4. Il vincolo comunitario
4.2. Il vincolo comunitario e l’art 11 Cost.: termini di un rapporto problematico
Tutti gli Stati membri dell’Unione europea – con l’ovvia eccezione del Regno U- nito (40) – presentano nelle proprie Carte costituzionali disposizioni sul trasferimento di
(37) Cfr. J. SCHWARZE, op. cit., p. 542: il diritto costituzionale degli Stati membri ha subito tante e
tali modificazioni nel corso del processo di integrazione, che essi sarebbero «no longer capable of provi- ding the necessary legal framework to fulfil their various tasks to shape and control society».
(38) Cfr. R. BUSTOS GISBERT, op. cit., p. 19: le European clauses legittimano l’introduzione di «una
especie de constitución suplementaria […] que no sustituye sus elementos identificativos, pero que sí los completa (añadiendo nuevos principios), complementa (sumando nuevos contenidos a los antiguos), condiciona (evitando la aplicación de contenidos incompatibles) y sólo rara vez los deroga (como consecuencia de una incompatibilidad insalvable)». Le due anime della Costituzione – quella “invisibile” e quella positiva – sono ad ogni modo inscindibili, in quanto diverse facce di un’unica medaglia.
(39) Cfr. F. SORRENTINO, Nuovi profili costituzionali dei rapporti tra diritto interno e diritto inter-
nazionale e comunitario, in Dir. Pubbl. Comp. Eur., 2002, p. 1358; F. GHERA, I vincoli derivanti dall’or-
dinamento comunitario e dagli obblighi internazionali nei confronti della potestà legislativa dello Stato e delle Regioni, in F. Modugno, P. Carnevale (a cura di), Trasformazioni nella funzione legislativa. Rile- vanti novità in tema di fonti del diritto dopo la riforma del Titolo V della II Parte della Costituzione, Mi-
lano, 2003, p. 48.
(40) Si ricorda, peraltro, che il Regno Unito ha adottato nel 1972 un apposito European Communi-
ties Act, cui viene comunemente attribuito rango materialmente costituzionale: V. supra, § 1.4., nota n.
competenze e poteri sovrani, attraverso cui trovano autorizzazione e legittimazione in- terna le limitazioni di sovranità e le altre implicazioni costituzionali che la partecipazio- ne al processo d’integrazione comporta. Ad esse, la dottrina attribuisce il nome di Euro-
pean clauses. Originariamente si trattava di generiche clausole di cooperazione intersta-
tuale, ma in seguito – specie dopo il Trattato di Maastricht – molti Stati hanno adottato specifiche disposizioni sull’integrazione europea, o comunque emendato quelle già esi- stenti al fine di mantenerle al passo col processo d’integrazione (41).
In Italia, le funzioni di European clause sono state svolte dall’art. 11, secondo pe- riodo, Cost., malgrado esso parli genericamente di «limitazioni di sovranità necessarie» per la partecipazione «ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazio- ni». Il senso dell’art. 11, così come immaginato dall’Assemblea costituente, era quello di consentire anzitutto l’adesione italiana alla neonata Organizzazione delle Nazioni U- nite (42). Nondimeno, la giurisprudenza costituzionale ha dapprima individuato in tale disposizione una funzione “permissiva”, nel senso che, in virtù di essa, «quando ricor- rono certi presupposti» – sinora riscontrati nel solo ordinamento europeo – «è possibile stipulare trattati con cui si assumano limitazioni della sovranità ed è consentito darvi e- secuzione con legge ordinaria», anche in deroga a precetti costituzionali (43). Dipoi, ha
(41) Cfr. M. CLAES, Costitucionalizando Europa desde su fuente, cit., p. 129 ss. Anche le procedure
per il trasferimento di poteri all’Unione si sono in gran parte evolute rispetto all’idea originaria della suf- ficienza di una legge ordinaria del Parlamento: la tendenza è quella di prevedere procedure più severe, tali da richiedere maggioranze qualificate ed eventualmente il ricorso al referendum popolare. Cfr., a titolo esemplificativo, l’art. 23.1 del Grundgesetz tedesco, come modificato nel 1992, il quale richiede una maggioranza qualificata dei due terzi sia nel Bundestag sia nel Bundesrat in tutti i casi in cui si prospetti- no modifiche o integrazioni costituzionali; l’art. 28 della Costituzione greca, che richiede una maggioran- za dei tre quinti del Parlamento; l’art. 93 della Costituzione spagnola, che richiede l’adozione di una ley
orgánica; l’art. 29.4 della Costituzione irlandese, come interpretato dalla Supreme Court in sentenza n.
