2. L’art 117, I in generale
2.2. La scelta della collocazione sistematica e i suoi risvolti ermeneutic
2.2.1. Norma incidente sul sistema delle fonti o sui rapporti fra ordinamenti?
L’esame dei lavori preparatori, benché non sia d’ausilio per ricostruire le finalità dell’intervento di revisione, aiuta nondimeno a comprendere le ragioni della collocazio- ne sistematica del disposto attualmente espresso dall’art. 117, I Cost. L’occasio legis da cui scaturisce la L.Cost. n. 3/2001 si rintraccia, infatti, nel disegno di legge costituziona- le (c.d. “bozza Amato”) recante titolo “Ordinamento federale della Repubblica”; così come altre proposte di legge costituzionale, congiuntamente considerate dalla Commis- sione Affari Costituzionali nel redigere il testo unificato poi sottoposto alla Camera dei Deputati, presentavano un espresso riferimento alla riforma in senso federale
dell’ordinamento repubblicano (32). Del tutto sensato, pertanto, che le disposizioni costi- tuzionali interessate dalla revisione fossero essenzialmente contenute nel Titolo V della Parte II, dedicato a “Le Regioni, le Province, i Comuni” (33).
Il tratto maggiormente qualificante la novella, per come pensata nel corso dei lavori preparatori e per come effettivamente portata a compimento, è costituito dalla ridefini- zione del riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni, in guisa da garantire alla legge regionale un’effettiva pari ordinazione rispetto a quella statale (34). Malgrado il radicale mutamento della tecnica di riparto competenziale, tanto il disegno di legge go- vernativo quanto il testo unificato elaborato dalla Commissione hanno ritenuto – in ciò distaccandosi dall’operato della Bicamerale del 1997 – di mantenere le relative previ- sioni nel medesimo articolo in cui già l’Assemblea costituente aveva originariamente collocato la disciplina della potestà normativa regionale. L’art. 117, dunque, si sarebbe aperto con un richiamo ai vincoli comunitari e agli obblighi internazionali in quanto cri-
(32) Cfr. le proposte di legge costituzionale n. AC. 5467, cit., recante titolo “Ordinamento federale
della Repubblica”; n. AC. 5671, presentata il 10.02.1999, su iniziativa degli onn. Fontan, Fontanini, Stuc- chi, L. Dussin, Cé, Chincarini, Rodeghiero, Santandrea, Stefani, Vascon, recante titolo “Ordinamento fe- derale della Repubblica”; n. AC. 5856, presentata il 25.03.1999, su iniziativa dell’on. Novelli, recante ti- tolo “Ordinamento federale della Repubblica e modifiche agli articoli 56, 57, 59 e 60 della Costituzione”; n. AC. 5874, presentata il 07.04.1999, su iniziativa degli onn. Paissan, Boato, Scalia e Turroni, recante titolo “Revisione del titolo V della parte seconda della Costituzione concernente l’ordinamento federale della Repubblica”; n. AC. 5919, presentata il 19.04.1999, su iniziativa degli onn. Garra, Burani Procacci- ni, Santori, Amato, Baiamonte, Liotta e Palumbo, recante titolo “Ordinamento federale della Repubblica”; n. AC. 5047, presentata il 22.04.1999, su iniziativa del Consiglio regionale della Toscana, recante titolo “Modifica del titolo V della parte seconda della Costituzione in materia di ordinamento federale della Re- pubblica”; n. AC. 5949, presentata il 22.04.1999, su iniziativa dell’on. Caveri, recante titolo “Norme per la costituzione della Repubblica federale italiana”; n. AC 6044, presentata il 19.05.1999, su iniziativa de- gli onn. Follini, Giovanardi e Peretti, recante titolo “Modifiche al titolo V della parte seconda della Costi- tuzione in materia di ordinamento federale dello Stato”.
(33) Cfr. L.S. ROSSI, Gli obblighi internazionali e comunitari nella riforma del titolo V della Costi-
tuzione, in www.forumcostituzionale.it, 2002; L. TORCHIA, I vincoli derivanti dall’ordinamento comunita-
rio nel nuovo Titolo V della Costituzione, in Reg., 2001, p. 1204.
