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3. Il limite degli obblighi internazional

3.3. La difficile ricostruzione della portata del limite; considerazioni alla luce del prin cipio di supremazia del Parlamento

3.3.4. L’attività internazionale delle Region

Fino a questo punto, si sono presi in considerazione esclusivamente gli obblighi che lo Stato assume nell’ordinamento internazionale agendo per mezzo dei propri organi centrali. In realtà, già prima della novella costituzionale, era consentito anche alle Re- gioni impegnare la responsabilità internazionale dello Stato, benché nei limiti stabiliti dal legislatore centrale (159). La L.Cost. n. 3/2001 ha operato, in materia, un importante

(159) Uno spazio riservato all’attività internazionale delle Regioni veniva per la prima volta ricono-

sciuto dall’art. 4, D.P.R. n. 616/1977, adottato in base alla delega contenuta in L. n. 382/1975, relativa- mente alla possibilità di svolgere attività promozionali all’estero nelle materie di propria competenza, nel rispetto dei vincoli sostanziali e procedurali ivi contemplati. Successivamente, la L. n. 948/1984 autoriz- zava la ratifica e dava esecuzione interna alla Convenzione di Madrid del 21.05.1980, sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività e autorità territoriali, che attribuiva alle Regioni la potestà di concludere ulteriori accordi e intese di collaborazione con enti territoriali appartenenti agli Stati confinanti. La Corte costituzionale, con sentenza n. 187 del 20.05.1987, in Giur. Cost., 1987, p. 1288 ss., C.i.d. n. 6, confer- mava che dette attività danno luogo a veri e propri obblighi internazionali, dei quali risponde lo Stato «anche se l’ordinamento interno eccezionalmente consente l’iniziativa di enti minori». La stessa sentenza,

C.i.d. n. 7, riconosceva inoltre alle Regioni la potestà – fondata sul «sistema costituzionale» complessi-

vamente inteso – di porre in essere atti “di mero rilievo internazionale” al fine di perseguire scopi anche soltanto «connessi» alle materie loro devolute: trattasi, in generale, di tutte le attività internazionali il cui

intervento di razionalizzazione a livello costituzionale, sancendo all’art. 117, IX che «Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi del- lo Stato» (160).

La previsione assume rilevanza ai fini del presente studio in quanto l’attività inter- nazionale delle Regioni è suscettibile di dar luogo all’assunzione di obblighi internazio- nali, che a loro volta – secondo quanto si è prospettato in letteratura (161) – potrebbero andare ad integrare il limite di cui all’art. 117, I Cost. Il rispetto degli accordi e delle in- tese conclusi dalle Regioni si tradurrebbe, così, in condizione per il legittimo esercizio della potestà legislativa non solo a livello regionale, ma anche, inopinatamente, a livello statale. Occorre, allora, verificare, in primo luogo, la tenuta teorica di quest’ipotesi che, invero, non riceve i favori della dottrina maggioritaria (162); in secondo luogo, la sua

contenuto non può assolutamente incidere sulla politica estera dello Stato né […] può far sorgere respon- sabilità di qualsiasi genere a carico del medesimo». Esistevano, dunque, prima della L.Cost. n. 3/2001, varie forme di espressione del potere estero regionale, che non necessariamente presupponevano l’assun- zione di obblighi e responsabilità nell’ordinamento internazionale. A tutte tali attività aveva dato, infine, sistematizzazione normativa il D.P.R. 31 marzo 1994. Per una ricostruzione dottrinale delle vicende rela- tive al potere estero regionale prima della novella costituzionale, Cfr. S. BARTOLE, Atti e fatti (di rilevan-

za internazionale) nei conflitti di attribuzioni fra Stato e Regioni, in Giur. Cost., 1975, p. 3125 ss.; P. CA- RETTI, Le attività di rilievo internazionale delle Regioni, in Reg., 1985, p. 107 ss.; ID., Un’altra tappa

verso la difficile definizione di un nuovo modello di esercizio del “potere estero” dello Stato, in Giur. Cost., 1987, p. 3039 ss.; ID., Le attività di mero rilievo internazionale delle Regioni tra previa intesa e

previo assenso governativo, in Giur. Cost., 1992, p. 4312 ss.; ID., Verso un superamento della distinzione

tra attività promozionali all’estero e attività di mero rilievo internazionale delle Regioni, in applicazione del principio di leale collaborazione, in Giur. Cost., 1993, p. 1394 ss.; V. LIPPOLIS, Regioni, treaty- making power e giurisprudenza della Corte costituzionale, in Giur. Cost. 1989, p. 1206 ss.; P. CAVALERI,

