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L’incidenza sulla produzione legislativa antecedente l’entrata in vigore della novella

2. L’art 117, I in generale

2.4. Profili di diritto intertemporale: qualificazione del disposto costituzionale in termi ni di “norma sulla produzione” o di “norma di produzione”

2.4.1. L’incidenza sulla produzione legislativa antecedente l’entrata in vigore della novella

Se l’art. 117, I Cost. contempla gli obblighi internazionali e il vincolo comunitario come limiti all’esercizio della funzione legislativa, e se questa previsione è suscettibile d’incidere sulla configurazione dei relativi rapporti con la legislazione ordinaria, prima di compiere ulteriori passaggi ermeneutici risulta prioritario demarcare la possibile e-

altresì, sul punto, L. CONDORELLI, Il “riconoscimento generale” delle consuetudini internazionali nella

Costituzione italiana, in Riv. Dir. Internaz., 1979, p. 5 ss.

(104) Cfr. Corte cost., sent. n. 32 del 12.05.1960, in Giur. Cost., 1960, p. 537 ss., C.i.d. n. 3; sent. n.

73 del 22.03.2001, in Giur. Cost., 2001, p. 428 ss., C.i.d. n. 3.1.

(105) Cfr. A. LA PERGOLA, Introduzione, in U. Leanza (a cura di), Costituzione dello Stato e norme

internazionali. Atti della tavola rotonda, Castelgandolfo, 18 ottobre 1986, Milano, 1988, p. 30 ss.; P. I-

VALDI, L’adattamento del diritto interno al diritto internazionale, in S.M. Carbone, R. Luzzatto, A. Santa

Maria (a cura di), Istituzioni di diritto internazionale, Torino, 2002, p. 138 ss.

(106) Cfr. E. CANNIZZARO, La riforma federalista della Costituzione e gli obblighi internazionali, cit., p. 926: «l’art. 117, 1° comma, non stabilisce direttamente la supremazia delle fonti internazionali e comunitarie nell’ordinamento interno. Tale effetto è solo la conseguenza indiretta del limite alla funzione legislativa determinato in relazione all’esistenza di obblighi internazionali o comunitari».

stensione intertemporale dell’efficacia della disposizione. Si tratta, cioè, anzitutto, di de- terminare se le eventuali novità condizionino esclusivamente la produzione legislativa successiva all’entrata in vigore della novella costituzionale, o se possano incidere anche sulle leggi statali e regionali preesistenti. Nel caso in cui si acceda alla seconda opzione, si tratterà poi di determinare se la novella influisca sui soli rapporti giuridici sorti sotto l’imperio della stessa o su tutti i rapporti comunque pendenti, anche se sorti in epoca an- tecedente. Dalle soluzioni offerte ai predetti quesiti dipenderà, almeno in parte, la rispo- sta ad un’ultima questione interpretativa: se la novella incida unicamente sul rapporto tra norme comunitarie o internazionali e leggi interne ad esse successive, ovvero anche sui rapporti con leggi ad esse antecedenti. Si tratta di questioni che hanno trovato scarso approfondimento in letteratura, ma che rivestono un’indubbia rilevanza sul piano prati- co. Alle relative opzioni interpretative, inoltre, non resta indifferente il principio di su- premazia del Parlamento.

Per approcciare con debiti strumenti ermeneutici le anzidette questioni, si sono re- cuperate in letteratura categorie dogmatiche e una terminologia care alla dottrina inter- nazionalista del secolo passato, che si divideva sulla qualificazione dell’art. 10, I Cost., ora come «norma sulla produzione», ora come «norma di produzione» (107). Nel primo caso, esso avrebbe limitato la sfera d’imperio delle fonti normative domestiche, per abi- litare una fonte esterna – la consuetudine internazionale – a introdurre norme interne