(34) Cfr. S.P. PANUNZIO, Audizione del Presidente dell’Associazione italiana dei costituzionalisti,
in Senato della Repubblica, Resoconto stenografico della I Commissione permanente, seduta del 20.11.2001: «L’articolo 117 è il più rilevante anche per le future responsabilità del Parlamento. […] È una norma emblematica, che rispecchia la posizione nuova nell’ordinamento statale e regionale, così co- me risulta dall’articolo 114. Tutti hanno lo stesso valore, sono sottoposti soltanto alle norme della Costi- tuzione e ugualmente vincolati dalle norme dell’ordinamento comunitario e dagli obblighi internaziona- li». Cfr. altresì C. PINELLI, I limiti generali alla potestà legislativa statale e regionale e i rapporti con
l’ordinamento internazionale e con l’ordinamento comunitario, in Foro It., 2001, V, c. 194; L. ELIA, In-
troduzione, cit., p. 11; M. LUCIANI, Le nuove competenze legislative delle Regioni a statuto ordinario.
Prime osservazioni sui principali nodi problematici della l. cost. n. 3 del 2001, in www.associazionedei- costituzionalisti.it, 2002, p. 2 s.; P. CARETTI, Il limite degli obblighi internazionali e comunitari per la
legge dello Stato e delle Regioni, in Id. (a cura di), Osservatorio sulle fonti 2002, Torino, 2003, p. 1; A.
PAJNO, Il rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario come limite alla potestà legislativa
nel nuovo Titolo V della Costituzione, in Ist. Federalismo, 2003, p. 828; P. CAVALERI, Articolo 1, in Id., E. Lamarque (a cura di), L’attuazione del nuovo Titolo V, parte II, della Costituzione. Commento alla
legge “La Loggia” (Legge 5 giugno 2003, n. 131), Torino, 2004, p. 3; ID., Diritto regionale, Padova,
teri informativi e, al contempo, parametri integrativi ed interpretativi del nuovo riparto competenziale, del quale si prefigurava così immediatamente l’elasticità e mobilità in ragione delle superiori esigenze dell’integrazione (35).
L’emendamento, da cui discende la formulazione attuale della disposizione, non ha inteso mutarne altresì la collocazione sistematica. Si tratta, allora, di comprendere se questa scelta del legislatore costituzionale sia destinata ad assumere rilievo in sede er- meneutica. Il criterio d’interpretazione sistematica, invero, consiste essenzialmente nel- l’analisi del contesto in cui si colloca la disposizione da interpretare e procede dalla pre- sunzione che, in un testo normativo dotato di coerenza interna, le disposizioni collocate in un medesimo contesto siano tra loro contenutisticamente, funzionalmente e teleologi- camente connesse, o comunque fra loro logicamente correlate. Giacché la Costituzione è un testo normativo dotato di propria strutturazione logica coerente, si è pertanto legit- timati a presupporre che gli interventi di revisione ne rispettino la sistematica di base o, perlomeno, la sostituiscano con altra strutturazione dotata di analoga coerenza interna. Di qui, si è rilevata in letteratura la necessità di leggere la disposizione alla luce «del nuovo quadro costituzionale e in relazione alle altre disposizioni del Titolo V» (36) o,
ancora, di valorizzarne la collocazione in apertura di un articolo specificamente dedicato alla ripartizione delle competenze normative fra livello statale e livello regionale (37). Anche l’applicazione del criterio sistematico, peraltro, ha condotto ad esiti ermeneutici assai vari gli Autori che hanno ritenuto di farvi ricorso.
Alcuni di essi, facendo appunto riferimento alla sedes materiae in cui l’art. 117, I Cost. viene a collocarsi, hanno ritenuto che esso non potesse produrre effetti innovativi sul piano del sistema delle fonti e, in particolare, sui rapporti tra fonti interne e fonti di origine internazionale e comunitaria (38). Se questo tipo di ricostruzione si rivelasse fondatamente sostenibile, non v’è dubbio che esso risulterebbe il più adatto a tutelare i profili garantistici del principio di supremazia del Parlamento. Sterilizzando, infatti, le
(35) Cfr. L.S. ROSSI, op. cit.: questo richiamo agli obblighi internazionali e comunitari rappresente-
rebbe «un vero e proprio tributo dell’ordinamento costituzionale italiano a valori, di provenienza esterna (ma non estranea, perché il nostro Stato concorre a fondarli)», la cui importanza il legislatore di revisione avrebbe considerato pari a quella dei valori espressi dalla Costituzione stessa.
