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I lavori preparatori e l’influenza della carenza di dibattito parlamentare sull’inter pretazione della disposizione

2. L’art 117, I in generale

2.1. I lavori preparatori e l’influenza della carenza di dibattito parlamentare sull’inter pretazione della disposizione

Una delle principali fonti di perplessità per l’interprete dell’art. 117, I Cost. deriva dalla grave insufficienza del dibattito parlamentare sui contenuti di questa disposizione che, unita all’assoluta carenza di discussione pubblica fuori dell’Aula e di previo appro- fondimento accademico, rende oltremodo problematico ogni tentativo di obiettiva rico- struzione della mens legis.

Benché l’art. 12, I preleggi ne faccia immediata menzione a fianco del criterio lette- rale, il criterio teleologico puro – che assume a riferimento l’«intenzione del legislatore» – viene in realtà considerato dalla giurisprudenza ordinaria meramente sussidiario ed ancillare rispetto agli altri criteri ermeneutici primari (1). La giurisprudenza costituzio- nale, invece, ricorre sovente all’ausilio di questo strumento interpretativo ed attribuisce specifico rilievo ai lavori preparatori sia del legislatore ordinario (2), sia dell’Assemblea costituente (3), senza però giungere a riconoscervi carattere dirimente.

(1) Cfr. Cass. civ., Sez. III, sent. n. 3550 del 21.05.1988, in Giust. Civ. Mass., 1988, p. 847: «Ai lavori preparatori può riconoscersi valore unicamente sussidiario nell'interpretazione di una legge, tro- vando un limite nel fatto che la volontà da essi emergente non può sovrapporsi alla volontà obiettiva della legge quale risulta dal dato letterale e dalla intenzione del legislatore intesa come volontà oggettiva della norma (voluntas legis), da tenersi distinta dalla volontà dei singoli partecipanti al processo formativo di essa»; massima poi ribadita – ma con maggiori aperture a un’utilizzazione anche ancillare e non mera- mente sussidiaria del criterio – in Cass. civ., Sez. I, sent. n. 2230 del 27.02.1995, in Giur. It., 1996, I, p. 532: «La volontà emergente dai lavori preparatori non può sovrapporsi a quella obiettivamente espressa dalla legge, quale emerge dal suo dato letterale e logico. Peraltro agli stessi lavori preparatori può ricono- scersi valore sussidiario ai fini ermeneutici, quando essi, unitamente ad altri canoni interpretativi ed ele- menti di valutazione emergenti dalla norma stessa, siano idonei a chiarire la portata di una disposizione legislativa di cui appaia ambigua la formulazione».

(2) E ciò ai più diversi fini: sia per vagliare il rispetto delle norme costituzionali sul procedimento legislativo (Cfr. sent. n. 9 del 03.03.1959, in Giur. Cost., 1959, p. 240 ss., C.i.d. n. 3 s.); sia per precisare i limiti della delegazione legislativa, nel sindacare la legittimità dei decreti legislativi sotto il profilo del- l’eccesso di potere (Cfr. sent. n. 281 del 28.04.2004, in Giur. Cost., 2004, p. 2828 ss., C.i.d. n. 3.2; Cfr. altresì la puntualizzazione del Presidente della Corte costituzionale V. ONIDA, Relazione su La giustizia

costituzionale nel 2004, in www.cortecostituzionale.net, 2005, p. 18); sia per verificare che il Parlamento,

in sede di conversione di un decreto-legge, abbia adeguatamente vagliato la sussistenza dei requisiti di straordinaria necessità ed urgenza (Cfr. sent. n. 128 del 16.04.2008, in Giur. Cost., 2008, p. 1486 ss.,

C.i.d. n. 8.2); sia anche per determinare i contenuti stessi delle norme di legge impugnate nei giudizi di

legittimità, a conforto dei risultati già ottenuti in sede di applicazione di altri criteri ermeneutici (Cfr. sent. n. 249 del 08.07.1996, in Giur. Cost., 1996, p. 2239 ss., C.i.d. n. 2.1), ovvero in via autonoma al fine di ricostruire – in senso originalista – le finalità che l’intervento legislativo si prefiggeva (Cfr. sent. n. 482 del 18.12.1991, in Giur. Cost., 1991, p. 3883 ss., C.i.d. n. 4).

