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Le conseguenze della violazione del limite: la soluzione adottata dalla Giurispru denza costituzionale e le sue ragioni; possibili alternative

3. Il limite degli obblighi internazional

3.4. Le conseguenze della violazione del limite: la soluzione adottata dalla Giurispru denza costituzionale e le sue ragioni; possibili alternative

Definita l’estensione del limite degli obblighi internazionali, resta ora da analizzare quali conseguenze importi la sua eventuale violazione. Si può in partenza escludere che le relazioni tra fonti internazionali e fonti interne seguitino a reggersi interamente sul criterio cronologico – salva l’entrata in gioco del criterio di specialità, ratione materiae,

ratione personarum o sui generis – così come accadeva prima della novella costituzio-

nale. Ciò equivarrebbe a negare tout court la portata innovativa dell’art. 117, I Cost.; ma già si è detto delle falle teoriche in cui cadono le teorie che n’escludono in radice l’inci- denza sul sistema delle fonti (217).

Astrattamente, la violazione di un obbligo internazionale vincolante, che non sia possibile ricomporre mediante strumenti ermeneutici, potrebbe essere sanzionata in termini d’invalidità ovvero d’incompetenza della norma interna contrastante (218). De- terminante, a tal proposito, è la configurazione dogmatica complessiva che si ritenga di assegnare all’art. 117, I. Nell’ipotesi in cui si riconosca immediata portata precettiva al disposto costituzionale, qualificandolo come norma di produzione, si ravviserebbe sen- z’altro una violazione diretta della Costituzione, da sanzionarsi in termini d’invalidità (illegittimità costituzionale) della norma interna. Nella diversa ipotesi in cui l’art. 117, I non assorba in sé le norme internazionali ma semplicemente le abiliti a condizionare l’e- sercizio delle potestà normative in ambito domestico, operando alla stregua di norma sulla produzione, la risposta al quesito dovrebbe articolarsi a seconda dell’intensità qua- litativa che s’intenda assegnare a tale condizionamento. Se il rispetto degli obblighi in- ternazionali fosse condizione per il valido esercizio delle potestà normative interne, conseguenza della violazione sarebbe – ancora una volta – l’illegittimità costituzionale della produzione normativa irriguardosa del limite. Se, invece, esso fosse mera condi- zione di applicabilità della stessa produzione normativa, le fonti interne dovrebbero re-

(217) V. supra, § 2.2.

(218) Ancorché l’art. 117, I Cost. si riferisca esclusivamente all’esercizio della potestà legislativa

(ordinaria), deve ritenersi che il limite degli obblighi internazionali valga a fortiori anche per i processi di produzione normativa a livello gerarchico sublegislativo: in caso contrario sarebbe sufficiente il ricorso alla tecnica della delegificazione al fine di eludere il rispetto del limite. Ciò posto, è evidente che se l’in- frazione fosse sanzionata in termini d’incompetenza, spetterebbe alla generalità degli interpreti dare ap- plicazione in suo luogo alla diversa norma (interna) da ritenersi competente. Se, invece, si ragionasse in termini d’invalidità, competenti a dichiararla e sanzionarla mediante annullamento sarebbero i soli organi giurisdizionali cui l’ordinamento riconosce questa competenza: la Corte costituzionale rispetto alle fonti legislative; i giudici amministrativi rispetto alle fonti regolamentari.

putarsi incompetenti a dettare discipline che contrastino con gli obblighi internazionali rilevanti e le previsioni che eccedano detto limite resterebbero, di conseguenza, prive di efficacia nella regolazione dei rapporti intersoggettivi.

Già si sono illustrati i motivi che inducono a preferire una configurazione comples- siva dell’art. 117, I come norma sulla produzione del primo tipo (219), benché ciò rischi di rivoluzionare le tecniche di risoluzione delle antinomie tra norme interne e norme comunitarie, all’insegna del criterio gerarchico. Non è detto, peraltro, che un controllo di validità delle leggi debba necessariamente svolgersi nelle forme previste dall’art. 134, primo capoverso, Cost., perché il meccanismo accentrato di controllo costituzionale non è un principio supremo dell’ordinamento (220) e, in linea teorica, la L.Cost. n. 3/2001 potrebbe averlo derogato per le violazioni dell’art. 117, I (221). Quest’ipotesi ermeneuti- ca è stata coltivata in letteratura, sia pure problematicamente, argomentando la possibile introduzione di un controllo diffuso di validità delle leggi sulla base dell’accostamento del limite degli obblighi internazionali al vincolo comunitario: tale accostamento lasce- rebbe, infatti, supporre una «sostanziale assimilazione» pure sul piano dei meccanismi d’invalidazione delle norme interne, comunque fondati sul criterio gerarchico per viola- zione (indiretta) di un precetto costituzionale (222).