(107) Recuperano questa terminologia F. SORRENTINO, Nuovi profili costituzionali dei rapporti tra

diritto interno e diritto internazionale e comunitario, cit., p. 1360; P. IVALDI, L’adattamento del diritto

interno al diritto internazionale, cit., p. 145; S. SANTOLI, La disapplicazione di leggi ordinarie in contra-

sto con la CEDU in Italia e in Francia, in Giur. Cost., 2002, p. 2233; G.G. FLORIDIA, Fonti regionali e

sistema delle fonti, in G.F. Ferrari, G. Parodi (a cura di), La revisione costituzionale del Titolo V tra nuo- vo regionalismo e federalismo. Problemi evolutivi e linee applicative, Padova, 2003, p. 40; F. GHERA, I

vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali nei confronti della potestà legislativa dello Stato e delle Regioni, in F. Modugno, P. Carnevale (a cura di), Trasformazioni nella fun- zione legislativa. Rilevanti novità in tema di fonti del diritto dopo la riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, Milano, 2003, p. 74 s.; G. D’ALESSANDRO, Prime impressioni sull’impatto della costi-

tuzionalizzazione del “vincolo comunitario” sulla giurisprudenza costituzionale, cit., p. 214; A. GUAZ- ZAROTTI, Niente di nuovo sul fronte comunitario?, cit., p. 478 s.; A. PACE, Problematica delle libertà co-

stituzionali, cit., p. 29; F. PATERNITI, La riforma dell’art. 117, comma 1, Cost. e le nuove prospettive nei

rapporti tra ordinamento giuridico nazionale e Unione europea, in Giur. Cost., 2004, p. 2117; A. BAR-

BERA, I (non ancora chiari) “vincoli” internazionali e comunitari nel primo comma dell’art. 117 della

Costituzione, in Corte Cost. (a cura di), Diritto comunitario e diritto interno, cit., p. 109; V. SCIARABBA,

Nuovi punti fermi (e questioni aperte) nei rapporti tra fonti e corti nazionali ed internazionali, cit., p.

3589; ID., Il problema dei rapporti tra (leggi di esecuzione di) vincoli internazionali e leggi precedenti

nel quadro della recente giurisprudenza costituzionale (a margine della sentenza della Corte costituzio- nale n. 39 del 2008), in www.forumcostituzionale.it, 2008, p. 3; A. BONOMI, Il “limite” degli obblighi in-

corrispondenti a quelle volta per volta da essa prodotte nel suo ordinamento (108). Nel secondo caso, non avrebbe invece intaccato le rispettive sfere d’imperio, ma fatto pro- prio il contenuto delle norme esterne corrispondenti, attraverso le quali avrebbe assunto un autonomo valore precettivo (109). Il significato pratico della distinzione riguardava la possibilità di applicare il canone del tempus regit actum nei giudizi di validità delle leg- gi contrastanti con consuetudini internazionali successive: se l’art. 10, I è norma sulla produzione, la sua violazione è solo indiretta e, pertanto, l’incostituzionalità di tali leggi è sopravvenuta, non potendo estendersi a rapporti giuridici sorti in epoca antecedente; se, invece, è norma di produzione, l’incostituzionalità è per violazione diretta dell’art. 10, I e – come si vedrà (110) – non può essere temporalmente circoscritta.

L’art. 117, I, tuttavia, possiede una struttura più complessa rispetto all’art. 10, I: quest’ultimo stabilisce soltanto che l’ordinamento italiano «si conforma» al diritto in- ternazionale generale; il primo individua, per un verso, i soggetti della produzione legi- slativa ordinaria e richiede, per altro verso, che la loro potestà normativa sia «esercitata

[…] nel rispetto» dei tre ordini di limiti ivi contemplati. Le categorie ermeneutiche ri-

chiamate, pertanto, non possono tornare ad essere mobilitate in modo acritico.

Quando si parla di “norme sulla produzione” occorre distinguere, da un lato, le norme qualificatorie della fonte, categoria che comprende le regole d’imputazione delle potestà normative e l’individuazione dei presupposti fattuali e formali che abilitano al- l’esercizio delle stesse; dall’altro, le norme che delimitano in senso spaziale o temporale l’ambito di validità o di applicazione delle norme di produzione (111). Orbene, la dottri-

(108) Cfr. G. MORELLI, Nozioni di diritto internazionale, Padova, 1958, p. 95, il quale intende l’art.