(36) L. TORCHIA, op. loc. cit. e p. 1211; Cfr. altresì A. PAJNO, op. cit., p. 827 s.
(37) Cfr. L.S. ROSSI, op. cit.
(38) In questo senso, oltre all’orientamento che si verrà ora ad esaminare, Cfr. S.P. PANUNZIO, Au-
dizione del Presidente dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, cit.; M. MAZZIOTTI, G.M. SALER- NO, Manuale di diritto costituzionale, Milano, 2002, pp. 139 e 520; O. SPATARO, Il potere estero delle
Regioni nel nuovo Titolo V della Costituzione. Impostazioni teoriche e problemi attuativi (prima parte),
potenzialità parametriche delle fonti “esterne” quali criteri di validità delle leggi nazio- nali, si eliminerebbe in radice ogni possibilità per il Governo di ricorrere all’integrazio- ne internazionale e sovranazionale quale strumento per imporre indirettamente le pro- pria volontà su quelle dell’organo rappresentativo, salvaguardando così le esigenze di tutela del pluralismo politico interno.
In questo filone, la lettura che ha dapprima riscosso i maggiori consensi – soprattut- to presso la giurisprudenza ordinaria – ma che è poi stata contraddetta dagli interventi sia del legislatore ordinario, sia della Corte costituzionale, è quella propugnata e difesa in numerosi scritti da C. PINELLI (39). Questi valuta il disposto in esame come essenziale
tassello di un più ampio disegno del legislatore costituzionale, visibile anche in altri di- sposti oggetto di revisione nel medesimo Titolo della Costituzione, improntato a un principio di pari trattamento tra Stato e Regioni (40). L’idea essenziale è che tali enti ri- sultino riconfigurati come altrettanti «ordinamenti parziali» fra loro interconnessi all’in- terno dell’«ordinamento generale» della Repubblica, posti su di un piano di parità per-
(39) Cfr. I limiti generali alla potestà legislativa statale e regionale e i rapporti con l’ordinamento
internazionale e con l’ordinamento comunitario, cit., c. 194 s.; Art. 1. Attuazione dell’art. 117, primo e terzo comma, della Costituzione in materia di legislazione regionale, in C. Cittadino (a cura di), Legge “La Loggia”. Commento alla L. 5 giugno 2003, n. 131, di attuazione del Titolo V della Costituzione, Ri-
mini, 2003, p. 20 s.; I limiti generali alla potestà legislativa statale e regionale e i rapporti con l’ordina-
mento internazionale e con l’ordinamento comunitario, in Foro It., 2004, V, c. 57 ss.; Effetti orizzontali di direttive comunitarie e rispetto degli obblighi comunitari e internazionali ex art. 117, comma I, Cost.,
in Giur. Cost., 2006, p. 3516 ss.; Sul trattamento giurisdizionale della CEDU e delle leggi con essa con-
fliggenti, in Giur. Cost., 2007, p. 3519 s.
(40) La Corte costituzionale confermerà che, effettivamente, alcune delle norme costituzionali ri-
formate mirano al ridimensionamento degli aspetti di asimmetria un tempo sussistenti tra Stato e Regioni: ciò, facendo in particolare riferimento all’art. 114, «che pone sullo stesso piano lo Stato e le Regioni, co- me entità costitutive della Repubblica, accanto ai Comuni, alle Città metropolitane e alle Province»; al- l’art. 117 nel suo complesso, «che ribalta il criterio prima accolto, elencando specificamente le competen- ze legislative dello Stato e fissando una clausola residuale in favore delle Regioni»; e all’art. 127, «che configura il ricorso del Governo contro le leggi regionali come successivo, e non più preventivo». Ag- giungerà, tuttavia, che approfondendo l’analisi sistematica di queste stesse disposizioni e ponendole in contatto con altre parimenti rilevanti, emergerebbe ancor oggi la persistente prevalenza dello Stato, in quanto tutore dell’unità giuridica ed economica della Repubblica: prevalenza «desumibile non solo dalla proclamazione di principio di cui all’art. 5 della Costituzione, ma anche dalla ripetuta evocazione di un’i- stanza unitaria, manifestata dal richiamo al rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dal- l’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, come limiti di tutte le potestà legislative (art. 117, comma 1) e dal riconoscimento dell’esigenza di tutelare l’unità giuridica ed economica dell’ordina- mento stesso (art. 120, comma 2)»; ciò che comporterebbe la radicale negazione del principio di pari or- dinazione tra gli ordinamenti di cui complessivamente si compone la Repubblica. Cfr. sent. n. 274 del 08.07.2003, in Giur. Cost., 2003, p. 2238 ss., C.i.d. n. 2.1, con nota di R. DICKMANN, Gli organi dello
Stato sono chiamati a garantire le istanze unitarie della Repubblica, p. 2269 ss. Cfr. altresì, sul punto, L.