(219) V. supra, §§ 2.4. e 2.5.

(220) Lo ritiene, invece, principio fondamentale dell’ordinamento S. CATALANO, L’incidenza del

nuovo articolo 117, comma I, Cost. sui rapporti fra norme interne e norme comunitarie, in N. Zanon (a

cura di), Le Corti dell’integrazione europea e la Corte costituzionale italiana, Napoli, 2006, p. 144; ma sul punto V. infra, § 4.4.2.

(221) Lo esclude in radice A. RUGGERI, Riforma del Titolo V e “potere estero” delle Regioni, cit., no-

ta n. 60, secondo cui l’ipotesi «non dispone di alcun appoggio teorico a suo sostegno, da nessuna norma di diritto interno o internazionale risultando prescritte le modalità con cui assicurare il rispetto degli ob- blighi di diritto esterno»: l’art. 117, I Cost. si limiterebbe, infatti, ad imporre al legislatore l’osservanza degli obblighi internazionali, senza occuparsi dei meccanismi processuali con cui garantirne il rispetto. Al contrario, L. VIOLINI, Il potere estero delle Regioni e delle Province autonome, cit., p. 122, lamenta la «genericità della norma dell’art. 117, 1° comma (e poi anche della norma attuativa)», che lascerebbe aper- ta la possibilità d’individuare differenti modalità per sanzionarne l’inosservanza.

(222) L. VIOLINI, op. cit., p. 123; Cfr. altresì G.F. FERRARI, Il primo comma dell’art. 117 della Costi-

tuzione e la tutela internazionale dei diritti, cit., p. 1854. Entrambi gli AA. ipotizzano la possibile disap-

plicazione da parte dei giudici comuni delle leggi che violino gli obblighi internazionali vincolanti ai sen- si dell’art. 117, I Cost., dopo aver sostenuto che gli stessi operino come parametro interposto di costitu- zionalità e condizionino, pertanto, il legittimo esercizio della potestà legislativa interna. Cfr. altresì C. PI- NELLI, Sul trattamento giurisprudenziale della CEDU e delle leggi con essa confliggenti, cit., p. 3524 s.,

che incentra la propria analisi sulle conseguenze di un giudizio di costituzionalità accentrato sulla compa- tibilità delle leggi interne con norme CEDU: l’effetto sarebbe quello di spezzare il circuito diretto tra giu-

dici nazionali e Corte di Strasburgo, indicando a destinatario delle pronunce di quest’ultima esclusiva- mente il legislatore nazionale; di fronte agli eventuali inadempimenti del legislatore, però, potrebbe farsi ricorso al giudizio di costituzionalità soltanto in presenza di una legge incompatibile con gli obblighi convenzionali, la quale si presterebbe a formare oggetto del sindacato accentrato di costituzionalità, men- tre, qualora mancasse una legge da assumere a norma oggetto, diverrebbe impossibile per i giudici comu-

In prospettiva comparata, non mancano nel nostro intorno esperienze costituzionali che hanno adottato un controllo diffuso di “convenzionalità” delle leggi, in contrapposi- zione al generale controllo accentrato di costituzionalità. In Francia, l’art. 55 della Co- stituzione della V Repubblica attribuisce espressamente ai trattati internazionali rego- larmente ratificati o approvati «une autorité supérieure à celle des lois», benché sotto condizione di reciprocità (223). Ciò nondimeno, il Conseil constitutionnel ha sempre e- scluso che essi rientrino nel bloc de constitutionnalité e che, pertanto, spetti a se stesso assicurarne la prevalenza sulle leggi interne: bloccare l’entrata in vigore di una legge perché contrastante con un trattato sarebbe, infatti, misura eccessiva, giacché la preva- lenza di quest’ultimo deve restare materialmente circoscritta al suo ambito specifico d’applicazione e, comunque, subordinata alla puntuale verifica del rispetto della condi- zione di reciprocità (224). Spetta, pertanto, alle giurisdizioni ordinaria ed amministrativa sanzionare volta per volta, mediante lo strumento della disapplicazione, l’invalidità del- le leggi interne che contrastino con trattati internazionali, limitandosi invece ad applica- re i normali criteri di risoluzione delle antinomie in caso di mancato rispetto della con- dizione di reciprocità (225).