Le Regioni italiane e la Comunità Europea, in Id., G. Savio (a cura di), Le Comunità Europee: profili sto- rici, giuridici ed economici, Torino, 1995, II, p. 50 s.; F. PALERMO, Il potere estero delle Regioni. Rico-

struzione in chiave comparata di un potere interno alla Costituzione italiana, Padova, 1999; P. CAVALE- RI, Diritto regionale, Padova, 2006, p. 137 ss.

(160) Qualunque interpretazione se ne accolga, questa disposizione riveste sicuramente un ruolo de-

terminante. Chi ritiene che essa abbia attribuito alle Regioni un autentico treaty-making power, evidenzia il carattere fortemente innovativo della norma: Cfr. F. PALERMO, Il potere estero delle Regioni, in T. Groppi, M. Olivetti (a cura di), La Repubblica delle autonomie, cit., p. 168. Chi, invece, nega tale portata innovativa, riconosce comunque che la disposizione svolge l’importante funzione di «costituzionalizzare il potere estero già in passato riconosciuto alle Regioni, rendendo anche esplicita la possibilità di loro contatti con Stati»: A. ANZON, I poteri delle Regioni dopo la riforma costituzionale, cit., p. 229. L’art. 117, IX Cost. nomina soltanto le Regioni e non anche le Province autonome di Trento e di Bolzano; cio- nonostante, opportunamente, la disciplina legislativa di attuazione (art. 6, L. n. 131/2003) estende a que- ste ultime la possibilità di stipulare gli accordi e le intese cui la disposizione costituzionale fa riferimento. (161) Cfr. F. SORRENTINO, Nuovi profili costituzionali dei rapporti tra diritto interno e diritto inter-

nazionale e comunitario, cit., p. 1359; ID., I vincoli dell’ordinamento comunitario e degli obblighi inter-

nazionali, cit., p. 8; L.S. ROSSI, Gli obblighi internazionali e comunitari nella riforma del Titolo V della

Costituzione, cit.; P. CARETTI, Il limite degli obblighi internazionali e comunitari per la legge dello Stato

e delle Regioni, cit., p. 6; ID., Potere estero e ruolo “comunitario” delle Regioni nel nuovo Titolo V della

Costituzione, in Reg., 2003, pp. 565 e 567.

(162) Critici verso questa lettura ermeneutica si sono dimostrati A. RUGGERI, Riforma del Titolo V e

compatibilità con il principio di supremazia del Parlamento, anche in coerenza con le conclusioni raggiunte in ordine alle precedenti questioni sulla portata del limite degli obblighi internazionali.

Il primo tema da affrontare è se gli accordi e le intese regionali di cui all’art. 117, IX diano effettivamente luogo ad obblighi internazionali o siano, invece, qualificabili come attività di mero rilievo internazionale. Già prima della novella, le attività promo- zionali all’estero delle Regioni erano ritenute idonee ad impegnare la responsabilità in- ternazionale dello Stato: non sembra plausibile che il legislatore costituzionale abbia vo- luto ora collocare il potere estero regionale in una posizione deteriore. Il dubbio, tutta- via, sorge a partire dalla considerazione che il potere di stipulare autentici trattati inter- nazionali non è una questione di diritto interno – nella disponibilità, cioè, del legislatore costituzionale – ma, piuttosto, di diritto internazionale. La Convenzione di Vienna del 1969 definisce i trattati come accordi internazionali conclusi in forma scritta tra Stati (163). Un accordo concluso fra uno Stato e un’entità substatale, o fra entità substatali, non po- trebbe, pertanto, considerarsi un trattato alla stregua del diritto internazionale e risulte- rebbe di per sé inidoneo ad impegnare la volontà internazionale dello Stato (164). La ri-

forma costituzionale del 2001 non può, pertanto, aver conferito alle Regioni una sogget- tività internazionale distinta da quella dello Stato, perché ciò contrasterebbe con le nor- me del diritto internazionale generalmente riconosciute. Queste considerazioni hanno condotto parte della dottrina ad escludere la possibilità di qualificare come trattati gli accordi e le intese di cui all’art. 117, IX (165).

