3. Il limite degli obblighi internazional
3.2. Il rapporto del limite con gli artt 10, 7 e 11 Cost.: la sua inoperatività nei confronti delle norme di fonte internazionale dotate di diversa copertura costituzionale
A prescindere dalle modalità d’ingresso nel nostro ordinamento, già prima della L.Cost. n. 3/2001 alcuni precetti d’origine internazionale s’imponevano sulla legislazio- ne ordinaria e, in qualche caso, anche di rango costituzionale. Già l’Assemblea Costi- tuente, infatti, aveva prefigurato limitazioni della supremazia parlamentare ulteriori ri- spetto a quelle poste mediante norme sostantive della Costituzione: queste ultime, indi-
BERNARDIN, Gli obblighi internazionali come vincolo al legislatore: la “lezione” francese, in Dir. Pubbl.
Comp. Eur., 2004, p. 2059; C. PANARA, Il diritto internazionale nell’ordinamento interno: quid iuris?, in
www.federalismi.it, 2007, p. 7; O. SPATARO, Il potere estero delle Regioni nel nuovo Titolo V della Costi-
tuzione. Impostazioni teoriche e problemi attuativi (prima parte), in www.federalismi.it, 2007, p. 12; F.
CORVAJA, op. loc. cit.; S.M. CICCONETTI, op. cit.; D. PORENA, op. cit., 2008, p. 9; A. BONOMI, Il “limite”
degli obblighi internazionali nel sistema delle fonti, Torino, 2008, p. 199 ss.
(30) I vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali nel nuovo Ti-
tolo V Cost., cit., p. 299 s.
(31) Fonti, norme, criteri ordinatori, cit., p. 147.
(32) A. RUGGERI, Fonti, norme, criteri ordinatori, cit., p. 149; ID., Riforma del Titolo V e “potere
estero” delle Regioni, cit., p. 46 s., nota n. 59; ID., Quale “sistema” delle fonti dopo la riforma del Titolo
sponibili per il legislatore ordinario in quanto istitutive del pactum societatis interno; quelle d’origine internazionale, parimenti inderogabili in quanto necessarie ed essenziali per garantire l’interazione e la coesistenza pacifica del nostro con altri ordinamenti so- vrani. In questa volontaria contrazione della sovranità interna s’esprime la forte apertura della Costituzione verso i valori della comunità internazionale, che costituisce riflesso della naturale vocazione universalistica del costituzionalismo contemporaneo (33).
In un unico caso, l’assunzione di obblighi internazionali destinati ad operare come limite all’esercizio della potestà legislativa – non solo ordinaria – risulta del tutto indi- pendente da una valutazione d’opportunità politica da parte del Parlamento: si tratta del- le norme internazionali di matrice consuetudinaria, che per le loro stesse modalità di formazione necessariamente prescindono da una manifestazione di volontà da parte di organi politici (34). Le consuetudini ricevono questo trattamento privilegiato per la loro peculiare natura e per la funzione che esse svolgono nell’ordinamento internazionale, quali regole frutto di una cultura giuridica di portata universale, volte a consentire la partecipazione e l’interazione reciproca in seno alla comunità degli Stati (35).
Una così forte limitazione dei poteri normativi statali soltanto può accettarsi in pre- senza di precetti «che rappresentino la base minima della convivenza pacifica tra gli Stati» (36). Proprio per questo, nonostante una certa ambiguità dell’art. 10, I Cost., che si riferisce alle «norme internazionali generalmente riconosciute», la giurisprudenza costi- tuzionale ha confermato la sostanziale coincidenza di tale espressione con il diritto in- ternazionale generale, ossia con l’insieme delle regole consuetudinarie accolte dalla ge- neralità degli Stati. L’unica estensione riguarda i principi generali di diritto internazio- nale; ma questi non sono che una species delle norme consuetudinarie, come esse ri- chiedendo la sussistenza dei requisiti di usus e opinio juris (37).
(33) Cfr. V. ONIDA, La Costituzione ieri e oggi: la “internazionalizzazione” del diritto costituziona-
le, in www.astrid-online.it, 2008, p. 3 ss.; A. CARRINO, Costituzione e sovranità. L’Italia e l’Europa pri-
ma e dopo Maastricht nel recente dibattito giuspubblicistico, in Id., L’Europa e il futuro delle Costituzio- ni, Torino, 2002, p. 169 ss.; M. KUMM, Costituzionalismo democratico e diritto internazionale: termini
del rapporto, cit., p. 85; A. SCHILLACI, Obblighi internazionali e parametro di costituzionalità, cit., p. 321
ss.