I.R. 713 del 09.04.1987, Crotty v. An Taoiseach, in www.bailii.org, secondo cui si richiede una modifica costituzionale, con relativo referendum popolare, per l’approvazione di ogni modificazione ai Trattati isti- tutivi. In molte Costituzioni europee, inoltre, sono state introdotte specifiche condizioni al trasferimento dei poteri, soprattutto per la protezione dei diritti fondamentali e dei principi democratici. Cfr., a titolo esemplificativo, l’art. 23.1 del Grundgesetz tedesco, l’art. 20 della Costituzione danese, l’art. 28 di quella greca, l’art. 7, V e VI di quella portoghese.
(42) Durante i lavori preparatori in seno all’Assemblea costituente, peraltro, affiorò più volte l’idea d’inserire in Costituzione un riferimento specifico all’integrazione regionale su base europea; ma preval- se, infine, la volontà di non porre confini esterni che avrebbero potuto precludere la cooperazione con al- tri Stati, compromettendo i delicati equilibri internazionali del tempo. Cfr., in argomento, A. CASSESE,
Artt. 10 - 12, in G. Branca (a cura di), Commentario della Costituzione, Principi Fondamentali, Bologna-
Roma, 1975, p. 578 ss.; M. CARTABIA, L. CHIEFFI, Art. 11, in R. Bifulco, A. Celotto, M. Olivetti (a cura di), Commentario alla Costituzione, I, Torino, 2006, p. 266 s.
(43) Corte cost., sent. n. 14 del 24.02.1964, Costa, in Giur. Cost., 1964, p. 129 ss., Ci.d. n. 6. Se-
condo C. ESPOSITO, Costituzione, leggi di revisione della costituzione e “altre” leggi costituzionali, in AA.VV., Raccolta di scritti in onore di A.C. Jemolo, III, Diritto amministrativo, diritto costituzionale, di-
ritto internazionale, diritto penale, procedura penale, Milano, 1962, p. 202 s., nota n. 24, in assenza del-
altresì individuato nel medesimo art. 11 una funzione “imperativa”, fondante, per un verso, la prevalenza del diritto sovranazionale sulle leggi interne anche posteriori, giuri- sdizionalmente garantita mediante il procedimento di legittimità costituzionale (44); per altro verso, un obbligo di adeguamento dell’ordinamento interno, tramite il recepimento delle norme comunitarie non direttamente applicabili, l’adozione delle misure interne necessarie per la piena attuazione di tutti gli atti comunitari, l’abrogazione di ogni pre- vigente norma contrastante (45).
Successivamente, corrispondendo al forte impulso proveniente dalla giurisprudenza comunitaria (46), grazie a un’innovativa lettura dello stesso art. 11, la Corte costituziona- le ha superato l’esigenza d’interporre questioni incidentali di costituzionalità ogni qual- volta fosse ravvisata da parte dei giudici ordinari un’incompatibilità tra leggi interne e diritto comunitario. La terza funzione ravvisata nel disposto costituzionale è, dunque, quella di limite alla rilevanza di siffatte questioni (47): in virtù dell’ampia copertura co- stituzionale, l’intervento della normazione comunitaria segnerebbe un insormontabile limite di competenza per la potestà normativa degli organi interni, la cui estensione sol- tanto potrà essere determinata, in ultima istanza, dalla Corte di giustizia – se del caso, adita in via pregiudiziale – in quanto “giudice naturale” dell’interpretazione e applica- zione del diritto comunitario (48).
alle Comunità europee, giacché tale adesione viene a sottoporre i cittadini a un sistema di poteri pubblici non fondato sulla Costituzione e, anzi, ad essa potenzialmente derogatorio.
(44) Cfr. Corte cost., sent. n. 232/1975, cit., C.i.d. n. 4 ss. Sulle funzioni “permissiva” e “imperati- va” dell’art. 11 Cost., Cfr. M. CARTABIA, L. CHIEFFI, op. cit., p. 279 ss.; F. GHERA, I vincoli derivanti
dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali nei confronti della potestà legislativa dello Stato e delle Regioni, cit., p. 77 s.; F. SORRENTINO, Le fonti del diritto amministrativo, in G. Santaniello
(a cura di), Trattato di diritto amministrativo, XXXV, Padova, 2004, p. 107 ss.; G. GAJA, La Corte costi-
tuzionale di fronte al diritto comunitario, in L. Daniele (a cura di), La dimensione internazionale ed eu- ropea del diritto nell’esperienza della Corte costituzionale, cit., p. 257 ss.