luce della legge 5 giugno 2003 n. 131 contenente disposizioni per l’adeguamento alla Legge costituziona- le 18 ottobre 2001 n. 3, cit., pp. 857 e 865. Possibilisti, ma comunque critici, sono altresì A. D’ATENA,

nuova disciplina costituzionale dei rapporti internazionali e con l’Unione Europea, cit.; F. PIZZETTI, I

nuovi elementi “unificanti” del sistema costituzionale italiano, cit. p. 243 ss.; A. GUAZZAROTTI, Niente di

nuovo sul fronte comunitario?, cit., p. 480 ss.; A. BONOMI, Il “limite” degli obblighi internazionali nel

sistema delle fonti, cit., p. 186 ss.

(163) Cfr. art. 1.1, Convenzione di Vienna del 1969 sul diritto dei trattati, i cui contenuti sono stati poi confermata e solo parzialmente riadattati nella Convenzione di Vienna del 1986 sul diritto dei trattati tra Stati e organizzazioni internazionali e tra organizzazioni internazionali.

(164) Sembrerebbe confermare tale conclusione l’art. 3 dalla stessa Convenzione di Vienna, il quale

prevede esplicitamente che essa «does not apply to international agreements concluded between States and other subjects of international law or between such other subjects of international law, or to international agreements not in written form». Gli accordi cui non si applica la Convenzione conservano nondimeno valore giuridico, ma ad essi non consegue una responsabilità internazionale dello Stato, a me- no che la Convenzione sia espressamente richiamata.

(165) Cfr. A. ANZON, op. cit., p. 229; C. PINELLI, Regioni e rapporti internazionali secondo l'art. 117

Cost., in www.federalismi.it, 2001, p. 2; P. BILANCIA, Ancora sulle competenze delle Regioni in materia

Tale impostazione non sembra, peraltro, costituire la sola possibile interpretazione da attribuire alla disposizione costituzionale. Infatti, se lo Stato è unico titolare del tre-

aty-making power, ciò non significa che le Regioni non possano partecipare di tale tito-

larità (166). Il concetto di “Stato” andrebbe, cioè, interpretato in senso estensivo: esso non coinciderebbe con i soli organi centrali (c.d. Stato apparato), ma sarebbe costituito dall’insieme degli enti ed organi pubblici dei quali si compone la Repubblica (c.d. Stato ordinamento), come individuata dagli artt. 5 e 114 Cost. E, infatti, in ambito internazio- nale, «quando si parla di organi statali si intende far riferimento a tutti gli organi, e quindi a tutti coloro che partecipano dell’esercizio del potere di governo nell’ambito del territorio» (167). La responsabilità internazionale dello Stato riguarderebbe, allora, tutti gli enti che, nel loro complesso, costituiscono la Repubblica; tuttavia, fra essi, soltanto lo Stato e le Regioni risultano titolari di una «legittimazione internazionale» costituzio- nalmente riconosciuta (168).

Esclusa la sussistenza di decisivi ostacoli derivanti dal diritto internazionale, anche un’analisi sistematica dell’art. 117 Cost. induce a ritenere che gli accordi e le intese di cui al comma IX siano idonei ad impegnare la responsabilità internazionale dello Stato. La disposizione costituzionale riserva alla legislazione statale la disciplina dei casi e delle forme con cui si estrinseca quest’attività internazionale delle Regioni. Sennonché, il comma III del medesimo articolo inserisce tra i titoli di competenza legislativa con- corrente i rapporti internazionali delle Regioni, il cui contenuto non potrebbe differire dalla mera disciplina delle procedura normative che le stesse devono seguire nell’eserci- zio del proprio potere estero. Se, infatti, questo titolo si ritenesse esteso anche ad aspetti sostanziali, la competenza regionale si ridurrebbe all’attuazione di normative di princi- pio dettate a livello centrale: ne conseguirebbe uno svuotamento della potestà legislativa

(166) Cfr. R. CAFARI PANICO, La nuova competenza delle Regioni nei rapporti internazionali, in Dir.