TORCHIA, op. cit., p. 1209, secondo cui un’interpretazione sistematica della novella costituzionale permet-
terebbe di accertare «l’intestazione in capo allo Stato della responsabilità ultima e finale per il rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario»; G.F. FERRARI, op. cit., p. 474, secondo cui il principio paritario troverebbe «in altri punti del Titolo V esplicite conferme, ma anche espresse smentite. Queste smentite, in particolare, si prestano tutte a essere lette nel senso di una perdurante “supremazia” statale».
ché strutturalmente incapaci di perseguire singolarmente, al di fuori di un rapporto di leale collaborazione reciproca, i “fini generali” dell’ordinamento repubblicano (41).
Nel comma I dell’art. 117, il principio di pari trattamento si concretizzerebbe nella pari sottoposizione della legislazione statale e regionale ai medesimi limiti di ordine ge- nerale che, però, la disposizione si limiterebbe ad enumerare, rinviando per la definizio- ne dei rispettivi contenuti alle norme costituzionali a ciò adibite (che possano reputarsi tali anche in considerazione della loro idonea collocazione sistematica). Così, il limite costituzionale implicherebbe non solo il rispetto delle norme sostantive della Costitu- zione, ma altresì delle regole formali poste dai commi successivi dello stesso art. 117, che ulteriormente snodano il riparto di competenze imponendo vincoli specifici ora alla legislazione regionale, ora a quella statale. Quanto agli altri due limiti di ordine genera- le, il fatto stesso che il legislatore costituzionale ad essi si riferisca parlando di «vincoli» e di «obblighi» implicherebbe, già sul piano testuale, la loro preesistenza rispetto alla norma richiamante, quindi un implicito rinvio alla disciplina costituzionale dei rapporti con gli ordinamenti comunitario ed internazionale, contemplata essenzialmente dagli artt. 11 e 10 Cost. (42).
Sulla base di queste premesse, C. PINELLI esclude che l’art. 117, I possa incidere sul
sistema delle fonti e che, in special modo, esso possa ambire ad innovare la disciplina dei rapporti tra fonti interne da un lato, fonti di origine comunitaria ed internazionale dall’altro (43). Si tratterebbe, piuttosto, di una norma sui rapporti fra ordinamenti, che
(41) Non condivide questa ricostruzione A. SACCOMANNO, Controllo di costituzionalità in via prin-
cipale e riforma del Titolo V della Costituzione, in S. Gambino (a cura di), Il “nuovo” ordinamento re- gionale. Competenze e diritti, Milano, 2003, p. 438 s., che muove dal contrario presupposto secondo il
quale l’«ordinamento generale» coincide con quello dello Stato e la Regione opera come «ordinamento parziale» al suo interno: la generalità dei fini dell’ordinamento statale si evincerebbe, da un lato, in consi- derazione della sua competenza a dettare regole d’armonizzazione delle diverse normative o di risoluzio- ne delle antinomie e, dall’altro, sulla base del potere sostitutivo ad esso riconosciuto dall’art. 120, I Cost. Nota peraltro l’A. che, qualora si ritenesse di poter addivenire ad una completa equiparazione dei due enti sotto il profilo dell’originarietà, si sancirebbe in maniera inammissibile il «superamento del principio au- tonomistico di cui all’art. 5 Cost. che, nell’ambito dell’ordinamento generale, affida quote d’esercizio di potere normativo, ma non realizza cessioni di sovranità ad ordinamenti derivati».