In Spagna, l’art. 96, I della Costituzione del 1978 preclude alla legislazione interna di derogare, modificare o sospendere l’applicazione dei trattati regolarmente stipulati, se non in accordo con le norme internazionali rilevanti. La letteratura spagnola è tuttora divisa tra quanti ritengono che l’indebita violazione di un trattato da parte di una legge determini l’invalidità di quest’ultima, per contrasto con una norma gerarchicamente so- vraordinata, e quanti, invece, propendono per la sua mera inefficacia per difetto di com-

ni continuare a svolgere un’opera di supplenza nei confronti del legislatore inadempiente, che sola con- sentirebbe allo Stato di prestare rispetto agli obblighi internazionali sorti nel sistema CEDU.

(223) Hanno accostato l’art. 117, I Cost. all’art. 55 della Costituzione francese della V Repubblica L.

ELIA, Introduzione, cit., p. 10; L. DE BERNARDIN, Gli obblighi internazionali come vincolo al legislatore:

la “lezione” francese, cit., p. 2040.

(224) Cfr. décision n. 54 del 15.01.1975, in Journal Officiel, 16.01.1975, p. 671 ss. Cons. nn. 4 ss.

(225) Se, peraltro, la Cour de Cassation iniziò immediatamente a far uso di tale competenza, il Con-

seil d’Etat, al contrario, rifiutò a lungo di operare siffatto contrôle de conventionnalité, ritenendo che far

prevalere un trattato sulla legislazione posteriore avrebbe significato svolgere un inammissibile sindacato sulla discrezionalità del legislatore; soltanto di recente la suprema magistratura amministrativa ha modifi- cato il proprio orientamento. E, tuttavia, la giurisprudenza di entrambi gli organi giurisdizionali mostre- rebbe di privilegiare una lettura rigorosa dell’art. 55 della Costituzione francese, volta a preservare il più possibile la validità delle leggi in quanto espressione della sovranità nazionale: in particolare, essi esclu- derebbero la prevalenza sulle leggi della fonte internazionale consuetudinaria, nonché la prevalenza delle fonti pattizie sulla Costituzione e sui principi di natura costituzionale, così come sulle fonti subcostituzio- nali espressive degli stessi principi. Cfr., sull’argomento, S. CARMELI, La posizione della Costituzione e

dei trattati internazionali nella gerarchia delle fonti: note a margine della sentenza del Consiglio di Stato francese MM. Sarran et Levacher et autres, in Dir. Pubbl. Comp. Eur., 2000, p. 343 ss.; L. DE

petenza (226). Il Tribunal Constitucional non s’è finora pronunciato chiaramente sul punto, ma ha espressamente qualificato come «infraconstitucionales» i conflitti norma- tivi tra leggi e trattati, negando la propria competenza a risolverli: si porrebbe, cioè, un mero problema di selezione del diritto concretamente applicabile, la cui risoluzione spetta ai giudici ordinari e non alla giurisprudenza costituzionale (227).

In Italia, un’interpretazione dell’art. 117, I in linea con le esperienze francese e spa- gnola avrebbe l’effetto di legittimare una prassi che, fino a poco tempo fa, incontrava crescenti consensi nella giurisprudenza di merito e finanche di legittimità, malgrado le perplessità espresse dalla letteratura. Secondo tale emergente indirizzo giurisprudenzia- le, le norme CEDU avrebbero potuto prevalere sulle leggi interne contrastanti, successive

nel tempo, attraverso la disapplicazione di queste ultime a favore delle prime (228). La giurisprudenza che ad esso aderiva, peraltro, non si rifaceva all’art. 117, I, ma procede- va da un travisato parallelismo fra sistema comunitario e sistema CEDU, basato su più

che dubbi fondamenti teorici (229). La dottrina si è, in generale, opposta a detto indiriz-

(226) Nel primo senso, Cfr. A. MÁNGAS MARTÍN, La Constitución y la ley ante el Derecho

Comunitario, in Rev. Inst. Eur., 1991, II, p. 602 ss.; J.M. SERRANO ALBERCA, Artículo 96, in F.G. Falla (a cura di), Comentarios a la Constitución, Madrid, 2001, p. 1504 s.; R. PUNSET, Potestades normativas y

forma de gobierno, in www.federalismi.it, 2009, p. 14. Nel secondo senso, Cfr. J.L. REQUEJO PAGÉS,

