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L’incidenza sui rapporti sorti in epoca antecedente l’entrata in vigore della no vella Il ruolo del criterio cronologico nei rapporti con la legislazione anteriore

2. L’art 117, I in generale

2.4. Profili di diritto intertemporale: qualificazione del disposto costituzionale in termi ni di “norma sulla produzione” o di “norma di produzione”

2.4.2. L’incidenza sui rapporti sorti in epoca antecedente l’entrata in vigore della no vella Il ruolo del criterio cronologico nei rapporti con la legislazione anteriore

Che l’art. 117, I Cost. possa eventualmente estendere i propri effetti innovativi an- che nei confronti delle leggi approvate in precedenza, non necessariamente significa che esso venga pure ad incidere sui rapporti sorti in epoca antecedente la propria stessa en-

(127) Un’altra considerazione parrebbe giocare a favore dell’opzione ermeneutica testé indicata. G.

MELIS, Vincoli internazionali e norma tributaria interna, cit., p. 1099, ha evidenziato come il legislatore, ben sapendo di doversi confrontare con i limiti imposti dall’art. 117, I, di essi tenga conto nell’esercizio della propria potestà «non già in quanto enunciati normativi, bensì in quanto significati»: il legislatore, cioè, riconosce per via ermeneutica i vincoli comunitari e gli obblighi internazionali che limitano la pro- pria azione e si orienta di conseguenza. In quest’ottica, potrebbe reputarsi iniquo estendere a leggi appro- vate in precedenza i limiti contemplati dall’art. 117, I, giacché il legislatore ordinario non avrebbe avuto all’epoca l’opportunità d’interpretare i vincoli comunitari e gli obblighi internazionali all’uopo rilevanti, per orientarsi di conseguenza. L’obiezione, tuttavia, non regge nella misura in cui, pur essendo innegabile che «L’attività interpretativa è […] elemento essenziale anche nella fase legislativa», si rende nondimeno necessario mantenere le due attività su piani distinti, non potendo il legislatore sostituirsi agli organi giu- risdizionali istituzionalmente competenti per l’interpretazione delle norme di volta in volta rilevanti.

trata in vigore. Si è sostenuto, in letteratura, che gli stessi effetti innovativi non possano in alcun caso retroagire oltre questo momento, sicché l’eventuale violazione dei limiti ivi contemplati da parte di leggi antecedenti potrebbe, al più, condurre ad una loro ille- gittimità costituzionale sopravvenuta (129). A questo proposito, occorre invero differen- ziare secondo la configurazione dell’art. 117, I come norma sulla produzione o come norma di produzione.

Nel primo caso, dovrà riproporsi l’ulteriore distinzione a seconda che i limiti alla legislazione vengano concepiti come condizioni di validità, ovvero come condizioni di applicabilità delle leggi. La prima ipotesi presuppone un’interpretazione del disposto costituzionale secondo cui esso imporrebbe al legislatore ordinario di adeguare la nor- mativa pregressa in modo tale da renderla conforme ai limiti ivi contemplati: trattasi di un’impostazione altamente problematica, che per di più lascia imprecisato se l’adegua- mento della legislazione incompatibile debba essere retroattivo e fino a che punto. La dichiarazione d’incostituzionalità, quale sanzione per il mancato adeguamento, retroagi- rà in quest’ipotesi sino al momento a partire dal quale si ritenga doveroso l’adeguamen- to medesimo. Nella diversa ipotesi in cui si ritenesse l’art. 117, I incidente sull’applica- bilità delle leggi vigenti, la loro incompatibilità con i limiti ivi contemplati verrebbe in rilievo solo al momento dell’applicazione concreta e riguarderebbe, pertanto, tutti i rap- porti giuridici pendenti, a prescindere da quando essi siano sorti.

