo ai metodi e alle tecniche della ricerca scientifica: Ap-prendere significa dunque appropriarsi di un
metodo più che imparare contenuti slegati dalle procedure attraverso le quali si è
giunti: così l’allievo imparerà a pensare con la propria testa e svilupperà e maturerà autonomamente le proprie facoltà. E’ questo, quanto da un giovane professore ci si aspetta.
Queste affermazioni sono legate alla concezione del rapporto che in filosofia deve articolarsi tra metodo e sapere, e promuovere «autonomia di pensiero» come auto- fondatezza del metodo: dunque, autonomia di pensiero come auto-fondatezza del metodo filosofico. Il primato del metodo, non assume una posizione dogmatica, ma rappresenta l’unica via entro la quale è possibile iniziare un autentico cammino verso la conoscenza.338
La finalità verso cui l’insegnamento dovrebbe tendere, sostiene Kant nel prosieguo della «Nachricht», non consiste in una «passiva assimilazione di contenuti» da parte degli allievi, ma nel più nobile e faticoso impegno, che gli allievi stessi siano in grado di produrli. Tale principio, valido ed estendibile dal punto di vista generale per tutte le discipline, diventa ancor più pregnante quando si tratta della “filosofia”. Essa si costruisce attraverso un procedimento di ricerca che prevede l’osservazione empirica, concetto e ragionamento e, solo applicando tale metodo, potrà essere insegnata riproducendo cioè nell’insegnamento il metodo della ricerca senza trasmettere meccanicamente all’allievo contenuti già dati. Il docente potrà così riuscire a coltivare le facoltà dell’intelletto e l’allievo «imparerà a pensare», non i «pensieri». Kant, dopo aver detto che “non si deve insegnare la filosofia, ma si deve insegnare a filosofare”, e che «uno studente non deve imparare pensieri
(Gedanken), ma deve imparare a pensare (denken)», precisa che il giovane che ha
337 Ibidem
338 Cfr. www.academia.edu, Contributo telematico, L.Rocca, «Che cosa significa orientarsi nel
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terminato l’istruzione scolastica era abituato a imparare: egli pensa che d’ora in poi
imparerà la filosofia, ma per questo è impossibile, perché ora deve imparare a filosofare […]. Ma Philosophie lernen (imparare la filosofia) è ben altro da philosophieren lernen (imparare a filosofare), infatti mentre nel primo caso la conditio dello studente non subisce alcuna modificazione significativa, restando
egli un «mero recipiente» destinato ad assorbire e accogliere passivamente i contenuti, nel secondo caso, se adeguatamente guidato, potrà essere il soggetto della filosofia, di quell’attività destinata a segnare il suo “passaggio” a un’altra condizione. Il giovane potrà diventare capace di «camminare da solo» attraverso un insegnamento orientato verso l’autentico obiettivo di “apprendere a pensare”, e non soltanto a far assimilare pensieri.