(45) Cfr. M. CARTABIA, L. CHIEFFI, op. cit., p. 293. Soltanto in caso di violazione del terzo di questi
obblighi di adeguamento la sanzione potrebbe essere quella di una dichiarazione d’incostituzionalità tout
court, mentre la mancata attivazione dei primi due – che implicano obblighi positivi a carico del legislato-
re – non potrebbe essere sanzionata che mediante pronunce additive o additive di principio.
(46) Cfr. Corte giust., sent. n. 106/77 del 09.03.1978, Simmenthal, in Racc., 1978, p. 629 ss., punto
n. 24: «il giudice nazionale, incaricato di applicare, nell’ambito della propria competenza, le disposizioni di diritto comunitario, ha l’obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme, disapplicando all’occor- renza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale, anche poste- riore, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale».
(47) Cfr. V. ONIDA, Nuove prospettive per la giurisprudenza costituzionale in tema di applicazione
del diritto comunitario, cit., p. 48 s.
(48) Cfr. sent. n. 170/1984, Granital, cit., C.i.d. n. 5. Evidenzia il giudice relatore di tale sentenza
A. LA PERGOLA, Il giudice costituzionale italiano di fronte al primato e all’effetto diretto del diritto co-
munitario, cit., p. 2432, che l’autolimitazione di sovranità autorizzata dall’art. 11 Cost. si è quivi tradotta
non già nell’accantonamento dei principi posti a base del nostro sistema di giustizia costituzionale, quali il carattere accentrato del controllo di costituzionalità e l’incompetenza dei giudici ordinari a pronunciare
Con l’aumento delle funzioni comunitarie man mano attribuite all’art. 11, è paralle- lamente cresciuta in dottrina la sensazione che questa estrema dilatazione ermeneutica possa finire per compromettere l’armonia del complessivo disegno costituzionale (49). La giurisprudenza Granital, in particolare, sarebbe andata ben oltre le consentite «limi- tazioni di sovranità», realizzando vere e proprie deleghe di competenza alle autorità comunitarie, con evidenti ricadute sul complessivo disegno costituzionale dei rapporti fra poteri (50). Inoltre, quest’orientamento giurisprudenziale ha avuto il deleterio effetto di “deresponsabilizzare” il Parlamento, facendo ritenere superflua l’adozione di leggi costituzionali di adattamento anche a fronte di sviluppi del processo d’integrazione cer- tamente esorbitanti rispetto all’art. 11 (51). Peraltro, nonostante si siano susseguite di-
l’invalidità degli atti emessi da altri poteri; bensì in un “arretramento” della legge nazionale nei campi oc- cupati dal diritto comunitario suscettibile d’immediata applicazione, di modo che la stessa legge risulti «invisibile […], prima ancora che inapplicabile, agli occhi del giudice interno». Commentando la stessa pronuncia, V. ONIDA, “Armonia tra diversi” e problemi aperti, cit., p. 551 ss., rileva come l’omogeneità
pratica delle soluzioni adottate da due Corti che muovono da presupposti teorici antitetici – monismo e dualismo ordinamentale – si sia potuta raggiungere soltanto grazie al riconoscimento, da parte della Corte costituzionale, che «il “giudice naturale” dell’interpretazione e dell’applicazione del diritto comunitario è la Corte di giustizia».