Più complesso è il caso in cui si qualifichi l’art. 117, I come norma di produzione, dotata di contenuto precettivo proprio. Benché tale qualificazione ne prefiguri la viola- zione immediata da parte di leggi contrastati con qualsiasi espressione dei tre ordini di limiti in esso contemplati, sta di fatto che sino all’entrata in vigore della novella non po- teva sussistere alcun’antinomia, per difetto di contemporanea vigenza delle due norme, costituzionale ed ordinaria (130). E poiché estendere oltre tale momento l’effetto retroat- tivo dell’invalidità significherebbe sanzionare norme che, entro quella soglia temporale, dovevano considerarsi pienamente legittime, s’è ipotizzato come rimedio la dichiara-

(129) Cfr. F. SORRENTINO, Nuovi profili costituzionali dei rapporti tra diritto interno e diritto inter-

nazionale e comunitario, cit., p. 1360; S. SANTOLI, La disapplicazione di leggi ordinarie in contrasto con

la CEDU in Italia e in Francia, cit., p. 2233; F. CORVAJA, Gli obblighi internazionali nelle sentenze nn.

348 e 349 del 2007, cit., p. 410 s.; M. SALVAGO, La dimensione temporale nelle sentenze n. 348 e n. 349

del 2007 della Corte costituzionale, in www.federalismi.it, 2008, p. 6 ss.

(130) Cfr. R. PINARDI, La Corte, i giudici ed il legislatore, Milano, 1993, p. 43: sino all’entrata in vi- gore del nuovo parametro costituzionale, la legge ordinaria con esso contrastante «non può essere qualifi- cata né come “legittima” né come “illegittima”». Cfr. altresì G. ZAGREBELSKY, La giustizia costituziona-

zione d’incostituzionalità sopravvenuta, che farebbe salvo l’imperio delle leggi dichia- rate incostituzionali sui rapporti sorti anteriormente all’introduzione del nuovo parame- tro (131).

Trattasi di una questione di portata più generale, che si ripropone ciclicamente e cui la giurisprudenza ha offerto nel tempo risposte assai varie (132). Sul punto, conviene muovere dalla concezione della Costituzione come «norma fondamentale», «principio e scaturigine dell’ordinamento», che proprio per questo rappresenta il «principio di validi- tà delle norme» che lo compongono, indipendentemente dal momento in cui esse siano state prodotte (133). In un ordinamento costituzionale, non possono trovare applicazione norme di rango inferiore che si pongano in contrasto con precetti sostantivi della Costi- tuzione o con altre norme di produzione aventi rango costituzionale. Come ha annotato G. MARAZZITA, ciò che rileva di fronte ad una norma di legge contrastante con un pa-

rametro costituzionale successivo non è la commisurazione temporale della sua validità nel passato, bensì «la scelta attuale di applicarla o disapplicarla ad una fattispecie con- creta non ancora consolidata» (134). Il vizio di costituzionalità si distingue, pertanto, dal- le altre forme d’invalidità in quanto, quand’anche il parametro sopravvenga alla norma con esso contrastante, esso attua come limite al generale principio secondo il quale un

(131) Cfr. M. SALVAGO, op. loc. cit. Sulla categoria dell’incostituzionalità sopravvenuta, Cfr. altresì

M.R. MORELLI, Incostituzionalità sopravvenuta (anche “a ridosso di precedenti pronunce monitorie, per

successiva inerzia del legislatore”), in Corte cost. (a cura di), Effetti temporali delle sentenze della Corte costituzionale anche con riferimento alle esperienze straniere. Atti del seminario di studi tenuto al Palaz- zo della Consulta il 23 e 24 novembre 1988, Milano, 1989, p. 183; ID., Funzioni della norma costituzio-

nale, meccanismi di attuazione, procedure di garanzia. Il sistema italiano di giustizia costituzionale, Na-

poli, 2000, p. 95 ss.; M. RUOTOLO, La dimensione temporale dell’invalidità della legge, Padova, 2000, p.

170 ss.

(132) Per una ricostruzione della giurisprudenza sul tema, Cfr. G. MARAZZITA, Ma la Costituzione è

“retroattiva”?, cit. , p. 1391 ss.; F. POLITI, Del perché la Cassazione continua a ritenere efficaci norme

(già dichiarate) incostituzionali, in Giur. Cost.,1999, p. 1375 ss.; CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE (Uffi- cio del massimario e del ruolo), Gli effetti delle sentenze di incostituzionalità n. 348 e n. 349 del 2007 sui

giudizi pendenti in materia espropriativa, in www.cortedicassazione.it, 2007, Rel. n. 121, p. 8 s.