L’immagine descritta precedentemente da Kant nella «Beantwortung», del giovane che si muove da solo e che abbandona il “girello” aiutato da un insegnante fedele al suo compito, si traduce in quella immagine descritta da Foucault, precedentemente affrontata, come «postura intellettuale». Dunque, l’allievo a cui si rivolge deve diventare un Selbsdenker, un individuo capace di pensare con la propria testa. Ci troviamo di fronte ad un rinnovato, oserei dire, autentico profilo formativo che non può certamente corrispondere a uno studente che ha recepito acriticamente e passivamente asserti e proposizioni, piuttosto a colui che, attraverso «strumenti per pensare» si sia impadronito e abbia fatto proprie le procedure mediante le quali si possono raggiungere tali proposizioni e sia in grado di padroneggiarle con spirito critico: oggi diremo, uno studente competente. Ecco che
selbstdenken, «pensare con la propria testa», vuol dire fare un uso autonomo e libero
delle proprie capacità intellettuali, senza subire i condizionamenti di coloro che si ergono ad autorità, e pretenderebbero perciò di “espropriarci”, di “esautorarci”, di sottrarci la possibilità di pensare, se non secondo le loro direttive. Forse l’intenzione di Kant, come ha osservato il filosofo Curi,339 pur non esplicitata questo passaggio,
era quella di far coincidere l’attività del Selbstdenken con l’Ausgang, con il processo di fuoriuscita dalla condizione di minorità, esaltando la funzione critica, riflessiva individuale. Se dalla minorità, come già sottolineato, si esce facendo un uso libero e incondizionato delle proprie capacità intellettuali, la dimensione del Selbstdenken, non può che rafforzare la sua portata. Infatti, colui che «pensa con la propria testa» è anche colui che ha intrapreso la via, quel processo nel quale si
339 U. Curi, op.cit., pp.52-58
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realizza il «diventare maggiorenni». L’attività del Selbstdenken si deve pertanto congedare da quelle condizioni che invitano a «imparare pensieri», che ritengono che la filosofia consista, anziché nell’esercizio attivo del filosofare, nell’apprendere le filosofie, che pretendono di far coincidere il pensare con l’assimilazione e l’acquisizione di una certa quantità di pensieri elaborati da altri, che portano a credere che l’essere “dotti”, l’aver studiato, implichi anche l’avere intelligenza Se il principio mediante il quale un insegnamento deve guidare gli studenti verso un uso autonomo delle facoltà intellettuali è valido per tutte le discipline, maggiormente lo è per la filosofia. A questo punto Kant adduce un interessante argomento per fondare la suddetta distinzione, affermando che quando si vuole adattare la filosofia alla capacità non ancora esercitata dei giovani, sorgono difficoltà, infatti il giovane uscito dalla scuola era abituato ad imparare: egli pensa che ora in poi imparerà la filosofia, ma è impossibile perché ora deve solo imparare
a filosofare. Poi aggiunge che:
Tutte le scienze che si possono imparare nel vero senso della parola si dividono in due tipi: le storiche e le matematiche. Fanno parte delle prime, oltre alla storia propriamente detta, anche le scienze naturali, la filologia, il diritto positivo, ecc. Poiché in tutto ciò che è storico l’esperienza o la testimonianza altrui, e in matematica l’evidenza dei concetti e l’infallibilità della dimostrazione costituiscono qualcosa di dato di fatto e dunque non si ha da ricevere, ne segue che in entrambi i casi, è possibile imparare, cioè [è possibile] imprimere nella memoria o nell’intelletto quello che ci può essere proposto come disciplina già pronta340.
La difficoltà risiede dunque nel fatto che le sole scienze che, in senso proprio, si possono imparare, sono le scienze storiche - oltre la storia propriamente detta, la descrizione o classificazione della natura,341 le lingue , il diritto positivo - e le
matematiche (aritmetica, geometria ed algebra), e questo perché in entrambi i casi si ha a che fare con «qualcosa è dato di fatto», con l’oggetto cioè di intuizione immediata, empirica o intellettuale e dunque si potrebbe dire, per il carattere di immediatezza intuitiva, della conoscenza che in esse ha luogo, la quale costituisce un qualcosa «di già provveduto» e che «non s’ha che da ricevere» o nella memoria o nell’intelletto. Ma ciò non accade nel caso della filosofia342 che proprio per tale
340 I. Kant, Nachricht, pp. 30626-3076 ; id., Comunicazione, p.153
341 La descrizione della natura, per Kant pura e semplice descrizione di cose naturali come
sono(fisiografia) insufficiente per ottenere risultati di valore scientifico, non deve essere confusa con la “storia della natura” (fisiogonia) che è scienza perché risale alle cause prime, né con la scienza newtoniana della natura
342 Sebbene nel corso del tempo muti la classificazione kantiana delle scienze, sia nel Kant critico
che pre-critico, in tale contesto intende per “filosofia” tutte indistintamente le scienze con le sole esclusioni, da un alto delle scienze storiche e dall’altro della matematica. Muta anche il termine “metafisica”, ma la scienza della natura è per Kant, in accordo con la cultura del tempo, sempre
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motivo essa, in senso proprio, non si può imparare in quanto non è «qualcosa di dato» da «imprimere nella memoria o nell’intelletto».
