PARTE TERZA: PROFILI DI BILANCIO.
8. La valutazione del credito commerciale.
8.2 L'attualizzazione dei crediti commerciali ad interesse implicito “non congruo” o privi di interesse.
Strettamente connesso alla determinazione del valore di presumibile realizzazione è l'individuazione del momento in cui si ritiene avverrà il concreto incasso del credito. Non risulta corretto indicare nel medesimo modo crediti con scadenze fra loro molto diverse, nonché i crediti per i quali sia prevista la corresponsione di interessi espliciti rispetto a quelli privi di tale caratteristica.
Va segnalato che sia la normativa civilistica che quella fiscale nulla prevedono al riguardo.
Tuttavia, è ritenuto da tutti opportuno considerare la questione alla luce del fondamentale principio di competenza economica205, previsto dall'art. 2423-bis del
codice civile.
È pressoché consolidata la prassi di convenire un importo globale dei crediti di fornitura dovuto a scadenza che sia comprensivo, appunto, di interessi impliciti sulle relative dilazioni.
Questa prassi, inizialmente molto diffusa per i crediti commerciali a breve scadenza, si è successivamente estesa anche a quelli caratterizzati da dilazioni pluriennali.
Ed è con riferimento a questo tipo di crediti che la questione assume una certa importanza, dato il tempo lungo di riferimento, il quale incide, direttamente ed indirettamente, sulle variabili patrimoniali ed economiche.
Tali interessi possono essere “congrui”, ovvero in linea con il mercato, oppure “non congrui”, cioè con tassi al di sotto di tale livello. È inoltre possibile riscontrare la
205Questo principio contempla la necessità di iscrizione , nel conto economico, di costi e ricavi che siano fra loro correlativi, cioè riferiti ad un'unica entità, la produzione dell'esercizio. Sta scritto cioè che: “ si deve tenere conto dei proventi e degli oneri di competenza dell'esercizio, indipendentemente dalla data dell'incasso o del pagamento”. Più nel dettaglio: sappiamo che, durante l'esercizio, le operazioni di gestione vengono inserite in contabilità generale in base al principio della manifestazione numeraria. In altre parole, i costi vengono inseriti quando si manifesta la variazione numeraria passiva, di cassa o di debito; i ricavi, analogamente, vengono inseriti quando si manifesta la variazione numeraria attiva, di cassa o di credito. In sede di compilazione del bilancio, invece, il principio anzidetto lascia il posto al principio della competenza economica, cioè: i costi di competenza dell'esercizio sono quelli relativi ai fattori utilizzati per la produzione dell'esercizio; i ricavi di competenza dell'esercizio sono quelli relativi alla produzione dell'esercizio. In questo caso i costi ed i ricavi sono correlativi, cioè attinenti alla medesima produzione. Soltanto così possono essere confrontati per mettere in evidenza il reddito dell'esercizio. CARLO CARAMIELLO, Ragioneria
presenza di crediti privi di interesse.
I principi contabili nazionali hanno preso espressamente in considerazione i due ultimi casi citati (crediti con interessi impliciti non congrui e crediti infruttiferi) data la loro incidenza sulla corretta rappresentazione patrimoniale e sul risultato economico dell'esercizio206.
Di seguito verranno illustrate le diverse problematiche coinvolte.
In termini generali, il principio contabile n° 15 afferma che gli interessi non maturati inclusi nel valore dei crediti non rappresentano ancora un'attività patrimoniale e pertanto devono essere riscontati207.
Ad analoga conclusione si deve giungere qualora l'importo degli interessi sia al di sotto di quello di mercato, per la relativa quota.
Al riguardo, possono presentarsi, con riferimento ai crediti a lunga scadenza, le tre seguenti situazioni:
–
i crediti sono originati da ricavi chiaramente scindibili, in funzione delle condizioni contrattuali stabilite dalle parti, tra prezzo di vendita ed interessi per dilazione di pagamento;–
i crediti presentano un interesse non esplicitato, sebbene vi siano i motivi per ritenere che contengano una componente di interessi implicita, anche se non è stata puntualmente stabilita o evidenziata dal contratto;–
i crediti presentano interessi espliciti ma di importo notevolmente inferiore206Nel caso in cui il valore dei crediti sia comprensivo anche degli interessi non ancora maturati, la quota di tali interessi non di competenza dell'esercizio deve essere riscontata. . Qualora vi siano dei crediti con scadenza non prossima, si rende necessario attualizzare il credito. Vi possono essere tre diversi casi: 1) crediti con interessi chiaramente scindibili; 2) crediti con interessi non esplicitati; 3) crediti con interessi espliciti in misura notevolmente inferiore a quello appropriato o senza interessi. Nel primo caso la parte “interessi” del credito è chiaramente individuabile grazie alle condizioni contrattuali pattuite tra le parti; in tal caso occorre: scorporare la quota interessi dal ricavo di vendita e ripartire la quota interessi negli esercizi di competenza mediante rilevazione di risconti passivi. Nel secondo caso si procede alla stessa operazione attualizzando il credito mediante utilizzo del tasso che in astratto le parti avrebbero negoziato in operazioni similari e con condizioni comparabili. Infine nel terzo caso occorre rideterminare gli interessi espliciti attualizzando il credito (comprensivo degli interessi espliciti) ad un tasso che in astratto le parti avrebbero negoziato in operazioni similari e con condizioni comparabili.