(34) Cfr. L. CAPPUCCIO, Le consuetudini internazionali tra Corte costituzionale e Corte di giustizia,
cit., p. 14.
(35) Cfr. L. CAPPUCCIO, op. loc. ult. cit.; M. CIANCAGLINI, Prendendo spunto dall’ordinanza di ri-
messione del “caso Dorigo”: considerazioni sull’ambito di applicazione dell’art. 10 comma 1 Cost., in Giur. Cost., 2007, p. 3340.
(36) M. CIANCAGLINI, op. cit., p. 3341.
Il tentativo, operato da R. QUADRI, d’includere nella portata dell’art. 10, I anche il
diritto internazionale convenzionale, per mezzo del principio di diritto consuetudinario “pacta sunt servanda”, non ha mai trovato accoglimento (38). In primo luogo, la dispo- sizione costituzionale si riferisce esclusivamente alle norme consuetudinarie di tipo so- stanziale, non anche a norme sulla produzione quale è il principio invocato (39). In se- condo luogo, l’intenzione d’escludere l’adattamento automatico ai trattati internazionali emerge chiaramente dai lavori dell’Assemblea costituente (40). In terzo luogo, si è altre- sì rilevato che una simile estensione priverebbe di significato il disposto dell’art. 10, II, il quale impone la conformità ai trattati internazionali della disciplina relativa ai soggetti stranieri (41). Si sono avuti altri tentativi dottrinali volti ad estendere la portata dell’art. 10, I ai soli trattati multilaterali generali, sulla base di un’asserita evoluzione in tal senso del concetto di diritto internazionale generale (42). Tuttavia, il numero elevato (pur quando pressoché onnicomprensivo) degli Stati aderenti non rappresenta più di un mero
(38) Diritto internazionale pubblico, Napoli, 1968, p. 64 ss. Cfr. altresì A. CHIAPPETTI, Alcuni pro-
blemi di interpretazione dell’art. 10, 1° comma, della Costituzione, in Riv. Trim. Dir. Pubbl., 1968, p.
1434; G. PAU, Le norme di diritto internazionale e le garanzie costituzionali della loro osservanza, in Riv.
Dir. Internaz., 1968, p. 267 ss. Neppure ha trovato accoglimento la più sfumata versione della stessa teo-
ria, secondo cui “pacta recepta sunt servanda”, sostenuta, in particolare, da G. BISCOTTINI, L’adeguamen-
to del diritto italiano alle norme internazionali, in Jus, 1951, p. 221 ss.; R. SOCINI, L’adeguamento degli
ordinamenti statali all’ordinamento internazionale, Milano, 1954, p. 106 ss.; P. BARILE, Diritti dell’uomo
e libertà fondamentali, Bologna, 1984, p. 442 ss. Anche in questo caso si finirebbe, infatti, per includere
nell’ambito di applicazione della norma costituzionale ciò che essa scientemente non prevede.
(39) Il principio “pacta sunt servanda” accorda, infatti, agli Stati la facoltà di stipulare trattati, indi-
viduando al contempo il valore normativo che essi assumeranno nell’ordinamento internazionale: si tratta, pertanto, di una norma meramente formale. Cfr. A. LA PERGOLA, Costituzione e adattamento dell’ordina-
mento interno al diritto internazionale, Milano, 1961, p. 305 ss.; A. CASSESE, Artt. 10 - 12, cit., p. 492; V.
CRISAFULLI, L. PALADIN, Commentario breve alla Costituzione, Padova, 1990, p. 59.
(40) Già nei lavori preparatori della Costituzione, in seno alla Prima Sottocommissione (Problemi Costituzionali) della Commissione per studi attinenti alla riorganizzazione dello Stato, nominata nel 1946 dal Ministro per la Costituente on. Nenni, era stata presa in considerazione l’opportunità di assegnare ef- ficacia sovraordinata alle leggi d’adattamento ai trattati. In particolare, si proponeva l’inserimento di una norma volta ad impedire l’emanazione di atti normativi subcostituzionali che contrastassero con gli ob- blighi assunti dallo Stato in conformità a Costituzione. La proposta fallì, per l’obiezione che tale limite avrebbe posto l’Italia in posizione d’inferiorità rispetto agli altri Stati, impedendole di denunciare i trattati internazionali. Sul punto, Cfr. A. CASSESE, op. ult. cit., p. 480; M. LUCIANI, Alcuni interrogativi sul nuo-
vo corso della giurisprudenza costituzionale in ordine ai rapporti fra diritto italiano e diritto internazio- nale, cit., p. 202.
