3. Il limite degli obblighi internazional
3.3. La difficile ricostruzione della portata del limite; considerazioni alla luce del prin cipio di supremazia del Parlamento
3.3.1. I trattati non ancora o non adeguatamente recepiti: la controversa determina zione della norma assunta a parametro interposto
Si è sinora appurato che il limite degli obblighi internazionali deve preferibilmente interpretarsi come condizione negativa per il legittimo esercizio della funzione legislati- va ordinaria, che non incide direttamente sulla complessiva configurazione delle rela- zioni con l’ordinamento internazionale, ma che si limita ad offrire alla generalità delle norme pattizie una copertura la quale si affianca – e non già si sovrappone – a quella più (o parimenti) intensa accordata a taluni specifici trattati da altri disposti costituzionali. A questo punto, prima di passare a verificare quali siano le conseguenze della violazione del limite, risulta prioritario ricostruire con precisione la portata del medesimo. Si tratte- rà di uno sforzo ermeneutico impegnativo, tali e tante sono le questioni che, sul punto, tuttora dividono gli interpreti: dalla vincolatività dei trattati non ancora o non adegua- tamente recepiti, a quella dei trattati conclusi in forma semplificata; dal ruolo della normazione derivata, emanata dalle organizzazioni internazionali a ciò competenti, a quello degli accordi ed intese stipulati ex art. 117, IX Cost. dalle Regioni. Affiora, inol- tre, in letteratura, la proposta di limitare in via ermeneutica la portata del limite a favore delle sole Carte internazionali sulla protezione dei diritti umani. Tali problematiche an- dranno tutte affrontate tenendo conto del particolare approccio metodologico che si è prescelto per quest’analisi: alla luce, cioè, del principio di supremazia del Parlamento.
La questione più spinosa è probabilmente quella che concerne i trattati già perfezio- nati sul piano dell’ordinamento internazionale, ma non ancora o non adeguatamente re- cepiti sul piano interno. Si dà qui per presupposto il mantenimento di un’impostazione tendenzialmente dualista nella configurazione dei rapporti interordinamentali, benché la stessa debba in fondo ricondursi a mera tradizione o consuetudine interpretativa costitu- zionale. Ci si chiede, però, se, pur in mancanza di un atto interno di esecuzione, il tratta-
(69) Cfr. art. 39.1, L. Cost. 18.11.2005, la cui entrata in vigore avrebbe comportato la soppressione
to internazionale che ancora non trova applicazione nel contesto dei rapporti intersog- gettivi, ma che nondimeno già obbliga lo Stato italiano sul piano internazionale, possa ciò malgrado, in virtù dell’art. 117, I, vincolare immediatamente l’esercizio della pote- stà legislativa interna. In caso di risposta positiva, il nuovo disposto costituzionale san- cirebbe il (parziale) superamento di uno dei capisaldi della tradizione dualista: il princi- pio della radicale irrilevanza del diritto internazionale per il diritto interno, prima dell’adozione delle necessarie procedure di adattamento (70).
Si tratta di comprendere se la garanzia costituzionale operi a favore dell’obbligo in- ternazionale in quanto tale, ovvero a favore del relativo strumento interno di esecuzione: se esso vincoli il legislatore ex se, ovvero necessiti della mediazione di una legge inter- na per assumere rilevanza nel nostro ordinamento anche quale condizione di legittimità delle leggi successive. Nel primo caso, il parametro costituzionale di cui all’art. 117, I sarebbe integrato direttamente dall’obbligo internazionale; nel secondo, sarebbe invece la relativa legge di esecuzione ad assumere la funzione di parametro interposto. La dot- trina è sul punto divisa; e né l’art. 1, L. n. 131/2003, né le sentenze della Corte costitu- zionale hanno fornito apporti risolutivi per accedere all’uno o all’altro orientamento.
F. GHERA fa leva sulla formulazione letterale dell’art. 117, I per sostenere che il li-
mite alla legislazione discenderebbe direttamente «dagli obblighi internazionali», quindi dalle norme che tali obblighi impongono sul piano dell’ordinamento internazionale (71).