(49) Cfr. A. CARRINO, Costituzione e sovranità. L’Italia e l’Europa prima e dopo Maastricht nel
recente dibattito giuspubblicitico, in Id., L’Europa e il futuro delle Costituzioni, Torino, 2002, p. 174;
T.E. FROSINI, Alcune osservazioni osservazioni sull’Europa nella Costituzione italiana e la modifica del-
l’art. 11, cit., p. 1533 s.; F. SORRENTINO, op. ult. cit., p. 108; A. SINAGRA, Rapporti interordinamentali,
“sopranazionalità” o delega di competenze nel sistema dei rapporti tra Stati membri e Comunità europe- a, cit., p. 418; P. COSTANZO, La Costituzione italiana di fronte al processo costituzionale europeo, in
www.giurcost.org, 2007. Vi è persino, in letteratura, chi sostiene che l’art. 11 Cost. non avrebbe potuto
assumere alcuna delle funzioni di European clause che le sono state progressivamente attribuite, perché si tratterebbe di una «norma essenzialmente descrittiva», di «una sorta d’auspicio, da parte del nostro costi- tuente, di una riforma della Comunità internazionale e dell’ordinamento da essa espresso»: così L. SICO,
Senso e portata dell’art. 11 della Costituzione nell’attuale contesto normativo e nelle proposte di riforma costituzionale, in Dir. Pubbl. Comp. Eur., 2003, p. 1511 s.; Cfr. altresì A. SINAGRA, op. cit., p. 429, che
parla di «norma di contenuto, carattere e natura sicuramente programmatica e non già precettiva». (50) Parla esplicitamente di trasferimento di competenze la sentenza n. 170/1984, cit., C.i.d. n. 4: la
legge (ordinaria) di esecuzione dei Trattati istitutivi avrebbe, infatti, «trasferito agli organi comunitari, in conformità dell'art. 11 Cost., le competenze che questi esercitano». Secondo T.E. FROSINI, op. cit., p.
1533 ss., l’iperdilatazione dell’art. 11 Cost. avrebbe causato un triplice vulnus costituzionale: in primo luogo, si sarebbe messa in crisi la stessa rigidità della Costituzione, consentendo un profondo mutamento dell’assetto costituzionale per mezzo di semplici leggi ordinarie di esecuzione dei Trattati; in secondo luogo, si sarebbe ridimensionata la superiorità della Costituzione a favore della fonte comunitaria, intro- ducendo nuovi diritti e fattispecie non previste dalla Carta fondamentale; in terzo luogo, il massiccio tra- sferimento di competenze all’ordinamento europeo contrasterebbe con il principio primo e fondamentale del nostro ordinamento costituzionale, secondo cui la sovranità appartiene al popolo italiano (art. 1, comma II, Cost.). Su questi argomenti, Cfr. altresì A. SINAGRA, op. cit., p. 427 ss.; S. BARTOLE, Costitu-
zione e costituzionalismo nella prospettiva sovranazionale, cit., p. 576.
(51) Cfr. P. COSTANZO, La Costituzione italiana di fronte al processo costituzionale europeo, cit.
L’unico afflato costituzionale, in questo ambito, si sarebbe avuto con la L.Cost. n. 2 del 03.04.1989, che indiceva un referendum d’indirizzo sul conferimento di un mandato costituente al Parlamento europeo: pur essendo rimasto privo di concreti sviluppi, questo intervento del legislatore costituzionale ha, tuttavia, secondo l’A., dimostrato la consapevolezza che il processo di costituzionalizzazione dell’ordinamento europeo non troverebbe sufficiente copertura nell’art. 11 Cost., ma richiederebbe uno specifico intervento di rango costituzionale. Della stessa opinione che i Trattati istitutivi andassero recepiti con legge costitu-
verse proposte di revisione sulla scia di quanto intrapreso da altri Stati membri dell’U- nione (52), la formulazione dell’art. 11 non è mai stata modificata od integrata e risulta, tuttora, carente di alcun riferimento specifico all’integrazione europea (53).
Un riferimento specifico all’ordinamento comunitario è, invece, contenuto oggi nel- l’art. 117, I Cost. Quest’ultimo, laddove impone al legislatore ordinario il rispetto dei vincoli derivanti da quell’ordinamento, parrebbe almeno in parte sovrapporsi all’art. 11 quale fondamento costituzionale del primato del diritto comunitario (54). La questione è resa ancor più intricata dall’intervento dell’art. 1, I, L. n. 131/2003 (di attuazione dello stesso art. 117, I) il quale distingue, tra i «vincoli alla potestà legislativa dello Stato e delle Regioni», da una parte quelli derivanti «da accordi di reciproca limitazione della sovranità, di cui all’articolo 11 della Costituzione», dall’altra quelli derivanti «dall’ordi-
zionale, Cfr. altresì F. PALERMO, Nuove occasioni (mancate) per una clausola europea nella Costituzione
italiana. Alcune osservazioni critiche, in Dir. Pubbl. Comp. Eur., 2003, p. 1547; A. RUGGERI, Fonti,
norme, criteri ordinatori. Lezioni, Torino, 2005, p. 216; M. CARTABIA, El Tratado Constitucional para la
Unión europea y la voluntad constituyente de los Estados miembros, cit., p. 281 ss.