207Già il Besta rilevava che “il montare di una cambiale, cioè la somma che in virtù sua può esigersi, comprende in sé, non solamente i contanti forniti, o il valore dei beni ceduti o dei crediti trasmessi o rinnovati nel punto della creazione o dell'acquisto di essa, ma ancora gli interessi fino alla sua scadenza. Il valore matematico, riferito a un istante antecedente alla scadenza, si trova sceverando da quel montare gli interessi non ancora maturati, ossia scontandolo per il tempo che rimane a decorrere”. FABIO BESTA, La ragioneria, parte
rispetto a quanto dovrebbe ritenersi appropriato.
Ad evidenza, nel primo caso non vi è necessità di alcun intervento di attualizzazione. In questa circostanza, infatti, gli interessi sono previsti e risultano congrui, quindi l'unico problema che si pone consiste nell'attribuirli correttamente alla competenza del periodo o dei periodi successivi, in funzione della scadenza del credito.
Al contrario, i crediti con interesse non esplicitato o non congruo devono essere sottoposti ad un opportuno procedimento di attualizzazione.
Ciò comporta, peraltro, dei riflessi contabili non indifferenti: in particolare, l'iscrizione degli interessi a riduzione dei ricavi che hanno originato il relativo credito e, in contropartita, la registrazione dei medesimi fra i risconti passivi208 .
Dal punto di vista metodologico, l'operazione di attualizzazione - scorporo dell'interesse - rende necessaria l'identificazione delle seguenti variabili:
–
i crediti da attualizzare,–
il tasso di interesse da impiegare;–
il periodo di attualizzazione.Per quanto riguarda il primo punto (i crediti da attualizzare) il principio contabile n° 15, dopo aver ribadito la necessità di intervenire su quelli che non comportano interessi o che comportano interessi irragionevolmente bassi, riporta alcuni casi di
esclusione.
In particolare, vengono esclusi dall'operazione di attualizzazione i seguenti:
–
i crediti originati nel corso della gestione normale per i quali è previsto l'incasso entro l'esercizio successivo, in virtù della loro breve scadenza209;208Contabilmente, i crediti dovranno continuare ad essere iscritti nello stato patrimoniale al valore nominale e la differenza dovuta al processo di attualizzazione verrà inserita fra i risconti passivi, con contropartita le voci del conto economico in cui sono inseriti i ricavi che hanno originato tali crediti. Il risconto verrà poi ripartito negli esercizi successivi, in funzione della durata del credito attualizzato mediante l'imputazione della quota relativa fra i “proventi finanziari” del conto economico.
209Secondo la dottrina economico-aziendale, il motivo dell'esclusione dall'attualizzazione dei crediti a breve termine avrebbe carattere puramente convenzionale, in quanto le necessità di attualizzazione dovrebbero essere operanti verso tutte le categorie di crediti in essere alla data del bilancio, indipendentemente dalla loro scadenza. Secondo alcuni l'esclusione potrebbe essere giustificata dalla scarsa rilevanza, dato il tempo limitato del calcolo, sul reddito e sul patrimonio dell'esercizio. Ma anche questa posizione presta il fianco a critiche, in quanto non può essere verificata e dimostrata in tutte le situazioni e, sopratutto, se ciò può valere per singoli crediti, potrebbe non risultare corretto per il loro insieme. Un'ulteriore giustificazione, senz'altro più coerente, è rappresentata dal fatto che l'attualizzazione si rende necessaria anche nei confronti dei debiti di regolamento a breve con interesse implicito o non congruo, comportando una rettifica di segno contrario a
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gli acconti ed in generale gli ammontari che non richiedono restituzione in futuro, in quanto verranno assorbiti a fronte del regolamento del prezzo dei beni acquistati210;–
i crediti con tasso di interesse basso, giustificato dalla presenza di specifiche garanzie da parte di terzi o di norme di legge o perché l'interesse attivo non è tassabile al percipiente211;–
gli ammontari che rappresentano garanzie o cauzioni fornite alla controparte (quali depositi, parte di un credito che verrà incassato alla scandenza del periodo di garanzia)212.Qualora di decidesse di non procedere all'attualizzazione del credito occorrerebbe, coerentemente, segnalare tale eventualità all'interno della nota integrativa.