(133) F. MODUGNO, voce Costituzione, I, Teoria generale, in Enc. Giur., X, Roma, 1989, p. 1 s. Cfr.

altresì C. LAVAGNA, Istituzioni di diritto pubblico, Torino, 1985, p. 187, secondo cui l’incidenza delle norme costituzionali sul diritto anteriore si pone «in termini di invalidazione e, quindi, di divieto di qual- siasi ulteriore applicazione di norme contrarie»; M. PEDRAZZA GORLERO, Le fonti del diritto, in V. Onida,

M. Pedrazza Gorlero (a cura di), Compendio di diritto costituzionale, Milano, 2009, p. 41, secondo cui la Costituzione «è la prima e fondamentale fonte dell’ordinamento interno, condizionante tutte le altre fonti e a tutte sovraordinata».

(134) Ma la Costituzione è “retroattiva”?, cit., p. 1400. Rileva ancora l’A., ivi, p. 1401, che «il vizio

logico […] del privare di efficacia una norma non ancora invalida sussiste solo se, in contrasto con l’e- sperienza, riteniamo possibile agire nel passato, modificandolo retroattivamente. Se, invece, constatiamo che l’oggetto della volontà umana sono solo i fatti ed i rapporti attuali, non si scorge alcuna contraddizio- ne logica nel privare di applicazione nel presente una norma che attualmente è invalida, seppure lo sia divenuta in un tempo successivo alla formazione del rapporto giuridico».

rapporto giuridico pendente deve giudicarsi sulla base della normativa vigente al mo- mento della sua insorgenza o, comunque, alla proposizione dell’azione (135).

In definitiva, configurando l’art. 117, I come norma di produzione, la sua forza pa- rametrica nei giudizi di validità delle leggi non soffrirebbe limitazioni temporali. Ne conseguirebbe non solo l’invalidità ex tunc di tutte le leggi incompatibili con vincoli comunitari od obblighi internazionali, indipendentemente dal loro momento d’approva- zione, ma altresì l’inapplicabilità delle stesse a qualsiasi rapporto pendente, a prescinde- re dal momento in cui esso sia sorto. La contrazione del principio di certezza dei rappor- ti giuridici che in tal modo si produrrebbe – equipollente a quella causata dalle leggi ad efficacia retroattiva – dovrebbe comunque arrestarsi di fronte ad eventuali violazioni dei «fondamentali valori di civiltà giuridica posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento» (136).

Rimane da affrontare un’ultima questione relativa ai profili ora oggetto di analisi: se la novella incida unicamente sul rapporto tra norme comunitarie o di origine internazio- nale e leggi interne ad esse successive, ovvero anche sui rapporti con leggi antecedenti. Si tratta, cioè, di chiarire il ruolo che – in ogni caso – sia destinato a mantenere il crite- rio cronologico nella risoluzione delle anzidette antinomie.

A tal fine, converrà ricordare che, prima della novella, il criterio cronologico regge- va in linea di principio i rapporti tra leggi di esecuzione dei trattati internazionali e leggi ordinarie di qualsiasi altro tipo, antecedenti o sopravvenute: era in ogni caso destinata a

(135) Così, quasi testualmente, il Tribunal Constitucional spagnolo in sentencia n. 80 del 21.12.1982,

in Jur. Const., 1982, IV, p. 519 ss., F.j. n. 2: laddove sussista contrasto diretto tra una norma di legge e una norma costituzionale dotata di vincolatività immediata, «la inconstitucionalidad sobrevenida» della prima «produce necesariamente efectos incluso sobre los procesos pendientes, actuando así como límite al principio según el cual un proceso debe resolverse con arreglo a la legisalción vigente en el momento de interposición de la acción». Così non accade, invece, in Portogallo, laddove l’art. 282.2 della Costitu- zione (come modificato dalla Lei Constitucional 25.11.1992, n. 1) prevede espressamente che «Tratando- se […] de inconstitucionalidade ou de ilegalidade por infracção de norma constitucional ou legal poste- rior, a declaração só produz efeitos desde a entrada em vigor desta última». Osserva M. RUOTOLO, op.

loc. ult. cit., che, pur in mancanza di analoga disposizione, anche nel nostro ordinamento dovrebbe impli-

citamente ritenersi vigente una norma similare; la tesi non sembra condivisibile, proprio perché contraddi- rebbe la rilevanza della Costituzione come “legge fondamentale” dell’ordinamento, condizione di esisten- za e validità di tutte le norme che lo compongono.