(41) Cfr. A. LA PERGOLA, op. cit., p. 321 s.; A. RUGGERI, Fonti, norme, criteri ordinatori, cit., p.
148.
(42) Cfr. G. SORRENTI, La Corte corregge il giudice a quo… o piuttosto se stessa? In tema di “co-
pertura” costituzionale della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liber- tà fondamentali, in Giur. Cost., 1999, p. 2301 ss. Cfr. altresì, problematicamente, L. PALADIN, Le fonti del
elemento procedimentale, che nulla consente d’affermare in ordine alla generale vinco- latività del consenso prestato (43).
Alle norme immesse nell’ordinamento italiano attraverso l’art. 10, I, la Consulta ha riconosciuto rango costituzionale, ma ha altresì precisato che le stesse non possono vio- lare i principi supremi dell’ordinamento (44). Le norme consuetudinarie, peraltro, sono generalmente derogabili mediante accordo fra Stati. Non sarebbero, quindi, incostitu- zionali le norme interne d’autorizzazione alla ratifica e di esecuzione di trattati interna- zionali derogatori: la stessa esistenza nell’ordinamento internazionale di siffatte norme pattizie impedirebbe, infatti, alla fonte consuetudinaria d’operare quale parametro di li- ceità dei contegni statali sul piano internazionale e, di conseguenza, quale parametro di costituzionalità delle leggi sul piano interno (45). Pertanto, se è pur vero che l’insorgenza di limiti alla legislazione derivanti dal diritto internazionale generale prescinde da valu- tazioni d’opportunità politica, il Parlamento può nondimeno intervenire ex post, autoriz- zando l’esecutivo a rimuovere quegli stessi limiti interni mediante la stipulazione e rati- fica di appositi trattati internazionali derogatori. La supremazia parlamentare risulta, al- lora, bensì compressa, ma giammai azzerata, salvo laddove entri in gioco la contestata categoria dello jus cogens internazionale (46).
(43) Cfr. M. CIANCAGLINI, op. cit., p. 3340. Egualmente inammissibile sarebbe un tentativo di e-
stendere la portata dell’art. 10, I Cost. alle consuetudini internazionali particolari, regionalmente circo- scritte, giacché risulterebbe pretermesso il requisito della generalità specificamente richiesto dalla dispo- sizione costituzionale.
(44) Sent. n. 48 del 12.06.1979, in Giur. Cost., 1979, I, p. 373 ss., C.i.d. n. 3.
(45) Cfr. A. RUGGERI, Composizione delle norme in sistema e ruolo dei giudici a garanzia dei dirit-
ti fondamentali e nella costruzione di un ordinamento “intercostituzionale”, in www.federalismi.it, 2009,
p. 8, secondo cui la possibilità che una legge interna dia esecuzione ad un trattato internazionale il quale deroghi a una norma consuetudinaria implicherebbe un sovvertimento del rapporto gerarchico che, a li- vello interno, si ritiene comunemente sussistere tra consuetudini internazionali e leggi ordinarie, quali so- no quelle che danno esecuzione ai trattati internazionali; ciò che, a giudizio dell’A., sarebbe indice del carattere recessivo delle sistemazioni secondo forma rispetto a quelle operate secondo valore. Sembra, peraltro, che il fenomeno indicato possa trovare agevole spiegazione già in prospettiva formale-astratta, solo che si ponga mente a come, ancor prima dell’adozione della relativa legge di esecuzione, il trattato di deroga debitamente ratificato ed entrato in vigore sul piano internazionale renda automaticamente inope- rante la consuetudine anche sul piano interno, quale parametro di costituzionalità delle leggi.
