Prima di inquadrare il significato della «Risposta» kantiana, occorre precisare ed intendersi sul significato da attribuire al termine «Illuminismo» (Aufklärung) per meglio comprendere l’autentica motivazione che induce Kant a reagire, con una risposta, ad una semplice sottolineatura a piè di pagina, a modi di inciso, contenuta nell’articolo nel quale compare la domanda formulata dal reverendo Zöllner. Nelle traduzioni italiane più recenti e disponibili della Beantwortung kantiana,203 il termine Aufklärung viene reso con l’espressione “Illuminismo”. Ciò avvalorerebbe l’impostazione, largamente condivisa, che la questione affrontata da Kant troverebbe riferimento a quel movimento culturale e filosofico, sviluppatosi in Europa nella seconda metà del Settecento, noto appunto col nome di Illuminismo. In tale contesto, la domanda contenuta nell’articolo del pastore Zöllner, e la risposta fornita da Kant, risponderebbe non a questioni di rilievo speculativo, ma ad un compito di tipo più “classificatorio” o descrittivo, da poter esser risolto mediante una definizione.204
Alcune considerazioni di tipo linguistico, rafforzano l’osservazione emersa dei due scritti comparsi nella rivista berlinese sul termine tedesco «Aufklärung». Esso
202 C. La Rocca, op. cit. p. 272
203 Cfr.le edizioni italiane più recenti dello scritto kantiano «Beantwortung zu Frage: Was ist
Aufklärung?», originariamente comparso nel fascicolo di dicembre della “Berlinische Monatsschrift, IV, pp. 481-494: «Risposta alla domanda: che cos’è l’illuminismo?» a cura di Matteo Bensi con Postfazione di Alfonso Jacono, ETS, Pisa 2013; «Risposta alla domanda: che cos’è l’illuminismo?», Mimesis, Milano-Udine 2012. Per la contestualizzazione storiografica si fa riferimento al volume Che cos’è l’illuminismo. I testi e la genealogia del concetto, a cura d) A. Tagliapietra, tr. Silvia Manzoni e Elisa Tetamo, Bruno Mondadori, Milano 2000
204 U. Curi, «Il coraggio di pensare», in La porta stretta, Bollati Boringhieri, Torino 2015, pp.26-
30. Il filosofo osserva che analizzando attentamente questo approccio, gli autori delle stesse traduzioni avrebbero dovuto insospettirsi, quantomeno domandarsi la ragione per la quale una personalità di prestigio quale era Kant, avrebbe polemizzato con un predicatore di statura, tutto sommato trascurabile, al solo scopo di definire un movimento culturale, verso il quale aveva assunto un «atteggiamento immune da ogni intento banalmente apologetico?». Inoltre, nella trappola dell’«ismo» sarebbe caduta l’impeccabile traduzione del volume collettaneo di Tagliapietra che nel saggio di Moses Mendelssohn “Über Frage: was heißt aufklären” il termine Aufklärung indica «rischiaramento», esattamente come nella traduzione alla domanda, Sulla domanda: cosa significa rischiarare? (pp.3-15)
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designa uno svolgersi dinamico, lontano da qualcosa di staticamente irrigidito in un “ismo”.205
Nel nostro contesto, Aufklärung indicherebbe dunque l'azione del «rischiarare» (aufklären), del «rendere chiaro», e, in maniera ancora più estensiva e fedele al significato del termine, designerebbe il processo mediante il quale si passa dalle tenebre alla luce.206 Sarebbe così possibile collocare e comprendere il senso di quella domanda formulata da Zöllner, quando chiede che sia definito e precisato «che cos’è» l’Aufklärung, «prima che si cominci a aufklären».207 In tale contesto,
il ricorso al significato del termine italiano “illuminismo”, renderebbe intraducibile letteralmente il testo tedesco, salvo che, come sottolinea Curi, non si voglia tradire la domanda del pastore con l’espressione «qualcuno dovrebbe chiarire che cos’è l’Illuminismo prima di cominciare a illuminare».208 Dunque, questa precisazione