(136) Corte cost., sent. n. 282 del 07.07.2005, in Giur. Cost., 2005, p. 2739 ss., C.i.d. n. 3.2: tra que-

sti fondamentali valori, la stessa Corte include «il rispetto del principio generale di ragionevolezza e di eguaglianza, [nonché] la tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio conna- turato allo Stato di diritto», cui va quantomeno aggiunto il principio d’irretroattività della legge penale espresso dall’art. 25, II Cost. È pur vero che la Corte riferisce gli anzidetti limiti all’efficacia retroattiva di una legge ordinaria, mentre l’art. 117, I Cost. – inteso come norma di produzione – attrarrebbe a livello costituzionale le norme espressione dei limiti alla legislazione ivi contemplati; tuttavia, si tratterebbe pur sempre di norme espressione di potere costituito e non già di potere costituente, le quali non potrebbero pertanto contraddire i principi supremi dell’ordinamento costituzionale: Cfr. Corte cost., sent. n. 1146 del 15.12.1988, I, in Giur. Cost., 1988, p. 5565 ss., C.i.d. n. 2.1.

prevalere la lex posterior, con abrogazione della legge antecedente, salva l’entrata in gioco del criterio di specialità.

Quanto, poi, ai rapporti tra diritto comunitario (direttamente applicabile) e leggi in- terne antecedenti, la sentenza Granital si poneva in linea di continuità con la giurispru- denza pregressa, ritenendo doversi far salva in tale ipotesi l’applicazione dello stesso criterio cronologico: «la norma interna deve ritenersi caducata per effetto della succes- siva e contraria statuizione del regolamento comunitario» (137). Si può dubitare che tale meccanismo fosse altresì utilizzabile rispetto alle norme comunitarie non direttamente applicabili ma provviste di efficacia diretta: in questi casi, pare preferibile ritenere che dovesse applicarsi lo schema della non applicazione delle leggi interne antecedenti, per difetto sopravvenuto di competenza (138). La giurisprudenza successiva estendeva, pe- raltro, anche alle leggi interne previgenti il regime prima valevole per le sole leggi so- pravvenute, come si evince dall’affermazione secondo cui il legislatore nazionale sareb- be in ogni caso tenuto ad apportare le «necessarie modificazioni o abrogazioni del pro- prio diritto interno al fine di depurarlo da eventuali incompatibilità o disarmonie con le prevalenti norme comunitarie» (139).

Per stabilire in che misura l’art. 117, I incida sulla conformazione di questi rapporti normativi, si rende ancora una volta necessario ricorrere alla distinzione concettuale tra la qualificazione come norma sulla produzione, ovvero come norma di produzione. Configurandolo come norma sulla produzione, condizionante solo in negativo il valido esercizio della potestà legislativa, l’art. 117, I non potrebbe che rivolgersi in via esclusi- va alla produzione normativa futura, senza incidere in alcun modo sulla configurazione

(137) Corte cost., sent. n. 170/1984, cit., C.i.d. n. 3: in un passaggio successivo, la stessa sentenza ri-

badisce che «L’assetto della materia va […] lasciato fermo sotto gli altri profili, che non toccano il rap- porto fra la regola comunitaria e quella posteriormente emanata dallo Stato». L’applicazione del criterio cronologico era stata prefigurata sin dalla sent. n. 14 del 24.02.1964, in Giur. Cost., 1964, p. 129 ss., Ci.d. n. 6, poi contraddetta dalla sent. n. 232 del 22.10.1975, in Giur. Cost., 1975, p. 2211 ss., C.i.d. n. 6, limi- tatamente alle «ipotesi di norme interne successive incompatibili» o aventi «contenuto meramente ripro- duttivo» rispetto alle norme comunitarie direttamente applicabili.