10, I Cost. come «norma sulla produzione» che rinvia alla fonte fatto della consuetudine internazionale, qualificandola come idonea alla produzione di norme interne corrispondenti; a questa ricostruzione aderi- sce, fra i costituzionalisti, A. LA PERGOLA, Costituzione e adattamento dell’ordinamento interno al diritto

internazionale, Milano 1961, pp. 176 ss. e 217 ss. Discorrono pur sempre di «norma sulla produzione»,

rinviante però alle singole norme consuetudinarie e non già alla fonte fatto generalmente intesa, T. PE- RASSI, Lezioni di diritto internazionale, II, Padova, 1952, p. 28; R. SOCINI, L’adeguamento degli ordina-

menti statuali all’ordinamento internazionale, Milano, 1954, p. 82; G. SPERDUTI, Lezioni di diritto inter-

nazionale, Milano, 1958, p. 106; R. MONACO, Diritto internazionale pubblico, Torino, 1971, p. 227 ss. (109) Cfr. Mar. MIELE, La Costituzione italiana e il diritto internazionale, Milano, 1951, p. 9 ss., il

quale intende l’art. 10, I Cost. come «norma di produzione» che non rinvia, ma immediatamente produce norme interne di contenuto corrispondente a quello delle consuetudini internazionali; a questa tesi aderi- sce, fra i costituzionalisti, V. CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale, II, L’ordinamento costituzio-

nale italiano, 1, Le fonti normative, Padova, 1984, p. 176 s.

(110) V. infra, § 2.4.2.

(111) Cfr. E. ZITELMANN, Geltungsbereich und Anwendungsbereich der Gesetze. Zur Grundlegung

der völkerrechtlichen Theorie des Zwischenprivatrechts, in Aa.Vv., Festgabe der Bonner Juristischen Fakultät für Karl Bergbohm zum 70. Geburtstag, Bonn, 1919, p. 207 ss., nel testo tradotto in lingua ita-

liana, ID., Sfera di validità e sfera di applicazione delle leggi, in Dir. Internaz., 1961, p. 154, che a queste

na internazionalista riferiva all’art. 10, I la qualificazione di “norma sulla produzione” nel primo significato, in quanto attributiva di potestà normativa interna alla fonte con- suetudinaria internazionale; sicché alla qualificazione conseguiva direttamente l’appli- cazione del canone del tempus regit actum. Anche rispetto all’art. 117, I, l’odierna dot- trina costituzionalista ha spesso parlato di “norma sulla produzione” riferendosi implici- tamente al primo significato, di norma qualificatoria della fonte. In effetti, laddove indi- vidua nello Stato e nelle Regioni i soggetti titolari della potestà legislativa, l’art. 117, I è evidentemente una norma di questo tipo. È lecito dubitare, però, che esso mantenga il medesimo carattere anche nella parte in cui individua i tre ordini di limiti all’esercizio di questa potestà: se così fosse, il loro rispetto costituirebbe un presupposto per il legit- timo esercizio della potestà legislativa; ma è evidente che la sussistenza di simile condi- zione potrebbe valutarsi soltanto ex post, giammai ex ante.

Di qui innanzi, ci si occuperà esclusivamente della parte dell’art. 117, I che tratta dei tre ordini di limiti all’esercizio della potestà legislativa, per verificare se essa debba qualificarsi come norma di produzione o come norma sulla produzione. Da quanto so- pra, peraltro, discende che, qualora la si reputi norma sulla produzione, essa dovrebbe appartenere non già alla prima, bensì alla seconda categoria: quella che delimita la sfera di validità ovvero di applicazione delle norme di produzione. E anche qui bisogna di- stinguere: soltanto per le norme di delimitazione della sfera di validità delle altre norme opera il canone del tempus regit actum; mentre le norme di delimitazione della sfera di applicabilità – come annota P. CARNEVALE – assumono a referente «non già il momento

delle norme giuridiche, ad interpretare le parole mediante le quali sono espresse» e a stabilire «in che mo- do debbano essere colmate le lacune dell’ordinamento giuridico»: quest’ultima categoria, però, non viene in rilievo all’interno della presente trattazione. Riprendono la nota classificazione proposta da E. Zitel- mann, nella letteratura italiana più recente, P. CARNEVALE, Osservazioni sparse in tema di norme sulla

normazione e su talune caratteristiche del loro regime giuridico, in Dir. Rom. Attuale, 2003, n. 9, p. 143;