(70) Cfr. P. IVALDI, L’adattamento del diritto interno al diritto internazionale, cit., p. 119. Secondo
D. PORENA, L’evoluzione dei rapporti tra ordinamento interno ed ordinamento internazionale alla luce
della revisione costituzionale e della recente giurisprudenza della Corte costituzionale, cit., p. 19, il supe-
ramento del principio dell’irrilevanza del diritto internazionale non ancora recepito non implicherebbe il superamento altresì della configurazione (tendenzialmente) dualista dei rapporti interordinamentali, giac- ché non sancirebbe un integrale adattamento automatico dell’ordinamento interno, bensì un più limitato «adattamento parziale automatico» agli obblighi internazionali: «Occorre in altre parole scindere l’effica- cia del Trattato: immediatamente vincolante per la legislazione interna, non ancora produttivo di effetti (in assenza di legge di attuazione) nei rapporti intersoggettivi». Cfr. altresì F. SALERNO, Il neo-dualismo
della Corte costituzionale nei rapporti tra diritto internazionale e diritto interno, cit., p. 340 ss., il quale
preferisce parlare di «neo-dualismo», notando come l’art. 117, I abbia formalmente recepito alcuni atteg- giamenti che già da tempo la Corte costituzionale andava assumendo, volti a mitigare talune ricadute dogmatiche dell’impostazione rigidamente dualista – ritenute inutilmente pervasive – a garanzia di un più ampio rispetto del diritto internazionale pattizio.
(71) I vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali nei confronti
della potestà legislativa dello Stato e delle Regioni, in F. Modugno, P. Carnevale (a cura di), Trasforma- zioni nella funzione legislativa. Rilevanti novità in tema di fonti del diritto dopo la riforma del Titolo V della II Parte della Costituzione, Milano, 2003, p. 71. Cfr. altresì F. PIZZETTI, I nuovi elementi “unifican-
ti” del sistema costituzionale italiano, in Ist. Federalismo, 2002, p. 241; A. GUAZZAROTTI, Niente di nuo-
vo sul fronte comunitario?, cit., p. 482; T. TREVES, Diritto internazionale. Problemi fondamentali, cit., p. 693; G. GAJA, Il limite costituzionale del rispetto degli “obblighi internazionali”: un parametro definito
solo parzialmente, in Riv. Dir. Internaz., 2008, p. 137; V. SCIARABBA, Il problema dei rapporti tra (leggi
In questo modo, incorrerebbe nella violazione del limite soltanto l’attività legislativa – statale o regionale – che sia suscettibile di dar luogo a un illecito internazionale da parte dell’Italia. I trattati internazionali andrebbero, dunque, interpretati secondo le categorie ermeneutiche proprie del diritto internazionale, non già secondo quelle invalse per l’in- terpretazione del diritto interno (72). Inoltre, tutte le norme legislative potrebbero essere oggetto di sindacato per eventuale difetto di conformità rispetto all’obbligo internazio- nale, ivi compresa la stessa legge che ad esso dia esecuzione.
Peraltro, il ricorso all’argomento letterale risulta assai debole a fronte di una dispo- sizione talmente ambigua come quella espressa dall’art. 117, I (73). In letteratura si sono, quindi, avanzate ulteriori e diverse argomentazioni a sostegno di questo stesso orienta- mento. F. SORRENTINO, muovendo dalla premessa – che qui non si ritiene opportuno ac-
cogliere (74) – secondo cui il disposto costituzionale imporrebbe anche un obbligo posi- tivo di adeguamento al diritto internazionale pattizio, ritiene che il limite in parola risul- terebbe violato pure da un’inattività del legislatore ordinario, il quale ometta di adottare leggi interne di esecuzione dei trattati internazionali regolarmente stipulati (75).
Altra parte della dottrina ha evidenziato che soltanto ove si consideri che la norma internazionale integri direttamente il parametro costituzionale, le vicende della prima nell’ambito dell’ordinamento di appartenenza potrebbero poi riflettersi sull’operatività del secondo, conferendogli la necessaria flessibilità (76). Le norme internazionali, cioè, vincolerebbero il legislatore interno sin dal momento del loro valido perfezionamento nell’ordinamento d’origine, mediante deposito degli strumenti di ratifica, ma perdereb- bero immediatamente questa loro forza paradigmatica al momento stesso della loro e- stinzione. Dovrebbe negarsi portata vincolante agli accordi conclusi in grave violazione delle norme interne sulla competenza a stipulare, così come in tutti gli altri casi per i quali il diritto internazionale contempli cause d’invalidità (77). Resterebbero, inoltre, e- sonerati dal rispetto del limite tutti gl’interventi legislativi che siano diretti a sottrarre lo
tuzionale (a margine della sentenza della Corte costituzionale n. 39 del 2008), in www.forumcostituziona- le.it, 2008, p. 2 s.