(52) Già le Relazione alla proposta di legge costituzionale n. AC. 1587 di ratifica ed esecuzione del
Trattato di Maastricht, presentata alla Camera dei Deputati il 30.04.1992 dal Ministro degli affari esteri on. De Michelis, manifestava l’espressa intenzione del Governo di «prendere in tempi brevi le opportune iniziative anche nel senso del suggerimento di aggiustamenti costituzionali», sì da adeguare il testo della Costituzione al grado di avanzamento del processo d’integrazione europea. Gli sviluppi concreti di questa intenzione si ritrovano in una serie di disposizioni contenute nei testi approvati dalla Commissione Bica- merale istituita nel 1997 e presieduta dall’on. D’Alema, destinate a confluire in un autonomo Titolo della Parte II della Costituzione, dedicato alla «Partecipazione dell’Italia all’Unione europea». In particolare, l’art. 116, II del testo approvato il 30.06.1997 prevedeva che «Ulteriori limitazioni di sovranità sono ap- provate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera e possono essere sottoposte a refe- rendum»; previsione poi trasferita nell’art. 114, II, immutata nella sostanza, a seguito della pronuncia su- gli emendamenti presentati ai sensi dell’art. 2, V L.Cost. n. 1/1997. Su questo progetto, Cfr. A. TIZZANO,
L’integrazione europea dalla Costituente alla Commissione bicamerale, in Dir. Un. Eur., 1997, p. 796 ss.
Dopo il fallimento della Bicamerale, malgrado la sopravvenuta introduzione del nuovo testo dell’art. 117, I Cost., una nuova proposta di legge costituzionale n. 2218 veniva presentata alla Camera dei Deputati il 23.01.2002 su iniziativa degli onn. Cè, L. Dussin, G.G. Rossi, Galli, Ballaman, Bianchi Clerici, Bricolo, Caparini, Didone, G. Dussin, Ercole, Fontanini, Gibelli, Giorgetti, Lussana, Martinelli, F. Martini, Paglia- rini, Parolo, Polledri, Rizzi, Rodeghiero, S. Rossi, Stucchi e Vascon: tale proposta, diretta a riformare di- rettamente l’art. 11 Cost., prevedeva, oltre alla necessaria approvazione a maggioranza assoluta delle due Camere per ogni ulteriore limitazione di sovranità a favore dell’ordinamento europeo, anche l’obbligato- rietà del referendum popolare e la previsione di un quorum strutturale per la sua validità. Su questo pro- getto, che fu infine ritirato in data 10.11.2003, Cfr. T.E. FROSINI, op. cit., p. 1536 ss.; F. PALERMO, op.
cit., p. 1549; M. CARTABIA, L. CHIEFFI, op. cit., p. 304 s.
(53) Nondimeno, sostiene V. ONIDA, La Costituzione ieri e oggi: la “internazionalizzazione” del
diritto costituzionale, cit., p. 5 s., che l’Italia non ha bisogno «di inserire nella Costituzione una apposita
“clausola europea” per giustificare costituzionalmente l’accettazione della efficacia anche interna dell’or- dinamento comunitario, perché la nostra “clausola europea” (e non solo) c’è già ed è l’articolo 11».
(54) Poche altre Costituzioni nazionali sanciscono espressamente il primato del diritto comunitario: così l’art. 29.4, X della Costituzione irlandese, l’art. 8, IV di quella portoghese (benché con il limite del «respeito pelos princípios fundamentais do Estado de direito democrático»), l’art. 120 di quella olandese (che riguarda tutti i trattati internazionali). Cfr. M. CLAES, op. cit., p. 179 ss.
namento comunitario» (55). Ciò potrebbe suggerire che il legislatore abbia voluto trasfe- rire in capo all’art. 117, I il ruolo di European clause italiana, sganciando invece l’art. 11 da ogni funzione comunitaria in precedenza attribuitagli; in tal modo, esso potrebbe, per il futuro, recuperare il proprio originario significato di apertura alla partecipazione italiana ad ordinamenti internazionali in senso stretto (56).