(46) Le norme imperative del diritto internazionale (c.d. di jus cogens) sono fonti consuetudinarie
sorrette da una opinio juris del tutto peculiare: gli Stati sono convinti non solo dell’universale applicabili- tà delle stesse, ma altresì della loro inderogabilità. Queste norme sono, pertanto, capaci d’invalidare od estinguere i trattati con esse contrastanti, i quali perderebbero così la forza d’impedire alla fonte consue- tudinaria di operare quale parametro di liceità del contegno statale nell’ordine internazionale e quale pa- rametro di costituzionalità nell’ordine interno. Le norme di jus cogens, inoltre, non potrebbero estinguersi per desuetudo, ma sarebbero modificabili soltanto da parte di norme imperative posteriori. Cfr., sul punto, N. RONZITTI, L’adattamento dell’ordinamento italiano alle norme imperative del diritto internazionale,
Anche le norme emanate da organizzazioni internazionali, destinatarie del trasferi- mento di poteri sovrani ex art. 11 Cost., possono imporsi come limite alla legislazione (non solo ordinaria), così come accade con la normazione derivata dell’Unione europea. In questi casi, si rende necessario un preventivo intervento legislativo del Parlamento, che autorizzi la ratifica e dia esecuzione interna ai trattati mediante i quali il nostro or- dinamento si apre alle più impegnative forme di collaborazione internazionale (47). La mera valutazione politica racchiusa in tale atto legislativo non è, però, di per sé idonea a vincolare i Parlamenti futuri: siffatta compressione della supremazia parlamentare può realizzarsi soltanto in presenza di determinate caratteristiche dell’organizzazione desti- nataria, che sono state nel tempo enucleate dalla giurisprudenza costituzionale.
Per quanto statuito dalla sentenza n. 183/1973, l’art. 11 autorizza limitazioni di so- vranità in ordine all’esercizio della funzione legislativa unicamente laddove la finalità sia quella d’istituire un’«organizzazione interstatuale, di tipo sovranazionale, a carattere permanente, con personalità giuridica e capacità di rappresentanza internazionale […] caratterizzata da ordinamento giuridico autonomo e indipendente» (48). È, peraltro, ri- masto incerto in cosa esattamente consista l’elemento della sovranazionalità, benché la Corte abbia probabilmente inteso valorizzare, con questo riferimento, il potere delle Comunità europee di emanare atti analoghi alle leggi statuali, per il loro contenuto nor- mativo generale e per la loro diretta applicabilità negli Stati membri. Più recentemente, le sentenze nn. 348 e 349/2007, malgrado alcune reciproche divergenze (49), sembrano
(47) S’è discusso in letteratura se le limitazioni di sovranità di cui all’art. 11 Cost. necessitino ese-
cuzione mediante legge costituzionale, o se sia all’uopo sufficiente una mera legge ordinaria. Cfr., nel primo senso, G. VEDOVATO, I rapporti internazionali dello Stato, in P. Calamandrei, A. Levi (a cura di),
Commentario sistematico alla Costituzione italiana, Firenze, 1950, I, p. 97; A. CASSESE, op. ult. cit., p. 584; e, assai recentemente, A. SINAGRA, Rapporti interordinamentali, “sopranazionalità” o delega di
competenze nel sistema dei rapporti tra Stati membri e Comunità europea: la giurisprudenza della Corte costituzionale italiana, in L. Daniele (a cura di), La dimensione internazionale ed europea del diritto nel- l’esperienza della Corte costituzionale, Napoli, 2006, p. 430. Nel secondo senso, N. CATALANO, Portata
dell’art. 11 della Costituzione in relazione ai trattati istitutivi delle Comunità europee, in Foro It., 1964,
I, c. 465 ss.; A. MIGLIAZZA, Le Comunità europee in rapporto al diritto internazionale e al diritto degli
Stati membri, Milano, 1964, p. 132 ss. Per prassi legislativa, omologata da una costante giurisprudenza
costituzionale, il trasferimento di importanti funzioni alle istituzioni comunitarie si è sempre realizzato mediante semplici leggi ordinarie, quantunque si venisse in tal modo ad incidere sulla distribuzione dei poteri fissata direttamente dalla Costituzione. La sufficienza della legge ordinaria deriverebbe proprio dal- la “copertura costituzionale” offerta dall’art. 11 Cost: Cfr. Corte cost., sent. n. 14 del 24.02.1964, Costa, in Giur. Cost., 1964, p. 129 ss., Ci.d. n. 6.