(138) Al contrario dei regolamenti comunitari, per i quali l’art. 288 TFUE (già 249 TCE) – tramite la relativa legge di esecuzione – consente l’immediata introduzione nell’ordinamento nazionale a prescinde- re dall’adozione di ulteriori atti di recepimento (Cfr. M. CONDINANZI, Comunità europee, Unione europea

e adattamento, in S.M. Carbone, R. Luzzatto, A. Santa Maria (a cura di), Istituzioni di diritto internazio- nale, Torino, 2003, p. 161), le altre norme europee derivate, in quanto non dotate di diretta applicabilità,

richiedono di volta in volta l’adozione di specifici strumenti interni di esecuzione. Pertanto, quand’anche a tali norme siano riconosciuti effetti diretti da parte dei giudici nazionali, esse non possono comunque determinare la caducazione delle antecedenti norme nazionali incompatibili. Ne deriva che, in questi casi, valeva quanto affermato in via generale dalla Corte costituzionale in sent. n. 285 del 11.06.1990, in Giur.

Cost., 1990, p. 1780 ss., C.i.d. n. 4.2: «di fronte a tale normativa l’ordinamento interno si ritrae e non è

più operante».

dei rapporti con la legislazione ordinaria previgente all’insorgere di nuovi vincoli co- munitari od obblighi internazionali. Laddove, invece, si ritenesse che il condizionamen- to presenti anche risvolti positivi, obbligando il legislatore ordinario a conformare la le- gislazione passata ai nuovi vincoli ed obblighi, il mancato adeguamento della stessa po- trebbe sanzionarsi in sede di sindacato costituzionale, nei limiti in cui la legislazione stessa non risulti già abrogata in forza del criterio cronologico. In altre parole, il criterio cronologico continuerebbe ad operare negli stessi termini anteriori alla novella e, solo laddove esso non possa concretamente operare, risulterebbe ammissibile un controllo di costituzionalità (140).

Attribuendo, poi, all’art. 117, I un’incidenza sulla mera applicabilità delle norme di legge che violino altre norme espressione dei limiti in esso contemplati, i rapporti fra le stesse sarebbero retti, in linea di principio, da un criterio di separazione delle competen- ze, nel senso che la fonte legislativa perderebbe – retroattivamente – la propria compe- tenza a legiferare in contrasto con qualsiasi vincolo comunitario od obbligo internazio- nale, a prescindere dal momento in cui questi siano venuti in essere. Tale ipotesi esten- derebbe, in sostanza, agli obblighi internazionali di fonte pattizia il medesimo regime

(140) Come già rilevato, il criterio cronologico non potrebbe operare a favore di norme comunitarie

che, in quanto non qualificate come direttamente applicabili (benché eventualmente dotate di effetto diret- to), non abbiano ingresso diretto nel nostro ordinamento ma richiedano l’adozione di specifici atti di re- cepimento. Neppure potrebbe operare a favore di norme internazionali pattizie contenute in trattati non eseguiti con legge; o che, per il loro contenuto, non vengano annoverate come self-executing, ossia come norme dal contenuto già sufficientemente chiaro e preciso, tale da poter essere invocate in giudizio indi- pendentemente da alcun atto interno attuativo o specificativo ulteriore rispetto alla – pur sempre necessa- ria – legge di esecuzione. Il criterio cronologico può, infatti, operare soltanto tra norme che facciano parte di un medesimo ordinamento (che siano collocate sul medesimo grado gerarchico) e che risultino omoge- nee per struttura nomologica: speciei per genus non derogatur.

Cfr. sul punto – quantunque muova da una differente prospettiva – R. MASTROIANNI, Anche le leggi

precedenti la Convenzione europea dei diritti dell’uomo debbono essere rimosse dalla Corte costituzio- nale?, in Riv. Dir. Internaz., 2008, p. 456 ss. L’A. contesta la fondatezza di un’affermazione della Corte

costituzionale contenuta in sent. n. 348/2007, cit., C.i.d. n. 3.3, secondo cui le norme CEDU «vincolano lo Stato, ma non producono effetti diretti nell’ordinamento interno, tali da affermare la competenza dei giu- dici nazionali a darvi applicazione nelle controversie ad essi sottoposte». In proposito, l’A. rileva come il carattere self-executing di molte norme CEDU fosse in realtà un dato consolidato nella giurisprudenza in-

terna, la quale da tempo si era infatti orientata nel senso di garantirne la prevalenza rispetto alle leggi or- dinarie precedenti, in piana applicazione del criterio cronologico. L’affermazione della Corte costituzio- nale avrebbe invece rischiato di imporre, anche in questi casi, il ricorso al giudizio accentrato di legittimi- tà per provocarne la definitiva rimozione dall’ordinamento. La sentenza del 25.02.2008, n. 39, in Giur.