lessicale ci indirizza verso una corretta interpretazione del testo che, come indicato poc’anzi, non può essere considerato come semplice riflessione sulla portata e sullo statuto storico dell’illuminismo. Leggendo infatti il testo con questa impostazione, intendendo cioè Aufklärung come “illuminismo” possiamo affermare che per Kant il secolo XVIII si caratterizza come età in cui l’uomo valorizza appieno la ragione,
suo elemento di forza; diversamente, intendendo Aufklärung come
«rischiaramento» emerge una peculiarità interessante già dall’incipit del saggio. Tale approccio sul significato di Aufklärung come «rischiaramento»,209 sarebbe poi corroborata attraverso il confronto con altre lingue moderne. Infatti, la sorta di “equivoco” indotto dal ricorso ad “ismo”, che «nella lingua italiana, a causa della
205 Nella lingua tedesca, i sostantivi in -ung (Bestimmung, Entwicklung, Setzung…) sono sostantivi
verbali espressione, al primo significato, di un’azione, analogamente a quanto accade con i sostantivi latini che terminano in -(a)tio, oppure con quelli italiani che finiscono con -(i)one (U.Curi, p.28)
206 U. Curi, p.18 207 Cfr. U. Curi, ibidem
208 E’ interessante a tale proposito l’osservazione del filosofo U. Curi, il quale evidenzia che nel
saggio di Massimo Ferrari, «Cassirer, Kant e l’Aufklärung» in S. Poggi (a cura di), Il realismo della ragione. Kant dai Lumi alla filosofia contemporanea, Mimesis, Milano-Udine 2012, pp.181-208, non emerge neanche una parola dalla quale si possa evincere la consapevolezza dell’ambivalenza del termine tedesco. Proprio lo stesso Cassirer definisce Kant «filosofo dell’Aufklärung» e «è e rimane un pensatore dell’Illuminismo, nel senso più elevato e bello […]: egli tende verso la luce e la chiarezza» (Kant e il problema della metafisica. Osservazioni sulla interpretazione heideggeriana di Kant, in E. Cassirer-M.Heidegger, Disputa sull’eredità kantiana. Due documenti (1928-1931), a cura di R. Lazzari, Unicopli, Milano 1990, p.138. Inoltre, anche nell’ultimo passo del testo kantiano, tenendo ferma l’ultima l’equivalenza Aufklärung-illuminismo si dovrebbe tradurre “Ma solo chi, essendo egli stesso un illuminista (selbst aufgeklärt), non teme le ombre”, smarrendo così l’originale simmetria del testo: accede alla condizione di chi non teme le ombre colui che abbia portato a compimento il rischiaramento (aufgeklärt), (cfr. U. Curi, p.29)
209 L’impostazione di Aufklärung come «rischiaramento» è sostenuta da Lorenzo Rocca
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sua desinenza, è il solo ad avere un’assonanza estrinseca»,210 nella lingua inglese,
francese (Enlightenment, Lumières) sarebbe fugato in radice mediante l’uso rispettivamente dei termini Enlightenment, Lumières, che designano, per la loro ambivalenza (corrispondente alla duplice accezione del termine tedesco), tanto il processo del rischiaramento, che il movimento filosofico culturale della seconda metà del Settecento (senza tuttavia indurre la distorsione di significato insita nell’impiego di “ismo”).211
Alla luce tuttavia di queste precisazioni, Kant, con lo scritto del 1784, risponde ad una domanda squisitamente filosofica relativa alle modalità mediante le quali è possibile realizzare il «rischiaramento» delle proprie idee. La sfida lanciata dal pastore Zöllner, relativa al rapporto tra Aufklärung e verità, offrirebbe a Kant probabilmente l’occasione per ri-formulare in maniera differente, un interrogativo analogo a quello già posto nel 1781, alla base della prima edizione della Critica della ragion pura, «che cosa posso conoscere?» e dunque per riconoscerne l’esatta corrispondenza tra domanda sull’Aufklärung e domanda sulla verità nella filosofia trascendentale.