(72) Cfr. T. TREVES, op. cit., p. 692.
(73) V. più approfonditamente infra, § 3.3.5.
(74) V. supra, § 2.5.
(75) Nuovi profili costituzionali dei rapporti tra diritto interno e diritto internazionale e comunita-
rio, cit., p. 1357. Cfr. altresì A. ANZON, I poteri delle Regioni dopo la riforma costituzionale: il nuovo re-
gime e il modello originario a confronto, Torino, 2002, p. 225; F. CORVAJA, Gli obblighi internazionali
nelle sentenze nn. 348 e 349 del 2007, cit., p. 406 s.
(76) Cfr. F. GHERA, op. cit., p. 71; D. PORENA, op. cit., p. 13.
Stato dagli obblighi convenzionalmente assunti, nel rispetto delle forme all’uopo previ- ste dal diritto internazionale: oltre alla legittima denuncia dei trattati (78), lo Stato man- terrebbe altresì il potere di adottare contromisure nei confronti delle controparti che non rispettino gli impegni contratti (79).
Ulteriori argomenti, L. VIOLINI li trae dall’art. 1, L. n. 131/2003, di attuazione
dell’art. 117, I Cost., il quale, facendo esplicito riferimento ai trattati internazionali co- me limite di legittimità della legislazione ordinaria, dimostrerebbe la volontà politica di estendere la portata del vincolo anche ai trattati ratificati ma non ancora resi esecutivi (80). In realtà, altra parte della letteratura ha rilevato come una simile volontà politica non emerga né dalla lettera dell’art. 1, né dai relativi lavori parlamentari (81). E, comunque, l’attuazione di un disposto costituzionale da parte del legislatore ordinario non potrebbe costituire argomento decisivo in ordine alla sua interpretazione, specie allorché si tratti di vincolare la successiva produzione legislativa.
Quanto alla giurisprudenza costituzionale, già si è rilevato come la sentenza n. 348/2007, nel suo incedere argomentativo, si riferisca sempre direttamente alla norma internazionale invocata quale parametro interposto, anziché alla relativa legge di esecu- zione (82). Secondo G. GAJA, ciò denoterebbe una certa svalutazione della funzione
svolta dalle leggi di esecuzione, che la stessa sentenza afferma essere altresì inidonee a rendere le norme pattizie direttamente applicabili nell’ordinamento interno, pur quando
(78) Su cui Cfr. L.S. ROSSI, Gli obblighi internazionali e comunitari nella riforma del titolo V della
Costituzione, in www.forumcostituzionale.it, 2002; G. GEMMA, Rispetto dei trattati internazionali: un
nuovo obbligo del legislatore statale, in Quad. Cost., 2002, p. 607.
(79) Cfr. A. GUAZZAROTTI, op. ult. cit., p. 483: «Ecco che, allora, il giudice, sia quello comune che
quello costituzionale, dovranno verificare se una legge (o un atto amministrativo), pur contraria al vincolo internazionale, non si giustifichi come misura di autotutela».
(80) Il potere estero delle Regioni e delle Province autonome. Commento all’art. 1, comma I, e agli
artt. 5 e 6, in G. Falcon (a cura di), Stato, Regioni ed enti locali nella legge 5 giugno 2003, n. 131, Bolo-
gna, 2003, p. 118. Cfr. altresì F.G. PIZZETTI, Commento all’art. 1, in Aa. Vv., Il nuovo ordinamento della
Repubblica. Commento alla legge 5 giugno 2003, n. 131 (“La Loggia”), Milano, 2003, p. 26. Va ancora
più in là C. PINELLI, Art. 1. Attuazione dell’art. 117, primo e terzo comma, della Costituzione in materia
di legislazione regionale, cit., p. 20, il quale si concentra sull’approvazione, nel corso dei lavori prepara-
tori, di un emendamento volto a sopprimere dalla disposizione il riferimento specifico ai soli trattati inter- nazionali «ratificati a seguito di legge di autorizzazione»: questa modifica avrebbe esteso l’area del limite legislativo persino «ai trattati internazionali non ancora ratificati e a quelli non soggetti a ratifica». Sui lavori preparatori della L. n. 131/2003, V. supra, § 3.1., nota n. 25.