(3) Spesso, anche la Corte costituzionale utilizza i lavori preparatori come elemento ancillare, a

conferma degli esiti ermeneutici riscontrati alla luce di altri criteri: Cfr. sent. n. 29 del 01.04.1958, in

Per quanto riguarda, invece, le leggi di revisione costituzionale, occorre considerare come generalmente esse operino interventi disorganici, giacché modificativi di un testo normativo compiuto e coerente qual è la Costituzione; e come, inoltre, per via del loro stesso procedimento d’approvazione, presuppongano normalmente il raggiungimento di complessi compromessi tra le forze politiche, che si traducono in disposti spesso ambi- gui ed equivoci e che talvolta danno luogo a letture interpretative radicalmente antiteti- che. Forse proprio per questi motivi, allorché si tratti di utilizzare queste norme come parametro di legittimità, la Corte costituzionale ricorre all’esame dei lavori parlamentari con frequenza non elevata, benché vi assegni pur sempre un ruolo decisivo per determi-

mento dei lavori preparatori del testo costituzionale e i dibattiti che ebbero luogo dinanzi alla Assemblea costituente»); sent. n. 127 del 04.07.1977, in Giur. Cost., 1977, I, p. 1103 ss., C.i.d. n. 1 («Questa inter- pretazione ha un chiarissimo riscontro nei lavori preparatori dell'Assemblea Costituente»); sent. n. 87 del 07.05.1982, in Giur. Cost., 1982, I, p. 891 ss., C.i.d. n. 4 («nel medesimo senso varrebbero i lavori prepa- ratori della Costituente»). In altre occasioni, attribuisce al criterio teleologico puro quanto meno la forza di escludere determinate ipotesi interpretative delle norme costituzionali (Cfr. sent. n. 56 del 29.09.1958, in Giur. Cost., 1958, p. 861 ss., C.i.d.) o, addirittura, vi assegna un ruolo ermeneutico decisivo, laddove l’utilizzazione di altri criteri abbia dato luogo ad esiti equivoci (Cfr. sent. n. 86 del 07.05.1982, in Giur.

Cost., 1982, I, p. 863 ss., C.i.d. n. 6: «La chiave interpretativa deve essere invece desunta dai lavori pre-

paratori [dell’Assemblea costituente]»). Esplicitamente, in sent. n. 138 del 06.07.1972, in Giur. Cost., 1972, p. 1385 ss., C.i.d. n. 3, la Corte afferma che «anche se ai lavori preparatori [dell’Assemblea costi-

tuente] non si può attribuire valore decisivo, neppure è consentito negare ad essi ogni rilevanza, special-

mente quando se ne deducano argomenti in armonia col quadro di insieme nel quale le singole norme vanno collocate ed interpretate»; più forte è, invece, l’affermazione contenuta in sent. n. 429 del 23.10.1992, in Giur. Cost., 1992, p. 4012 ss., C.i.d. n. 2, secondo cui «La ricostruzione della intenzione del Costituente, in regime di costituzione rigida, è essenziale per misurare la compatibilità tra disposizio- ne di legge e precetto costituzionale. L’ermeneutica costituzionale non può in alcun caso prescindere dal- l’ispirazione che presiedette al processo formativo della norma costituzionale assumendo in essa partico- lare rilievo la essenza storico-politica». Soltanto allorché i lavori preparatori presentino un inconciliabile contrasto rispetto alla lettera del testo costituzionale, la Corte ritiene di dover far prevalere senz’altro quest’ultima: Cfr. sent. n. 47 del 17.01.1991, in Giur. Cost., 1991, p. 310 ss., C.i.d. n. 3.1 («La Costitu- zione vale per ciò che risulta scritto in quel testo», a prescindere da ogni «ricostruzione delle vicende su- bite dall’emendamento volto ad includere “le leggi elettorali” tra quelle espressamente sottratte dalla Co- stituzione alla possibilità di abrogazione per via referendaria, come pure qualsiasi supposizione circa le sorti di tale emendamento o qualsiasi discussione in ordine alla portata dei poteri del Comitato di redazio- ne»).