Consideraciones en torno a la posición de las normas internacionales en el ordenamiento español, in Rev. Esp. Der. Const., 1992, n. 34, p. 61 s.; ID., Sistemas normativos, Constitución y ordenamiento. La

Constitución como norma sobre la aplicación de normas, Madrid, 1995, p. 46 s.; I. DE OTTO, Derecho

Constitucional. Sistema de fuentes, Barcellona, 1995, p. 126; A. REMIRO BROTÓNS, R. RIQUELME

CORTADO, J. DÍEZ HOCHLEITNER, E. ORIHUELA CALATAYUD, L. PÉREZ-PRAT DURBÁN, Derecho

Internacional, Valencia 2007, p. 664; J.D. GONZÁLES CAMPOS, L.I. SÁNCHEZ RODRÍGUEZ, P. ANDRÉS

SÁENZ DE SANTA MARIA, Curso de Derecho Internacional Publico, Madrid, 2008, p. 344. (227) Cfr. sentencia n. 28/1991, cit., F.j. n. 5.

(228) Tale indirizzo, emerso in un primo tempo nella giurisprudenza di merito, ha infine trovato ac-

coglimento pure in alcune pronunce del Consiglio di Stato (Cfr. Sez. I, par. n. 1926/02 del 09.04.2003, in

Foro It., 2004, III, c. 336 ss.) e della Corte di cassazione (Cfr. Sez. I, sent. n. 10542 del 19.07.2002, in Foro It., 2002, I, c. 2606 ss.; Sez. I, sent. n. 11096 del 11.06.2004, in Foro It., 2005, I, c. 466 ss.; Sezz.

UU., sent. n. 28507 del 23.12.2005, in Foro It., 2006, I, p. 1423 ss.): Cfr. A. GUAZZAROTTI, I giudici co-

muni e la CEDU alla luce del nuovo art. 117 della Costituzione, cit., p. 25 ss.; ID., La CEDU e l’ordina-

mento nazionale: tendenze giurisprudenziali e nuove esigenze teoriche, in Quaderni Costituzionali, 2006,

p. 498 ss.; E. LUPO, La vincolatività delle sentenze della Corte europea per il giudice interno e la svolta

recente della Cassazione civile e penale, in appinter.csm.it, 2007, p. 5 s.

(229) Secondo A. GUAZZAROTTI, I giudici comuni e la CEDU alla luce del nuovo art. 117 della Co-

stituzione, cit., p. 47, l’habitus stimolato nei giudici comuni dalla Corte di Giustizia – nelle occasioni in

cui chiede loro di svolgere autonomamente un sindacato diffuso sulla compatibilità delle norme interne ai precetti comunitari, applicando i test di ragionevolezza e/o proporzionalità da essa stessa predisposti – spiegherebbe la tendenza dei giudici di merito a fare analogo uso della giurisprudenza della Corte di Stra- sburgo, in cui i controlli di ragionevolezza e/o proporzionalità abbonderebbero. In tale contesto, dunque, i giudici comuni sarebbero indotti a valorizzare appieno le pacifiche potenzialità autoapplicative delle norme CEDU, disapplicando le norme interne che non superino i controlli di compatibilità con esse. Sul

piano teorico, il parallelismo fra il sistema comunitario e il sistema CEDU riceveva diverse giustificazioni, tutte prive di sicuro fondamento teorico. In primo luogo, il ricorso che parte della giurisprudenza di meri- to faceva all’art. 6.1 TUE, al fine di accreditare un trattamento del diritto CEDU pari a quello spettante al

zo, non solo per motivi formali: la sostanziale coincidenza dei diritti affermati dalla CE- DU e dalla Parte prima della Costituzione, infatti, avrebbe finito per emarginare il ruolo

della Corte costituzionale quale giudice dei diritti, perché il rimedio della disapplicazio- ne delle leggi approvate in loro violazione avrebbe, di fatto, soppiantato il sindacato ac- centrato di costituzionalità (230).