Pubbl. Comp. Eur., 2002, p. 1327

(167) B. CONFORTI, Diritto internazionale, cit., p. 12.

(168) L’espressione è di B. CARAVITA DI TORITTO, La Costituzione dopo la riforma del Titolo V, cit.,

p. 118: le Regioni, pur avendo acquisito competenza a stipulare, non godono d’autonoma soggettività in- ternazionale perché lo Stato è nelle condizioni di poterla limitare; l’art. 117 Cost. contiene, infatti, una riserva di legge statale per la determinazione normativa dei casi e delle forme in cui questa competenza regionale può esplicarsi. Pertanto, l’Autore preferisce utilizzare l’espressione «legittimazione internazio- nale» al fine di evidenziarne la dimensione interna, seppur destinata a proiettarsi sul piano dell’ordina- mento internazionale.

Quanto agli enti territoriali minori, l’art. 6, VII, L. n. 131/2003, prevede: «Resta fermo che i Comu- ni, le Province e le Città metropolitane continuano a svolgere attività di mero rilievo internazionale nelle materie loro attribuite, secondo l’ordinamento vigente, comunicando alle Regioni competenti ed alle am- ministrazioni di cui al comma II ogni iniziativa».

esclusiva delle Regioni, a vantaggio di quella concorrente, ogni qual volta esse proietti- no all’esterno dei confini nazionali la propria attività nelle materie di competenza resi- duale (169). Questa linea interpretativa parrebbe, però, ingenerare una lampante contrad- dizione tra i disposti dei comma III e IX dell’art. 117, i quali assegnano alla competenza ripartita e, rispettivamente, statale esclusiva una disciplina omogenea per contenuti.

L’apparente contraddizione si risolve riconoscendo che le due disposizioni fanno, in realtà, riferimento ad aspetti differenti del medesimo fenomeno. Si può, in definitiva, sostenere che gli accordi e le intese previste dal comma IX necessitino di una maggiore rigidità sul piano procedurale poiché esse possiedono un quid pluris, che le distingue dalle attività internazionali cui si riferisce, invece, il titolo competenziale di cui al com- ma III. Tale elemento differenziale dovrebbe rinvenirsi, in particolare, nell’idoneità di accordi e intese ad impegnare la responsabilità internazionale dello Stato, a condizione che siano rispettati tutti i limiti costituzionalmente previsti. In questo senso sembra es- sersi orientata la stessa Corte costituzionale, quantomeno in ordine agli accordi stipulati con Stati esteri. Infatti, la sentenza n. 238/2004 ha rigettato la tesi, sostenuta dai ricor- renti, secondo cui tali atti non costituirebbero veri e propri trattati internazionali e, per- tanto, non vincolerebbero lo Stato italiano ma solo l’ente stipulante; al contrario, la Cor- te ha ritenuto trattarsi, a tutti gli effetti, di atti di diritto internazionale che ciascuna Re- gione sottoscrive «secondo il diritto interno […], in base a poteri propri, e non come “delegata” dello Stato» (170).

(169) Cfr. A. RUGGERI, op. ult. cit., p. 18 s.; F. PALERMO, Titolo V e potere estero delle Regioni. I ve-

stiti nuovi dell’imperatore, in Ist. Federalismo, 2002, p. 719; P. CARETTI, op. ult. cit., p. 568.