Per quanto concerne il secondo punto (il tasso di interesse) bisogna ovviamente ricorrere ad un tasso ragionevole, il quale dovrebbe, in linea di principio, coincidere con un tasso di interesse di mercato ritenuto appropriato in funzione del tempo della
dilazione.
Qualora non sia possibile individuarlo, a causa di carenza o insufficienza del mercato, deve essere scelto, in subordine, un tasso realistico, che tenga conto del costo relativo all'approvvigionamento di fondi esterni per il finanziamento della gestione tipica o caratteristica dell'azienda, quali quelli gravanti sugli scoperti di conto corrente bancario213.
quella relativa ai debiti. Data la normale contrapposizione di crediti e debiti di fornitura a breve nei bilanci di esercizio, il problema tende pertanto a ridimensionarsi notevolmente a causa delle connesse compensazioni. ANTONIO OTTAVI, La valutazione dei crediti non brevi a interesse implicito nei bilanci d'esercizio delle
imprese, in “Rivista dei Dottori Commercialisti”, 1984, pag. 594-595.
210In questa circostanza la motivazione dell'esclusione deve essere ricercata nel fatto che la loro iscrizione non ha contropartita in un accredito al conto economico: di conseguenza, anche qualora, la relativa pattuizione incida sull'entità del prezzo, per essi non si pone alcun problema di riparto di interessi impliciti fra più esercizi. ANTONIO OTTAVI, La valutazione dei crediti non brevi a interesse implicito nei bilanci d'esercizio
delle imprese, in “Rivista dei Dottori Commercialisti”, 1984, pag. 600.
211In questo caso, l'esclusione può essere motivata dal fatto che la presenza di quelle particolari circostanze giustificano le specifiche condizioni di tasso.
212Anche in quest'ultima circostanza, l'esclusione è giustificata dal fatto che la loro iscrizione non ha contropartita nel conto economico.
213Sono quindi esclusi i tassi connessi ai prestiti per il finanziamento delle immobilizzazioni tecniche. Tuttavia, se l'azienda vende a dilazione finanziaria la propria produzione mediante ricorso al credito esterno, può essere ritenuto ragionevole impiegare un tasso di interesse che rappresenti il costo medio dei finanziamenti
utilizzati per finanziare la produzione. In questo caso devono essere comunque esclusi eventuali
Infine, con riferimento al terzo punto (il periodo di attualizzazione) si rileva anzitutto la necessità di considerare la data dell'operazione ed il relativo tempo della dilazione di pagamento.
In altri termini, il punto di riferimento è l'originaria durata del credito. Questo, almeno, in linea di principio.
Tuttavia, qualora si venga a disporre di maggiori informazioni, le quali consentano di conoscere una modifica della scadenza temporale originariamente pattuita, dovrebbe tenersene opportunamente conto.
Proprio in questo senso, peraltro, si esprime il principio contabile n° 15, il quale include nel descritto processo di attualizzazione quei crediti originariamente a breve scadenza - che in precedenza aveva escluso - qualora al momento della stipulazione del contratto si abbiano indicazioni incontrovertibili ed oggettivamente dimostrabili che tali crediti verranno incassati in un tempo marcatamente superiore all'anno.
Sempre in questo contesto, il citato principio segnala un'ulteriore esigenza, indotta da un cambiamento sostanziale dei termini di pagamento.
Al riguardo asserisce infatti che se un credito incassabile originariamente entro un anno viene trasformato in un credito a lungo termine, la differenza tra il valore del credito iscritto in bilancio ed il valore attuale dei futuri pagamenti da ricevere secondo i nuovi accordi deve essere riconosciuta come perdita.
Queste ultime considerazioni hanno però perso importanza con l'entrata in vigore del D.Lgs. n. 231/2002, il quale, a partire dai contratti conclusi dall'8 agosto 2002, ha introdotto l'obbligatorietà dell'addebito degli interessi di mora sui ritardi di pagamento. Si deve riflettere, infine, sui riflessi fiscali indotti dall'operazione di attualizzazione. In merito la normativa tributaria nulla dispone: quindi non è consentito (fiscalmente) attualizzare i crediti privi di interesse o con un interesse non congruo.
Si tratta, d'altronde, di una posizione condivisibile, in quanto, se ciò fosse ammesso, provocherebbe un'alterazione del reddito imponibile di più esercizi.
Anzitutto una riduzione di quello in cui viene effettuata l'attualizzazione, per effetto dello scorporo degli interessi, mentre negli esercizi successivi, fino ad esaurimento, verrebbe recuperata materia imponibile mediante l'inserimento a conto economico di
quote di ricavo fra i proventi finanziari.
Ad evidenza, in tal modo si rinvierebbero al futuro ricavi, posticipandone la relativa tassazione, il che non è accettabile in virtù del principio imposto dall'art. 75, primo comma, del TUIR, il quale, per la deducibilità dei costi non esplicitamente regolamentati, richiede la loro determinabilità in maniera obiettiva.