Sulla specificità dell’interpretazione costituzionale rispetto all’interpretazione di altri atti normativi, Cfr. A. BALDASSARRE, L’interpretazione della Costituzione, in A. Palazzo (a cura di), L’interpretazione

della legge alle soglie del XXI secolo, Napoli, 2001, p. 215 ss.; A. RUGGERI, Principio di ragionevolezza

e specificità dell’interpretazione costituzionale, in Ars Interpr., 2002, Ragionevolezza e interpretazione,

p. 308 ss.; T. MAZZARESE, Interpretazione della costituzione. Quali pregiudizi ideologici?, in Ars In-

terpr., 2008, cit., p. 219 ss.; L. PESOLE, L’intenzione del legislatore costituente nell’interpretazione del

parametro costituzionale, in F. Giuffrè, I. Nicotra (a cura di), Lavori preparatori ed original intent nella giurisprudenza della Corte costituzionale. Atti del seminario svoltosi a Catania il 5 ottobre 2007, Torino,

2008, p. 133 ss. Contra, R. TAMAYO Y SALMORÁN, La interpretación constitucional. La falacia de la

interpretación cualitativa, in R. Vázquez (a cura di), Interpretación jurídica y decisión judicial, Città del

narne l’effettiva portata in tutti i casi in cui l’utilizzazione di altri criteri ermeneutici ab- bia dato luogo ad esiti equivoci (4).

Al contrario, nelle rare occasioni in cui ha utilizzato come parametro l’art. 117, I, la Corte non ha mai fatto riferimento ai lavori preparatori della L.Cost. n. 3/2001. La sen- tenza n. 406/2005 (5), che per la prima volta ha “sdoganato” la norma, omette qualsiasi argomentazione circa la sua portata effettiva, limitandosi apoditticamente ad assumerne la violazione in conseguenza del dedotto contrasto della legge impugnata (in via princi- pale) con una direttiva comunitaria e le correlative disposizioni d’attuazione. Consape- vole di tale omissione, la sentenza n. 129/2006 (6) ha in qualche misura tentato di porvi rimedio; sennonché, l’abbozzato ricorso al criterio sistematico non va oltre l’afferma- zione, ancora una volta apodittica, secondo cui, malgrado la sua collocazione nella Parte II della Costituzione, la norma si collegherebbe con il principio fondamentale dell’art. 11 Cost., sicché il contrasto di una legge con le normative comunitarie determinerebbe una violazione congiunta dei due disposti costituzionali. Questo medesimo assunto è, infine, ribadito senza ulteriori specificazioni nella sentenza n. 269/2007 (7).

(4) Cfr. ord. n. 286 del 10.07.2003, in Giur. Cost., 2003, p. 2328 ss., ove si esclude la fondatezza

della lettura interpretativa proposta dal remittente esclusivamente sulla base dell’argomentazione che essa «non ha alcuna rispondenza nei lavori preparatori» della L.Cost. n. 2/1999. Nella maggior parte dei casi, peraltro, la Corte costituzionale si serve dei lavori preparatori non già per escludere la fondatezza di un’interpretazione, bensì per determinare in positivo quale sia la reale portata della disposizione di legge costituzionale invocata a parametro: Cfr. sent. n. 2 del 18.12.2003, in Giur. Cost., 2004, p. 9 ss., C.i.d. n. 4 («L’esame dei lavori preparatori di questa legge costituzionale [n. 1/1999] e la sua titolazione eviden- ziano con sicurezza la volontà, largamente espressa in sede parlamentare, di imporre tale scelta»); sent. n. 390 del 19.11.2007, in Giur. Cost., 2007, p. 4367 ss., C.i.d. n. 5.1 («Nell’intenzione del legislatore costi- tuzionale [della L.Cost. n. 3/1993], dunque, l’espressione “in qualsiasi forma” si riferiva unicamente alle modalità tecniche di captazione e ai tipi di comunicazione intercettata; non già al carattere “diretto” o “casuale” della captazione»). I lavori preparatori della L.Cost. n. 3/2001 sono, invece, richiamati con fre- quenza assai minore (per un esempio, Cfr. sent. n. 407 del 10.07.2002, in Giur. Cost., 2002, p. 2940 ss.,

C.i.d. n. 3.2: «I lavori preparatori relativi alla lettera s del nuovo articolo 117 Cost. inducono, d’altra par-

te, a considerare che l’intento del legislatore sia stato quello di …»), probabilmente a causa della cattiva tecnica normativa utilizzata in questo caso dal legislatore costituzionale. Cfr., sul punto, L. PESOLE, op.

cit., p. 167 ss.