(170) Corte cost., sent. n. 238 del 08.07.2004, in Giur. Cost., 2004, p. 2487 ss., C.i.d. n. 9. Viene così

espressamente rigettata la lettura prospettata da B. CONFORTI, Sulle recenti modifiche della Costituzione

italiana in tema di rispetto degli obblighi internazionali e comunitari, cit., c. 232, secondo cui «alle Re-

gioni è riconosciuta una mera competenza a stipulare per conto dello Stato». L’art. 6, L. n. 131/2003, pe- raltro, sembrerebbe consentire alle Regioni di assumere obblighi internazionali soltanto in occasione di accordi con Stati esteri, circoscrivendo per giunta tale potestà mediante limiti – anche di natura sostanzia- le – talmente stringenti da impedire alle stesse Regioni di attuare concretamente i propri indirizzi di poli- tica estera. La figura dell’intesa con enti territoriali esteri, invece, per come ricostruita dal legislatore or- dinario, va in sostanza a sostituirsi alle precedenti attività promozionali e di mero rilievo internazionale: si tratta, cioè, di attività in linea di principio inidonee ad impegnare la responsabilità internazionale dello Stato e per questo, sotto il profilo procedimentale, si ritiene sufficiente una mera comunicazione preventi- va al Governo. Cfr. F. PALERMO, Il potere estero delle regioni, 2003, cit., p. 172; P. CARETTI, op. ult. cit.,

p. 565 s.; G. BUONOMO, Art. 6. Attuazione dell’articolo 117, quinto e nono comma, della Costituzione

sull’attività internazionale delle Regioni, in C. Cittadino (a cura di), Legge “La Loggia”, cit., p. 139; E.

CRIVELLI, Articolo 6 (Attuazione dell’articolo 117, quinto e nono comma, della Costituzione sull’attività

internazionale delle Regioni), in P. Cavaleri, E. Lamarque (a cura di), L’attuazione del nuovo Titolo V, parte II, della Costituzione, cit., p. 153; P. CAVALERI, Diritto regionale, cit., p. 140.

Posto che mediante accordi con Stati esteri – più dubitativamente mediante intese con enti territoriali interni ad altro Stato (171) – le Regioni potrebbero, dunque, assumere obblighi che vincolino la Repubblica sul piano dell’ordinamento internazionale, si tratta ora di comprendere se a tali obblighi s’estenda la portata della copertura costituzionale di cui all’art. 117, I. Al proposito, già s’è esaminata la tesi di E. CANNIZZARO, secondo

cui tale disposto costituzionale assumerebbe gli obblighi contratti dalle Regioni come limite di competenza della legislazione statale, al fine di bilateralizzare il vincolo che già in passato s’imponeva al legislatore regionale, di rispettare i trattati internazionali dello Stato (172). La conseguente mobilità del riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni e la difficoltà di fondare l’intera ricostruzione sul criterio d’interpretazione sistematica, tuttavia, sconsigliano l’adesione a quest’orientamento (173).

Altra parte della dottrina giunge ad estendere la portata del limite degli obblighi in- ternazionali agli accordi delle Regioni con Stati esteri, ricorrendo a una triplice argo- mentazione. Primo punto d’appoggio è il criterio d’interpretazione letterale, il quale non consentirebbe di ricavare dall’art. 117, I una distinzione tra obblighi internazionali del- l’uno o dell’altro tipo, ma tutti li collocherebbe sullo stesso piano come limite di legit- timità all’esercizio della potestà legislativa sia delle Regioni, sia dello Stato (174). Per

(171) L’art. 117, IX Cost., in realtà, non pone distinzioni di contenuto tra accordi e intese, che si dif-

ferenzierebbero soltanto in base alla controparte con cui sono concluse: Stati esteri e, rispettivamente, enti territoriali interni ad altri Stati. Ciò malgrado, si è sostenuto da parte di certa dottrina che la distinzione possa riguardare la stessa natura giuridica dell’atto: solamente gli “accordi” godrebbero di rilevanza giu- ridica nell’ordinamento internazionale, mentre la figura delle “intese” si riferirebbe alle sole attività pro- mozionali e di mero rilievo internazionale. Cfr., sul punto, C. PINELLI, I limiti generali alla potestà legi-

slativa statale e regionale e i rapporti con l’ordinamento internazionale e con l’ordinamento comunita- rio, cit., c. 196: mentre l’espressione “accordi con Stati” «si riferisce […] inequivocabilmente ad accordi

di diritto internazionale», il treaty-making power «non potrebbe comunque riguardare le intese con omo- loghi enti territoriali … per assenza di controparti a ciò autorizzate dai rispettivi Stati»; R. DICKMANN, La