F. MODUGNO, È possibile parlare ancora di un sistema delle fonti?, in www.astrid-on-line.it, 2008, p. 20.

Non del tutto coincidente è la tripartizione proposta da N. BOBBIO, Contributi ad un dizionario giu-

ridico, Torino, 1994, p. 204 s., il quale considera «norme secondarie» sulla produzione normativa «quelle

che: a) regolano le procedure per la formazione delle norme nuove dell’ordinamento […]; b) fissano i li- miti di validità delle norme del sistema nello spazio e nel tempo; c) stabiliscono un ordine gerarchico tra le varie fonti del diritto in modo da permettere l’identificazione della norma valida in caso di contrasto fra norme dello stesso sistema». Diversamente dalle norme secondarie, che stabiliscono i limiti formali alla produzione normativa, quelle che stabiliscono limiti materiali costituirebbero la categoria delle «norme iterate»; e proprio a quest’ultima categoria risulterebbe agevolmente riconducibile la seconda parte del disposto di cui all’art. 117, I Cost. Per uno studio di filosofia analitica sul funzionamento delle norme ite- rate, Cfr. W. OPFERMANN, Sull’interpretazione dei metaoperatori logico-normativi. Con un contributo al-

l’applicazione della logica delle norme in diritto costituzionale, in G. Di Bernardo (a cura di), Logica de- ontica e semantica, Bologna, 1977, p. 167 ss.

costitutivo dei rapporti giuridici cui si applica la norma [di produzione], in tal caso del tutto irrilevante, bensì il momento stesso dell’applicazione» (112).

In questo senso, F. SORRENTINO utilizza l’argomento testuale per affermare che la

disposizione «risulta invero redatta in modo da esprimere una norma sulla produzione», osservando che essa «non incorpora nel testo costituzionale gli obblighi internazionali, ma stabilisce che il legislatore, statale e regionale, nell’esercizio della propria potestà normativa, dovrà rispettarli» (113). In quanto nuove condizioni di legittimo esercizio del- la potestà legislativa, gli eventuali effetti innovativi della novella varrebbero, dunque, soltanto pro futuro, condizionando le leggi successive senza incidere in alcun modo su quelle già approvate.

A questa lettura accede inizialmente la maggior parte degli interpreti intrattenutisi sulla questione (114). A. GUAZZAROTTI, tuttavia, avanza un’obiezione che pretende supe-

rare l’argomento testuale, accusandolo di condurre ad esiti paradossali nella misura in cui, limitando gli effetti innovativi della novella ai soli atti legislativi perfezionatisi do- po la sua entrata in vigore, comporterebbe «ripercussioni discriminatorie» a danno dei più importanti strumenti pattizi di diritto internazionale adottati in passato, fra cui la CEDU (115). In realtà, una discriminazione in questo senso non sembrerebbe sussistere,

giacché tutti i trattati, indipendentemente dal loro momento di stipulazione, verrebbero equiparati nella forza parametrica esercitata nei confronti delle leggi approvate sotto l’imperio dell’attuale art. 117, I (116). Nondimeno, queste osservazioni fanno emergere

(112) Osservazioni sparse in tema di norme sulla normazione e su talune caratteristiche del loro re-

gime giuridico, cit., p. 148. Sull’applicabilità del canone del tempus regit actum in presenza di norme sul-

la produzione giuridica, Cfr. altresì R. GUASTINI, Teoria e dogmatica delle fonti, Milano, 1998, pp. 134 e

172; G. MARAZZITA, Ma la Costituzione è “retroattiva”? (Riflessioni a margine della sentenza n.

12061/98 della Corte di cassazione a sezioni unite), in Giur. Cost., 1999, p. 1400.

(113) Nuovi profili costituzionali dei rapporti tra diritto interno e diritto internazionale e comunita-

rio, cit., p. 1360. Coerentemente, l’A. assegna forza atipica alle leggi di esecuzione dei trattati internazio-

nali, in quanto costituzionalmente imposte ex art. 117, I Cost., configurandole come norme interposte nei giudizi di legittimità costituzionale.

(114) Cfr, P. IVALDI, op. loc. ult. cit.; S. SANTOLI, op. loc. cit.; F. GHERA, op. loc. cit.; G. D’ALES- SANDRO, op. loc. ult. cit. Non impiega l’indicata terminologia, ma aderisce implicitamente all’indirizzo

dottrinale in questione, L. TORCHIA, I vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario nel nuovo Titolo V

della Costituzione, cit., p. 1205 s., laddove afferma che i vincoli comunitari sarebbero stati parificati agli

obblighi costituzionali quali «condizioni di esercizio della potestà legislativa» ed assurgerebbero, pertan- to, «al rango di parametro del giudizio di costituzionalità sulle leggi».