Sennonché, almeno tre argomenti sono stati approntati in letteratura contro questa ricostruzione. Il primo è ben espresso da B. CONFORTI, secondo cui il vincolo comunita-
rio di cui all’art. 117, I non godrebbe di autonoma forza precettiva, perché si limiterebbe ad esprimere ciò che già era implicitamente presente in Costituzione (57). Questa tesi – che vanta, invero, molteplici sostenitori in dottrina – pare, peraltro, condivisibile sola- mente da quanti accettino il presupposto per il quale la giurisprudenza costituzionale, nell’accogliere il principio del primato del diritto comunitario, si sarebbe mantenuta en- tro i limiti di una pura e semplice attività ermeneutica. Per quanti, al contrario, lamenti- no il ricorso da parte di tale giurisprudenza ad una buona dose di creatività, l’art. 117, I rappresenta «la costituzionalizzazione di quanto prima costituzionale non era», indi- spensabile garanzia di stabilità per soluzioni ermeneutiche tutt’altro che pacifiche (58).
(55) Depreca «l’approssimazione con cui si è stilato l’elenco delle fonti dei vincoli ex art. 117, pri-
mo comma, Cost.», attraverso il quale «si è fatta inutilmente confusione», C. PINELLI, Art. 1. Attuazione
dell’art. 117, primo e terzo comma, della Costituzione in materia di legislazione regionale, in C. Cittadi-
no (a cura di), Legge “La Loggia”. Commento alla L. 5 giugno 2003, n. 131, di attuazione del Titolo V
della Costituzione, Rimini, 2003, p. 21. Cfr. altresì P. CAVALERI, Articolo 1, in Id., E. Lamarque (a cura
di), L’attuazione del nuovo Titolo V, parte II, della Costituzione. Commento alla legge “La Loggia”
(Legge 5 giugno 2003, n. 131), Torino, 2004, p. 8.
(56) Cfr., in questo senso, U. DRAETTA, Il difficile rapporto della Cassazione con l’art. 117, co. 1,
della Costituzione, in Dir. Un. Eur., 2005, p. 562; A. CELOTTO, L’incidenza del diritto comunitario sulle
dinamiche della legislazione statale e regionale, in M. Ruotolo (a cura di), La funzione legislativa, oggi,
Napoli, 2007, p. 90; ma, già prima della L. n. 131/2003, simile orientamento era sostenuto da M.P. CHITI,
Regioni e Unione europea dopo la riforma del Titolo V della Costituzione: l’influenza della giurispruden- za costituzionale, in C. Bottari (a cura di), La riforma del Titolo V, parte II della Costituzione, Rimini,
2003, p. 257.
(57) Sulle recenti modifiche della Costituzione italiana in tema di rispetto degli obblighi interna-
zionali e comunitari, in Foro It., 2002, V, c. 232. Cfr. altresì B. CARAVITA DI TORITTO, La Costituzione
dopo la riforma del Titolo V. Stato, Regioni e autonomie fra Repubblica e Unione europea, Torino, 2002,
p. 116; A. DE ROBERTO, Ordinamento comunitario e ordinamento interno dopo il nuovo Titolo V della
costituzione italiana. Introduzione al tema, in www.giustizia-amministrativa.it, 2003; G. GAJA, op. cit., p. 270; A. SCHILLACI, La Corte torna sui “vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario”: scelta del pa-
rametro, interposizione normativa e processo di integrazione tra ordinamenti, in Giur. Cost., 2007, p.
2667; P. COSTANZO, op. cit.; M. CONDINANZI, Fonti del “terzo pilastro” dell’Unione europea e ruolo del-
la Corte costituzionale, in Corte cost. (a cura di), Diritto comunitario e diritto interno, cit., p. 225; A. PA- CE, La sentenza Granital, ventitré anni dopo, in Corte Cost. (a cura di), Diritto comunitario e diritto in-
terno, cit., p. 428. Alla stessa conclusione, benché muovendo da premesse interpretative peculiari, giunge
C. PINELLI, I limiti generali alla potestà legislativa statale e regionale e i rapporti con l’ordinamento in-
ternazionale e con l’ordinamento comunitario, in Foro It., 2001, V, c. 195; su cui V. supra, § 2.2.1.
(58) A. D’ATENA, La nuova disciplina costituzionale dei rapporti internazionali e con l’Unione Eu-
Con la L.Cost. n. 3/2001, dunque, razionalizzando opzioni politiche di cui – nel silenzio della Costituzione – si era fatta arbitro la giurisprudenza costituzionale, il Parlamento avrebbe finalmente rivendicato il ruolo di guida nel processo d’integrazione.
Di maggior peso paiono il secondo e il terzo argomento. Rileva F. SORRENTINO co-