M. LUCIANI, Interpretazione costituzionale e testo della Costituzione. Osservazioni liminari, in G. Azzariti (a cura di), Interpretazione costituzionale, Torino, 2007, p. 48, ritiene possibile assimilare l’efficacia ermeneutica dei lavori preparatori di una legge di revisione a quella dei lavori dell’Assemblea costituente nei casi in cui la revisione sia sorretta da un ampio consenso delle forze politiche, tale da re- plicare quello che sorresse l’approvazione della Costituzione del ’48. Più radicalmente, secondo L. PESO- LE, op. cit., p. 173 ss. e p. 183, il discrimine dovrebbe porsi «tra l’originaria manifestazione di potere co- stituente (considerata, in particolare, nel momento in cui ha trasposto in ambito normativo i valori fon- danti, traducendoli in quei principi supremi che sono sottratti anche alla revisione costituzionale) e le suc- cessive manifestazioni di potere costituito (non importa se di rango ordinario e costituzionale)».

(5) Sent. n. 406 del 24.10.2005, in Giur. Cost., 2005, p. 4429 ss., C.i.d. n. 3.

(6) Sent. n. 129 del 23.03.2006, in Giur. Cost., 2006, p. 1198 ss., C.i.d. n. 5.3.

Nella sentenza n. 348/2007 (8), la Corte costituzionale dapprima si serve – sia pure in via implicita – del criterio d’interpretazione letterale, rielaborando così il dato testua- le della disposizione: «L’art. 117, primo comma, Cost. condiziona l’esercizio della po- testà legislativa dello Stato e delle Regioni al rispetto degli obblighi internazionali». Dopodiché, prende in considerazione il criterio sistematico ma, avvedendosi che esso condurrebbe a «circoscrivere l’effetto condizionante degli obblighi internazionali, ri- spetto alla legislazione statale» (a limitare, cioè, gli esiti interpretativi del criterio lette- rale), afferma che esso risulterebbe all’uopo insufficiente, giacché «in contrasto con lo stesso enunciato normativo». Questa tautologica argomentazione – secondo cui il crite- rio sistematico non può correggere il criterio letterale perché condurrebbe a risultati dis- simili – viene poi rafforzata mediante il ricorso al criterio logico, che pretende eviden- ziare asserite incongruenze cui porterebbero le letture interpretative fondate sul dato si- stematico. Ciò nondimeno, l’incerto incedere ermeneutico della Corte lascia aperta la strada alla possibilità di esiti discordi, ammettendo implicitamente che i criteri sin qui utilizzati non sono in grado di asseverare univoche soluzioni interpretative.

La sentenza n. 349/2007 (9), dal canto suo, trascura di prendere in considerazione i

tradizionali criteri ermeneutici ed adotta, invece, un approccio teleologico ideologica- mente orientato. L’idea alla base dell’argomentazione della Corte è che la «forte apertu- ra al rispetto del diritto internazionale e più in generale delle fonti esterne», caratteriz- zante sin dall’origine la nostra Carta fondamentale, dovesse necessariamente implicare – «in armonia con le Costituzioni di altri Paesi europei» – la previsione di meccanismi costituzionali di garanzia anche a favore degli obblighi internazionali di fonte pattizia. Ciò costituisce il recepimento giurisprudenziale dell’opinione sostenuta in letteratura da A. D’ATENA, secondo cui il vincolo interno al rispetto degli impegni liberamente assun-

ti nei confronti di altri Stati costituirebbe sempre «un principio di civiltà giuridica» (10).

(8) Sent. n. 348 del 22.10.2007, in Giur. Cost., 2007, p. 3475 ss., C.i.d. nn. da 4.2 a 4.4.

(9) Sent. n. 349 del 24.10.2007, in Giur. Cost., 2007, p. 3535 ss., C.i.d. n. 6.2.

(10) La nuova disciplina costituzionale dei rapporti internazionali e con l’Unione Europea, in

www.associazionedeicostituzionalisti.it, 2002. Cfr., altresì, il richiamo operato da L. ELIA, Introduzione,

in T. Groppi, M. Olivetti (a cura di), La Repubblica delle autonomie. Regioni ed enti locali nel nuovo Ti-

tolo V, Torino, 2003, p. 10, al dibattito svoltosi in seno al comitato consultivo che discusse il progetto di

Costituzione della V Repubblica francese, ove il deputato P.H. Teitgen sostenne che «quello della supe- riorità della normativa dei trattati rispetto alla legge ordinaria era addirittura un principio di civiltà». Pure M. KUMM, Costituzionalismo democratico e diritto internazionale: termini del rapporto, in Ars Interpr.,

2008, Le nuove frontiere del diritto internazionale, p. 74 s., ritiene un «dovere prima facie di civiltà» quello di «rispettare anche quelle norme del diritto internazionale che la maggioranza dei cittadini all’in- terno degli Stati reputa difettose»; ma ciò, nei limiti in cui «esso non viol[i] principi giurisdizionali, pro-

Di qui, la sorprendente – quanto apodittica – affermazione della Corte, secondo cui l’impianto costituzionale originario avrebbe sofferto una «lacuna», che ora «il nuovo te- sto dell’art. 117, primo comma, Cost., ha colmato» (11).