(115) Niente di nuovo sul fronte comunitario?, cit., p. 478 s.

(116) Una discriminazione si avrebbe, invece, nella diversa ipotesi – pure contemplata da A. GUAZ- ZAROTTI, op. loc. ult. cit. – in cui l’art. 117, I Cost. si riferisse ai soli obblighi internazionali ancora da contrarre; ipotesi che, peraltro, non si è ritenuto di analizzare in questo scritto, in quanto priva di alcun serio supporto dottrinale o giurisprudenziale.

un diffuso sentimento di perplessità verso l’ipotesi di diversificare l’intensità del para- metro costituzionale a seconda del momento di approvazione di un atto legislativo (117). Non tarda, dunque, a registrarsi in letteratura un radicale mutamento d’opinione. Mantenendo il riferimento alle medesime categorie ermeneutiche testé illustrate, A. PA- CE sostiene che risulterebbe più «ragionevole» una qualificazione dell’art. 117, I come

«norma di produzione giuridica» (118). Assegna, in tal modo, alla disposizione un auto- nomo contenuto precettivo, tale per cui leggi incompatibili con gli obblighi comunitari o internazionali risulterebbero incostituzionali per violazione diretta della medesima, in- dipendentemente dal loro momento di approvazione. Il che, peraltro, parrebbe necessa- riamente presupporre l’incorporazione a livello costituzionale di tutte le norme espres- sione dei limiti ivi contemplati, ivi comprese le norme internazionali pattizie; ciò che, invece, lo stesso Autore espressamente esclude (119).

Forse, l’apparente incoerenza deriva dall’utilizzazione di una terminologia non del tutto appropriata. L’operatività del canone del tempus regit actum avrebbe potuto esclu- dersi, con maggior congruità, qualificando l’art. 117, I come norma sulla produzione de- limitante non già la sfera di validità, bensì la sfera di applicazione delle norme legislati- ve. In questo caso, il rispetto dei limiti alla legislazione ivi contemplati costituirebbe non già un requisito per il legittimo esercizio della potestà legislativa, ma una mera condizione di efficacia della stessa. Il “comando” costituzionale verrebbe in rilievo solo in coincidenza con l’applicazione concreta e, pertanto, non potrebbe che rivolgersi a tut- te le leggi, indipendentemente dal loro momento di approvazione (120). Siffatta interpre- tazione, inoltre, escludendo che l’inosservanza dei limiti indicati dall’art. 117, I deter- mini ex se un vizio sindacabile in sede di costituzionalità, si porrebbe in linea di conti- nuità con la giurisprudenza Granital per quanto concerne il vincolo comunitario.

La Corte costituzionale, con le sentenze nn. 348 e 349/2007, ha tuttavia accolto in pieno l’interpretazione di A. Pace. Entrambe le pronunce escludono – pur con sfumature diverse – che l’art. 117, I attribuisca rango costituzionale alle norme di origine interna-

(117) Perplessità che emerge anche in A. RUGGERI, Riforma del Titolo V e “potere estero” delle Re-

gioni, cit., p. 27, nota n. 30; nonché – ma con riferimento più generale a tutte le norme riformate dalla L.

Cost. n. 3/2001 – in A. CONCARO, Corte costituzionale e riforma del Titolo V della Costituzione: spunti di

riflessione su alcuni problemi di diritto intertemporale, in Reg., 2001, p. 1335; G. GRASSO, La Corte sal-

va la continuità dell'ordinamento giuridico (di fonti di grado legislativo), ma indebolisce la forza delle (nuove) norme costituzionali di modifica del Titolo V, in www.associazionedeicostituzionalisti.it, 2002.

(118) Problematica delle libertà costituzionali, cit., p. 29. Cfr. altresì F. PATERNITI, op. loc. cit.

(119) A. PACE, op. cit., p. 29 s.

zionale pattizia e fanno, piuttosto, esplicito riferimento al fenomeno dell’interposizione normativa (121). Coerentemente, la violazione del disposto costituzionale potrebbe esse- re solo indiretta, dipendendo dalla violazione di altra norma assunta a parametro inter- posto. L’art. 117, I, dunque, anche per la Corte, risulterebbe privo di contenuti materiali propri: potrebbe essere reso operativo soltanto laddove posto «in stretto collegamento» con le singole norme di volta in volta rilevanti, espresse dai tre ordini di limiti in esso contemplati. In altri termini, non di “norma di produzione” si tratterebbe, ma semmai di “norma sulla produzione” e, più specificamente, di norma delimitante la sfera di validità delle leggi; tant’è che, in entrambe le pronunce, accertata la violazione del parametro interposto, la Corte costituzionale dichiara l’invalidità della legge oggetto di sindacato.