(81) Cfr. L. BARTOLOMEI, La garanzia costituzionale dei trattati alla luce della legge 5 giugno
2003 n. 131 contenente disposizioni per l’adeguamento alla Legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3,
cit., p. 864, nota n. 37, che, peraltro, ritiene che proprio il silenzio del legislatore su questo punto costitui- sca ulteriore indizio a favore dell’orientamento secondo cui «la legge di autorizzazione alla ratifica baste- rebbe, da sola, a fare operare i limiti alla potestà legislativa». Cfr. altresì D. PORENA, op. cit., p. 18.
dotate di contenuti self-executing (83). Constatando, inoltre, che «la ricostruzione del li- mite di legittimità con riferimento a “fonti interposte” [...] non implica necessariamente che una tale fonte sia costituita da una legge», l’A. giunge alla conclusione che fonti in- terposte debbano considerarsi pure i trattati ratificati ma non ancora recepiti (84).
Nessuna di queste notazioni pare, tuttavia, risolutiva. Il contesto in cui si colloca la richiamata statuizione della sentenza n. 348/2007 induce, invero, a ritenere che la Corte costituzionale sia quivi incorsa in un mero errore terminologico: essa non avrebbe inte- so negare alle norme CEDU la – da tempo pacifica – capacità di produrre, per mezzo del-
la relativa legge di esecuzione, diritti ed obblighi in capo ai soggetti che operano nello Stato, senza l’ulteriore mediazione di qualsiasi altra norma interna; avrebbe, piuttosto, inteso negare che le stesse norme godano di quell’“efficacia diretta” che è, invece, no- zione propria del solo diritto comunitario, coincidente con l’applicazione immediata e preferente anche in mancanza di atti interni di recepimento (85). Inoltre, pare plausibile ritenere che i riferimenti diretti alle norme convenzionali nella sentenza in parola altro non rappresentino che una mera tecnica argomentativa, che si appunta su ciò che costi- tuisce parametro interposto sotto il profilo sostanziale anziché sotto quello formale (86).
Tant’è che la sentenza n. 349/2007, espressamente, qualifica come interposte le «norme contenute in accordi internazionali, oggetto di una legge ordinaria di adattamento» (87).
In definitiva, non pare risolutivo nessuno degli argomenti avanzati dalla letteratura a sostegno dell’orientamento che vuole il limite degli obblighi internazionali incarnato di- rettamente dalle norme internazionali rilevanti. Si è fatto strada, pertanto, l’opposto o- rientamento secondo cui il parametro costituzionale potrebbe essere integrato soltanto
(83) Il limite costituzionale del rispetto degli “obblighi internazionali”, cit., p. 138. Cfr. Corte cost.,
sent. n. 348/2007, cit., C.i.d. n. 3.3.
(84) G. GAJA, op. cit., p. 137 s. Cfr. altresì F. BIONDI, Oggetto e parametro, in R. Balduzzi, P. Co-
stanzo (a cura di), Le zone d’ombra della giustizia costituzionale. I giudizi sulle leggi, Torino, 2007, p. 79 ss. Cfr., tuttavia, N. PIGNATELLI, Le sentenze della Corte costituzionale nn. 348 e 349 del 2007, cit., p. 143, secondo cui il metodo di sindacato costituzionale adottato dalle sentenze nn. 348 e 349/2007 non a- derirebbe, in realtà, al generale modello di sindacato per norma interposta, ma sarebbe intimamente con- nesso alla speciale natura delle norme che s’interpongono all’applicazione dell’art. 117, I, Cost.: fonti d’origine esterna, rispetto alle quali si imporrebbe una dilatazione del sindacato di costituzionalità, che lascerebbe sempre aperta la possibile trasformazione del peculiare parametro interposto invocato in nuovo oggetto del sindacato di costituzionalità.