La Beantwortung, letta da un certo punto di vista, potrebbe essere considerata, come suggerisce Curi, una integrazione della ancora più ampia disamina condotta da Kant con la stessa Critica dell’81, con la sostanziale differenza che, mentre la risposta dell’84 si concentra sull’atteggiamento intellettuale necessario per poter sviluppare adeguatamente il processo della conoscenza, la Critica si impegna a definire i limiti, entro i quali è possibile raggiungere una conoscenza rigorosa.
Il nucleo concettuale della domanda e della risposta, formulate rispettivamente da Zöllner e da Kant si concentra sul significato del termine Aufklärung, descritto dal predicatore, che chiede “Che cos’è?” e definito dal filosofo, che risponde «L’Aufklarung è …». Puntualizzato il significato del termine, assunto come
210 AA.VV. Che cos’è l’Illuminismo? in «Hermeneutica», Morcelliana 2010, p.11
211 Cfr. U. Curi, ibidem.Il filosofo evidenzia che l’abbaglio collettivo nel quale sarebbero finiti i
traduttori italiani impegnati nelle diverse traduzioni a render il termine impiegato da Zöllner e Kant con «illuminismo» dipenderebbe dalla complessità. Infatti, i sostantivi -ung, a partire dall’inizio del Settecento si “lessicalizzano” e, oltre al verbo sostantivato, può indicare l’esito dell’azione (Bestimmung, “destinazione”, può indicare l’azione, l’atto del Bestimmen, l’essere bestimmt a qualcosa, il risultato del bestimmen come atto finito o esito compiuto). Per il sostantivo Aufklärung, pur rimanendo legato al verbo e, pur le molte sfumature semantiche, il processo di lessicalizzazione sembra essere stato meno radicale: di conseguenza le traduzioni in “ismi” risultano improprie. Inoltre, Mendelssohn, nel saggio sull’Aufklärung comparso nel 1784, citato dallo stesso Kant, rileva che «il termine Aufklärung è un nuovo arrivato nella nostra lingua», i cui «limiti» e il cui «utilizzo linguistico» sarebbero ancora da precisare (Cfr. W. Schneiders, Die wahre Aufklarung. Zun Selbstverstandnis der deutschen Aufklarung, Alber, Freiburg i. B.- Munchen 1974).
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processo di «rischiaramento», sottraendolo alla traduzione italiana corrente, va precisato che l’interrogativo sull’Aufklärung, attraversa infatti una importante questione della ricerca filosofica. Se il «rischiaramento» è l’uscita dallo stato di minorità di cui l’uomo è responsabile, allora il rischiaramento rappresenta la “svolta”, coincide più precisamente con “l’atto” grazie al quale si avvia nell’uomo l’uso della facoltà intellettuale e costituisce intrinsecamente il “processo” che permetterebbe l’allontanamento da quella condizione nella quale l’uomo si trovava quando non esercitava l’intelletto. Sul piano metaforico, il termine evoca un ampia problematica non limitata al solo ambito conoscitivo nella quale l’orizzonte concettuale è coestensivo alla stessa indagine filosofica e intrecciato indissolubilmente con la tematica etica.
Nel domandare si apre un “grido liberatorio” che si nutre di una conquista nuova che vuole consolidata, “sapere aude!”, ma anche «la consapevolezza che il rischiaramento dell’Illuminismo non fa che mettere a frutto quella ragione che da sempre ha accompagnato la civiltà degli uomini».212
Entrare dunque nella questione del processo di rischiaramento, non vuol dire limitare l’indagine su un ambito solo conoscitivo, ma significa anche richiamare la riflessione su quel processo che porta dalle tenebre alla luce, che dalla schiavitù conduce alla libertà, che dall’errore giunge alla verità, che dall’ignoranza si apre alla conoscenza. E’ la via che in qualche modo conduce, citando Platone, il prigioniero ad uscire dal buio della caverna per approdare alla luce. Si potrebbe comprendere in filigrana, per quali ragioni Kant, nel saggio dell’84 in risposta all’interrogativo sul rischiaramento, definisca da subito il problema della conoscenza intimamente connesso con la dimensione etica e riconduca i due piani, gnoseologico ed etico, ad una «ontologia del presente», secondo la definizione fornita da Michel Foucault.