Corte costituzionale ed il “potere estero” delle Regioni e delle Province autonome (note a Corte cost., 18 luglio 2004, n. 238, e 22 luglio 2004, n. 258), in www.federalismi.it, 2004, p. 8: «Le intese sono giuridi-

camente differenti dagli accordi di diritto internazionale in senso proprio perché non vincolano gli Stati ma gli enti territoriali che le sottoscrivono e non generano responsabilità di diritto internazionale». Come detto, l’art. 6, L. n. 131/2003, nel dare attuazione all’art. 117, IX, sembra aver accolto quest’orientamento, consentendo alle Regioni di assumere obblighi internazionali in senso proprio – benché entro limiti al- quanto stringenti – soltanto in occasione di accordi con Stati esteri ed escludendo, invece, tale possibilità in ordine alle intese con enti territoriali interni a questi ultimi.

(172) La riforma federalista della Costituzione e gli obblighi internazionali, cit., p. 921 ss. V. supra,

§ 2.2.2.

(173) Cfr. LUCIANI, Le nuove competenze legislative delle Regioni a statuto ordinario, cit., p. 4; B.

CONFORTI, op. ult. cit., c. 231; A. RUGGERI, op. ult. cit., p. 46 s.; P. CARETTI, Il limite degli obblighi in-

ternazionali e comunitari per la legge dello Stato e delle Regioni, cit., p. 6; G.F. FERRARI, Il primo com-

ma dell’art. 117 della Costituzione e la tutela internazionale dei diritti, cit., p. 1850; A. GUAZZAROTTI,

op. ult. cit., p. 476.

(174) Cfr. F. SORRENTINO, op. ult. cit., p. 6: «ogni obbligo internazionale validamente sorto costitui-

fondare detta conclusione sul criterio letterale, però, questa dottrina è costretta a muove- re dall’assai criticabile presupposto dell’«inequivoca dizione della norma costituziona- le» (175).

P. CARETTI fa altresì riferimento al generale principio di leale collaborazione tra

Stato e Regioni, nonché alla funzione unificante dell’ordinamento complessivo che i tre ordini di limiti di cui all’art. 117, I sarebbero preordinati a realizzare (176). Il ricorso al principio di leale collaborazione sarebbe obbligato, in considerazione della concorrente competenza di Stato e Regioni ad assumere impegni vincolanti sul piano internazionale nelle materie di competenza legislativa regionale, nonché della competenza delle Re- gioni a dare attuazione ed esecuzione agli accodi internazionali stipulati dallo Stato, sal- vo intervento sostitutivo di quest’ultimo in caso d’inadempienza (177). Senza il necessa- rio coordinamento, né lo Stato né le Regioni potrebbero dar compimento agli impegni rispettivamente assunti in ambito internazionale, o comunque conseguire gli obiettivi prepostisi. Uno dei requisiti per rendere effettivo tale coordinamento sarebbe, precisa- mente, «il riconoscimento della soggezione anche della legge dello Stato al rispetto de- gli obblighi internazionali assunti non solo dallo Stato, ma anche autonomamente dalle Regioni» (178). Sarebbe, inoltre, paradossale che questo «limite generale», data la sua

di vincolare il Parlamento, non solo i trattati conclusi senza la sua previa autorizzazione, ma gli stessi trat- tati conclusi dalle regioni in base all’ultimo comma dell’art. 117».

(175) Ibidem. Che inequivoca la disposizione costituzionale in realtà non sia, lo conferma l’interpre-

tazione diametralmente opposta che, pur sempre muovendo dal dato letterale, ne offre F. PIZZETTI, op. ult.

cit., p. 244: l’art. 117, I Cost., «facendo degli obblighi internazionali un vincolo a carico di tutti i legisla-

tori, non sembra, nemmeno implicitamente, prevedere che tale vincolo possa sorgere su iniziativa di una singola Regione».

(176) Potere estero e ruolo “comunitario” delle Regioni nel nuovo Titolo V della Costituzione, cit.,

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