(85) Cfr., in questo senso, M.L. PADELLETTI, L’esecuzione delle sentenze della Corte europea dei
diritti umani tra obblighi internazionali e rispetto delle norme costituzionali, cit., p. 349 ss.; B. CONFOR- TI, Atteggiamenti preoccupanti della giurisprudenza italiana sui rapporti fra diritto interno e trattati in-
ternazionali, in Dir. Umani Dir. Internaz., 2008, p. 581 ss.
(86) Cfr. G. BIANCHI, L’efficacia dei trattati internazionali alla luce dell’art. 117, comma 1 della
Costituzione. Note a margine delle sentenze 348/07 e 349/07 della corte costituzionale, in www.alta- lex.com, 2008.
dalla normativa interna che ad esse dia esecuzione sul piano domestico. In questo senso, parrebbe persuasivo l’appunto di A. BARBERA, per il quale l’estensione del limite ai trat-
tati ratificati ma non ancora recepiti determinerebbe uno squilibrio nelle relazioni fra Parlamento e Governo a favore di quest’ultimo, competente non solo a stipulare ma al- tresì a stabilire in prima battuta se un trattato internazionale rientri o meno tra quelli per i quali l’art. 80 Cost. richiede un previo intervento legislativo di autorizzazione alla rati- fica: il principio di supremazia del Parlamento imporrebbe, dunque, di restringere la portata del limite «ai soli obblighi assunti dallo Stato previa autorizzazione parlamenta- re alla ratifica, e accompagnati da una legge di esecuzione» (88).
Questo secondo orientamento può giovarsi di una maggiore conformità alla tradi- zionale dottrina dualista della separazione fra gli ordinamenti. B. CARAVITA DI TORITTO,
muovendo dal presupposto che l’art. 117, I non incide sul regime di adattamento del- l’ordinamento interno alle norme internazionali, esclude che esso possa in alcun modo alterare l’invalso principio d’indifferenza dell’ordinamento interno, secondo il quale tali stesse norme resterebbero prive di alcuna rilevanza sino al momento del loro formale ingresso nell’ordinamento stesso mediante appositi strumenti di recepimento; pertanto, «gli obblighi internazionali che vanno rispettati dal legislatore» sarebbero «solo quelli che entrano nell’ordinamento italiano con forza di legge o superiore alla legge» (89). In- fatti, se i trattati internazionali già ratificati ma non ancora recepiti restano radicalmente indifferenti per l’ordinamento interno, essi non potrebbero neppure operare alla stregua di parametro interposto nei giudizi di legittimità costituzionale. Sarebbero, dunque, le sole leggi di esecuzione a trovare copertura costituzionale nell’art. 117, I.
Contro questa ricostruzione, s’è obiettato in letteratura che la copertura costituzio- nale di cui verrebbero a godere le leggi di esecuzione finirebbe per renderle indisponibi- li per il legislatore ordinario, anche nell’ipotesi in cui questi intendesse adottare diverse discipline pur sempre compatibili con gli obblighi internazionali incombenti sullo Sta-
(88) I (non ancora chiari) “vincoli” internazionali e comunitari nel primo comma dell’art. 117 del-
la Costituzione, in Corte cost. (a cura di), Diritto comunitario e diritto interno. Atti del seminario svoltosi in Roma Palazzo della Consulta, 20 aprile 2007, Milano, 2008, p. 108. Cfr. altresì G. MELIS, Vincoli in-
ternazionali e norma tributaria interna, in Riv. Dir. Trib., 2004, I, p. 1095.
(89) La Costituzione dopo la riforma del Titolo V, cit., p. 116 s. Cfr. altresì G. GEMMA, op. cit., p.
605; U. DRAETTA, Il difficile rapporto della Cassazione con l’art. 117, co. 1, della Costituzione, in Dir.