Successivamente, la sentenza n. 39/2008 (12) si è limitata a richiamare l’auctoritas delle due pronunce testé citate, argomentando esclusivamente per relationem la portata e l’efficacia dell’ art. 117, I nel segmento relativo agli obblighi internazionali (13).

In nessun caso, dunque, le statuizioni della Corte paiono sorrette da un’adeguata a- nalisi ermeneutica della disposizione costituzionale. Laddove un’analisi è abbozzata, il filo del ragionamento si annoda più volte sino a spezzarsi in un’affermazione apodittica, del tutto carente di argomentazione (14). Solo la sentenza n. 348/2007 si serve in modo abbastanza coerente dei tradizionali criteri ermeneutici; ma, una volta comprovatane l’insufficienza, rifiuta di ricorrere – come in altre occasioni – in via sussidiaria o ancilla- re all’apprezzamento dei lavori parlamentari, preferendo invece affermare in modo a- prioristico l’inutilizzabilità di un criterio ermeneutico, quello sistematico, perché contra- stante con gli esiti dell’altro criterio utilizzato, quello letterale (15). Ciò che non conside- ra qui la Corte è la debolezza dell’argomento letterale, dal quale – anche per riguardo alle assai disparate prospettazioni interpretative avanzate in letteratura – non può certo pretendere di ricavare la soluzione di tutte le numerose problematiche che l’articolo in commento pone.

Pare, tuttavia, doversi dare ragione a L. PESOLE quando osserva che non si può criti-

care il mancato richiamo all’intenzione di un legislatore costituzionale il quale abbia operato – come nel caso della L.Cost. n. 3/2001 – in modo sommamente incongruo e

(11) Affermazione fortemente criticata da M. LUCIANI, Alcuni interrogativi sul nuovo corso della

giurisprudenza costituzionale in ordine ai rapporti fra diritto italiano e diritto internazionale, in Corr. Giur., 2008, p. 202, secondo cui di lacuna proprio non potrebbe parlarsi giacché, negli artt. 10 e 11 Cost.,

la limitazione della garanzia costituzionale a specifici tipi di trattati internazionali dimostrerebbe, al con- trario, che «qui la regola c’era ed era assai chiara»; anzi, lo stravolgimento della volontà dei Costituenti, da essi sancita in principi fondamentali della Costituzione, sarebbe per giunta sindacabile in sede di legit- timità costituzionale.

(12) Sent. n. 39 del 25.02.2008, in Giur. Cost., 2008, p. 408 ss., C.i.d. n. 5.

(13) Sulla tecnica del rinvio a pronunce precedenti per la ricostruzione del percorso logico-

argomentativo che ha condotto alla decisione del caso di specie, Cfr. le osservazioni critiche di M. CAR- TABIA, La motivazione per relationem nelle decisioni della Corte costituzionale, in A. Ruggeri (a cura di),

La motivazione delle decisioni della Corte costituzionale, Torino, 1994, p. 258 ss.

(14) Su queste basi, G. BELFIORE, Costituente, legislatore e corti: il caso dell’espropriazione per

pubblica utilità, in www.federalismi.it, 2008, p. 26, giunge ad affermare che con queste sentenze la Corte

costituzionale avrebbe svolto «un ruolo di supplenza con accentuati profili creativi».

con finalità affatto chiare (16). L’attuale formulazione dell’art. 117, I si deve, invero, ad un emendamento introdotto «in modo inopinato» (17) nel corso dell’esame da parte del

plenum della Camera dei Deputati, su proposta – tra gli altri – della Commissione Affari

Costituzionali, dopo che la medesima Commissione in sede referente aveva invece ri- gettato analoghe proposte emendative (18).