(42) Per questo motivo, C. PINELLI, Effetti orizzontali di direttive comunitarie e rispetto degli obbli-
ghi comunitari e internazionali ex art. 117, comma I, Cost., cit., p. 3520, evidenzia come, nella prospetti-
va da cui egli muove, «Il richiamo alla Costituzione non serve […] ad indicare solo uno dei limiti generali all’esercizio della potestà legislativa statale e regionale. Designa anche il fondamento degli altri limiti ge- nerali, compreso il livello gerarchico delle fonti degli ordinamenti comunitario ed internazionale, quale previsto da altre disposizioni costituzionali o ricostruibile alla loro stregua».
(43) Questa convinzione, chiaramente espressa dall’A. nel suo primo scritto sull’argomento (Cfr. I
limiti generali alla potestà legislativa statale e regionale e i rapporti con l’ordinamento internazionale e con l’ordinamento comunitario, 2001, cit., c. 195: «si deve escludere ogni ipotesi di surrettizia innova-
zione della disciplina dei rapporti della legge statale con la normativa comunitaria derivata o con le leggi di esecuzione dei trattati internazionali»), pare poi messa in dubbio tre anni più tardi, anche alla luce
particolarmente disciplina quelli fra Stato e Regioni – in quanto «ordinamenti parziali» all’interno dell’«ordinamento generale» della Repubblica – sul piano della produzione legislativa. Sua funzione specifica sarebbe quella di garantire la pari ordinazione della potestà legislativa statale e regionale, escludendo la possibile sottoposizione del relativo esercizio a limiti ulteriori rispetto a quelli costituzionalmente previsti (44). Il che, peral- tro, non escluderebbe che la norma venga «mediatamente» a trattare anche dei rapporti tra leggi di produzione statale e regionale, escludendo – in linea di principio e salve e- ventuali specificazioni da parte di altri disposti costituzionali – l’utilizzabilità del crite- rio gerarchico, in favore di un preciso riparto di competenze; ma ciò essa farebbe solo in maniera indiretta, in conseguenza del principio generale di pari ordinazione fra gli ordi- namenti considerati (45).
All’orientamento ora esposto ha aderito la Corte di cassazione sin dalla sua prima pronuncia sulla portata dell’art. 117, I. Ricorrendo a un’interpretazione sistematica che dà ampio rilievo alla questione della sedes materiae, essa ha, per un lato, escluso che il disposto costituzionale ridisegni i rapporti fra le fonti cui si riferisce, limitando invece la propria portata ai rapporti fra i relativi ordinamenti; per l’altro, ha sostenuto che la reale
dell’intervento del legislatore ordinario di cui all’art. 1, L. n. 131/2003 (Cfr. I limiti generali alla potestà
legislativa statale e regionale e i rapporti con l’ordinamento internazionale e con l’ordinamento comuni- tario, 2004, cit., c. 58: «A differenza del richiamo ai vincoli comunitari […], quello agli obblighi interna-
zionali avrebbe innovato al diritto costituzionale previgente, determinando una prevalenza sulle leggi sta- tali […] delle fonti di diritto internazionale costituzionalmente riconosciute, generale e pattizio»), salvo poi un ulteriore ripensamento successivo (Cfr. Effetti orizzontali di direttive comunitarie e rispetto degli
obblighi comunitari e internazionali ex art. 117, comma I, Cost., cit., p. 3519, ove l’A. critica la fonda-
tezza delle letture interpretative difformi da quella in un primo momento da sé prospettata, aggiungendo, in particolare, che «non si riesce a individuare il fondamento positivo dell’ipotesi» di una «innovazione soltanto parziale», limitata cioè ai rapporti tra diritto interno e diritto internazionale di fonte pattizia).