Per questa ed altre considerazioni, la letteratura italiana s’è quasi unanimemente e- spressa a favore della ricostruzione che, individuata nell’incostituzionalità della legge la conseguenza della violazione di un obbligo internazionale, vede nel giudizio accentrato dinanzi alla Corte costituzionale la sede processuale in cui tale invalidità deve trovare sanzione (231). Da un lato, infatti, la disapplicazione della legge incostituzionale avrebbe effetti unicamente inter partes e, in mancanza di un obbligo di stare decisis (232), non garantirebbe quella certezza del diritto che soltanto può discendere da una pronuncia di

disposizione; e, pertanto, essa attribuirebbe al giudice comune non già la competenza di disapplicare ogni norma contrastante con il diritto CEDU, bensì – più limitatamente – il potere di sollevare mediante rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia questioni di validità del diritto comunitario alla stregua della stessa CEDU. In secondo luogo, parimenti infondato era il ricorso all’art. 11 Cost., perché l’eventuale disapplica-

zione della norma interna a favore di quella convenzionale non poteva fondarsi su un giudizio di compe- tenza, come per i rapporti tra norme comunitarie e norme interne, posto che «la logica delle “attribuzioni di competenza” definite dal Trattato CE in favore delle fonti comunitarie non sussiste per la CEDU» (A.

GUAZZAROTTI, La CEDU e l’ordinamento nazionale: tendenze giurisprudenziali e nuove esigenze teori-

che, cit., p. 501); inoltre, «a differenza di quanto accade nei rapporti tra ordinamenti nazionali e norme

comunitarie direttamente applicabili, la prevalenza delle norme internazionali pattizie assicurata mediante la diretta applicabilità pare non potersi fondare sulla necessità di garantire l’uniformità nella loro interpre- tazione ed applicazione negli ordinamenti degli Stati che hanno reciprocamente contratto l’obbligo sul piano internazionale» (G. GERBASI, I vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi in-

ternazionali nel nuovo Titolo V Cost., cit., p. 305). Accoglierà queste medesime obiezioni dottrinali anche

la giurisprudenza costituzionale: Cfr. Corte cost., sent. n. 348/2007, cit., C.i.d. n. 3.3; sent. n. 349/2007, cit., Ci.d. n. 6.1.

(230) Cfr. P. IVALDI, L’adattamento del diritto interno al diritto internazionale, cit., p. 144; A.

GUAZZAROTTI, op. ult. cit., p. 501 s.; E. LUPO, op. cit., p. 17 s.; A. BARBERA, I (non ancora chiari) “vin-

coli” internazionali e comunitari nel primo comma dell’art. 117 della Costituzione, cit., p. 116.

(231) Cfr. A. D’ATENA, La nuova disciplina costituzionale dei rapporti internazionali e con l’Unione

Europea, cit.; M.A. SANDULLI, Due aspetti della recente riforma al Titolo V della Costituzione, cit., p. 949; F. PIZZETTI, I nuovi elementi “unificanti” del sistema costituzionale italiano, cit. p. 241 s.; B. CON- FORTI, Sulle recenti modifiche della Costituzione italiana in tema di rispetto degli obblighi internazionali

e comunitari, cit., c. 230; L.S. ROSSI, Gli obblighi internazionali e comunitari nella riforma del titolo V

della Costituzione, cit.; G.F. FERRARI, op. cit., p. 1852 s.; G. GERBASI, op. cit., p. 304 s.; P. CARETTI, Il

limite degli obblighi internazionali e comunitari per la legge dello Stato e delle Regioni, cit., p. 6; L. DE

BERNARDIN, op. cit., p. 2061 s.; T. TREVES, Diritto internazionale. Problemi fondamentali, cit., p. 693; F.

BIONDI, Oggetto e parametro, cit., p. 87; C. PANARA, Il diritto internazionale nell’ordinamento interno,

cit., p. 9; A. BARBERA, op. cit., p. 107.

(232) Negli Stati Uniti d’America, l’art. VI, II della Costituzione equipara le norme dei trattati inter-

nazionali stipulati dalla Federazione alle norme costituzionali. Il giudizio di costituzionalità delle leggi assume le caratteristiche di un controllo diffuso, ma la vincolatività del precedente giudiziario garantisce la certezza del diritto: sia perché la stessa Corte che abbia dichiarato l’incostituzionalità di una legge, in mancanza di una pronuncia contraria da parte di una Corte superiore, rimarrà vincolata a tale decisione nei propri giudizi futuri; sia perché l’intervento della Corte Suprema assume carattere vincolante nei con- fronti di tutte le Corti inferiori.

annullamento con efficacia erga omnes. Dall’altro lato, il rimedio della disapplicazione non sarebbe utilmente esperibile in caso di contrasto con norme internazionali – invero la maggioranza – che non siano dotate dei caratteri necessari per essere immediatamente applicate come regola dei rapporti intersoggettivi: in questo caso, soltanto la Corte co- stituzionale disporrebbe degli strumenti processuali necessari per adeguare i contenuti della legge interna contrastante, mediante pronunce di tipo manipolativo (233).