Un. Eur., 2005, p. 565; F. BIONDI, op. cit., p. 87; C. PANARA, Il diritto internazionale nell’ordinamento
interno, cit., p. 9; A. BONOMI, Il “limite” degli obblighi internazionali nel sistema delle fonti, cit., p. 244
ss. Altra parte della dottrina ritiene, poi, che la copertura costituzionale possa operare anche a favore di atti normativi di recepimento non dotati di forma legislativa: Cfr. A. ANZON, op. cit., p. 225; A. RUGGERI,
Fonti, norme, criteri ordinatori, cit., p. 148 s.; ID., Il “posto” delle norme internazionali e comunitarie in
to (90). Gran parte della dottrina e finanche la giurisprudenza costituzionale hanno, inve- ro, ritenuto che l’art. 117, I collochi le leggi di esecuzione dei trattati internazionali a li- vello superprimario, conferendo loro un rango gerarchico intermedio tra quello delle leggi ordinarie e quello delle leggi costituzionali (91). Se realmente si trattasse di leggi atipiche sotto il profilo formale, però, nessuna loro modifica sarebbe più possibile per via ordinaria, indipendentemente dal fatto che i loro contenuti si conformino in modo pedissequo a quelli dei trattati cui danno esecuzione, o percorrano solo una delle possi- bili vie attraverso cui raggiungere i risultati che essi impongono. La conseguente com- pressione della supremazia parlamentare sarebbe, pertanto, ingiustificata in quanto su- perflua, potendosi garantire il rispetto degli obblighi internazionali anche senza preclu- dere in radice nuovi interventi legislativi (92).
In realtà, il fenomeno dell’interposizione normativa – cui fanno riferimento tanto la dottrina testé richiamata, quanto la Corte costituzionale – non sempre sottende una pre- valenza gerarchica della norma assunta a parametro interposto su quella oggetto dello scrutinio di costituzionalità. Una norma costituzionale può, infatti, imporre alla legge il rispetto di condizioni di validità ulteriori, rimandando ad altra fonte la determinazione del relativo contenuto, senza per questo instaurare un rapporto gerarchico diretto tra la legge stessa e l’ulteriore fonte in questione. In questi casi, la «relazione di validità» si instaura pur sempre tra la Costituzione e la legge che è tenuta ad osservare quanto di- sposto da altra fonte, non già tra quest’ultima e la legge (93).
(90) Cfr. D. PORENA, op. cit., p. 13 s.; C. PANARA, op. cit., p. 9.
(91) Per la letteratura, Cfr. G.F. FERRARI, Il primo comma dell’art. 117 della Costituzione e la tute-
la internazionale dei diritti, cit., p. 1852; G. GERBASI, I vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e
dagli obblighi internazionali nel nuovo Titolo V Cost., cit., p. 303; L. DE BERNARDIN, Gli obblighi inter-
nazionali come vincolo al legislatore, cit., p. 2059; U. DRAETTA, op. cit., p. 565. Altri Autori parlano di
forza passiva atipica (rinforzata), senza però giungere a teorizzare un innalzamento di grado gerarchico delle leggi di esecuzione dei trattati internazionali: Cfr. F. SORRENTINO, Nuovi profili costituzionali dei
rapporti tra diritto interno e diritto internazionale e comunitario, cit., p. 1358; P. CARETTI, Il limite degli
obblighi internazionali e comunitari per la legge dello Stato e delle Regioni, cit., p. 6; P. CAVALERI, Arti-
colo 1, cit., p. 6 s.; A. RUGGERI, Fonti, norme, criteri ordinatori, cit., p. 151. Per la giurisprudenza, Cfr.
Corte cost., sent. n. 348/2007, cit., C.i.d. n. 4.5, ove si afferma che la struttura dell’art. 117, I Cost. «si presenta simile a quella di altre norme costituzionali, che sviluppano la loro concreta operatività solo se poste in stretto collegamento con altre norme, di rango sub-costituzionale, destinate a dare contenuti ad un parametro che si limita ad enunciare in via generale una qualità che le leggi in esso richiamate devono possedere. Le norme necessarie a tale scopo sono di rango subordinato alla Costituzione, ma intermedio tra questa e la legge ordinaria».
(92) Cfr. A. GUAZZAROTTI, La Consulta “guarda in faccia” gli obblighi internazionali e la CEDU,
cit., p. 278, il quale parla di «un modello che, nel fare chiarezza sui rapporti tra fonti, tende a irrigidirli e a far perdere la fluidità tipica dell’interpretazione domestica “aperta” alle fonti internazionali ed europee».