Sennonché, entrambe le pronunce parrebbero viziate da incoerenza nella misura in cui, facendo ricorso allo schema dell’interposizione normativa, ignorano il canone del

tempus regit actum – che opera rispetto al questo genere di norme sulla produzione – e

giudicano, al contrario, come se l’art. 117, I fosse norma di produzione giuridica, diret- tamente violata dalle norme oggetto (122). In ambo le sentenze, invero, le norme oggetto erano leggi approvate in epoca antecedente l’entrata in vigore della novella costituziona- le (123); pertanto, l’applicazione del canone del tempus regit actum avrebbe dovuto con- durre, in ultima istanza, alla dichiarazione d’inammissibilità delle questioni sollevate (124). Per salvaguardare la coerenza interna di queste pronunce, occorrerebbe allora sostenere che l’art. 117, I non solo vieti al legislatore di operare in contrasto con i limiti ivi con-

(121) Cfr. sent. n. 349/2007, cit., C.i.d. n. 6.2, laddove esclude «che con l’art. 117, primo comma,

Cost., si possa attribuire rango costituzionale alle norme contenute in accordi internazionali, oggetto di una legge ordinaria di adattamento». Cfr. altresì sent. n. 348/2007, cit., C.i.d. n. 4.5, laddove afferma che le norme in questione fungerebbero da parametro interposto nel giudizio di legittimità costituzionale ex art. 117, I Cost. ed avrebbero, pertanto, «rango subordinato alla Costituzione, ma intermedio tra questa e la legge ordinaria». Quest’ultima puntualizzazione è stata fortemente criticata da S.M. CICCONETTI, Crea-

zione indiretta del diritto e norme interposte, in www.associazionedeicostituzionalisti.it, 2008, il quale

rileva come la violazione di una norma interposta ridondi in una violazione del parametro costituzionale non già in ragione del particolare rapporto intercorrente tra essa e la norma oggetto di sindacato – che di- penderebbe unicamente dalla loro veste formale – bensì in ragione del rapporto di gerarchia sussistente tra il parametro costituzionale e la stessa norma oggetto.

(122) V. SCIARABBA, Nuovi punti fermi (e questioni aperte) nei rapporti tra fonti e corti nazionali ed

internazionali, cit., p. 3589. Cfr. altresì F. SORRENTINO, Apologia delle “sentenze gemelle” (brevi note a

margine delle sentenze nn. 348 e 349/2007 della Corte costituzionale), in Dir. Soc., 2009, p. 217.

(123) La sent. n. 348/2007 dichiara costituzionalmente illegittimi i comma 1 e 2 dell’art. 5-bis, D.L.

11.07.1992, n. 333, convertito con modificazioni in L. 08.08.1992, n. 359 (nonché, in via consequenziale, l’art. 37, I e II, T.U. disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica uti- lità). La sent. n. 349/2007, a sua volta, dichiara costituzionalmente illegittimo il comma 7-bis del mede- simo articolo, introdotto dall’art. 3, comma 65, L. 23.12.1996, n. 662. La L.Cost. n. 3/2001 sarebbe entra- ta in vigore soltanto in data 08.11.2001.

(124) Cfr. G. BELFIORE, Costituente, legislatore e corti, cit., p. 27: «si sarebbe dovuta segnalare l’in-

templati, ma altresì gl’imponga di adeguare la legislazione interna in modo da assicu- rarne l’osservanza (125): la dichiarazione d’incostituzionalità sanzionerebbe, così, il mancato adeguamento della norma oggetto incompatibile. Come si vedrà nel prosieguo, questa ipotesi ermeneutica presenta profili di elevata problematicità (126).

La risposta alla prima delle questioni intertemporali prospettate in apertura del pre- sente paragrafo risulta, in definitiva, assai articolata. Configurando l’art. 117, I come norma sulla produzione delimitante la sfera di validità della produzione legislativa, i re-

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