E. CANNIZZARO obietta che la soluzione indicata comporterebbe «un notevole ag-

gravio dei compiti spettanti alla Corte costituzionale», giungendo a stravolgere la fun- zione stessa del giudizio di costituzionalità (234). Si è da più parti evidenziato, tuttavia, che il giudizio di costituzionalità dovrebbe operare unicamente come extrema ratio, laddove il giudice comune non abbia potuto previamente ricomporre l’antinomia per mezzo degli strumenti ermeneutici a sua disposizione (235). In ogni caso, non potrebbero essere assunti a parametro interposto gli obblighi internazionali che non siano conformi a Costituzione: non solo alle norme procedurali sulla stipulazione dei trattati, ma altresì a quelle sostanziali poste da qualsiasi altra norma di rango costituzionale (236).

La Corte costituzionale ha preso posizione sulla questione con le sentenze nn. 348 e 349/2007. Malgrado l’ambigua configurazione dogmatica complessiva assegnata all’art. 117, I (237), la Corte ha ritenuto di accoglierne l’interpretazione offerta dalla quasi una- nime dottrina ed ha, pertanto, giudicato ammissibili le questioni sollevate e sanzionato con dichiarazioni d’illegittimità costituzionale le leggi riconosciute in contrasto con la

(233) Il che, peraltro, presupporrebbe che il vincolo derivante dall’art. 117, I Cost. sia non solo nega-

tivo ma anche positivo: sui motivi che conducono a rigettare tale argomento, V. supra, § 2.5.

(234) La riforma federalista della Costituzione e gli obblighi internazionali, cit., p. 926. A questa o-

biezione, risponde P. CARETTI, op. ult. cit., p. 6 s., che «l’esperienza dimostra come in questi decenni sia-

no state pochissime le questioni del tipo di quelle ora in discussione […] (e in ogni caso si tratterebbe di un rischio legato ad una precisa scelta del costituente)»; Cfr. altresì G. GEMMA, op. cit., p. 607, il quale rileva come già in altre occasioni «la Corte ha accolto soluzioni cha hanno aumentato la mole di lavoro della stessa».

(235) Gli strumenti interpretativi utilizzabili sarebbero, in particolare: la presunzione di conformità delle leggi interne dal significato ambiguo agli obblighi internazionali assunti in precedenza; la specialità

ratione materiae delle norme dei trattati internazionali rispetto alle leggi interne; la prevalenza della legge

posteriore solo qualora sia chiara l’intenzione del legislatore di contravvenire al diritto internazionale pat- tizio. Cfr. B. CONFORTI, op. ult. cit., c. 230; P. CARETTI, op. ult. cit., p. 6; G. GERBASI, op. cit., p. 309; G.

MELIS, op. cit., p. 1090 s.; T. TREVES, op. cit., p. 694; C. PANARA, op. loc. ult. cit.; G. TESAURO, Costitu-

zione e norme esterne, cit., p. 220.

(236) Cfr. G.F. FERRARI, op. cit., p. 1853; A. GUAZZAROTTI, Niente di nuovo sul fronte comunita-

rio?, cit., P. 483; A. PACE, Problematica delle libertà costituzionali. Parte generale, cit., p. 30; G. GERBA- SI, op. cit., p. 306 s.; L. DE BERNARDIN, op. cit., p. 2061 s.; F. SALERNO, Il neo-dualismo della Corte co-

stituzionale nei rapporti tra diritto internazionale e diritto interno, cit., p. 373.

CEDU (238). L’indirizzo giurisprudenziale favorevole al rimedio della disapplicazione è

stato, al contrario, rigettato e fermamente criticato (239). La scelta della Corte è stata quella di recuperare appieno il ruolo di giudice dei diritti, riportando nell’alveo delle proprie competenze tutte le questioni relative al rispetto dei diritti fondamentali da parte di leggi ed atti con forza di legge (240). Ai giudici comuni resta, invece, il pur importante

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