(48) Sent. n. 183 del 18.12.1973, Frontini, in Giur. Cost., 1973, p. 2401 ss., C.i.d. n. 5.
(49) Cfr. sent. n. 348/2007, cit., C.i.d. n. 3.3: « Con l’adesione ai Trattati comunitari, l’Italia è entra-
ta a far parte di un “ordinamento” più ampio, di natura sopranazionale, cedendo parte della sua sovranità, anche in riferimento al potere legislativo, nelle materie oggetto dei Trattati medesimi, con il solo limite dell’intangibilità dei principi e dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione»; sent. n. 349 del 24.10.2007, in Giur. Cost., 2007, p. 3535 ss., C.i.d. n. 6.1: «allo stato, nessun elemento relativo alla strut-
richiedere la necessaria compresenza di due requisiti: la natura sovrana (ad esempio normativa) delle funzioni attribuite all’ente; la sua capacità d’esercitare tali funzioni imponendo il proprio orientamento agli Stati membri, anche contro la diversa volontà degli stessi (50). La sussistenza di tale capacità non potrebbe, peraltro, essere determina- ta in astratto e a priori dal Parlamento che autorizzi la ratifica del relativo trattato istitu- tivo, spettando piuttosto alla giurisprudenza valutare caso per caso la struttura dell’ente e i suoi scopi concreti (51).
Secondo la giurisprudenza, la copertura costituzionale offerta dall’art. 11 consente ai trattati istitutivi di organizzazioni sovranazionali dotate delle predette caratteristiche, nonché alla normazione derivata che esse siano eventualmente competenti ad emanare, di prevalere sulla legislazione interna e persino sulle norme della Costituzione, con la sola eccezione di quelle espressive di diritti umani inalienabili o di principi supremi del-
tura e agli obiettivi della CEDU ovvero ai caratteri di determinate norme consente di ritenere che la posi-
zione giuridica dei singoli possa esserne direttamente e immediatamente tributaria, a prescindere dal tra- dizionale diaframma normativo dei rispettivi Stati di appartenenza, fino al punto da consentire al giudice la non applicazione della norma interna confliggente». Secondo M.E. BARTOLONI, Un nuovo o-
rientamento della Corte costituzionale sui rapporti fra ordinamento comunitario e ordinamento italiano?,
in Dir. Un. Eur., 2008, p. 515 ss., la prima delle due sentenze presupporrebbe che un ente possa dirsi so- vranazionale solo quando esso sia in grado d’imporre la propria volontà normativa pur senza la collabo- razione degli organi centrali degli Stati membri, mediante la disapplicazione delle norme interne contra- stanti; la seconda, invece, parrebbe smentire questo assunto, chiarendo che in alcuni casi la disapplicazio- ne del diritto interno può discendere anche dal peculiare carattere di alcune norme emanate da un ente il quale, per struttura e scopi, non possa comunque dirsi sovranazionale.
(50) Cfr. M.E. BARTOLONI, op. cit., p. 520 ss.; F. SORRENTINO, Apologia delle “sentenze gemelle”,
cit., p. 222. Cfr. altresì, con diversità di sfumature interpretative, C. ZANGHÌ, La Corte costituzionale ri-
solve un primo contrasto con la Corte europea dei diritti dell’uomo ed interpreta l’art. 117 della Costitu- zione: le sentenze n. 348 e 349 del 2007, in www.giurcost.org, 2007, secondo cui l’art. 11 Cost. potrebbe
operare soltanto «quando lo Stato partecipa ad un ordinamento internazionale al quale viene attribuita una specifica competenza, anche normativa, esercitata in via esclusiva»; R. DICKMANN, Corte costituzionale e
diritto internazionale, in Foro Amm. C.d.S., 2007, p. 3594, secondo cui, quand’anche si tratti di conven-
zioni internazionali che creano un sistema normativo il quale si alimenti autonomamente di un proprio “diritto derivato”, in mancanza di altri caratteri che ad oggi sono propri delle sole norme comunitarie (primato ed effetto diretto), essi darebbero luogo a mere “limitazioni di sovranità”, non già a quelle vere e proprie “cessioni”, che sole consentono ai relativi obblighi internazionali di prevalere finanche sui dispo- sti costituzionali inespressivi di principi supremi.