Kant considera le scienze matematiche le uniche discipline razionali che, in senso proprio, si possono imparare, cioè imprimere nell’intelletto come disciplina già pronta. In matematica, un concetto generale nasce dal collegamento arbitrario tra concetti, o sintesi cosi esso «non è dato prima della definizione, ma nasce con essa», mentre per la filosofia il concetto da spiegare «è già dato» fin dall’inizio, «ma in modo confuso e non sufficientemente determinato» e si deve procedere, per renderlo chiaro, alla suddivisione delle note, mediante l’analisi. Mentre in matematica si parte dalle definizioni con cui il concetto è sinteticamente costruito e la sua certezza è assoluta (contiene solo ciò che vi abbiamo messo, (di qui l’evidenza dei concetti e l’infallibilità delle dimostrazioni) in filosofia la definizione e spiegazione giungono (se) in ultimo, in quanto il concetto è già dato e non costruito come in matematica per cui il compito dell’analisi filosofica consiste nel renderlo distinto.343 Filosofia e matematica divergono sul metodo: al procedimento
sintetico-costruttivo della matematica si oppone una concezione analitica della filosofia cioè un metodo per condurre il proprio pensiero. Essa procede in modo analitico, di suddivisione per rischiarare le conoscenza confuse, sebbene nell’analisi di un concetto se ne potrebbe tralasciare qualcuna, essenziale da comportare l’incertezza delle definizioni. Per questa ragione la filosofia non può essere insegnata come qualcosa di dato giacché è metodo e la si apprende, praticandola. Anche le scienze storiche, accanto alle matematiche «si possono, in senso proprio, imparare» cioè «imprimere» nella memoria come «disciplina già data, già pronta», oltre alla conoscenza delle lingue e il diritto positivo.344
In Kant345, la «conoscenza storica» è intesa, oltre alle matematiche, cioè le sole
scienze che si possono imparare, con il significato di «cognitio ex datis», (come conoscenza di un dato di fatto, a posteriori, oggetto di intuizione empirica, ex datis, appunto) in opposizione alla «cognitio ex principiis», della «conoscenza razionale».
parte del sistema della filosofia. La filosofia è divisa in pura e empirica come nella prima Critica della ragion pura (A 840 B 868)
343Nella prima Critica di Kant ritroviamo la distinzione tra concetti fatti o costruiti della matematica
e i concetti dati della filosofia, nel passo seguente: «la conoscenza filosofica è conoscenza razionale derivata da concetti, la conoscenza matematica è conoscenza razionale fondata sulla costruzione di concetti» (I. Kant, Critica della ragion pura, B 741, tr. it., pag.550-551)
344 I. Kant, Comunicazione di I. Kant sull’ordinamento delle sue lezioni nel semestre invernale 1765-
1766, p. 152
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Kant accoglie dal suo maestro Knutzen, la distinzione wolffiana fra «conoscenza storica» e «conoscenza filosofica» o «razionale» o «scientifica» collegandola con la diffusa nozione di Selbstdenken, come pensare da sé in maniera autonoma e libera. Nel testo che risale al corso tenuto nel semestre invernale 1762-63, Logik
Herder, Kant oppone al metodo del pensare da sé (cioè la «conoscenza filosofica»
della filosofia consistente nel possesso di un metodo), ad una conoscenza della filosofia meramente storica, ex datis, accolta servilmente da altri fra cui Cartesio che rappresenta,«un modello nel pensare con la propria testa», sottolineando che soltanto quando pensiamo con la nostra testa, possediamo il metodo della filosofia e siamo davvero filosofi,346 «il nobile orgoglio di pensare autonomamente di
scoprire da soli i propri errori».