Gli antecedenti dell’attuale art. 117, I Cost. si ritrovano, anzitutto, in una serie di di- sposizioni contenute nei testi approvati dalla Commissione Bicamerale istituita nel 1997 e presieduta dall’on. D’Alema (19). Uno dei punti qualificanti di tali testi era la revisione della tecnica di riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni, con elencazione nominale delle competenze statali. L’art. 57 del testo approvato il 30.06.1997 – poi sop- presso – stabiliva che «La potestà legislativa è ripartita fra le Regioni e lo Stato dalla Costituzione e dalle leggi costituzionali». Il vincolo comunitario all’esercizio della po- testà legislativa discendeva implicitamente dalle previsioni contenute nel Titolo V, sulla “Partecipazione dell’Italia all’Unione europea”, che pur facevano salvo il «rispetto dei principi supremi dell’ordinamento e dei diritti inviolabili della persona umana». L’art. 65, IV attribuiva, inoltre, al Presidente della Repubblica la funzione generale di assicu- rare «il rispetto dei trattati e dei vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia a organiz- zazioni internazionali e sovranazionali» (20).

(16) L’intenzione del legislatore costituente nell’interpretazione del parametro costituzionale, cit.,

p. 172. Cfr. altresì le osservazioni di R. BIN, Le potestà legislative regionali, dalla Bassanini ad oggi, in

Reg., 2001, p. 620 s. La natura consapevolmente interlocutoria della L.Cost. n. 3/2001 è testualmente e-

spressa dal suo art. 11, laddove prospetta la necessità di un nuovo futuro intervento di «revisione delle norme del Titolo I della Parte seconda della Costituzione».

(17) L’espressione è di A. D’ATENA, op. cit.

(18) Sui lavori della Commissione, Cfr. Camera dei Deputati, Resoconto della I Commissione per-

manente, seduta del 09.11.1999, Allegato (Emendamenti), p. 55, contenente la proposta emendativa n. 5.3

degli onn. Zeller, Widmann, Brugger, Detomas e Caveri, di sostituire il comma I dell’art. 117 Cost. con il seguente: «La potestà legislativa è esercitata nel rispetto dei vincoli derivanti dalla Costituzione, dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali»; e la proposta emendativa n. 5.4 degli onn. Armaroli, Anedda e Migliori, volta a modificare come segue il medesimo comma: «La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni, nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali». Entrambe le proposte vennero rigettate.

Sui lavori dell’Assemblea, Cfr. Camera dei Deputati, Resoconto stenografico dell’Assemblea, seduta n. 774 del 20.09.2000, Allegato A, p. 30 s., contenente le uniformi proposte emendative n. 5.140 degli onn. Orlando, Massa, Crema, Scocca, Boato e Palma; n. 5.145 degli onn. Zeller, Widman, Brugger, De- tomas e Caveri; e n. 5.317 della stessa Commissione Affari Costituzionali: tutte volte a sostituire il com- ma I dell’art. 117 introducendo quella che sarà la sua formulazione attuale. L’emendamento veniva ap- provato nella stessa seduta con votazione nominale (248 sì, 210 no e 5 astenuti).

(19) Cfr. A. D’ATENA, op. cit.; G. SERGES, Art. 117, 1° co., in R. Bifulco, A. Celotto, M. Olivetti (a

cura di), Commentario alla Costituzione, III, Torino, 2006, p. 2214.

(20) L’espressione, contenuta nel testo approvato il 30.06.1997, è stata poi sostituita, a seguito della pronuncia sugli emendamenti presentati ai sensi dell’art. 2, V L.Cost. n. 1/1997, con la seguente: «Assi- cura il rispetto dei trattati e degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell’Italia a organizzazioni interna- zionali e sovranazionali» (corsivo aggiunto).

Dopo il fallimento della Bicamerale, la proposta di legge costituzionale n. AC. 5467 (21) riprendeva sia la tecnica di riparto competenziale da essa adottata, sia la previ- sione generale – inserita al comma I dell’art. 117 del testo che ne sarebbe risultato – se- condo cui «La potestà legislativa è ripartita fra lo Stato e le Regioni secondo i principi fissati dalla Costituzione e dalle altre leggi costituzionali». Sparivano, invece, i richiami alla partecipazione italiana all’Unione europea e la previsione di meccanismi a garanzia del rispetto di trattati ed obblighi internazionali e comunitari.

I lavori della Bicamerale ed il testo della proposta n. AC. 5467 servirono dichiara- tamente da base per l’elaborazione di un nuovo disegno di legge costituzionale (n. AC.

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