(51) Cfr. M.E. BARTOLONI, op. cit., p. 522, spec. nota n. 31 laddove l’A. si esprime nel senso che la
Corte costituzionale, per determinare l’elemento della sovranazionalità, avrebbe fatto ricorso a un metodo induttivo. Secondo A. GUAZZAROTTI, La Consulta “guarda in faccia” gli obblighi internazionali e la
CEDU, in Studium Iuris, 2008, p. 277, risulterebbe apodittica l’affermazione per cui le limitazioni di so- vranità di cui all’art. 11 si avrebbero unicamente laddove gli organi di un ordinamento sovranazionale siano abilitati a produrre norme vincolanti omisso medio per tutte le autorità interne degli Stati membri, così come avviene per l’ordinamento comunitario: la Corte avrebbe, piuttosto, dovuto approfondire la «configurabilità di limitazioni di sovranità con riguardo alle decisioni della Corte EDU che rilevano una violazione (specie se sistematica) da parte di uno Stato, e il tipo di vincolo da esse derivante per lo Stato coinvolto».
l’ordinamento (52). Ciò significa che neppure con legge costituzionale i Parlamenti futu- ri potranno adottare norme interne contrastanti. Tuttavia, per la stessa Corte, anche una semplice legge ordinaria potrebbe rimuovere le limitazioni di sovranità disposte in pun- tuale adempimento dell’art. 11, purché lo faccia in modo giustificato (53) e, naturalmen- te, con gli strumenti giuridici appropriati: mediante autorizzazione dell’esecutivo a re- cedere dall’organizzazione sovranazionale (54). Una così forte limitazione della supre- mazia parlamentare soltanto si giustifica in considerazione della finalità, costituzional- mente codificata, di assicurare la pace e la giustizia fra le Nazioni: la Repubblica è tenu- ta a promuovere e favorire le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
Altri accordi internazionali che godono di specifica garanzia costituzionale sono quelli che regolano i rapporti tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica. La compressione della supremazia parlamentare è, in questo caso, più limitata, giacché l’art. 7, II Cost., pur consentendo ai Patti Lateranensi di prevalere sulle puntuali norme della Costituzio- ne inespressive di principi supremi (55), ne ammette tuttavia la modificazione unilaterale mediante legge costituzionale. La legislazione ordinaria, invece, può intervenire soltan- to per recepire nuovi accordi bilaterali già siglati sul piano dell’ordinamento internazio- nale. La ratio di questo peculiare statuto giuridico si ritrova nel comma I dello stesso art. 7, nel riconoscimento che «Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani». La determinazione di cosa rientri nell’ordine temporale e cosa nell’ordine religioso è di principio affidata all’accordo tra le parti: accordo che l’Assemblea Costituente ha inteso recepire mediante specifico richiamo ai Patti Latera- nensi, pur lasciando libero il Parlamento d’intervenire in futuro anche per via unilatera- le. In quest’ultima ipotesi, il procedimento aggravato di revisione costituzionale è fina-
(52) Cfr. Corte cost., sent. n. 183/1973, cit., C.i.d. n. 9; sent. n. 170 del 05.06.1984, Granital, in
Giur. Cost., 1984, I, p. 1098 ss., C.i.d. n. 7; sent. n. 232 del 13.04.1989, Fragd, in Giur. Cost., 1989, I, p.
1001 ss., C.i.d. n. 3.1.
(53) Cfr. sent. n. 170/1984, cit., C.i.d. n. 7: «Vanno denunciate in questa sede quelle statuizioni del-
la legge statale che si assumano costituzionalmente illegittime, in quanto dirette ad impedire o pregiudica- re la perdurante osservanza del Trattato, in relazione al sistema o al nucleo essenziale dei suoi principi
[…]. Nel caso che qui é previsto, la Corte sarebbe, quindi, chiamata ad accertare se il legislatore ordinario
abbia ingiustificatamente rimosso alcuno dei limiti della sovranità statuale, da esso medesimo posti, me- diante la legge di esecuzione del Trattato, in diretto e puntuale adempimento dell’art. 11 Cost.» (corsivo aggiunto). Sul punto, V. più ampiamente infra, § 4.5.2.
(54) Il carattere permanente, che per definizione giurisprudenziale devono presentare i trattati istitu-
tivi di organizzazioni dotate del carattere della sovranazionalità, comporta di principio l’implicita possibi-