Cost., 2008, p. 408 ss., C.i.d. n. 5, avrebbe implicitamente confermato quest’orientamento della Consulta,

dichiarando costituzionalmente illegittime – per violazione dell’art. 117, I, Cost. – norme di legge antece- denti la legge di esecuzione della CEDU. Questa soluzione, a giudizio dell’A., si ripercuoterebbe in gene-

rale sui rapporti tra leggi ordinarie e leggi di esecuzione di tutti i trattati internazionali, imponendo che essi siano di volta in volta portati all’attenzione della Consulta: ciò che comporterebbe, da un lato, una riduzione della tutela apprestata ai diritti dei privati, che non potrebbe operare senza il diaframma del giu- dizio costituzionale; e, dall’altro lato, un inutile sovraccarico di lavoro per la Corte costituzionale stessa. Per questi motivi l’A. auspica, sul punto, «un pronto ripensamento».

invalso per il diritto comunitario nei suoi rapporti con la legislazione interna, lasciando ai giudici ordinari il compito di applicare la norma di origine “esterna”, in quanto la sola competente a disciplinare il caso di specie. Questo regime, peraltro, non risulterebbe in- compatibile con l’applicazione del criterio cronologico nei rapporti con le leggi antece- denti e non altererebbe, pertanto, il ruolo che quest’ultimo già esercitava prima della novella costituzionale.

Al contrario, la qualificazione dell’art. 117, I come norma di produzione non po- trebbe che incidere assai profondamente sulla configurazione dei rapporti tra norme comunitarie od internazionali – in quanto attratte al livello costituzionale – e leggi ordi- narie antecedenti. Sin dalla storica sentenza n. 1/1958, infatti, la Corte costituzionale ha individuato nella dichiarazione d’incostituzionalità il generale strumento di risoluzione delle antinomie tra norme costituzionali e leggi ordinarie, senza che residui al proposito alcuno spazio di operatività per il criterio cronologico (141). La sopravvenienza di nuovi vincoli comunitari od obblighi internazionali inciderebbe, pertanto, sulla legislazione pregressa, determinandone sempre l’illegittimità costituzionale in caso di antinomia (142).

Questa ricostruzione, peraltro, darebbe adito ad un problema pratico non di poco conto. Come ha evidenziato V. SCIARABBA, sarebbe invero assai dispendioso sollevare

questioni di legittimità costituzionale in relazione a tutte le norme di legge sinora consi- derate implicitamente abrogate da successive leggi di esecuzione di accordi internazio- nali (come altresì – potrebbe aggiungersi – da parte di regolamenti comunitari o, ancora, di leggi di recepimento di altri strumenti normativi europei), utilizzando ora queste ul- time norme in funzione parametrica nei relativi giudizi di costituzionalità (143). Nondi- meno, la Corte costituzionale ha – implicitamente (144) – scelto proprio quest’ultima strada: con la sentenza n. 39/2008, essa ha svolto nel merito un sindacato accentrato di costituzionalità ex art. 117, I su una legge anteriore al recepimento del trattato interna- zionale invocato dal giudice a quo, dichiarandone l’incostituzionalità in applicazione

(141) Cfr. sent. n. 1 del 05.06.1956, in Giur. Cost., 1956, p. 1 ss.

(142) Cfr. F. SORRENTINO, Apologia delle “sentenze gemelle”, cit., p. 217; G. TESAURO, Costituzione

e norme esterne, in Dir. Un. Eur., 2009, p. 226.

(143) Il problema dei rapporti tra (leggi di esecuzione di) vincoli internazionali e leggi precedenti

nel quadro della recente giurisprudenza costituzionale, cit., p. 1. Cfr. altresì C. PANARA, Il diritto inter-

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