(44) Afferma testualmente C. PINELLI, I limiti generali alla potestà legislativa statale e regionale e i
rapporti con l’ordinamento internazionale e con l’ordinamento comunitario, 2004, cit., c. 58, che «il di-
vieto di introdurre con legge ulteriori limiti generali, e il rinvio alla Costituzione per individuare limiti specifici ed ogni modalità di interazione fra legge statale e legge regionale, è tutto quanto dispone l’art. 117, comma I». L’esigenza cui dichiaratamente risponde questa ricostruzione (Cfr. ID., Effetti orizzontali
di direttive comunitarie e rispetto degli obblighi comunitari e internazionali ex art. 117, comma I, Cost.,
cit., p. 3517) è quella di escludere in radice l’eventualità che, anche sotto il vigore della nuova disciplina costituzionale sul riparto di competenze, torni in auge l’inveterata tendenza a trasformare i c.d. limiti e- sterni alla potestà legislativa regionale – che diminuiscono i relativi margini d’intervento normativo, sen- za però coprirli – in ben più vincolanti limiti interni, in cui la disciplina dettata a livello statale andrebbe a coprire parte dello stesso ambito normativo di riferimento, con ciò autorizzando il legislatore statale ad interferire in varia misura sulle materie di competenza regionale. Cfr., per la terminologia ora impiegata, M. PEDRAZZA GORLERO, Le fonti del diritto. Lezioni, Padova, 1995, p. 115.
(45) C. PINELLI, op. loc. ult. cit.: l’art. 117, I configura, infatti, «il rapporto fra Stato e regioni come
rapporto tra ordinamenti parziali e solo mediatamente tra le rispettive fonti legislative, che è la condizione per risolvere antinomie diversamente incomponibili». L’esclusione del criterio di gerarchia varrebbe solo in linea di principio, potendo invero la Costituzione, «proprio in quanto compresa fra i limiti generali», «nell’apporre ulteriormente limiti specifici alle leggi statali ed alle leggi regionali, […] articolarne i rap- porti anche secondo un criterio di prevalenza gerarchica delle prime sulle seconde».
novità della norma consisterebbe nel porre «su un piano di parità gli ordinamenti “par- ziali” dello Stato e delle Regioni anche per quanto attiene alla determinazione dei limiti che l’esercizio delle rispettive potestà legislative incontra» (46). La medesima imposta- zione è stata poi ribadita dalla Suprema Corte in varie pronunce (47), sino all’intervento chiarificatore della Corte costituzionale nel 2007.
Nel frattempo, era intervenuto anche il legislatore ordinario con l’art. 1, L. n. 131/2003, il quale – già per il fatto stesso di ritenere necessaria una normativa di attua- zione dell’art. 117, I – aveva implicitamente dimostrato di non condividere questo tipo di lettura del disposto costituzionale (48). Presupposto implicito dell’intervento legislati- vo era, infatti, l’efficacia innovativa del medesimo, quantomeno in ordine al vincolo de- gli obblighi internazionali in capo al legislatore statale: efficacia innovativa che, in quanto ritenuta sussistente, necessariamente avrebbe richiesto che lo stesso legislatore statale precisasse quali obblighi internazionali egli considerasse dotati di simile vincola- tività nei propri confronti (49). Pure sul piano dei contenuti, la previsione legislativa con- traddice l’orientamento pinelliano, statuendo espressamente che «Costituiscono vincoli alla potestà legislativa [anche] dello Stato […], ai sensi dell’articolo 117, primo com- ma, della Costituzione, quelli derivanti […] dai trattati internazionali»; vincolatività
(46) Cfr. Cass. civ., Sez. Trib., sent. n. 17564 del 10.12.2002, in Giur. Cost., 2003, p. 459 ss., m.d.
n. 2.2.8, con nota di A. GUAZZAROTTI, Niente di nuovo sul fronte comunitario? La Cassazione in esplora-
zione del nuovo art. 117, comma 1, Cost., p. 467 ss., il quale spiega l’accoglimento della lettura “minima-
lista” proposta da C. Pinelli come scelta “attendista” da parte dei giudici della Suprema Corte che, chia- mati nell’occasione a pronunciarsi sul solo vincolo comunitario, avrebbero considerato troppo gravosa la responsabilità di orientare la lettura complessiva dell’articolo in commento – anche rispetto al campo de- gli obblighi internazionali – sui binari di una forte discontinuità rispetto agli equilibri invalsi anteceden- temente alla novella. Peraltro, una differenza riscontrabile in questa pronuncia rispetto all’orientamento